BEING A WAR MAGE
CAPITOLO 5:
RITORNARE A VOLARE
Time
can bring you down, time can bend your knees
Time can
break your heart, have you begging please
Beyond
the door there’s peace, I’m sure
And I
know there’ll be no more tears in heavens…
Tears
in Heaven, Eric Clapton
***************
I soldati della War Mage Team correvano per le strade di
Londra inorriditi; man mano che andavano avanti, dovevano balzare tra macerie,
cadaveri e pozze di sangue in cui si poteva tranquillamente annegare. Era uno
spettacolo agghiacciante, sembrava di passare in mezzo a una città appena
bombardata. Bernie, Ben, Charlie e Josh si occuparono della conta e
dell’identificazione dei cadaveri, ma fu necessario chiedere l’aiuto delle
truppe del Ministero, tante erano le vittime della ferocia di Voldemort e dei
suoi mangiamorte.Sirius, Remus, Liam, Harry, Hermione e i ragazzi Weasley si
stavano dirigendo a tutta velocità in direzione del quartiere residenziale,
quello che fino a poche ore prima era il più elegante dei quartieri londinesi,
che ospitava belle villette solari e ora era seppellito sotto un bagno di
sangue. Nessuno degli auror potè fermarsi per verificare le condizioni dei
numerosi corpi a terra, poiché molte case bruciavano ancora; il gruppo dovette
suddividersi in molti sottogruppetti che si distribuirono fra le ville del
quartiere, alla ricerca di qualche sopravvissuto alla tremenda carneficina.
Quando vide casa sua ancora perfettamente intatta, Hermione
sentì lo stomaco chiudersi in una morsa e si lanciò in corsa verso il cancello
spalancato. “Mamma!! Papà!!”
“Hermione, aspetta!!” le gridò dietro Remus, ma Harry e Ron
le stavano già dietro, e in un istante tutta la squadra si ritrovò a correre
verso villa Granger. Una volta dentro, Hermione si lanciò per tutto il pian
terreno chiamando a gran voce i suoi genitori, con Harry e Ron che la seguivano
passo passo.
Liam, visibilmente teso, si voltò verso gli altri. “Sirius,
Remus, voi controllate di sopra. Bill, il giardino. Natan, Ike, voi con me al
piano terra.” Tutti si sparpagliarono per la casa.
“Mamma!! Papà!! Mamma!!” continuava a gridare Hermione
disperata, correndo da una stanza all’altra.
Sirius e Remus entrarono nella stanza da letto dei genitori
di Hermione con le bacchette puntate, ma quando videro a terra i due cadaveri
straziati atrocemente in una pozza enorme di sangue, ebbero bisogno di fare
appello a tutto il loro sangue freddo per avvicinarsi senza vomitare.
“Che luridi porci…” mormorò tra i denti Remus, che si fece
coraggio e si chinò sui due corpi.
“Bastardi assassini!” ruggì Sirius, distogliendo per un
attimo lo sguardo. Proprio in quel momento si sentirono dei passi in corsa, e
sulla soglia della porta comparve Hermione. “No!! Hermione, non guardare!!!”
gridò lui, mentre arrivavano di corsa anche Harry e Ron. Ma fu troppo tardi.
Hermione si sentì gelare il sangue nelle vene. Tutto in una
volta sentì il proprio respiro affannoso, mentre il cuore sembrava a tutti i
costi volerle schizzare fuori dal petto, facendole sentire un dolore che le mozzava
il respiro in gola; ma la cosa strana era che non sentiva niente. Non sentiva
più il suo corpo. Non avvertì di stare scuotendo nevroticamente la testa, non
comprese che il grido che si sentì nella stanza era il suo, né si rese conto di
chi un momento dopo la prese in braccio a forza, portandola via…non sentiva più
assolutamente nulla, solo una specie di vuoto ronzio nella testa e nelle
orecchie…come una sensazione di ovatta tutto intorno…niente rumori…niente
immagini…niente sensazioni…solo bianco…e silenzio…
Ron la mise giù appena scesero le scale e tornarono nella
camera da pranzo, e la prese per gli avambracci, scuotendola vigorosamente.
Harry le passò una mano davanti al viso ripetutamente, ma lei aveva gli occhi
bassi e completamente vuoti, quasi come quando, da bambina, era stata
pietrificata dal Basilisco durante il loro secondo anno a Hogwarts. Il che fece
rabbrividire entrambi.
“Hermione!! Hermione, reagisci!! Forza, parlami!!” Ron le
diede uno scossone più brusco.
“Merda, è in pieno shock!” esclamò Harry, al limite del
panico, mentre anche gli altri si raggruppavano nella stanza. “Liam, presto!!”
Liam fu in baleno sul posto, e intuì al volo cosa potesse
essere successo. Con la stessa rapidità e lucidità afferrò Hermione per le
spalle e la sbattè vigorosamente di spalle contro il muro. “Svegliati,
Hermione!!”
Natan fece un passo avanti, furioso, ma Ike lo trattenne.
“Che cazzo fai, sei pazzo?!”
Hermione sbattè gli occhi un paio di volte e poi alzò la
testa: aveva lo sguardo terrorizzato e sperduto, sembrava quasi non riconoscere
chi le stava attorno.
“Hermione” cercò di calmarla Harry, prendendole una mano fra
le sue. “Stai tranquilla, ci siamo noi qui con te, stai calma.”
“Respira, respira profondamente.” Le sussurrò in tono calmo
e pacato Liam, poi si voltò verso gli altri. “Natan, va’ a chiamare Aki,
presto.” Il ragazzo corse fuori velocemente.
Ron le si avvicinò col cuore che gli batteva forte, e le
passò un braccio attorno alla vita. “Dimmi qualcosa, ti scongiuro.”
Hermione, ancora spaventatissima, si guardò un attimo le
mani, poi le si chiusero gli occhi e crollò fra le braccia di Ron, che subito
la prese in braccio e la stese su uno dei divanetti nella stanza,
inginocchiandosi accanto a lei. Harry si chinò su di lei preoccupatissimo,
mentre Liam le sentì subito il polso. In pochi istanti li raggiunsero Natan e
Aki, che subito si fece largo fra i presenti per prendersi cura di Hermione.
“Indietro, fatela respirare!” fece la giovane dottoressa
freneticamente, cercando subito il battito alla ragazza e controllandole una
pupilla. “Portatemi subito una coperta!” disse rivolta agli altri, poi tornò a
dedicarsi alla sua paziente.
Ron, che le teneva una mano fra le sue, se la strinse forte
al petto; Harry, pallido e sudato, si passò nervosamente una mano fra i
capelli, poi rimase in piedi fermo, a pugni serrati, vicino al divano.
***************
Molly Weasley rientrò nella stanza di sua figlia tenendo in
mano un catino d’acqua fredda. Era agitatissima e preoccupata, evidentemente
scossa dagli eventi della mattina e dallo stato di shock totale in cui era
entrata Hermione; non aveva più ripreso conoscenza dalla mattina e le era
salita una brutta febbre alta, ma i Weasley avevano insistito per poterla
portare a casa loro e prendersi cura di lei amorevolmente lontano da St.Mungo,
ospedale in cui sia lei che Ron che Harry avevano passato fin troppo tempo. E
così era tutto il pomeriggio che Ginny e mamma Weasley si stavano occupando di
Hermione, che stava sdraiata in un letto aggiunto nella stanza di Ginny;
continuava ad agitarsi e a gemere nell’incoscienza, il che preoccupava non poco
le due donne.
Al piano di sotto l’atmosfera non era delle più fauste; Bill
e Charlie erano ancora al quartier generale; a Harry e Ron era stato dato il
permesso di restare a casa accanto alla loro amica; Arthur Weasley stava
preparando un tè caldo, mentre suo figlio Percy teneva fra le mani una copia
del Daily Prophet, le cui prime tre pagine non parlavano d’altro che del
micidiale attacco avvenuto la mattina. La pioggia fuori non dava certo una
mano. Quando Molly scese, con l’aria preoccupata, si avvilì ancora di più
vedendo le facce dei suoi familiari.
Ron si voltò verso la madre. “Come sta?”
“Ha ancora la febbre alta, povera bambina.” Disse lei mesta,
avviandosi verso il mobiletto in cucina.
“Quello che è successo oggi è intollerabile.” Commentò
indignato Percy, scuotendo la testa. “Cinquecento babbani trucidati atrocemente
nell’arco di pochissimi minuti, tutti contemporaneamente. Disgustoso.”
“Ormai sta diventando impossibile.” Fece scuro in volto
Arthur Weasley.
Molly prese dal mobiletto sul lavabo una bottiglietta che
gli altri riconobbero come il rimedio della strega Amelie, con la quale da
bambini si erano curati da febbri e raffreddori. Scoccando un utimo sguardo
cupo al marito, la donna risalì al piano di sopra.
Qualche minuto dopo il signor Weasley raggiunse i ragazzi
nella camera da pranzo e poggiò sul tavolino davanti al caminetto il tè,
sedendosi poi sul divano accanto a Harry. “Coraggio, prendete qualcosa di
caldo. Vi farà bene.”
Ron, seduto a terra, rimase a guardare il fuoco nel
caminetto. Harry chiuse gli occhi per un momento. “Se fossimo arrivati anche
solo cinque dannati minuti prima…”
Arthur scosse la testa. “Non potete farvene una colpa.”
“Tutta quella gente…”
“Non c’era modo che lo sapeste prima, è avvenuto tutto
troppo fulmineamente.” Subentrò Percy.
“Voi non avete visto in che stato erano i genitori di
Hermione.” Sibilò a denti stretti Ron. “Li abbiamo dovuti riconoscere Harry e
io dalla corporatura.” E così dicendo riprese a guardare il fuoco. “E
lei ha dovuto vederli in quelle condizioni.”
“Lo so, Ron.” Fece suo padre. “E’ una cosa orribile. Questa
guerra miete in continuazione vittime su vittime, e tutti innocenti. Voi non
potete fare più di quanto fate già.”
Passò un tempo interminabile di lungo e tesissimo silenzio,
prima che dalla porta facessero capolino Bill e Charlie, anche loro con lo
sguardo cupo e nervoso degli altri.
“Ci sono novità?” chiese loro il padre, mentre i due ragazzi
prendevano posto sul divanetto dove stava seduto Percy.
“Sappiamo come hanno fatto a fotterci sul tempo.” Rispose
Bill. “Stavolta niente armi, hanno usato solo Avada Kedavra quasi
contemporaneamente con tutti i babbani uccisi. Pratico e rapido.”
“Coi genitori di Hermione, invece, se la sono presa comoda.”
Continuò Charlie, schifato. “Li hanno scuoiati vivi, quei bastardi.”
“E’ assurdo.” Percy scosse la testa. “Come sono riusciti a
fare tutto questo in una manciata di minuti?”
Bill sospirò. “Non lo sappiamo ancora con certezza, Perce.
Forse erano un migliaio di loro.”
“Qual’è la posizione ufficiale del Ministro?” chiese il
signor Weasley.
Charlie alzò spallucce. “Montgomery sta cercando di
rassicurare tutti dicendo che ce ne stiamo occupando noi, ma dubito che la
gente si fidi. E hanno anche ragione.”
“Avete dato del vostro meglio e vi state impegnando al
massimo, ora non è il momento di perdere la fiducia in voi stessi.” Li ammonì
paternamente Arthur.
“Hermione come sta?” chiese Bill.
“E’ ancora sotto shock. Ci sono mamma e Ginny con lei.”
“E noi cosa facciamo ora?” chiese Ron con voce dura.
“Quello che facciamo sempre.” Gli rispose stanco Charlie.
“Cerchiamo questi figli di puttana e gliela facciamo pagare con gli interessi.”
Ci fu un lungo silenzio che nessuno osò interrompere.
***************
Welcome
to the jungle
Watch
it brings you to your knees
Welcome
to the jungle
If you
want you’re gonna bleed
But it’s
the price you’re gotta pay
Welcome
to the jungle, Guns N’Roses
***************
Quando aprì gli occhi, Hermione non comprese molto, né
riuscì a distinguere dove si trovava. L’unica cosa chiara fin da subito fu che
non era nella sua stanza. Ci mise poco a capire che era alla Tana, e ancora
meno a distinguere la sagoma di Ginny Weasley accanto al letto in cui stava
sdraiata. Ginny notò il suo movimento e, vedendola sveglia, balzò in piedi.
“Oddio, ti sei svegliata!” esclamò sorridendo, poi si voltò
per un secondo verso la porta. “Mamma!!”
Hermione cercò di mettersi seduta, e lei le diede una mano.
“Come ti senti, Hermione?” le chiese agitata, poi l’abbracciò forte, con le
lacrime agli occhi. “Eravamo così in pena!”
Hermione non capì perché la sua amica fosse così sconvolta,
ma le accarezzò ugualmente la testa. “Sto bene, Ginny…”
In quel momento arrivarono di corsa Harry e Ron, che
vedendola sveglia le fecero un gran sorriso.
“Finalmente in piedi!” le disse Harry.
“Come stai?” fece Ron, un po’ meno solare.
“Ho un gran mal di testa, ma a parte quello…credo che sia
tutto a posto.” Rispose un po’ esitante Hermione.
Molly Weasley entrò nella stanza correndo, si lanciò sul
letto di Hermione e l’abbracciò forte, commossa. “Bambina mia, che spavento che
ci hai fatto prendere!” le mormorò tra i capelli, mentre sulla soglia della
porta comparivano anche il signor Weasley e Percy.
Quando finalmente Hermione si fu staccata dalla signora
Weasley, si guardò un po’ in giro, confusa. “Ma cosa mi è successo? Sono stata
ferita, forse?”
“Non ti ricordi niente degli ultimi giorni?” le chiese un
po’ stupito Harry. Lei lo guardò con uno sguardo interrogativo.
Fu Ginny a risponderle. “Sei rimasta per tre giorni a letto
con la febbre alta, non sapevamo più cosa fare. Non hai mai ripreso
conoscenza.”
Hermione la guardò, incredula. “Tre giorni?”
La signora Weasley le appoggiò il palmo della mano sulla
fronte. “Grazie al cielo la febbre è scesa.” Disse, molto più sollevata.
Hermione prese a fissare accigliata un punto sul suo letto.
“Stavamo correndo…ricordo…si, i mangiamorte…a Londra…” a questo punto sbiancò
paurosamente e sollevò gli occhi, terrorizzata. “…oh no…” mormorò, scuotendo la
testa. “…mamma…papà…non può essere vero…”
Ginny si voltò dall’altra parte, per non mostrarle le
lacrime che già le bagnavano le guance.
Hermione guardò Harry e Ron. “E’ stato solo un incubo,
vero?…loro…loro stanno bene, vero?”
Harry abbassò lo sguardo, Ron cercò di non incontrare i suoi
occhi. Hermione si sentì morire dal dolore, e a malapena percepì le lacrime che
le scorrevano calde sulle guance.
“…per favore…ditemi che non è vero…” si lamentò con voce
strozzata dal pianto, poi si coprì gli occhi con le mani e prese a singhiozzare
atrocemente. La signora Weasley la prese tra le braccia e la strinse
maternamente a sé. “…è tutta colpa mia…” gemette Hermione, senza fiato per le
lacrime.
“Oh no, tesoro, non pensarlo nemmeno.” Le rispose mamma
Weasley, accarezzandole i capelli, anche lei in lacrime. Hermione pianse in un
modo straziante, e quando anche Ginny si chinò ad abbracciarla, Molly strinse a
sé entrambe le ragazze.
Ron serrò forte i pugni, e col viso tiratissimo uscì dalla
stanza, seguito da un Harry altrettanto teso. Il signor Weasley si chiuse la
porta alle spalle e si rivolse al figlio maggiore.
“Percy, vai a preparare un po’ di pozione per il sonno, le
farà bene dormire un po’.” Percy annuì e scese in cucina, mentre suo padre
raggiunse la stanza di Harry e Ron; li trovò che si stavano sistemando le armi
nei cinturoni. “Che state facendo?” chiese piano, anche se aveva già capito
perfettamente.
“Andiamo a prendere i bastardi che hanno fatto questo.”
Rispose secco Ron, mentre controllava il caricatore della sua pistola.
“Voi due soli?”
“Si.” Fece duro Harry, allacciandosi il cinturone.
“Ah.” Il signor Weasley si era aspettato una reazione simile
già giorni prima, e sapeva che l’unico modo per affrontare la cosa era quello
di mantenere i nervi saldi e la calma. “Capisco, certo.”
“Quei figli di puttana pagheranno amaramente per averla
fatta piangere.” Confermò Ron, e suo padre per un attimo ebbe quasi paura della
furia omicida che gli lesse negli occhi.
“Posso chiedervi se vi rendete conto di quanto siete
egoisti?” domandò calmo Arthur.
Tutti e due lo guardarono. “Come?” chiese inferocito Harry.
“Volete uccidere gli assassini dei genitori di Hermione,
cercate vendetta, e avete anche ragione.” Continuò il signor Weasley, con voce
ferma e determinata. “Ma se ve ne andate ora la lascerete sola, e questo è
sbagliatissimo.”
“Ci sono mamma e Ginny con lei.”
“No, Ron, Hermione
vuole voi. Siete i suoi migliori amici, il suo punto di riferimento. E’ a voi
che ha guardato appena sveglia, ed è sicuro che avrà bisogno soprattutto di voi
due in questi giorni.”
“Lo vogliamo fare per lei.” Puntualizzò Harry.
“No, lo volete fare per voi stessi, per sfogare la rabbia
che state provando nel vedere la vostra amica più cara soffrire in quel modo.”
Ribadì più duramente il signor Weasley. “In questo momento dovete essere capaci
di soffocare i vostri sentimenti di odio e vendetta per stare vicino a
Hermione. Dobbiamo aiutarla a superare in fretta questo momento così difficile,
poi quando si sarà ripresa, penserete a prendere quei maledetti assassini.”
I due ragazzi rimasero per un attimo fermi, in totale
silenzio; poi si slacciarono i cinturoni, li buttarono sui letti e uscirono
dalla stanza, lasciando il signor Weasley a tirare un sospiro di sollievo. Dio
solo poteva immaginare cosa avrebbero combinato Harry e Ron se avessero perso
del tutto il controllo.
***************
So
are you turning around your mind?
Do you
think the sun won’t shine this time?
Are you
breathing only half of the air?
Are you
giving only half of the chance?
Don’t
you wanna shake because you loved
Because
you cared
Cause
you got hurt
Because
you lived
Heaven
out of Hell, Elisa
***************
Hermione vide entrare Ginny con il pranzo e un gran sorriso.
“Ecco qua.” Fece dolcemente, appoggiandolo sul letto in cui lei stava,
rannicchiata nella sua camicia da notte, con le ginocchia contro il petto.
“Buon appetito.”
Hermione scosse la testa. “Scusami Ginny, ma non mi va.”
Ginny esitò. “Hermione, devi mangiare.” Le disse
preoccupata. “Ti prego.”
“Per favore.” Le rispose semplicemente lei, voltandosi
dall’altra parte.
Ginny, rassegnata, mise via il vassoio col cibo. “Che cosa
posso fare per aiutarti?” sussurrò.
Hermione non si voltò. “Vorrei ancora quella pozione per
dormire.”
“Ma…te l’ho già data stanotte, non puoi prenderne ancora,
mamma dice che dopo un po’ diventa come la droga…”
Hermione si girò a guardarla, e non aveva un’espressione molto
amichevole. “Ne ho bisogno assolutamente. Volevi aiutarmi, no? E allora
aiutami.”
Ginny s’intimidì. Normalmente avrebbe cercato di far
ragionare la sua amica, ma non se la sentiva proprio di iniziare una
discussione con lei in quello stato. “Ascolta, io lo farei più che volentieri,
ma così no. Non voglio che ti faccia del male da sola.”
“Si può?” nella stanza fecero capolino Harry e Ron,
sorridenti.
“E voi che ci fate qui a quest’ora?” chiese Ginny, stupita
ma anche contenta di vederli a casa così presto. Harry le diede un bacio sulla
guancia e si sedette su una sedia accanto a lei, mentre Ron prese posto sul
letto di Hermione.
“Abbiamo pensato di venire a mangiare a casa, invece di
strangolarci il solito panino alla mensa.” Le rispose Ron. "Mamma ?"
"E’ da Fred e George, voleva assicurarsi che stessero
bene.” I gemelli Weasley gestivano il loro amato negozio di scherzi in un
paesino vicino Dublino. “Papà e Percy sono al lavoro, naturalmente.” Spiegò
Ginny.
“Mmh, che buon odorino…” Harry sollevòil coperchio dal
piatto sul comodino. “Questo sì che ha un’aria appetitosa. Cos’è?”
“Giù le zampe, è il pranzo di Hermione.”Ginny gli diede un
piccolo schiaffetto sulla mano.
“Perché non lo prepari anche per noi? Così mangiamo tutti
insieme qua.” Esclamò Harry.
“Veramente…” rispose titubante Ginny. “…lei non ha fame.”
Harry si voltò verso la sua amica, un po’ più serio. “Forse
vuole qualcosa di diverso…magari è questo che non le va.”
Hermione appoggiò la testa sulla spalla, strofinandosi gli
occhi gonfi. Ron la stava osservando. “Hai l’aria stanca.” Le disse dolcemente.
“Perché non ti fai una dormita?”
“No, non voglio!!” strillò lei. Nessuno si mosse. “Io non
voglio chiudere gli occhi, capito?! Non voglio e non posso!!” e così dicendo,
scese dal letto. “Lasciatemi in pace, voi non volete aiutarmi, andatevene
via!!”
“Come puoi dire una cosa del genere?” fece Ginny, alzandosi
in piedi anche lei ma cercando di mantenere la calma.
“Davvero?! E allora perché non mi hai dato un altro po’ di
quella fottutissima pozione per dormire, eh??”
“Perché ne hai presa fin troppa, e potrebbe farti male!”
“Ma non lo capisci che mi fa più male non averla?!” gridò
esasperata Hermione.
Harry cercò di calmarla; si alzò in piedi e le mise le mani
sulle spalle. “Ascoltami un momento, ti prego. Tesoro, hai ragione a essere
sconvolta, e hai ragione ad aver voglia di rompere il culo al mondo intero, ma
noi vogliamo solo cercare di aiutarti. Quella pozione può crearti dei seri
problemi se ne fai un uso esagerato…”
Hermione lo interruppe, divincolandosi e spingendolo via.
“Ma che cosa ne sai tu di cosa mi fa più male?!?” gridò disperata, mentre le
prime lacrime cominciavano a farsi vedere. “Non sei tu a vedere quello che vedo
io, ogni dannata volta che chiudo gli occhi!! Io li rivedo là a terra, tutti e
due, in quello stato tremendo, e so che non posso fare niente per aiutarli!!”
la voce le si bloccò in gola e lei scivolò sulle ginocchia, scoppiando a
piangere. “Io non ho fatto niente, maledizione…”
In ginocchio a terra, Hermione rimase a piangere tra
strazianti singulti, col viso nascosto tra le mani. Qualche istante dopo si
sentì avviluppare da due braccia forti, e all’improvviso si sentì come non si
sentiva da molto tempo: al sicuro. Aveva riconosciuto quelle braccia: Ron,
inconfondibilmente lui. La teneva stretta a sé, le stava accarezzando i capelli
e di tanto in tanto le baciava una tempia. Hermione nascose la faccia nel suo
petto, e si avvinghiò a lui con tutte le sue forze; Ron la strinse ancora di
più, mozzandole quasi il fiato, ma a lei non poteva che piacere quel calore che
le stava trasmettendo; la faceva sentire meno sola. Quando si fu calmata un
po’, Ron le diede un bacio sulla testa e prese a parlarle piano.
“Stammi a sentire, dolcezza.” Il suo tono di voce era calmo
e profondo, perfino rasserenante. “Hai perfettamente ragione ad avercela col
mondo intero, ed è giusto che tu te la prenda anche con noi, perché è vero: non
ti possiamo capire. Non quanto vorremmo.” Ron le mormorò piano, accarezzandole
ancora i capelli. “Ma nessuno di noi riesce a stare a guardare senza provare a
dare una mano, per quanto goffa possa essere. Questi incubi orrendi, purtroppo
dovevamo aspettarceli. Non ti dirò una bugia, potresti averli per molto, molto
tempo ancora. E non potrai sempre risolvere il problema con una pozione, lo sai
questo, vero?” lei emise un impercettibile gemito, e lui le baciò una tempia.
“Lo so che ora ti sembra disumano, ma l’unica soluzione è imparare a convivere
coi tuoi incubi, e anche se all’inizio ti sembrerà impossibile, poco alla volta
ce la farai. Ce la farai, baby, perché sei speciale, e noi tutti abbiamo una
grandissima fiducia in te.”
Hermione inclinò leggermente il viso, che teneva nascosto
nel suo collo, per farsi sentire. “…io non…non voglio vedere…ho paura…” cercò
di dire, tra i singulti.
Harry s’inginocchiò accanto a loro, accarezzandole la
schiena. “Devi abituarti a capire che quello che vedi è passato e non
ritornerà. I tuoi genitori non soffriranno più, dovunque siano ora hanno smesso
di soffrire.” Le sussurrò molto dolcemente. “E per scacciare quelle immagini,
usa i tuoi ricordi. Quelli belli, quelli allegri, come se volessi creare un
Patronus.”
“E’ vero, i ricordi sono la tua arma migliore.” Aggiunse
Ginny. “Ogni volta che vorrai o che ne avrai bisogno, loro saranno sempre a tua
disposizione.”
Ron avvertì che Hermione si stava rilassando un po’ fra le
sue braccia. “Adesso chiudi gli occhi e cerca di riposare. Io non me ne vado,
resto con te. Ci penso io a svegliarti se mi accorgo che stai facendo un incubo.
Quando ti sveglierai io sarò qui vicino a te, va bene?”
Lei annuì nel suo collo. “Penso io a dirlo a Homer.” Disse
Harry al suo amico, poi lui e Ginny uscirono dalla stanza molto preoccupati e
giù di morale.
Ron prese in braccio Hermione, si alzò e la stese sul suo
letto, rimboccandole le coperte. Poi si prese una sedia, si sedette accanto al
letto e le prese la mano. Lei lo guardò negli occhi il più a lungo che potè.
“Grazie.” Gli sussurrò con un filo di voce.
Lui si portò la sua mano alla bocca e la baciò. “Andrà bene,
baby. Ce la farai.”
Hermione piano piano chiuse gli occhi, e scivolò in un sonno
senza sogni.
***************
I
get frightened in all this darkness
I get
nightmares I hate to sleep alone
I need
some company a guardian angel
To keep
me warm when the cold winds blow
Take me home tonight, Eddie Money.
***************
Sirius trovò Harry in palestra, che prendeva a calci e pugni
il sacco; lo faceva con rabbia, era inzuppato di sudore, e il sacco stava già
dando I primi segni di cedimento. Harry diede un ultimo e più vigoroso colpo al
sacco e poi si voltò per prendere da terra l’asciugamani, ma vide che glielo
stava porgendo Sirius.
“Sei piuttosto nero oggi, o sbaglio?”
“Già.” Harry si asciugò la faccia con un rapido gesto.
“E Ron?”
“E’ rimasto alla Tana con Hermione. Lei ne aveva bisogno.”
“Come sta?”
“E’ ancora molto scossa.” Fece Harry, triste. “Ha gli incubi, e si rifiuta di mangiare.”
Sirius annuì. “Certo, immagino. Era del tutto prevedibile,
con quello che ha visto.”
Harry si mise l’asciugamani attorno al collo e si sedette su
una panca, abbandonandosi di spalle contro il muro. “Sai, sto cominciando a
rompermi le palle sul serio.”
“Di che cosa?”
“Di aspettare.” La voce di Harry era glaciale. “Se vuole uno
scontro con me, va più che bene. Ma la smetta di rompere i coglioni agli
innocenti, e si faccia direttamente vivo, cazzo.”
Sirius comprese quella rabbia, e si sedette accanto a lui.
“Harry, non è colpa tua.” Gli disse piano. “Tu sei qui ad aspettarlo, non ti
tiri mai inidetro. Ma più di questo non puoi fare.”
Harry fece un sorriso amaro. “Già. Il mio compito è veder
morire la gente.”
“Il tuo compito è cercare di impedire che degli innocenti
vengano uccisi. E tenerti pronto per lo sconro finale.” Il tono di Sirius era
calmo e paterno. “Non perdere la fiducia in te stesso, Harry, non puoi
permettertelo e non sarebbe giusto nei tuoi riguardi. Ti capisco perfettamente,
veder piangere Hermione fa male, e immagino cosa provi. Ma sappiamo per certo
che, purtroppo, anche se fossimo arrivati prima, non avremmo potuto fare
niente.” E così dicendo, gli passò un braccio attorno alle spalle.
“Disgraziatamente, certe cose non possono essere evitate.”
Harry tirò un grosso sospiro. “Quando sarà il momento, giuro
sulla mia stessa vita che la pagherà con gli interessi. Per tutti quelli che ha
dovuto coinvolgere.”
“Verrà quel momento, Harry.” Gli disse piano Sirius.
“Verrà.”
***************
Ron rientrò in casa a notte fonda nel massimo silenzio,
tutto bagnato per il diluvio che si stava abbattendo fuori; aveva in mano una
bottiglia mezza piena di whisky, alla quale si attaccò, appena dentro, per un
grosso sorso. Prima di salire al piano di sopra, però, la sua attenzione fu
richiamata dalla figura in camicia da notte che stava rannicchiata per terra,
accanto a un balcone.
“Non dovresti stare in piedi.” Le mormorò lui piano,
sedendosi a terra di fronte a lei.
“E tu non dovresti rientrare a casa a quest’ora.” Gli
rispose calma Hermione, senza smettere di fissare la pioggia fuori, con la
testa contro il vetro della finestra.
Ron mise giù la bottiglia. “Non riesci a dormire?”
“No.”
“Vuoi che ti accompagni di sopra?”
Lei sospirò. “No.”
“Non credo che passare la notte qui ti farebbe bene.”
Lei lo ignorò, poi vide la bottiglia di whisky e la prese in
mano, osservandola con curiosità. “E tu reggi questa roba?” lui annuì. “Fossi
in te, la farei sparire prima di domani mattina.”
“Si.” Prima che lui potesse impedirglielo, lei si portò la
bottiglia alla bocca e buttò giù un gran sorso di whisky, poi la mise giù e
chiuse forte gli occhi. “Ma che cosa fai?”
“Quello che fai tu sempre.” Gli rispose Hermione, bevendo un
altro sorso piuttosto consistente di alcool. Mentre ancora era attaccata alla
bottiglia, Ron gliela strappò di mano.
“Smettila, non è roba per te questa.” Fece, brusco.
“E perché tu si e io no? Cos’è, sei regredito ai tempi
dell’asilo, i maschietti si e le femminucce no?” lo provocò lei.
Lui sospirò, cercando di restare paziente. “Io reggo
l’alcool, tu non hai mai bevuto in vita tua. Rischi di ubriacarti al primo
bicchiere.”
“Tanto meglio così.” Hermione riprese a guardare fuori dalla
finestra.
Ron rimase per un momento in silenzio. “Ascolta, non ti sei
ancora perfettamente ripresa. Dovresti essere a letto in questo momento. Ti ci
accompagno, se vuoi.”
Lei lo ignorò completamente, sembrando piuttosto interessata
allo spettacolo al di fuori del balcone: guardò fuori accigliata per un
momento, poi scoppiò a ridere.
“…perché ridi?”
“C’è uno gnomo là fuori.” Disse lei tra le risate.
“E che c’è di tanto divertente?”
“Ha la faccia di Percy.” Continuò sempre più divertita lei..
“Ho capito.”
“Cosa?”
“Che sei ubriaca.”
Lei rise. “Tu dici? Nah…sono solo un po’ allegra, che c’è di
male?” disse, con un sorriso idiota stampato sulla faccia. “Dici sempre che
sono musona, e ora che rido non va bene? Sei proprio un ipocrita, amico mio.”
“Ok, ok. Ridi quanto ti pare, io vado a farti un paio di
caffè. Prima che mamma ti trovi in queste condizioni e mi cacci di casa a
calci.” Lui fece per alzarsi, ma lei lo trattenne.
“Dove credi di andare, bellezza?”
“Visto che hai avuto la brillante idea di scolarti mezza
bottiglia di whisky in due dannati secondi, almeno uno di noi dovrà usare il
cervello finchè funziona ancora, no?” le rispose pazientemente lui, come se si
stesse rivolgendo a una bambina piccola.
Hermione gattonò seduttivamente fino a sedersi sulle
ginocchia di Ron. “Quanto sei sexy tutto bagnato…” gli sussurrò con voce calda.
Ron la fissò con tutte e due le sopracciglia inarcate.
Lei gli cinse il collo con le braccia, provvedendo ad
annullare la distanza tra i loro due corpi. “…tu…mi trovi un po’ bella?…”
Istintivamente lui le portò le mani sui fianchi. “Buon Dio,
Hermione, tu sei molto più che bella.”
Lei gli sorrise e chinò le labbra sulle sue. Dopo un momento
iniziale di sorpresa, Ron le mise le mani sulle spalle e la spinse dolcemente
indietro. “Hermione, no.”
Lei lo fissò con un’espressione offesa. “Perché?”
“Sei ubriaca e sconvolta.” Le mormorò lui, cercando di
mantenere il controllo. “Non posso approfittare di te.”
Hermione gli prese la nuca con la mano e lo baciò di nuovo.
“Sto benissimo.”
Ron fece appello a tutto il suo autocontrollo per resistere.
“Tesoro, domani potresti pentirtene.”
Ma lei non lo ascoltò oltre, e cominciò a baciargli il collo
e la gola, mentre con le dita sottili gli sbottonava la camicia e ci infilava
dentro le mani, accarezzandolo in modo stimolante. Ron chiuse gli occhi,
respirando profondamente. Per un momento anche lui si abbandonò al desiderio, e
nascose il viso nel collo di lei mentre con le mani le accarezzava la pelle
nuda della schiena da sotto alla camicia da notte.
Che cazzo stai combinando?! Stai approfittando di
lei!!
Con uno sforzo estremo di
buona volontà, lui la respinse. “No, non posso.” Le disse, scuotendo la testa.
“Tu sei confusa, lo stai facendo perché sei ubriaca, non possiamo.”
Hermione lo guardò negli occhi con uno sguardo implorante.
“Fai l’amore con me, Ron. Ti prego.”
Quelle poche parole appena sussurrate furono una bomba
nucleare per le difese di Ron. Forse lei non aveva idea di quanto lui
desiderasse strapparle la canotta di dosso e fare l’amore con lei tutta la
notte, ma non avrebbe sopportato di sentirsi dire la mattina dopo che era stato
un errore. Ma ora non riusciva più a ragionare né a connettere. Erano mesi che
sognava di sentirglielo chiedere così, con quella voce soffice e quei
bellissimi occhi imploranti; e ora che il suo sogno si era realizzato, non lo
spaventava più nemmeno l’idea di sentirsi definire un errore. Perciò non glielo
lasciò chiedere una seconda volta: la prese per le spalle, la attirò a sé e la
baciò come aveva sempre fatto, lasciandola senza fiato. Si guardarono per un
attimo negli occhi, ansimando, poi ripresero a baciarsi, mentre lui la spingeva
dolcemente fino a stendersi a terra, sbottonandole la camicia da notte e
facendola scivolare via sul pavimento.
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Girl,
I gotta say we’re partners in this crime
You got
that certain something
What you
give to me takes my breath away
Is the
devil in your kiss
If our
love goes up in flames
It’s a
fire I can’t resist
Cryin’,
Aerosmith
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Scusate il ritardo…tremendamente impegnata e col pc in panne
fino a due giorni fa! Benedetti computer…
Comunque, ecco qui come stanno procedendo le cose…ma non sta
a me rivelare cosa succederà in futuro, né dare anticipazioni…anche se poi mi
trovo la casella di posta elettronica intasata di domande! Yup, mi piace tanto
rispondervi, ragazzi!
Un grazie speciale a Sara Lee per l’ispirazione di alcune
scene di questo capitolo…
Restate sintonizzati per il capitolo 6: “Ghiaccio e
fuoco”. Il titolo vi dice qualcosa?
Alla prossima! ;)