Pastelli rossi
L'aria era tiepida a Sacramento, in quella tarda serata di inizio
estate. L'orologio digitale sulla parete dell'open space segnava le
23:35 e l'unica luce ancora accesa era quella nell'ufficio di Teresa,
dove l'agente del CBI stava lavorando ad alcune scartoffie arretrate
nel pacifico silenzio della notte.
- Non credi sia ora di
andare a casa? -
La voce di Patrick,
lungo disteso sulla poltrona con le braccia conserte dietro la testa,
ruppe il silenzio così bruscamente che Teresa
sussultò, facendo uno scarabocchio.
- Finisco questo
rapporto e poi vado a casa, io. - Replicò
cercando di rimediare al pasticcio: detestava i rapporti disordinati.
- Buono a sapersi. Non
vedo l'ora di farmi una bella dormita. - Replicò Patrick,
sistemandosi più comodo sul divano e continuando a fissare
il soffitto con un sorriso sornione dipinto sul viso.
Teresa stava dando
un'ultima rilettura al rapporto che aveva appena completato quando il
telefono sulla sua scrivania squillò.
- Chi sarà
mai a quest'ora... - mormorò tra sè e
sè afferrando la cornetta.
Patrick si mise subito
seduto, fissando Teresa con aria curiosa per l'intera durata della
telefonata. Quando riattaccò, la donna si alzò
prendendo la giacca.
- Spero che tu non
abbia troppo sonno, perchè abbiamo da fare. -
- Non dico mai no a
un'attività interessante. - Rispose Patrick, prendendo la
sua dall'attacapanni e seguendola fuori dall'ufficio.
Teresa scese dalla sua
Chevrolet scura chiudendosi la portiera alle spalle con un sospiro.
- Un posticino
accogliente. - Sentenziò Patrick, scendendo dal posto del
passeggero e avvicinandosi all'ingresso dell'enorme condominio grigio
senza giardino nè balconi nella più incolore
periferia della città.
Tersa gli
lanciò un'occhiata obliqua, a cui il detective rispose con
uno dei suoi mezzi sorrisi.
- Era per dire. -
Replicò.
- Andiamo. -
Due agenti li
aspettavano sul pianerottolo del terzo piano, un minuscolo spiazzo
rinchiuso tra muri scrostati e una ringhiera arrugginita, illuminato
solo da un vecchio neon ronzante sopra le loro teste. Una signora sui
settant'anni, avvolta in uno scialle di lana e con una fila di bigodini
sui capelli grigi, li aspettava sul pianerottolo.
- La signora Holly
Reed. - La presentò uno dei due uomini.
- Agente Teresa
Lisbon, CBI. È lei che ci ha chiamati? - Domandò
Teresa.
L'anziana signora
annuì gravemente.
- Ero appena andata a
letto e ho sentito qualcuno litigare violentemente. Cercavano di tenere
i toni bassi ma sa, in questi fabbricati le pareti sono sottili e non
si può non sentire... - Disse la signora.
Teresa e i due agenti
si scambiarono uno sguardo: la differenza tra sentire e ascoltare era
data dalla volontà di chi possiede il paio di orecchie, ma
in un condominio come quello non ci potevano essere molte
novità e perfino un litigio doveva essere un grande evento.
- Chi abita qui? -
Domandò Patrick, annusando l'aria.
- Un uomo e una donna.
Brutta gente, lasciatemelo dire. Hanno l'aria di due delinquenti... Non
li conosco, non mi fermo mai a parlare con loro. È brutta
gente, ve lo ripeto. -
Teresa alzò
gli occhi al cielo: vista l'età della signora che aveva
fatto la dichiarazione era solo una coppia alternativa con piercing,
orecchini e l'abitudine di ascoltare la musica troppo alta all'ora
delle telenovele.
- Ora sembra tutto
tranquillo, capo. - Disse un agente. - Siamo qui da cinque minuti e non
si è sentita volare una mosca. -
- Ma è
questo il punto! - Intervenne la signora Reed. - Quando siete arrivati,
bum! Basta grida, basta sedie trascinate, basta discussioni. Silenzio,
solo silenzio. Dev'essere successo qualcosa, glielo dico io. -
- Non possiamo
irrompere nell'appartamento di un privato cittadino nel cuore della
notte solo perchè lei pensa che sia successo qualcosa. -
Spiegò Teresa.
- Si fidi del sesto
senso di una donna. - Disse la signora.
Teresa alzò
gli occhi al cielo, avvicinandosi al campanello.
- Non serve suonare. -
Disse Patrick, fermandola prima di farle premere il bottone. -
È aperto. -
Spinse la porta con
delicatezza e il vecchio battente alleggerito dal tempo
scivolò sui cardini senza fare rumore. Un minuscolo
soggiorno dalle pareti stinte era illuminato solo dalla televisione
che, muta, trasmetteva il David Letterman Show.
Una porta sulla destra
lasciava intravedere un angolo cottura incrostato e una tenda sulla
sinistra camuffava l'assenza di una porta, di cui rimanevano solo i
cardini arrugginiti. Un tavolino dalle gambe di metallo, una vecchia
credenza piena di oggetti di vetro impolverato e una singola finestra
con le tende chiuse erano tutto l'arredo di quel misero soggiorno. Un
po' dovunque c'era disordine: vestiti piegati alla bell'e meglio, pigne
di fogli di carta spiegazzati, matite e penne un po' dovunque.
- È
permesso? - Disse Teresa, avvicinandosi - Agente Lisbon, CBI. Siamo
stati chiamati... -
- Non credo che ti
possano sentire. - Disse Patrick in un sussurro.
Mentre i loro occhi si
abituavano al buio le figure di due corpi prendevano lentamente forma
tra le ombre e il disordine del soggiorno.
La signora Reed
indietreggiò, coprendosi la bocca con le mani e reprimendo
un grido. Teresa invece sospirò, capendo che non sarebbe
andata a letto tanto presto.
Sulla sinistra,
afflosciato contro lo stipite scrostato della porta che dava verso
l'angolo cottura, stava un uomo sulla trentina. Era robusto, stempiato,
portava solo un paio di calzoni sportivi e una canottiera che lasciava
vedere le braccia ricoperte di tatuaggi. La bocca storta, gli occhi
semichiusi e la scia rossastra sullo stipite dietro di lui non
lasciavano spazio a molti dubbi: era morto, col cranio fracassato.
Non molto lontano da
lui, distesa supina sulla moquette macchiata dell'appartamento, stava
una donna, anche lei sulla trentina. Alta e magra, indossava una
minigonna di pelle, un paio di sandali col tacco alto e un top di lurex
argentato. Aveva lunghi capelli chiari, in disordine, ed era truccata
con cura in modo piuttosto pesante. I suoi occhi vacui rivolti
all'indietro dimostravano che anche lei era morta.
- Vede? Lo sapevo, lo sentivo io che era successo qualcosa!
- Esclamò la signora Reed, riemergendo dalla sua trance con
espressione angosciata ma con gli occhi che tradivano l'emozione.
- Non credo che stia
bene emozionarsi tanto per la morte dei propri vicini di casa, signora
Holly. Mi rendo conto che le sembra di ritrovarsi nell'ultima puntata
della Signora in Giallo ma no, questo non è un telefilm. Qui
abbiamo due persone morte, morte davvero, e questo non è
emozionante. È triste. - Disse Patrick lentamente, guardando
negli occhi l'anziana signora.
- Volete... volete un
caffè? Vado a farlo. - Fu la risposta della signora Reed; un
momento dopo era sparita nel suo appartamento chiudendosi la porta alle
spalle.
Teresa, intanto, aveva
chiamato Grace, Wayne e Kimball al cellulare, spedendo Wayne e Kimball
in ufficio a cercare informazioni sugli inquilini dell'appartamento e
chiedendo a Grace di raggiungerla per un primo sopralluogo.
Patrick si aggirava
per l'appartamento, osservando tutto quello che lo circondava con i
suoi acuti occhi azzurri e soppesando ogni singolo dettaglio col viso
concentrato di chi sta vedendo molto più di quello che
sembrava.
- Abbiamo due corpi,
un uomo e una donna, sulla trentina. - Diceva intanto Teresa, al
telefono col comandante. - Li abbiamo trovati per caso, una vicina ci
ha chiamato e... -
- Sssh, abbassa la
voce. - Le disse all'improvviso Patrick, voltandosi verso di lei.
La donna gli rivolse
uno sguardo interrogativo, continuando a parlare al telefono e
riattaccando all'improvviso.
- Mi spieghi
perchè dovevo abbassare la voce? Non ho un tono di voce tale
da svegliare i morti! - Esclamò Teresa spazientita.
- Chi siete? -
domandò una voce insonnolita alle sue spalle.
Teresa si
voltò con un sussulto: davanti a lei stava una bambina di
più o meno cinque anni con i capelli scuri e indosso un
pigiama azzurro. Teneva la tenda scostata con una mano, mentre con
l'altra si sfregava gli occhi.
- I morti no, ma lei
sì. - Rispose Patrick in un sussurro. Si avvicinò alla
bambina, si accovacciò davanti a lei e le sorrise. - Io sono
Patrick. Tu sei? -
- Dorothy. - Disse la bambina.
- È un bel nome. - Esclamò Patrick con un sorriso
luminoso. - È anche quello della... -
- Protagonista del Mago di Oz, sì. È la favola
preferita del papà. - Rispose la bambina. -
Perchè siete qui? -
Patrick alzò gli occhi verso Teresa, la quale guardava la
bambina con uno sguardo indefinibile negli occhi verdi.
- Ecco, vedi... - Iniziò Patrick, con il tono lento di
quando stava convincendo qualcuno a fare quello che voleva lui a
prescindere dalla sua volontà.
A interromperlo fu uno degli agenti, che comparve sulla porta
dell'appartamento con un uomo vestito di scuro.
- Capo, è arrivato il coroner. -
- Ah. Sì, bene. Fatelo entrare. - Replicò
distrattamente Teresa.
Un uomo vestito di scuro e un paio di assistenti con le lettighe
entrarono nel minuscolo appartamento sotto gli occhi di Patrick, Teresa
e della bambina.
- Che cosa sta succedendo? - Domandò di nuovo la bambina. -
Perchè li portano via? - I suoi grandi occhi scuri si
posarono prima su Patrick e poi su Teresa.
La donna lanciò uno sguardo supplichevole al collega,
sperando che lui potesse dire quello che bisognava dire nel modo
giusto. Quando vide che Patrick fissava la bambina senza dire nulla,
decise che era suo compito intervenire: mentre il medico legale e i
suoi assistenti uscivano assieme alle lettighe, si abbassò
per avere gli occhi all'altezza di quella della bambina e
iniziò, con la voce più calma e distaccata che
riuscì a trovare.
- Ecco, vedi, i tuoi genitori... -
- Non sono morti! - Esclamò la bambina all'improvviso,
capendo tutt'a un tratto cosa stava succedendo. - Non sono morti,
stanno solo dormendo! Poi si svegliano e la mamma cucina i muffin, e io
e papà disegniamo! Non li portate via, non sono morti! -
Fece per rincorrere il coroner, ma l'apparizione sulla porta di Grace
la fece bloccare in preda allo stupore. Fece un passo indietro,
confusa, e si scontrò contro le gambe di Teresa. Rimase
aggrappata alle ginocchia della donna col viso nascosto contro i suoi
pantaloni, mettendola in imbarazzo al punto di farle scordare
completamente quello che stava per dire. Cercando di recuperare
l'autocontrollo e mantenersi impassibile, Teresa raccontò a
Grace quanto successo fino a quel mometno; mentre parlavano, la signora
Reed comparve sul pianerotto con un vassoio di plastica su cui
campeggiavano quattro grosse tazze di caffè fumante.
L'anziana signora si avvicinò con un sorriso imbarazzato e
fu solo quando ebbe appoggiato il vassoio sul tavolo che si rese conto
della bambina.
- Oh Madre del Cielo, e questa bambina chi è? -
Esclamò l'anziana signora, in preda a sincero stupore.
- Dev'essere la figlia dei suoi vicini di casa... non l'ha mai vista
prima? -
- No, assolutamente. - Disse la signora. - Quindi, oltre che drogati,
erano anche rapitori... oh, Cielo, devo proprio dire a Karl di portarmi
via da questo posto... - Borbottò tra sè mentre
toglieva le tazze dal vassoio e lo stringeva a sè prima di
uscire.
- Non mi hanno rapita! Sono i miei genitori! - Gridò
Dorothy, lasciando le gambe di Teresa e affrontando la donna con gli
occhi luccicanti di rabbia.
La signora Reed fece un passo indietro, spaventata dallo scatto d'ira
di una bambina così piccola, si scontrò contro
altri agenti del CBI arrivati per il sopralluogo e
approfittò del piccolo momento di confusione dovuto al loro
arrivo per defilarsi.
Patrick raggiunse la bambina e si accovacciò di nuovo
accanto a lei, guardandola con un sorriso paziente.
- Hai detto che il tuo papà disegnava con te? -
Domandò con calma.
Dorothy annuì.
- E che la tua mamma cucinava i muffin? -
- Sono i miei dolci preferiti. -
- Anche i miei. Ti piacerebbe mangiarne uno? -
Dorothy lo guardò mordendosi le labbra, soppesandolo con lo
sguardo per capire se poteva fidarsi di lui. Poi si lasciò
andare ad un sorriso e annuì.
- Vieni, so dove li teneva la mamma. - Disse poi, facendogli cenno di
seguirlo in cucina.
Seduti al minuscolo tavolino traballante attaccato alla parete, Patrick
e Dorothy mangiavano il loro muffin alle pepite di cioccolato senza
parlare.
Il detective si guardava intorno con aria curiosa, soffermandosi sui
disegni appesi al muro con lo scotch, alla montagna di piatti da lavare
nel lavandino e al fornello incrostato di sporco e ruggine. Nello
scolapiatti privo di un'anta c'era un bicchiere rosa con le farfalle,
che Dorothy aveva espressamente etichettato come suo quando Patrick si
era alzato per cercare qualcosa per farsi un tè. Teresa fece
capolino in cucina e guardò Patrick con gli occhi spalancati.
- Che stai facendo? -
- Facciamo merenda. -
- Questo lo vedo. Che ne pensi di venire di là? Di lavorare
un po', magari? Di fare un po' il detective? -
- Arrivo subito. -
Dorothy li fissava con occhi curiosi e con le gambe che dondolavano
mentre si leccava la cioccolata dalle punte delle dita.
- Quando tornano i miei genitori voi andate via? - Chiese con
innocenza. - Quando escono dall'ospedale, intendo. Quando i medici si
accorgono che non sono morti. -
Patrick uscì dalla cucina senza rispondere, lasciando Teresa
in balia dello sguardo indagatore di quella bambina troppo sveglia.
- Ora stai qui buona, ok? - Disse, decidendo di evitare l'argomento per
il momento. - Non ti muovere. -
- Ma mi annoio! - Esclamò la bambina. - Voglio un foglio e
le mie matite colorate. -
Teresa alzò gli occhi al cielo, senza riuscire
però a trattenere un sorriso.
- Jeff, per favore, porta un foglio e dei pastelli a questa bambina. -
Disse Teresa, rivolgendosi a uno degli agenti in soggiorno. - Tu non ti
muovere da qui, ok? -
Erano quasi le due quando la scientifica decise che i rilievi
più urgenti erano fatti e che potevano rimandare il resto a
domattina. Il medico legale aveva promesso i risultati per l'indomani,
Grace sbadigliava ogni volta che sapeva di non essere vista e Teresa
iniziava ad avere mal di testa. Patrick era l'unico che si aggirava
ancora per la casa con il suo sguardo attento e nessuna stanchezza
dipinta sul volto.
- Bene, possiamo andarcene. Jeff, Chern, chiudete la porta a chiave e
portate le chiavi al CBI. VanPelt, va' pure a casa, continuiamo
domattina. - Disse Teresa. - Jane? -
Patrick si voltò verso di lei, guardandola con l'aria
assente di quando era perso nei suoi ragionamenti. Teresa gli
indicò la porta col capo, ma Patrick sembrò non
vederla, preso com'era dalla sua ispezione della credenza.
- Capo, cosa facciamo della bambina? - Domandò uno degli
agenti.
Dorothy ricomparve improvvisamente tra i pensieri di Teresa e la donna
si costrinse ad affacciarsi in cucina. Addormentata con la testa posata
su un braccio e ancora con la matita in mano, Dorothy era seduta al
tavolo esattamente dove l'aveva lasciata.
- Posso occuparmene io, per stanotte. - Disse la voce della signora
Reed, ferma sulla porta.
- Lei? -
- Mi dispiace per come mi sono intromessa nelle vostre indagini, agente
Lisbon, e credo che questa povera creatura non abbia colpa per quei
delinquenti dei suoi genitori... se sono davvero i suoi genitori, anche
se io non lo credo affatto... -
Teresa guardò la bambina addormentata e l'anziana signora
davanti a lei. Non poteva chiamare gli assistenti sociali a quell'ora
di notte e anche se l'avesse fatto le avrebbero detto che non avrebbero
potuto fare niente prima della mattina successiva. Stava ancora
pensando al da farsi quano Patrick si avvicinò all'anziana
donna e le prese una mano tra le proprie.
- Allora d'accordo, signora Reed. Domani contatteremo i servizi sociali
e la faremo venire a prendere. Per il momento, grazie. - Disse
accorato, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Teresa aprì la bocca per protestare, ma si rese conto che -
nonostante Patrick l'avesse scavalcata per l'ennesima volta - in fin
dei conti aveva fatto la scelta migliore.
L'agente Chern prese Dorothy tra le braccia e la trasportò,
profondamente addormentata, nell'appartamento della signora Reed.
Teresa si lasciò alle spalle l'appartamento deserto e i due
agenti incaricati della sorveglianza e si avviò verso
l'automobile, ben sapendo che non sarebbe riuscita a dormire a lungo
nemmeno quella volta.
Primissimo esperimento in questo
fandom di cui mi sono innamorata!
Sto seguendo la quarta stagione su Rete4,
ma ho intenzione di recuperare anche tutte le precedenti..
È anche la prima volta che provo a scrivere un giallo
- anche se seguo da anni un sacco di polizieschi -
quindi spero di non fare grossi pasticci nello svolgimento delle
indagini.
Ci tengo molto anche all'IC, quindi se trovate qualcuno dei personaggi
molto diverso da quello reale, fatemelo sapere!
Grazie di aver letto, spero continuerete a seguire la vicenda!
Bacibaci, alla prossima!
Flora
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