Countdown
Mi resta poco tempo. Credo che queste siano diventate le parole
più spesso pronunciate dal genere umano: mi-resta-poco-tempo.
Dove una volta, svariate decine di anni fa, si parlava di soldi, ora si
parla di ore, minuti, secondi. Pensare che, all'epoca, nessuno aveva il
countdown della propria vita al polso mi fa quasi venire il mal di
testa. E' vero, non avevano un'autonomia limitata e scandita dai verdi
numeri digitali che inesorabilmente vanno decrescendo, come in questo
momento sul mio braccio, ma avevano altre cose. Le malattie, ad
esempio. Molti avevano disturbi di natura genetica, e passavano dalla
vita alla morte in maniera assolutamente imprevedibile, a causa ad
esempio di una malformazione a qualche organo vitale mai riscontrata
prima. Oggi non è più così, oggi c'è il
conto alla rovescia. Tre, due, uno...
Zero. Mancano quattro minuti. Quattro minuti e diverrò solo un
ricordo. Un cadavere da raccogliere e accatastare abbandonato in una
fredda stanza d'albergo in una piovosa notte novembrina. Il tempo a
nostra disposizione è diventato così prezioso, che
nessuno fa più caso ai dettagli. A parte le persone ricche. Ed
io. Certo, io ora mi sto concentrando sui dettagli perchè mi
restano tre minuti e trentasei secondi di vita e la banca più
vicina si trova a dieci minuti da qui, quindi posso permettermi di
notare cose che, normalmente, nessuno noterebbe.
Ad esempio, noto la sottile patina di sporco che ricopre ogni cosa in
questa stanza. Deduco che il proprietario non voglia sprecare troppo
tempo nel prendersene cura. La mia teoria è avvalorata anche
dallo stato della moquette, strappata in alcuni punti, e dalle vistose
macchie di Dio-sa-cosa sui mobili. E, guardando oltre gli aloni del
vetro della finestra mi rendo conto che, nello stesso stato, versa
anche la strada. E, con essa, le auto che la percorrono. L'unica che
cerca di pulire le auto e le strade, è la pioggia. E'
l'unica a cui è rimasto del tempo da sprecare per svolgere
certe mansioni.
Due minuti in questo istante. Devono avere accorciato i secondi, se
è vero che una volta quattro minuti duravano di più. In
ogni caso, l'ironia della nostra condizione è palese e
deflagrante. Essa deriva dal fatto che un lavoratore si spezza la
schiena tutto il giorno per avere la possibilità di aggiungere
qualche ora di vita a quelle che gli sono rimaste. In altre parole, un
lavoratore ideale, di quelli che non si risparmiano mai, che paiono
godere della fatica che accumulano o che, se possibile, arrivano a
lavorare più di quanto dovrebbero, potrebbe arrivare a vivere in
eterno e lavorare in eterno. Il tutto, solo per avere altro tempo da
aggiungere a quanto già vissuto e a quanto resta ancora da
vivere.
E' pazzesco. Uomini che lavorano per fabbricare tempo che poi
verrà utilizzato per lavorare e fabbricarne dell'altro. L'unica
via d'uscita da questo circolo vizioso lavorativo è la morte.
Restando sempre giovani e in forze, non esistono nè vecchiaia
nè pensione. Quando un individuo si stufa di vivere per
lavorare, non deve fare altro che smettere ed aspettare. Quando il
conto alla rovescia sarà arrivato a zero, la morte lo
coglierà istantaneamente, senza dolore. O almeno, così
spero.
Ma questo accade qui, in questa zona. Nelle zone contraddistinte da un
numero più basso, la situazione è differente. Tutto
è curato, fin nei minimi dettagli. Le persone più
abbienti hanno avuto anni a disposizione per prendersi cura dei
dettagli della propria abitazione, del proprio posto di lavoro, della
propria auto, della propria famiglia, della propria vita. Così
come, nelle zone nove, dieci, undici o dodici, regna la decadenza
figlia della fretta, così nelle zone uno, due, tre, è una
ricercata perfezione derivata dalla possibilità di poter
spendere intere giornate anche solo sulla scelta del colore con cui
tinteggiare lo sgabuzzino della propria villa a dettar legge.
Quarantacinque secondi. La differenza sta nel piccolo. Cos'è che
distingue un bel quadro da un capolavoro? Certo non la qualità
del tratto o la mano che ha passato il colore. No, la differenza sta
nel particolare. Il sorriso della Gioconda era solo un particolare, ha
richiesto meno colore e meno tempo per essere dipinto rispetto a quanto
ne abbia richiesto paesaggio alle sue spalle. Ma la Gioconda non
è famosa per l'ambientazione. E' il sorriso, il suo particolare
sorriso, così enigmatico e diverso dalle smorfie che albergano
sui volti di tanti altri soggetti, a renderla immortale.
Il piccolo, dieci secondi. Il particolare, l'immortalità. Prendo il telefono.
"Ellie?"
"Sì, signore?"
"Ricarica."
"Fatto, signore."
Il contatore sul mio avambraccio passa da sei secondi a dieci minuti e
tre secondi. Altri dieci minuti di tempo per contemplare la decadenza e
la degenerazione della nostra Specie. Altri dieci minuti in cui
vedrò la mia vita passare, secondo dopo secondo. Troverò
stasera la forza di non chiamare? E' già arrivata, dopo
duecentosessantadue anni, l'ora in cui è la noia a prendere il
sopravvento sulla vita e la morte, l'oblìo, diventano l'unica
scappatoia da un tale, tedioso supplizio?
Non credo sia ancora arrivato quel momento. Anche se la domanda
è legittima: perchè un residente della Zona 1 dovrebbe
andare tutte le sere nella Zona 12, prendere la più squallida
delle stanze del più squallido degli alberghi e aspettare la
fine del proprio tempo per poi salvarsi in extremis?
Semplice: mi piace l'adrenalina. E quando la differenza fra la vita e
la morte è pochi secondi, un dettaglio, un particolare,
l'adrenalina scorre a fiumi. E inebria. E la noia sparisce.
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