NdA
Salve
: )
Dunque,
rieccomi con una One Shot che in realtà è una
piccola raccolta di
flash fic. L'intento iniziale era di fare delle drabble ma io proprio
non sono capace di stare in 100 parole XD
La
raccolta è una specie di tributo a Luca, ad un anno dalla
sua
“morte televisiva” (nella fiction avviene tipo
nella notte tra il
5 e il 6 marzo ma ok u.u). Qui affronto le sensazioni ad un
anno di distanza dal fatto, tant'è che il concetto di
ricordi è
ricorrente. Ho
cercato di essere fedele ai caratteri e ai modi di ragionare dei
personaggi su cui ho scelto di scrivere, ma potrei benissimo non esserci
riuscita, anche se a
tratti sono soddisfatta del risultato (evento rarissimo).
Qualche nota tecnica e la
smetto.
Tutte
le flash fic sono comprese entro le 510 parole, citazioni finali
escluse, abbracciano l'ideale arco delle 24 ore e le canzoni usate per
titoli e versi finali sono:
Per
dirti ciao (Prologo – Luca) – Per dirti ciao
di Tiziano Ferro
L'amore
conta (Pietro) e Ci
si sceglie (Barbara) – L'amore conta
di Luciano
Ligabue
Non
illuderti mai (Elena) – Le cose che hai amato di
più di Biagio
Antonacci
Qua
c'è tutto (Roberto) – Lettera a G.
di Luciano Ligabue
Non
è facile (Alessandro) - Dopo il viaggio
di Biagio Antonacci
Dimenticarti
è poco (Anna) – Dimenticarti è poco
di Biagio Antonacci (vi
consiglio di ascoltare soprattutto questa, che io trovo perfetta per
la mia idea dei Lucanna dopo tutto quello che è successo, ma
in cui
penso ci possa riconoscere un po' tutti e non necessariamente per una
storia d'amore)
Ovviamente, questi personaggi non mi appartengono e la storia non
è stata scritta a scopo di lucro.
Buona lettura e grazie a chi leggerà :*
Per
dirti ciao...
Il
primo colpo parte a sorpresa, vero Luca? Nemmeno lo vedi.
Gli
occhi fanno in tempo solo a sbarrarsi dal dolore mentre si riempiono
di una nuvoletta di polvere blu e rosa, di tela e soldi lacerati dal
proiettile. Da quello stesso proiettile che ti piega le gambe e ti
riempie il corpo e la mente di un dolore così improvviso e
sordo
che annienta tutto il resto. Hai appena la sensazione che qualcuno ti
rovisti nelle tasche ma non hai la minima forza per opporti e quindi
lasci fare. Lasci che quelle mani cerchino le risposte o, forse, le
giustificazioni a quel colpo di pistola che hanno
dovuto
sparare. Quando finalmente ti lascia in pace, e i suoi passi si
spengono da qualche parte alle tue spalle, ti sforzi di riaprire gli
occhi. Sei solo ma sai che non sarà così per
molto ancora. Così
come sai di non avere che due possibilità: o te ne resti
lì ad
aspettare che l’uomo torni e finisca, indisturbato, il suo
lavoro o
tenti di alzarti e provi almeno a rendergli più difficili le
cose. E
tu sei un poliziotto e già solo questo ti basta per
strisciare le
mani sul pavimento e fare forza per tirarti su: non puoi lasciarti
ammazzare senza combattere. Eppure, quando ti ritrovi sulle
ginocchia, hai la terribile sensazione che nemmeno combattere
basterà
ad evitare quello che sembra inevitabile. Perché la tua
pistola non
c’è più. Perché a terra
c’è solo il distintivo che con un
gesto pesante rinfili in tasca, dopo aver stretto la camicia appena
sotto il foro all’addome, disperato tentativo di fermare il
sangue.
Perché l’idea di far saltare i tubi, sparandogli
contro un getto
di vapore bollente, ti sembra traballante già nel momento in
cui la
metti in pratica. E ne hai la certezza un attimo dopo, quando un
altro colpo va a segno e tu lo senti scoppiarti lì, proprio
all’altezza della spalla destra.
Cadi
e mentre cadi, lo sai. È finita. C’hai provato
Luca, ma ti ha
detto male.
Ti
tiri su, per quella che sai sarà l’ultima volta, e
lo sfidi.
Combatti ancora. E lo provochi.
«Spara!»
gli
urli.
“Sbrigati,
per favore!” lo
implori nella tua testa.
E
lui spara. E tu muori, negli occhi il terrore del destino dal quale
non sei scappato – dal quale non sei potuto scappare.
È
finita, Luca. Ora puoi arrenderti.
E
cadono i ricordi e cade tutto l’universo
e
tu stai lì...
la vita come tu te la
ricordi
un giorno se ne
andò con te...
Un
anno dopo...
...cadono
i ricordi
Pietro
– L’Amore
conta
La
sveglia sul comodino lampeggia due minuti a mezzanotte e tu ti rigiri
per l’ennesima volta nella tua parte di letto, lì
dove ti sei
infilato così tanto, troppo, presto quella sera. Se ti fossi
addormentato subito – hai pensato – avresti evitato
quella
sensazione. Almeno per qualche ora ancora. Almeno fino alla mattina.
E forse poi avrebbe fatto un po’ meno male. Forse avrebbe
fatto un
po’ meno male ricordare che è già un
anno che Luca è morto.
E
invece sei sveglio e lucido in un modo assurdo – proprio
adesso,
nell’esatto momento in cui lui un anno fa stava morendo
–, gli
occhi spalancati all’inverosimile nel buio della stanza e le
labbra
serrate in una rabbia che non ricordavi così intensa.
E
allora stringi le lenzuola nel pugno e ti opponi.
Ti
opponi all’immagine ripescata dalla tua mente. Non vuoi
vederlo.
Non
vuoi rivedere Luca morto, lì a terra, ucciso da tre colpi di
pistola.
Non
vuoi rivedere Luca morto, lì sul tavolo
dell’obitorio, ucciso da
un tempo senza pietà.
E
senti di non averne neanche tu di pietà. Non per chi lo ha
ammazzato. E forse nemmeno per te, vero Pietro? Per te, che avresti
dovuto essere lì con Luca a far saltare i piani di quel
bastardo del
Destino, che avresti dovuto essere tu lì ad arrestare
Corallo, ad
ammazzarlo magari, e fanculo alla carriera, poi!
Fanculo
al mondo intero! – urli
nella tua testa -, ma almeno ti saresti sentito più libero.
Più
leggero. Più in pace con te stesso.
Poi,
una mano piccola e calda scioglie la tua presa dalle lenzuola e le
sue dita scivolano tra le tue. E stringe. Lei sa. Quello che pensi,
quello che provi... lei lo sa. E c’è! E ti
arrendi! Non sai a cosa
di preciso – se a lei o semplicemente al suo amore
– ma lo fai.
Chiudi
gli occhi e le immagini nella tua testa si dissolvono e si
ricompongono: ora c’è la casa di Ugo,
c’è una cena
improvvisata, calici che tintinnano pieni di vino, un brindisi tra le
risate, un “A Luca!” d’orgoglio e un
sorriso che ti scalda il
cuore. E sorridi anche tu: è bello ricordarlo
così, fa davvero meno
male.
Ricambi
la stretta ed è il tuo Grazie
a Barbara. Con lei vicino puoi comunque sentirti in pace con te
stesso e ricordare solo cioè che vuoi. Solo sorrisi, degli
occhi
tranquilli ed un amico che ci sarà per sempre.
Fanculo
alla morte!
– urli
ancora nella tua testa –, niente sangue e niente dolore:
quelli li
ha appena fregati l’amore.
L’amore
conta
l’amore
conta
conosci
un altro modo
per
fregar la morte?
Barbara
– Ci
si sceglie
L'ultimo
dei dodici pigri rintocchi del campanile dietro casa – quello
della
chiesetta in fondo alla piazza, quella dove Alice ha già
deciso che
vi sposerete – si spegne lento oltre le finestre chiuse,
mentre tu
sospiri piano contro il cuscino. Girata a pancia in giù, hai
appena
fatto scorrere la tua mano su quella di Pietro, costringendolo a
mollare la presa su quelle lenzuola strette a pugno e speri che,
nello stesso modo in cui le tue dita scivolano tra le sue, anche la
sua rabbia possa scivolare via da lui. Perché lo senti che
è
arrabbiato, lo hai capito da ognuna delle volte in cui si è
rigirato
a letto – ed hai perso il conto ormai di quante volte lo
abbia
fatto -, lo sai e basta.
È
sempre così, quando pensa alla morte di Luca.
È
sempre stato così, ogni volta che ci pensa. Ed è
inevitabile che ci
pensi – che ci pensiate – ora, nell'esatto momento
in cui termina
il primo anno senza di lui.
Non
riesci ad evitare che ti si inumidiscano gli occhi, imprigionati tra
il cuscino e i capelli caduti a coprirti il viso, perché
Pietro è
arrabbiato ma tu sei triste. Ti manca Luca, quel ragazzo che ti tese
una mano per combattere insieme quella guerra senza padroni che una
notte balorda rese la guerra di tutti. E sorridi nel buio pensando
che, all'inizio, la guerra ve la siete fatti da soli. Eh
già,
sospiri, ti manca anche il suo tenerti testa.
Poi
Pietro ricambia la stretta attorno alle tue dita sottili e tu ricordi
che c'è chi ti tiene testa anche per Luca e, all'improvviso,
ti
ritrovi a chiederti cosa avrebbe detto lui di voi due. Di voi due
insieme. Sarebbe stato contento, lo credi. Vi avrebbe riempito di
battutine, lo sai. Si sarebbe congratulato con te abbracciandoti come
quella volta al Distretto, lo speri.
Rotoli
silenziosa su un fianco e ti appiattisci contro Pietro mentre i tuoi
occhi chiusi rivedono quell'abbraccio e, l'istante dopo, quel sorriso
di saluto che è stato il suo ultimo sorriso. E che
è stato per te.
«Mi
manca!» soffi sulla sua spalla.
E
non hai bisogno di dirgli di chi stai parlando.
«Anche
a me!» sospira piano lui.
E
non ha bisogno di dirti che parlate della stessa persona.
Non
avete bisogno di dirvi niente, vi capite senza bisogno di guardarvi.
Sapete e basta, l'uno dell'altro. E insieme anche l'assenza di chi
non c'è è più leggera.
E
nel buio della camera, in un letto che sa di amore, pensi che hai
scelto proprio bene la persona con cui condividere la tua vita. Vi
siete scelti proprio bene.
..ci
si sceglie per farselo un po' in compagnia
questo viaggio in cui
non si ripassa dal via
l'amore conta -
l'amore conta
Elena
– Non
illuderti mai
Rallenti
la tua corsa non appena i piedi affondano nella sabbia e dopo pochi
metri ti ritrovi a camminare piano lungo la riva. Ami il mare a
quell’ora del mattino, quando è ancora sospeso tra
la notte e il
giorno. Uno spicchio di sole fa capolino all’orizzonte, tra
le
nuvole basse e scure, e l’acqua è ancora di un
torbido grigio
quando ti siedi a terra. Le onde si infrangono ad un soffio dalle tue
scarpe e tu le osservi quasi ipnotizzata fare avanti e indietro
mentre affondi le dita tra la sabbia umida. Sorridi quando ti ritrovi
a stringere un paio di sassolini scivolosi. Quando stavate a Genova,
tu e Marco lo facevate spesso. Prendevate le vostre bici e pedalavate
fino alla spiaggia e lì iniziava la vostra caccia al tesoro.
Poi i
sassolini finivano tutti in acqua, in una gara a chi riusciva a
fargli fare più rimbalzi prima che affondassero. Ed ogni
sasso era
un pensiero da cui vi liberavate.
«Dai
Marco, prima tu!»
Uno
sbuffo
ad occhi chiusi. «Questo
è per l’odiosa prof di storia!
» E
uno. «Questo
è per il suo odiosissimo voto nel compito!»
E due. «E
questo è perché Bianca esce con Filippo e non con
me!»
E tre.
Ridacchi
al ricordo: quella ragazza è stata la causa di una montagna
di
sassolini buttati in mare. Almeno finché tuo fratello non
è caduto
ai piedi di Giorgia, una biondina del vostro quartiere.
«Te
lo avevo detto io che un giorno avresti trovato qualcuna migliore di
Bianca e noi avremmo potuto smetterla di tirare sassolini per lei!»
Una risata e una mano a scompigliargli i riccioli.
Senti
quasi i suoi capelli tra le dita, poi ti accorgi che stringi aria e
all’improvviso non ridi più.
Il
primo sassolino vola in acqua e affonda dopo tre veloci rimbalzi.
«Prima
regola, Elena! Se non vuoi farti del male, mai perdersi in ricordi
felici: tanto non torneranno più!» lo sussurri a
te stessa e ad un
vento che sa di sale e nella tua testa la frase ha la voce di Luca.
Te lo ricordi come fosse ieri, lì nella tua casa di Roma,
gli occhi
lucidi per il vino e il sorriso più amareggiato che tu gli
abbia mai
visto in faccia.
«A
che serve ricordare quanto siamo stati felici, Ele? Tanto lei non
tornerà più da me… Che mi illudo a
fare?»
Un’alzata di spalle e un ultimo sorso di vino.
«Be’,
non è lo stesso ma ci sono io!»
Glielo
avevi detto d’istinto ma lo pensavi davvero. E ci sei stata
davvero
per lui. Anche un anno fa ad aspettare un messaggino di buongiorno
che non sarebbe arrivato. Né quel giorno né mai
più.
«Ti
voglio bene!»
«Anche
io!»
Scacci
il ricordo mentre spazzi via rabbiosamente le lacrime dalle guance e
lanci l’ultimo sassolino. In fondo aveva ragione Luca: che
senso ha
illudersi coi ricordi? Certe cose non tornano più! Anna non
è
tornata da lui e né lui e né Marco torneranno da
Elena. Mai, per
quanto lei possa volerlo.
…non
illuderti mai
certe
cose non tornano più
e
non pensarci di più
tu
non pensarci anche se
sono
le cose che hai amato di più
Roberto
– Qua
c’è tutto
Cammini
per Roma con l’aria di chi non sa cosa fare, la stessa di
certi
turisti. Ma tu non sei un turista: un po’ perché
Roma la conosci
come le tue tasche e molto perché di certo non hai le loro
stesse
facce entusiaste. Che poi, tu, sapresti benissimo dove andare, quali
posti vedere. Semplicemente non vuoi andarci.
La
tua vecchia casa? Vuota.
La
vecchia casa di Mauro? Vuota.
Il
X Tuscolano? Vuoto. Sì, vuoto delle persone che vorresti
trovarci.
E
tu proprio non hai voglia di sbattere la faccia contro tutto quello
che non c’è più. In fondo lo fai
già tutti i giorni e non
sarebbe una grande novità, solo che a chilometri di distanza
fa un
po’ meno male e ti puoi illudere che tutto quello che ti
manca sia
ancora lì, lontano ma presente. A Roma, invece, ti scontri
con la
realtà delle cose e ti accorgi che non
c’è davvero più nulla.
Chiudi
un attimo gli occhi e allenti la cravatta attorno al collo. Quando li
riapri ti decidi finalmente ad entrare al cimitero e a smetterla di
fare quello stupido avanti e indietro. Non puoi scappare: quello che
ti resta a Roma è una serie di tombe da salutare e poco
altro.
Sospiri,
le mani affondate nelle tasche e la testa bassa finché non
raggiungi
la fila di loculi in cui sai che è Mauro. Il tuo migliore
amico ti
fissa sorridente dalla foto e tu realizzi che ti manca esattamente
come sei anni fa. D’istinto ti volti vero sinistra e quasi
speri di
vederlo ancora, come il giorno che gli hai detto addio e chi se ne
frega se è uno scherzo della tua mente.
Hai
un po’ pena per te stesso mentre lo saluti - «Ciao
Maure’!» - e
ti allontani.
Il
magone che ti è salito in gola è ancora
lì e si appesantisce un
po’ quando trovi la tomba di Luca – 10 minuti di
giri dopo – e
ti ci accovacci davanti. Il viso sbarbato e il sorriso timido
immobilizzati dalla foto ti ricordano dannatamente il ragazzino che
era quando lo hai conosciuto. Dell’uomo e del poliziotto che
era
diventato invece ti restano qualche ritaglio di giornale e il ricordo
di un paio di tg, mentre lo indichi ad un gruppetto di tuoi
sottoposti; perché tu quel ragazzo che sfida il questore e
il
prefetto per non far chiudere il X lo conosci, ci hai lavorato,
è un
tuo amico e ne sei orgoglioso.
Perché
non lo hai chiamato per dirglielo? Perché hai lasciato che
la vostra
amicizia si sfilacciasse senza far nulla? Perché arrivi
sempre
tardi, Roberto? Tardi per impedire che il proiettile destinato a te
uccidesse Mauro, tardi per dire a Luca che eri fiero di lui, sempre
tardi.
Quasi
corri per uscire dal cimitero ma quando sei fuori ti accorgi di
essere in tempo almeno per non dimenticare. Sorridi al sole del
pomeriggio e riprendi a camminare. In fondo a Roma,
c’è ancora il
ricordo di tutto ciò che hai vissuto e delle persone che hai
perso.
...è
che arrivo spesso
tardi
quando
sono già ricordi[...]
Non
è vero ciò che ho detto:
qua
c’è tutto a dire che ci sei
Alessandro
– Non
è facile
Un
uomo in fuga. Ecco cosa sei diventato, Alessandro. Un uomo
costantemente in fuga dal dolore. E lo fai da così tanto
tempo
ormai, che nemmeno ti sembra più di scappare. È
semplicemente un
viaggio senza fine a cui aggiungi un’altra tappa da fare,
un’altra
città da vedere, un altro lavoro da provare, un altro posto
in cui
poter fare finta di niente.
In
coda al semaforo, stordito dalle luci di una Roma che non ricordavi
così caotica, ti passi una mano tra i capelli corti: anche
adesso
stai fuggendo. Dai tuoi pensieri, dalla realtà, da tutto
ciò che è
Roma, da cosa non sai nemmeno tu. Spingi il piede sull'acceleratore e
l'auto sfila anonima nel traffico del tardi pomeriggio, anonima
proprio come te in questa città in cui non ti riconosci
più. Niente
è più come tu l'avevi lasciato e ti accorgi che
la vita non si è
fermata, che non ha avuto rispetto per la tua sofferenza, che non si
è messa in pausa come invece hai fatto tu. No, la vita ha
continuato
a scorrere mentre tu restavi indietro e, quasi per dispetto, ha
aggiunto altro dolore al tuo carico.
Freni
di colpo e sospiri. Dio, quanto fa male pensare a chi non
c'è più.
Dio, quanto ti senti in colpa per essere fuggito anche dal loro
ricordo.
Chiudi
gli occhi e Irene ti sorride da un passato con cui ti ossessioni.
Apri
gli occhi e il portone del Xˆ Tuscolano ti riporta brutale
alla
realtà.
Nemmeno
ti sei accorto di esserti fermato al tuo vecchio commissariato. Ci
sei arrivato per istinto perché è da
lì che devi ricominciare. Lo
sai e lo fai. Rimetti in moto e ricominci, a vivere e a ricordare.
Quando
pochi minuti dopo abbandoni l'auto e imbocchi il terrificante
cancello nero sai che non sarà facile.
No,
non è facile ritrovarti davanti alla tomba di Irene, davanti
a
quella foto che nella tua mente hai consumato di lacrime e
disperazione, per un saluto e un addio che sono la stessa cosa.
Non
è facile scoprire per la prima volta la tomba di Luca. Lui
che ti ha
tenuto a galla nel tuo momento più difficile. Lui che ha
sopportato
silenzioso la tua rabbia. Lui che si è anche preso un
proiettile al
posto tuo. Lui che c'è stato proprio fino alla fine.
Guardi
la data incisa sul marmo. Un anno esatto. Dov'eri tu un anno fa,
Alessandro? Ah già, stavi scappando, ma ora non importa
più. Ora
sei lì, a ricordare cos'hai perso, a confrontarti con quello
che ti
rimane: un amore malato e un'amicizia perduta.
Eppure,
nonostante tutto, senti che sei lì e hai ripreso a vivere.
Anche
se sei solo. Anche se non è facile.
Le
cose che tengo dentro
sono passione e ore
senza contare
Non è
facile ritornare
Non è
facile sapersi bastare...
Anna
– Dimenticarti
è poco
La
bora soffia forte oltre le finestre e i tuoni che rimbombano in
lontananza annunciano un temporale che non tarderà ad
arrivare. Tua
figlia si è addormentata da poco e puoi star certa che nel
bel
mezzo del temporale te la troverai piangente e sveglissima tra le
braccia. In serate del genere se Andrea, il tuo compagno, ha il turno
di notte in ospedale, gli chiedi di cambiarlo e di restare con te: ti
fa sentire più sicura e quasi sembri tu la bambina che ha
paura dei
tuoni. Stasera però, non glielo chiedi né lui te
lo propone. Ti
stringe appena un braccio e con un Ciao
esce di casa. Non è
giornata, non è serata. Lo sai tu e lo sa lui. Non
è così stupido
da pensare davvero che tu sia riuscita a mantenere la promessa che
gli hai fatto un anno fa. Oramai l’ha capito che
quel «Lo
dimenticherò, te lo prometto!» era solo il contentino
perché ti
lasciasse in pace a piangere quanto volevi. E forse lo ha capito fin
dall’inizio, quando si è accorto che la
disperazione nei tuoi
occhi era ancora lì, anche dopo che lo avevi accontentato e
avevi
tolto tutte le tue foto con Luca.
«Ti
farà stare meglio non vederlo ovunque per casa!» ti aveva detto e
tu gli avevi concesso un piccolo e fintissimo cenno
d’assenso. Non
ti ha fatto stare meglio, però. Anzi, ti ha fatto sentire
vagamente
in colpa per aver nascosto tutto in quella scatola che adesso tiri
fuori da sotto il letto. Ne rovesci piano il contenuto sulle coperte
e almeno una decina di cornici ne scivolano fuori una
sull’altra.
Tu e Luca in divisa davanti alla nuova casa. Tu e Luca abbracciati.
Tu e Luca ovunque. E poi la sua agenda, con la sua scrittura tonda e
gli appunti disordinati. E ancora il suo distintivo e il suo orologio
da polso. Stringi quest'ultimo tra le mani e le lacrime che hai
trattenuto per tutto il giorno iniziano a scorrere libere. Il flash
di Ugo che ti chiama e in mezzo ai singhiozzi ti dice che Luca
è
morto, ti sorprende e ti toglie il fiato; ecco ciò che
vorresti
dimenticare davvero, Anna: quella telefonata, quei pianti, il tuo
vestito nero e la bara color miele, la fossa scavata e la terra che
la inghiotte. Invece è ancora tutto lì, un
qualcosa di vischioso
che continua ad avvelenare anche i ricordi felici.
Sospiri,
la vista annacquata, mentre fai scivolare l'orologio troppo grande al
tuo polso troppo piccolo. Non sai cosa daresti per sentire al posto
del metallo freddo la sua mano calda, e rivedere i suoi occhi tristi
sorriderti o ritrovarti tra le sue braccia a ridacchiare nel suo
collo. E mentre lo pensi ti rendi conto che non hai nessuna voglia di
dimenticarlo.
E
le foto torneranno ognuna al proprio posto, dove tu vuoi che siano,
dove tu vuoi guardare e trovarle quando ne hai bisogno.
Perché
cancellarlo dagli occhi non è servito a farti dimenticare
che l'hai
amato.
Via
dettagli via regali
cornici
solo vuote
se
bastasse davvero tutto questo
sarebbe
tutto a posto
ma
ho paura che a questo giro invece
dimenticarti
è poco
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