Pairing/Characters: Damon,
Stefan, (Elena)
Rating: PG
Warnings: Angst,
tanto Angst; Drunk!Fic; Missing Moment; Spoiler 4x01;
Word
Count: 785
(fdp)
Disclaimer: Magari
fossero roba mia. Li tratterei meglio dei loro veri possessori e_e
N/A: Scritta
per la Staffetta
in Piscina @ piscinadiprompt,
prompt “Et
toi, qu’est-ce que tu peux répondre /A cette vie
qui s’en va {trad. E tu, che cosa puoi rispondere/ A questa
vita che se ne va} [Qu’avons-nous fait de vous ? –
Le Roi Soleil OST]” e per 500themes_ita,
prompt #339.
Un tempo per essere in lutto.
The mourning after
Avrebbero
potuto litigare.
Sarebbe
stata una rissa epica, di quelle che ti lasciano con i pugni dolenti e
le corde vocali stremate. Ci sarebbe stato parecchio sangue e altro
dolore da aggiungere all'equazione, e forse entrambi si sarebbero
sentiti meglio, alla fine.
Ma
non avevano litigato.
Capivano,
senza esserselo mai detto, che quella fase della loro vita era finita.
Che fingere di odiarsi ormai non aveva più molto senso, non
dopo aver sfondato i limiti dell'inconcepibile pur di salvarsi a
vicenda.
Quindi,
non potendo litigare, avevano fatto l'unica altra cosa che era venuto
loro in mente di fare: si erano ubriacati.
Avevano
iniziato con calma, solo per riempire le ore silenziose tra i sussulti
tormentati di Elena, aspettando quell'incubo abbastanza orribile da
risvegliarla completamente.
Lo
avevano fatto senza scambiarsi una parola, fianco a fianco, con solo
una bottiglia tra di loro.
Per
la prima volta, dopo un secolo e mezzo, condividevano allo stesso modo
un lutto.
Era
stata un'ubriacatura pesante, ma ragionata. Se il sonno prendeva il
sopravvento per un minuto o per mezz'ora sull'uno, l'altro smetteva di
bere e rimaneva sveglio, continuando quella triste veglia, in modo che
Elena non dovesse trovarsi sola, una volta aperti i suoi nuovi occhi
sul mondo.
Si
erano dati il cambio almeno tre volte durante la notte.
La
prima volta che Stefan si era addormentato, l'istinto di Damon era
stato quello di risvegliarlo a calci, e si era trattenuto a stento dal
farlo davvero. Le altre due volte lo aveva semplicemente guardato
sprofondare nel sonno, chiedendosi se erano solo i suoi occhi a
percepirlo, o se suo fratello sembrasse davvero infinitamente
più vecchio dei diciassette anni che il suo corpo si
ostinava a mostrare.
Quando
era stato Damon a cedere alla sonnolenza dell'alcool, Stefan aveva
sospirato di sollievo, ma non si era girato a guardarlo.
Durante
la sua veglia non si era mai concesso si staccare lo sguardo dal volto
di Elena. Non ci riusciva. Nella sua mente le ultime ventiquattr'ore si
susseguivano continuamente, come il nastro inceppato di un film che
ripeteva sempre le stesse scene, una dopo l'altra, all'infinito.
La
macchina inabissata. Elena che lo supplicava con lo sguardo di salvare
Matt. La prima risalita in superficie. Il secondo tuffo, con il cuore
pesante e il terribile presentimento di essere ormai in ritardo. Il
corpo incosciente di Elena tra le sue braccia. Rompere di nuovo la
superficie dell'acqua e sentire un solo affannoso respiro: il proprio.
La riva del fiume piena di sassi taglienti. I suoi tentativi di ridarle
il respiro. Il silenzio dove avrebbe dovuto esserci il battito del
cuore. Le labbra sempre più fredde di Elena. L'ambulanza.
L'ospedale. La confessione di Meredith, ripetuta tre volte
perché lui non la stava ascoltando davvero. L'arrivo di
Damon.
Poi
ricominciava tutto daccapo.
«La
cosa che più mi dà fastidio dell'essere diventato
un vampiro a diciassette anni», aveva mormorato Stefan, ad un
certo punto, e senza sapere bene il perché, mentre si
portava il quinto o sesto bicchiere della nottata alle labbra,
«È che non potrò mai comprare alcool
legalmente. Un giorno qualche barista mi dirà per l'ennesima
volta “Prima fammi vedere la tua carta d'identità,
figliolo” e io sarò così esasperato da
sfondargli la testa contro il bancone».
Lo
aveva detto con un tono serio e colloquiale, e senza scomporsi
minimamente.
Damon
era rimasto in silenzio per qualche istante, gli occhi mezzi sgranati
sia per le parole in sé, sia per il modo in cui quella
strana frase di suo fratello sembrava ricollegarsi ai suoi pensieri di
poche ore prima, poi era scoppiato a ridere. Forte. Così
forte che le sue risate avevano riempito tutta la casa, e per un attimo
Stefan ne era stato sollevato, poi si era ricordato di Jeremy, si era
chiesto cosa avrebbe potuto pensare di quelle risate e, per amor di
pace e per il bene del ragazzo, aveva posato una mano sul ginocchio di
suo fratello, cercando di placarlo.
Damon
aveva continuato a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi (o forse gli
lacrimavano già da prima e lui non se n'era accorto, aveva
considerato di sfuggita), ma aveva comunque moderato il tono.
«È
più vecchia di te, adesso», aveva aggiunto poi
Damon, continuando il filo di pensieri che Stefan non aveva voluto
esplicitare. «Non è ironico?»
«No»,
aveva risposto Stefan, senza astio. Ma Damon aveva continuato a ridere
sottovoce.
Dopo
era tornato il silenzio, e la mano di suo fratello si era posata
accanto alla sua. Non sulla sua,
perché in fin dei conti Damon era ancora furioso con lui, ma
Stefan aveva comunque intuito le buone intenzioni.
Ben
prima dello spuntare dell'alba, la bottiglia era stata svuotata fino
all'ultima goccia, ed entrambi si erano forzatamente ritrovati sempre
più sobri e sempre più sfiniti.
Allora
avevano solo aspettato. E aspettato. E aspettato.
Di
tempo, ormai, ce n'era in sovrabbondanza per tutti.
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