Together we stand, divided we fall.
(Pink Floyd
– Hey You)
STAY AWAY
FOR STAY ALRIGHT.
Oakland, CA – 22
Settembre 2012
-
La valigia è pronta.
La
sua voce arrivò alle sue orecchie come se si fosse messa a
urlargli a un
centimetro di distanza. Il freddo pungente del suo tono gli trafisse i
timpani
come fossero stati passati da una lama d’acciaio.
Eppure
aveva solo sussurrato. Eppure quelle parole bruciavano. No, non quelle
che
aveva pronunciato, ma quelle che soffocava in gola.
-
Grazie amore.
Lei
sospirò e a lui mancò il respiro. Poteva sentire
i muscoli irrigidirsi e i
polmoni perforati dalle costole, mentre Adie usciva dalla loro camera
da letto.
Non riuscì a fermarla. Rimase impalato, seduto su quel
letto, culla di ogni
loro carezza e tomba di ogni loro litigio.
Billie
si passò una mano tra i capelli, facendola poi scivolare
lungo le guance
ricoperte da un velo di barba. Era uno schifo. Era lo
schifo. Sentiva gli occhi pesanti, forse per via della
penombra
della stanza illuminata solo dall’abatjour, forse per via di
tutte le lacrime
che ancora non aveva pianto. Il senso di colpa era arrivato a braccetto
con
l’apatia, senza prendersi il disturbo di bussare alle porte
del suo cuore, ma
sfondandoglielo con un calcio. Il buon senso l’aveva
abbandonato sugli orli di
tutte le bottiglie d’alcool che aveva bevuto.
Volse
lo sguardo al comodino dove giaceva silenzioso il suo telefono. Da
quando aveva
confessato ad Adie di aver ripreso a bere, il telefono non faceva altro
che
squillare; sua madre, i suoi fratelli, i suoi amici. Tutti, tranne loro. Si mosse più o meno come
avrebbe
fatto un fantasma, afferrò il cellulare e compose quel
numero tanto familiare.
Drr…
Un
battito di ciglia.
Drr…
Un
respiro.
Drr…
-
Dai Mike, ris…
-
Pronto? Chi è? – rispose una voce che sembrava un
cinguettio.
-
Ruby, tesoro, sono zio Billie!
-
Ciao zio!!! – piccola, quel raggio di sole avrebbe sciolto
anche l’Alaska –
Adesso ti passo p…
-
Ruby, smettila di giocare col mio cellulare!
-
Papà, c’è zio Billie al telefono!!!
-
Ah…
A
Billie s’incresparono le labbra, prima in un sorriso, poi una
smorfia
d’amarezza.
-
Ciao Bill.
-
Mike … sei sparito!
-
Aspetta Bill, vado in camera mia. In cucina c’è un
bordello perché Ruby vuole
cucinare e Brit sta per diventare isterica.
-
Ok!
Lo
sentì poggiare la mano sulla cornetta, poi il rumore
ovattato di una porta che
si chiude urtando qualcosa di morbido. Era entrato nel piccolo studio
di
registrazione , Billie ne era certo. Conosceva quella casa come se
fosse sua.
-
Hey Bill!
-
Perché sei sparito? Tu e Frank, siete scomparsi!
-
Billie, io non so come dire.
-
Possiamo vederci!
-
No, questo no!
Il
tono di Mike era deciso, di quelli che non ti mandano a dire che non
accettano
repliche. Billie sentì le palpebre farsi ancora
più pesanti, come se avessero
voluto coprirgli la faccia. Come se quelle ciglia si sarebbero annodate
come
una delle sue cravatte rosse intorno al suo collo esile fino a
strappargli la
voce. Piangeva e soffocava per via di tutta la colpa che si era
preziosamente
raccolta all’altezza della gola.
-
Billie? Ci sei?
-
No. – riuscì malamente a sussurrare.
-
Billie devi essere forte!
-
Come faccio senza di voi, eh? Cristo santo, non potete lasciarmi ora,
porca
puttana! – singhiozzava parole, mentre Mike,
dall’altra parte, ascoltava senza
fiatare.
- Billie, Frank
è a New York. Sapeva
che non
sarebbe riuscito a sopportare tutto questo e che non avrebbe potuto
aiutarti. Sai
com’è fatto, lascia alle cose il tempo giusto
perché si risolvano e siamo
d’accordo sul fatto che tu debba avere un po’ di
tempo per te stesso!
-
Ma che cazzo dici, eh? Io ho bisogno di voi, è questo di cui
ho bisogno. Mike
ma che cazzo succede?
-
Ce lo chiediamo anche noi, Bill!
Aveva
iniziato ad alzare la voce, come sempre quando ha tanta rabbia e dolore
in
corpo.
-
Sapevi le conseguenze a cui andavi incontro! Anche noi abbiamo sofferto
per
questi album e ti avevamo avvertito! Sapevi che sarebbe stata dura. Non
siamo
più ragazzini, Bill!
Faceva
male sentirlo parlare così, vedere che contribuiva a
ingrandire il suo senso di
colpa, la sua frustrazione. Billie lo sapeva, era stato un grande
coglione, si
era lasciato prendere e trasportare dalle voglie come un fottuto cane
in
calore. Distruggendo tutto.
-
Mike, mi sento di merda. Ho bisogno di te!
Lo
sentì sospirare. Poteva quasi vederlo mentre sfiorava con le
punte delle dita
le corde del basso poggiato alla parete di fianco a lui, gli occhi
piantati a
terra, il piede sinistro che martellava nervoso scuotendo il ginocchio.
-
Billie, io…
-
Tu?
Esitava.
Tentava di respirare, ma non era possibile. Eppure ci riuscì.
-
Billie, è per il tuo bene. Per un po’ è
meglio che non ci vediamo.
-
Cosa?
-
Si, fratello, hai capito bene.
Le
lacrime ormai gli incorniciavano le guance piene e si perdevano nella
barba.
Gli tremavano le labbra e le mani. Forse perché non
c’erano parole da
pronunciare, forse perché mancavano canzoni da scrivere.
Tutto sembrava farsi
piccolo fino a perdersi nel buio, come una nave che di notte si perde
all’orizzonte. Il dolore si faceva strada su per
l’esofago come un conato di
vomito.
-
Mike. – la voce trasformatasi in supplica.
-
Bill, ti prego, capiscimi! Lo faccio per te.
Piangeva
pure lui.
-
Io sono fottuto senza di te, amico!
-
Billie, non sei solo! Hai Adie! È ferita, ma ti ama quanto
me e ti sarà vicina.
I tuoi figli. È con loro che devi stare ora, con la tua
famiglia!
-
Ma tu sei della mia famiglia, Mike. Ma che cazzo dici?
Ormai
era diventato isterico, la rabbia gli aveva infettato il sangue e
colorito le
guance.
-
Billie, devi essere forte. Devi capire da solo la piega che sta
prendendo la
tua vita.
Billie
sbatteva la testa in segno di negazione, il volto contrito, la voce
roca.
-
No, no, NO!!!
-
SI, BILLIE! Non puoi nasconderti dietro di me! La battaglia
è tua e devi
vincerla da solo. Dio sa quanto vorrei aiutarti, ma non sono in grado.
Sto male
per te, per il futuro della band e per il fatto che sono impotente di
fronte al
tuo problema.
Billie
chiuse gli occhi buttandosi sul letto, le lacrime che disegnavano
cerchi
perfetti sulle lenzuola, come gocce di pioggia sull’asfalto.
-
Billie?
-
Posso almeno chiamarti?
-
Si, questo si.
-
Promettimelo!
-
Promesso!
Billie
sentì l’aria passare come brezza fresca nel
deserto di nicotina dei suoi
polmoni e il cuore si muoveva dentro il suo petto come un estraneo.
-
Grazie!
-
Ci sono sempre, anche quando non mi vedi.
-
Lo so! Sentire la tua voce mi ha fatto bene. Potresti lavorare in una
linea
erotica!
Mike
rise dall’altra parte del telefono e della città.
-
Coglione!
Billie
sorrise, sollevato.
-
Domani vado in clinica.
-
Lo so.
-
Quando ti rivedrò?
-
Quando avrai finito la cura.
-
Ok.
Billie
iniziò a pensare e a convincersi che forse Mike aveva
ragione, che dovesse recuperare
il tempo perso con se stesso. Doveva ritrovarsi e tornare ad amarsi.
-
Mi mancherai, idiota! – disse improvvisamente Mike.
-
Non lo dire a me! – disse Billie sorridente – E
sappi che quando ci rivedremo
dovrai scontare tutto il tempo perso senza di me!
-
Agli ordini!
-
Non avrai il tempo di respirare.
-
Tanto per cambiare! – rise Mike.
-
Bugiardo!
-
Nano!
-
Ci vediamo fuori … Cristo, sembra che stia andando in
carcere.
-
Quello ti manca – rise Mike – Mi raccomando, Bill!
-
Sarai orgoglioso di me!
-
Lo sono già.
Billie
sorrise, ringraziando il cielo per avergli donato Mike.
-
A presto Bill!
-
Ciao fratello!
Mike
esitò a riattaccare, come Bill del resto.
-
Hey, che c’è? – chiese
quest’ultimo.
-
C’è che ti amo. Ricordalo!
-
Mai dimenticato, amico! Ti amo anche io!
-
‘Notte Bill!
-
Buonanotte.
Billie
riattaccò, iniziando già a sentire il senso
d’abbandono, di distacco, del vuoto
lasciato in prestito dalla lontananza di Mike e che avrebbe restituito
al
passato una volta uscito dal rehab.
Si
alzò in fretta dal letto per andare in cucina per mangiare
qualcosa, ma
passando dal salotto, notò le tre figure familiari di Adie,
Jake e Joey, seduti
sul divano che guardavano la tv.
-
Papà! – Jake si accorse di lui.
Anche
Adie e Joey si voltarono a guardarlo, lo sguardo spaesato di chi non sa
come
comportarsi col colpevole di turno. Le facce di chi aveva ricevuto una
delusione e Billie avrebbe giurato di sentire il suo cuore scendere
giù, fino
allo stomaco e che da un momento all’altro avrebbe vomitato
entrambi.
-
Scusatemi. I-io…
Si
buttò le mani in faccia, scosso dai singhiozzi e dalla
vergogna. Joey si alzò
dal divano e andò da suo padre, abbracciandolo. Per
l’ennesima volta i ruoli
s’invertivano e il giovane Armstrong sembrava più
grande del suo vecchio.
-
Sono un esempio di merda per voi! – sputò fuori,
continuando a nascondere il
viso, ma dietro la spalla di Joey. Nel frattempo anche Jake si era
avvicinato.
-
Non dire scemenze, pà! Sei il padre migliore del mondo, ma
sei un uomo come
tutti gli altri. E tutti sbagliano. – disse il piccolo,
saggio Jake,
scompigliando i capelli al padre.
I
due fratelli erano completamente diversi e non solo fisicamente. Joey
comunicava col suo calore, così simile ad Andy non solo nel
viso, ma anche nei
gesti. Sapeva sempre di cosa aveva bisogno suo padre e non esitava mai
a
concederglielo. Jake, invece, era più riflessivo, cercava
sempre la parola
giusta al momento, dolce e ottimista come Adie.
-
Siete la mia vita!
Billie
sollevò il viso sorridendo ai suoi figli, consolato e
risollevato dalle loro
reazioni. Il trio si voltò a guardare Adie che era ancora
rimasta seduta sul
divano.
-
Ragazzi, si è fatto tardi, andate a dormire. Tra qualche ora
sarete a scuola.
-
Ok, pà! – disse Joey dando una pacca sulla spalla
di suo padre.
-
Notte! – dissero i due fratelli prima di allontanarsi verso
le loro camere.
Adie
era tornata a guardare la tv, dando le spalle a Billie. Ferita, delusa,
schiacciata da tutte le certezze che le erano crollate addosso. Billie
si
avvicinò al divano e si mise di fronte a lei, che lo
guardò con uno sguardo che
non accettava scuse. Lui capì che le parole, mattoni di
tante canzoni, non
sarebbero bastate questa volta, che tutto ciò che possedeva
non era sufficiente
per ottenere il suo perdono in quel momento. Doveva, invece, spogliarsi
di ogni
maschera, scusa e giustificazione. Così,
s’inginocchiò di fronte a colei a cui
aveva giurato amore eterno, gli occhi gonfi di pianto, le labbra
strette e le
mani lungo i fianchi.
Adie
spense la tv e iniziò a tirare col naso, come faceva sempre
quando stava per
perdonarlo. Era il suo modo di sfogarsi, di chiedergli, per
l’ennesima volta,
di non farlo più. Allora gli poggiò le mani sul
viso, carezzandogli le guance
con i pollici.
-
Ti amo, Adie!
Lei
non disse nulla, si limitò ad annuire mentre le lacrime le
rigavano il viso.
Gli passò le mani tra i capelli per poi stampargli un lieve
bacio sulle labbra.
Lui non fece altro che poggiare il capo sul suo grembo, un
po’ come faceva
quando dentro c’erano Joey e Jake. Le cinse i fianchi con le
braccia,
stringendosi come un bambino alla mamma.
C’era
il silenzio, eppure si erano detti tutto. C’era un problema,
ma l’avrebbero
risolto.
C’era
l’amore e non avevano bisogno d’altro.
Angolo
della pazza/demente:
Si vede che l’ho presa
bene sta cosa di Billie
in rehab, eh?? A parte gli scherzi, se non danno sue notizie al
più presto
diventa pesante la faccenda.
Poi ho ascoltato “Stray
Heart” e sono tipo
innamoratacolmondo.
Bene, che dire. Si, sto anche
abbastanza
depressa, ma passerà.
Spero vi sia piaciuta o che almeno
non vi
abbia fatto vomitare. Nel caso abbiate pianto, aprirò una
raccolta fondi per
risarcirvi dei fazzoletti che vi ho fatto consumare.
Ok, la smetto!
Alla prossima! :3
P.S. : questa storia fa parte di
una raccolta
intitolata “The trilogy era”. Ergo, se vi siete
persi le storie precedenti, le
trovate sulla mia pagina autore o in alto a sinistra di questa storia.
Bye!
Franny
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