Breve flashfic dedicata a Rota, che tanto la desiderava.
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Di film rovinati
Kasamatsu grugnisce il suo disappunto declinandolo in almeno quattro
tonalità diverse, serrando le braccia al petto con tale
forza da far pensare che da un momento all’altro se le possa
incassare nella gabbia toracica.
Chiariamo, non che non ci abbia provato con tutte le sue forze a
levarsi di dosso quella specie di piattola: al primo assalto, lo ha gentilmente
invitato a levarsi dalle scatole con un altrettanto gentile calcio nel
didietro; al secondo, ha allontanato la sua faccia da schiaffi
spiaccicandovi contro il proprio palmo – sempre usando la sua
naturale accortezza;
alla terza ha sbuffato ormai seccato, cercando di liberarsi andando di
gomito.
Tutto, irrimediabilmente, inutile.
Kise, nel volergli stare appiccicato, dimostra un’ostinazione
degna del peggiore degli sciocchi. Sarà pure un genio sul
campo da basket, ma la sua stupidità in tutti gli altri
ambiti dell’umano essere compensa fin troppo bene.
A questo punto non gli rimane che sospirare un’altra volta,
arrendendosi all’evidenza dei fatti: non si
libererà dell’abbraccio di Kise almeno fino a
quando il film che hanno deciso di vedere non finirà.
Almeno, pensa, non ha dovuto rendere pubblica questa umiliazione.
Probabilmente però la sua personale fonte di pensieri deve
aver mal interpretato il suo sospiro di sommo disappunto, a giudicare
da come si lascia sfuggire un risolino compiaciuto mentre le sue
braccia si stringono attorno al busto di Kasamatsu.
E no, quel accenno di calore sulle guance non significa affatto che il
capitano della Kaijo stia arrossendo. Assolutamente no.
Perché mai dovrebbe essere contento di una cosa simile,
suvvia! No, è impensabile anche solo ipotizzare che, in
fondo, ma molto in fondo, quel momento gli faccia piacere. È
totalmente
fuori discussione.
Volta appena lo sguardo – l’unico movimento che
può fare, visto da come pare il suo corpo si sia
pietrificato - trovando improvvisamente molto interessante una lampada
dai dubbi colori e dalla dubbia forma comprata dalla madre –
manco a dirlo, Kise l’ha trovata subito “super-fantastica”.
Non è che sia proprio in imbarazzo, mettiamolo per inciso;
può sopravvivere a una situazione del genere, con un
po’ di buon impegno.
L’unico problema è che sta cominciando a trovare
piacevole il calore del corpo di Kise, la sensazione del viso del
ragazzo poggiato sulla propria spalla, quei capelli biondi che gli
solleticano il collo, e persino l’orecchino
dell’altro che gli si è conficcato nella pelle.
Non è così malaccio, dopotutto; lo è
ammetterlo con così tanta semplicità.
Ma è proprio mentre Kasamatsu è lì
lì per cominciare a prendere in considerazione
l’idea di abituarsi a questo nuovo stato di cose, che Kise fa
qualcosa di inaspettato, rompendo tragicamente l’equilibrio.
Al capitano gli ci vuole un po’ prima di riuscire a
catalogare che razza di verso
provenga dalla gola dell’altro; inutile dire che, quando
finalmente comprende, diventa rosso fino alla punta dei capelli.
È così sorpreso che ci mette un po’
prima di imbroccare il giusto insulto da invocare contro Kise.
“I-idiota!” gli riesce alla fine di dire, andando
di nuovo a comprimere il palmo contro il viso dell’altro,
nemmeno tema che tanta stupidità possa contagiarlo.
“Come cavolo ti viene in mente di cominciare a fare le fusa? Non
sei un gatto!”
Il finale del film Kasamatsu-senpai non riuscì a vederlo,
né a sentirlo, sovrastato dai lamenti e dai piagnistei di un
“povero,
piccolo, Kise che voleva solo dimostrare il suo grande affetto”.
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