Milano, Marzo 2007
Il telefonino ronzò, segnalando una chiamata in arrivo da un
nebuloso “numero sconosciuto”.
“Pronto?” rispose Etienne, dubbioso.
“Ciao, splendore!”
Voce squillante, solare, vulcanica: una voce che innamorava
al primo ascolto. Etienne fece un mezzo sorriso continuando a camminare per la
via assolata e luccicante di negozi.
“Ciao.” rispose allegro, ma la voce al telefono lo
ignorò mitragliando parole con una deliziosa voce cantilenante.
“Non hai assolutamente idea di chi ho incontrato in un
negozio in centro, due minuti fa… a proposito, ho comprato una maglietta nuova
e un reggiseno coloro pesca. Te lo dico subito, così eviti di farmi la
ramanzina sul color pesca e sull’esercito di magliette inutilizzate che ho
nell’armadio: ho dovuto comprare qualcosa, mi è venuto un forte attacco di
shopping compulsivo e prima ancora di mettere in moto il neurone avevo già lo
scontrino in mano…”
“Non ci sono cure farmacologiche per certi disturbi?”
domandò Etienne con un sorriso.
“Buon Dio, spero di no!” rispose accorata la voce “Sto
pensando di abbandonarmi ad un altro attacco, quando arrivo davanti ai saldi della
Rinascente. Vuoi che compro qualcosa anche a te?”
“No, se mi prometti di prestarmi il reggiseno color pesca.”
“Lo farò se tu mi restituisci il perizoma leopardato di
Versace che ti ho prestato la settimana scorsa… scherzi a parte, per stasera
riesci a passare al take away giapponese a prendermi una confezione di Wasabi?”
“Perché non la prendi tu, visto che sei in pieno delirio da
compere?”
Una risata cristallina e ricca come acqua di sorgente uscì
dall’auricolare: Etienne ne rimase incantato.
“Lo shopping compulsivo riguarda solo generi di inutile
necessità, quindi le cibarie e i medicinali sono esclusi. Mi sorprende che tu
non lo sappia.”
“Che lacuna.” approvò Etienne sogghignando.
“Vergogna, non hai studiato.”
“Sono un cattivo, cattivo scolaro. Ti va di sculacciarmi,
maestra?”
“Potrei valutare la proposta. Se mi porti il Wasabi.”
“Sono davanti a una profumeria: entro, compro una maschera
all’avocado e la spaccio come Wasabi. Dici che funzionerà?”
“Con Rosaria di sicuro” rispose la voce pensierosa “perché
credi che il Wasabi sia finito? Quella cerebrolesa l’ha usato per farsi una
maschera facciale. Doveva uscire con quel sottoprodotto agricolo piemontese, come
si chiama…? Luca, Marco, o qualcosa di simile pieno di fantasia…Ah, mi stavo
quasi dimenticando! Sai mica chi ho visto due minuti fa in un negozio in
centro…”
“Direi che ormai sono passati almeno dieci minuti” rettificò
Etienne rispondendo magnanimo al sorriso ispirato di una passante che si era
girata a guardarlo “La storia del reggiseno pesca ha portato via appena qualche
secondo, ma il Wasabi ci ha tenuti impegnati parecchio.”
Altra risata sincera e scoppiettante: Etienne si fermò ad
assaporarla, quasi suo malgrado.
“Oh, finalmente ti sei ripreso! Erano tre giorni che facevi
il musone…”
“Il miracolo l’ha compiuto la prospettiva della sculacciata”
annunciò Etienne sornione “Ho il Wasabi sottobraccio, quindi prepara la
cattedra.”
“Diamine, c’è il frustino in lavanderia” chiocciò la voce
allegra “Se ti sculaccio con il registro delle assenze va bene lo stesso?”
“Insomma…”
“Vuoi che ti avvolga nella cartina politica dell’Europa?”
“Non hai quella con la Germania dell’Est…”
“Allora ti sodomizzo con il mappamondo.”
“Vada per il registro delle assenze. Spalmato di Wasabi,
però.”
“Valerio, Valerio…” sospirò la voce, quasi con rimpianto
“Dov’eri stato tutto questo tempo?”
“Cercavo un reggiseno pesca, ma a quanto pare l’hai trovato
prima tu” rispose Etienne piacevolmente “E comunque, a dire il vero io mi
chiamo Etienne.”
“Bello” rispose la voce, per niente scalfita “Esotico,
direi. Cognome?”
“Marchetti.”
“Etienne Marchetti. Sembra il nome di un mafioso
marsigliese. Mamma francese?”
“No, papà psicopatico. Non lo trovi più esotico?”
“Magari se fingi un accento da mangiarane…”
“Non so nemmeno sbadigliare, in francese. Però posso provare
a mangiare qualche rana lo stesso: ho il Wasabi per condirle.”
“Secondo me ti conviene sceglierti un altro nome, Valeriuccio.”
“Il papà psicopatico non sarebbe contento.”
Breve silenzio da parte della voce cristallina. Etienne
smise di camminare.
“Pronto? C’è un reggiseno pesca che può rispondermi?”
“Tu non sei Valerio.”
Non era una domanda, ma una constatazione. Etienne provò
quasi dispiacere.
“Accidenti” rispose però con allegria “Speravo te ne
accorgessi solo alla fine della sculacciata.”
“Chi sei?”
Curiosità guardinga e genuina.
“Etienne Marchetti” rispose lui lentamente scandendo bene le
parole “Ti faccio lo spelling o ti accontenti del registro delle assenze?”
La voce cristallina fece una risatina imbarazzata.
“Accidenti” chiocciò garrula “Devo aver sbagliato numero.”
“Uff, voi femmine” si lagnò Etienne ironico “Siete tutte
uguali. Mi illudete col miraggio di una sculacciata poi sul più bello fingete
di aver sbagliato numero.”
“Uff, voi uomini” rispose prontamente la voce cristallina
“Siete tutte uguali. Pronti a rifilare maschere all’avocado al posto del Wasabi
a tutte le poverette affette da diarrea verbale e da shopping maniaco compulsivo.”
Etienne sospirò, sinceramente dispiaciuto.
“Quindi, niente sculacciata.”
“Mi sa di no” rispose la voce, e anche lei sembrava
dispiaciuta “Scusami per il disturbo, mangiarane; a mia discolpa posso solo
garantirti che tu e Valerio avete la voce identica.”
“Non ti scusare: parlare con te è stato davvero
spassosissimo.”
“Anche tu non sei male. Per essere un uomo, si intende.”
“Naturellement.”
“Bestia, allora lo sai il francese!”
“Modestamente… ti confesso che ho davvero la mamma
francese.”
“Eccolo, il tipico maschio burbanzoso, millantatore e
fallocrate.”
“Sei adorabile. Sicura che non se ne fa niente per quella
sculacciata…?”
“Addio, Etienne” rise la voce canzonatoria “Au revoir!!”