Everything

di MimiRyuugu
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Salve a tutti *-*
ecco che finalmente la Mimi si è decisa a pubblicare anche il continuo da Ultimi Ricordi *-* anche stavolta l'intera fan fiction è raccontata dal punto di vista di Giulia (come in Strage Love).
L'ambientazione è al quinto anno, grazie alla mia memoria traballante però spazierà fra libro e film xD chiedo venia ><
Mi rendo conto che Giulia potrebbe essere considerata in pieno la solita Mary Sue, però io non posso fare a meno di volerle bene, quindi spero che intenerisca anche voi TwT (so che il mio parere non conta perchè 'ogni scarrafone è bello a mamma sua' ma che ci posso fare xD   ps. perdonate il mio pessimo tentativo di proverbio *^*")
Anyway, anche il titolo di questa ficcy è preso da una canzone, che è Everything dei Lifehouse *w* questa fic la scrissi all'inizio della mia "smania dei Tre Uragani", che non immaginavo mi avrebbe fatto produrre così tanto su di loro xD
Ho cercato di correggere eventuali errori grammaticali, mentre il mio stile di scrittura è ancora quello un pò in crescita di anni e anni fa >_< spero gradiate comunque la storia *^*

Avvertenze: l'OOC incombe dietro ad ogni angolo e io lo temo sempre più °A°

Ora scappo e vi lascio al first chapter u.u
Baci, Mimi : *



1° Capitolo

Sabato sera. Sospirai affranta. Anna sbuffava guardando fuori dalla finestra. Hermione guardava il soffitto della stanza, bisbigliando qualcosa. “Io ci provo…” esclamò la prima, dirigendosi verso la porta. “No Anna! Non tornerai viva! Ti manderanno nel suo ufficio…tutto rosa…” la pregò la seconda. Anna però la ignorò, anche se la vedemmo rabbrividire dal disgusto. “Giulia, dille qualcosa!” mi implorò Hermione, mettendosi a sedere sul letto. Io feci spallucce ed Anna uscì convinta. Passarono soltanto dieci minuti e venne catapultata nella stanza. “Ma dico io, non si può nemmeno uscire prima del coprifuoco?!” esclamò stizzita, massaggiandosi il sedere dolorante. “Sono tempi bui questi…in coprifuoco scatta alle 20.00 precise…” sospirò Hermione. “Almeno hai evitato la stanza degli orrori…” la consolai. L’ufficio della Umbridge, anche detta stanza degli orrori. Io ci ero finita almeno una quarantina di volte, se non peggio. Sulle mie mani i segni della tortura inflitta dal quel mostro travestito da confetto rosa. “Che cavolo, Draco è uno dei potenti, uno della Squadra d'Inquisizione! Dovrebbe poter vagare libero per i corridoi...con me!” rimbeccò la ragazza, sedendosi sul letto. “Non dimenticare che sei una dell’Esercito di Silente…” osservò Hermione. “Però intanto il mio Draco sta più con Pansy che con me!” rispose ancora scocciata l’altra. Io sospirai. Anna aveva provato mille volte ad incontrarsi con Draco, ma da quando la Umbridge era diventata preside c’era il divieto perfino di respirare, tranne che in casi davvero necessari. E in più le sue punizioni: Dio solo sa se fossero peggio quelle o il dover entrare nel suo ufficio. Ogni volta che qualcuno contraddiceva una delle sue regole, veniva punito con quella penna malefica. Io dovetti scrivere trenta volte “non devo uscire dopo il coprifuoco”, altre trenta volte “non devo rispondere sgarbatamente”, venti volte “devo comportarmi come si addice ad una signorina” ed infine “non devo andare a trovare gli insegnanti” altre venti volte. In tutto le mie mani erano ricordo di cento scritte. Le prime trenta volte furono quando Gazza mi beccò mentre tornavo su dai Sotterranei; le seconde me le diede perché le avevo risposto male durante una lezione; le successive venti volte furono quando Gazza trovò me ed Anna a suonarle a Millicent Bullstrode nei bagni della scuola; e le ultime venti volte, risalenti ad una settimana prima, mi sono state addebitate quando lo stesso rospo rosa mi ha trovata da Piton, con una tazza di tisana in mano. Comunque, cinquanta su cento erano per lui. Non volevo rinunciare ad andare ad aiutarlo, a stare in sua compagnia. E così ricevevo quello che secondo il confettone meritavo. Ovviamente quella perfida donna non sapeva di altre scappatelle, che devo al caro Draco. Mi ricordo quando, dopo la prima volta che la Umbridge mi chiamò in ufficio, io filai diritta da Piton. Tenevo le maniche della felpa lunghe fino a coprirmi le mani. Piton mi guardava dubbioso, fino a che non si fece avanti. “Signorina Wyspet, ha forse freddo? Non dovrebbe essere abituata al clima dei sotterranei oramai?” mi chiese. “Ne ho solo un po’…” dissi, cercando di essere convincente. Lui mi guardò negli occhi e scosse la testa. “Non sa mentire per nulla bene…” sospirò. Io sforzai un sorriso. “Mi faccia vedere…” mi ordinò. Io guardai in basso, timida. “Avanti…” insistette. Io mi scoprii le mani e lui le guardò accigliato. Lesse la scritta che ancora si leggeva sulla mia pelle. “Quella donna ne sa una più di Lei-sai-chi...” esclamò acido, poi si alzò e prese una boccetta dallo scaffale vicino. L’aprì e iniziò a spalmarmi il contenuto su una mano. Io sobbalzai. “Brucia!” mi lamentai. “Non faccia la bambina…oppure vuole che le ferite le rimangano aperte per almeno un mese?” rimbeccò Piton. “Un mese? Stanno così tanto ad andare via?” chiesi stupita. “Conoscendola signorina Wyspet, quella di oggi non sarà l’ultima volta che verrà convocata in quell’ufficio…” rispose, rabbrividendo nel pronunciare le ultime due parole. Mi mise la pomata anche sull’altra mano, poi rimise apposto la boccetta. “Grazie professore…” dissi, stavolta con un vero sorriso. Lui era ancora girato di schiena. “Stia più attenta la prossima volta…e se deve farsi trovare, almeno faccia in modo che sia Malfoy a sorprenderla…così la passerà liscia…” suggerì. Io risi. Rimasi per tutta la sera a parlare e ad aiutarlo nelle sue pozioni. Da quella sera, ogni volta che entravo nel suo ufficio c’era sempre quella boccetta azzurra sulla scrivania, che puntualmente veniva aperta. Piton mi rimproverò per ogni singolo fatto, ma lo faceva con dolcezza. E più andavo avanti, più mi convincevo che non mi sarei fatta fermare da un rospo rosa. Aimè, da quel fatale sabato sera, il coprifuoco era stato anticipato di un’ora. Anche Anna aveva dato il suo bel filo da torcere alla Umbridge. Draco gliele faceva passare tutte, ma Millicent, dopo la rissa nei bagni, andò diritta dalla rospa ad interpretare una scena strappalacrime in modo da mettere Anna in cattiva luce. Così, oltre che le trenta “devo comportarmi come si addice ad una signorina” che avevo anche io, quella serpe le aggiunse altre trenta “non devo infierire su delle povere creature”. Che, detto tra noi, se la Bulstrode era una povera creatura, io ero una Tassorosso! Comunque, l’unica che non è mai stata toccata dalla penna è Hermione. Si salvava sempre in corner quella ragazza, sputando insulti solo quando la Umbridge era a distanze considerevoli, tipo lei nella Sala Comune e il confetto nel suo ufficio. Non so come facesse Hermione a non insultarla appena la vedeva. Probabilmente merito dell’elevato autocontrollo. Però ora torniamo a noi. Io non andavo nell’ufficio di Piton da una settimana. Lo vedevo soltanto a lezione e non mi bastava. Alla sera le ore non passavano più, mi mancavano le mille boccette, i fumi dei calderoni e…ovviamente sto scherzando. Mi mancavano le chiacchierate, i dibattiti su libri letti, sulla musica, sulle novità. Qualcuno bussò alla porta, distraendomi dai miei pensieri. Hermione sobbalzò. “Avanti…” rispose tremante Anna. La porta si aprì e si richiuse così velocemente che vedemmo solo una cosa arancione che sfrecciava nella stanza. Passati dieci minuti, una ragazzina dai capelli castani e maglia arancione apparve; era la solita Mary Kate, sorella di Anna; frequentava lo stesso anno di Ginny. “Che fai qui?!” esclamò stupita Anna. “Vi prego ho bisogno di un rifugio!” pregò lei, sedendosi sul pavimento tra il mio letto e quello della sorella. “Che hai combinato ancora?” chiese Hermione, sospirando esasperata. “Ero in giro con Ginny e Pansy ci ha beccate…” sintetizzò. “E vi ha rincorso fino a qui?” chiesi stupita. “In verità ci siamo rifugiate nella Sala Comune, poi ci siamo precipitate nei dormitori…Ginny si è buttata in quello del primo anno…” raccontò. “Ora siete in guai grossi…vi aspetta la penna!” disse in tono grave Anna. Mary Kate rabbrividì. Bussarono alla porta e la ragazza si andò a nascondere sotto un letto. “Avanti…” rispose Hermione. Dei capelli rossi fecero capolino da fuori. “È qui Mary Kate?” chiese Ginny. La ragazza uscì da sotto il letto. “Lo sai vero che lunedì, appena metteremo un piede fuori dalla Sala Comune, verremmo uccise?” disse sconsolata la rossa. Mary Kate sospirò, poi un’ombra minacciosa apparve dietro di loro. “Bene…hem, hem….Haliwell e Weasley, venite con me…” le chiamò subito quella irritante voce che nessuno sopportava più. Le due uscirono a testa bassa dalla stanza, mentre il rospo ancora guardava noi. “Haliwell, anche tu!” ringhiò. Anna si alzò dal letto, ma lo sguardo del confettone rosa era ancora fisso, stavolta su di me. “Vedo signorina Wyspet che ha imparato la lezione…ho giusto avuto degli apprezzamenti da un mio collega oggi, per l’ottimo lavoro svolto…” sorrise maligna. “Chi era, un rospo di palude?” sussurrò Anna alla sorella. La Umbridge la fulminò con lo sguardo. “Vedo che la lingua lunga è una malattia contagiosa tra voi…e comunque è stato proprio il professor Piton a farmi i complimenti…non voleva assumersi la responsabilità delle sue malefatte signorina Wyspet…” ghignò ancora la donna. Io la guardai a occhi aperti. “Si spieghi meglio…” le chiesi. “Bhe, mi ha semplicemente detto che ora che lei non gli trotterella più intorno ha meno fastidi…” mi rispose lei. Mi venne un tuffo al cuore. “Non…non è vero! Sta mentendo!” rimbeccai. “Io non mento mai signorina Wyspet…forse una punizione le farebbe tenere a freno quella lingua una volta per tutte…” sbottò la Umbridge. “Il professor Piton non lo avrebbe mai detto!” ridissi. Lei scosse la testa. “Wyspet, venga a far compagnia alle sue amiche… penso che sessanta “non devo contraddire la professoressa Umbridge” le faranno bene…” mi ordinò. Io scesi dal letto e mi aggiunsi al gruppetto. Il confettone chiuse la porta del dormitorio e ci portò con se in un’aula. Ci mise in prima fila e ci consegnò le penne. Assegnò trenta frasi a Mary Kate e Ginny e quaranta ad Anna. A me, come promesso, sessanta. Iniziai a scrivere e sentii la pelle che si lacerava, infierendo ancora sui graffi già presenti. La pomata di solito aveva anche l’effetto di attutirmi il dolore. La Umbridge iniziò a passarci davanti. Io avevo già scritto tre farsi. Mi prese il foglio e lo incenerì con la bacchetta. “Aveva macchiato tutto il foglio di inchiostro…ricominci…” ghignò malefica. Mi passò un altro foglio e ricominciai. Arrivata a sei frasi si ripeté la scena. “Riscriva con una calligrafia leggibile…” sbottò stavolta. Mi passò un altro foglio però appena passò davanti ad Anna, questa, le fece cadere una boccetta d’inchiostro su una scarpa, imbrattando anche tutto il foglio. “Haliwell!” la richiamò. Anna sorrise beffarda. “Ops…dovrò ricominciare…” disse, poi mi fece l’occhiolino. Era arrivata a venti frasi. Quello fu davvero un bel gesto d’amicizia da parte sua. Alla fine, Ginny e Mary Kate finirono un’ora dopo. Arrivata a venti frasi, la mia mano sinistra era un cumulo di graffi e sangue. Non osavo nemmeno guardare in che stato fosse. Anna finì dopo un’ora. Rimasi solo io nella stanza con quella donna malefica. Ed ero soltanto a trenta frasi. Non ce la facevo più. Però non volevo implorare pietà. Non a quell’essere. La porta si aprì e vidi un mantello nero svolazzare. “Oh Severus, Gazza ti ha riferito il mio messaggio dunque?” esclamò contenta il confetto rosa. “Si…di cosa voleva parlarmi?” chiese. Poi si voltò e mi vide. Nascosi la mano sotto il banco e cercai di scrivere. “Andiamo Severus, siamo colleghi, dammi del tu!” disse civettante la donna. “Di cosa voleva parlarmi?” ripeté lui, senza modifiche. “Dunque…mi servirebbe una pozione…” iniziò a dire lei, mettendosi davanti a me. Io guardai Piton, e lei mi prese il foglio e lo squadrò, poi lo incenerì. Mi vennero le lacrime agli occhi. “Non ci siamo Wyspet! Non riesco a leggere nulla!” osservò, maligna. Mi passò un altro stramaledettissimo foglio. “Erano trenta frasi! Se continua a buttarmi via i fogli ci metterò una vita!” risposi, piena di rabbia. “Signorina Wyspet! Come osa rispondermi!” esclamò stizzita. “Scriva e non si lamenti, è quello che si merita!” continuò. Io poggiai la punta della penna sul foglio e sentii il bruciore sulla mia mano. “Questi alunni! Non c’è più rispetto! Dico bene Severus?” squittì la rospa. Lui annuì, così io crollai. “Professoressa…posso…continuare domani?” chiesi, stremata. Lei mi scrutò soddisfatta. “Domani alle 20.00 precise nel mio ufficio…” mi disse. Io mi alzai ed uscii di fretta dall’aula. Iniziai a correre per i corridoi, con gli occhi gonfi di lacrime e le parole di quella malefica donna. Vedevo Severus annuire. Ma era impossibile che le avesse detto quelle cose! Andai a sbattere contro qualcuno. Perfetto, uno della Squadra d’Inquisizione. “Giulia…tutto bene?” mi chiese. Riconobbi la voce e alzai la testa. “Rispondimi, stai bene?” mi chiese ancora Draco. Io annuii poco convinta. Lui si guardò in giro. “Draco, hai trovato qualcosa?” lo chiamò Pansy, dal fondo del corridoio. “No, tutto apposto!” mentì lui. “Andiamo…se sanno che ti copro sono cavoli amari…” disse. Andammo verso la torre di Grifondoro. “Sei arrivata dall’ufficio della Umbridge?” chiese. Io annuii. “Anna mi ha raccontato quello che ti ha detto…l’ho incrociata quando stava tornando in dormitorio…” mi spiegò. Poi notò la mia mano. “Credimi, conosco Piton come le mie tasche, non lo direbbe mai!” cercò di consolarmi. Io feci un debole sorriso. “Eccoci arrivati!” illustrò, indicando la Signora Grassa. “Grazie Draco…” lo salutai. “Dovere!” esclamò, poi tornò al giro. Io entrai ed andai in dormitorio. Hermione dormiva mentre Anna era sul letto a cercare di rimettersi in sesto la mano. “Come stai?” mi chiese. “Così così…tu piuttosto, hai scritto venti frasi in più…per me…” sorrisi. “Ecco a cosa servono le amiche! Nella gioia e nel dolore…” esordì lei. Io andai ad abbracciarla e lei mi tirò delle bende. “Le mie povere manine… maciullate da quell’essere dalle sembianze di rospo…” sospirò. Io sorrisi. Mi fasciai la mano, e mi infilai a letto. Fu una nottata piena di incubi e di agitazione.




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