Capitolo quinto
Hell-sent
«Tony, andiamo, alza la cappotta» borbotta Rogers
dal sedile posteriore mentre il vento gli scompiglia il suo bel ciuffo
d'antiquariato.
«Che c'è, Capitano? Hai paura dei reumatismi?
Posso capirlo, alla tua età...»
«Stark!».
Nadia si allunga verso il cruscotto a premere il comando e la cappotta
dell'Audi si solleva con un leggero
plik.
L'asfalto di New York sfuma verso qualcosa di meno definito, sotto un
cielo tanto terso da sembrare laccato.
«Ecco, adesso ci mancava solo la badante premurosa»
mormora Tony, svoltando verso il sentiero sterrato.
Nadia ride, buon segno.
Sarebbe un azzardo dire che la sua giovane amica è felice,
ma in quei giorni il suo umore sembra nettamente migliorato. E lui non
ha il minimo senso di colpa per essere stato la mano che ha
architettato l'appuntamento tra lei e Mike, e comunque è
quasi del tutto sicuro che prima o poi il caro stagista avrebbe trovato
da solo il fegato di farsi avanti e invitarla a uscire, lui ha solo
dato una mano al destino.
Sta andando tutto bene, a parte le crisi, sta davvero andando tutto
bene, al punto che sono tutti convinti che la situazione si
risolverà. Alle volte sembra una previsione fin troppo
ottimistica, non sanno davvero cosa stia succedendo al corpo di Nadia,
ma sono passati tre mesi e lei è ancora lì,
è diventata più forte, grazie agli allenamenti
con i due killer cazzuti, e il fatto di poter vomitare energia magica
senza che nessuno si faccia male le rende il tutto più
gestibile e gradevole.
Naturalmente non potrà essere sempre così, ma ce
la stanno facendo, se la stanno cavando discretamente senza l'aiuto di
divinità pericolose o altre mostruosità simili.
Alle volte Tony pensa a come sarebbe stato se quel lurido bastardo di
un cervo malriuscito fosse davvero tornato indietro e avesse aiutato
Nadia. Si chiede se a forza di dare una mano a una ragazza –
alla ragazza che ha salvato il suo divino fondoschiena – il
maledetto non avrebbe finito per darsi una calmata e riconsiderare la
sua posizione da aspirante e bellicoso re dell'universo.
No, probabilmente non sarebbe successo in nessun caso. Quel tizio
è marcio, marcio dentro. È una scatola di buio e
lame di ghiaccio con una pietra al posto del cuore.
E per fortuna è in qualche posto molto lontano da
lì. Magari il fratello dalla bionda chioma l'ho anche
riacciuffato e messo sotto chiave da qui all'eternità.
E Nadia forse sta appena appena cominciando a toglierselo dalla testa.
Loro – lui più di tutti – si sono
impegnati veramente tanto affinché succedesse.
Avengers: 2 –
Rocchettaro Bastardo: 0
Bello! Tony sorride mentre dà un colpo all'acceleratore,
sollevando una nuvola di polvere nella scia della macchina e facendo
quando scivolare dal sedile Steve che lo guarda in cagnesco dallo
specchietto retrovisore, borbottando che dovrebbero ritirargli la
patente.
Se lo ripete ancora una volta: sta andando tutto bene. Loro sono i
buoni, sono nati per vincere.
Sta andando tutto
fottutamente bene...
*
Tony resta fuori, davanti alla casa nel bosco, a indossare l'armatura e
a verificare i parametri del software in relazione alle modifiche che
ha apportato al Mark VIII. Steve gli si piazza di fianco, continuando
con fare bellicoso, un discorso iniziato in macchina a proposito
dell'utilità di internet.
Nadia li guarda e non sa se ridere o mettersi a gridare. Alla fine,
decide semplicemente di entrare in casa e andare a salutare Bruce che
sta osservando la scena dalla finestra, con aria a metà tra
il perplesso e il divertito.
«Non possono farcela, non ce la faranno mai!»
commenta la ragazza, avvicinandosi al dottor Banner.
«Dio li fa e poi li accoppia» replica lui,
scrollando le spalle. «Vado a mettere su l'acqua per il
tè».
Ecco, giusto... il tè. Santi numi.
«Per quei due magari una camomilla» scherza Nadia.
«Nel frattempo posso dare un'occhiata alle mie e-mail dal tuo
computer? Mia sorella doveva mandarmi delle foto».
«Fai pure!» risponde Bruce dalla cucina, alzando la
voce per farsi sentire a distanza e oltre lo schiamazzo che Tony e
Steve stanno facendo di fuori.
Nadia si siede alla scrivania e apre il browser alla pagina di Google.
Il messaggio di Sara campeggia in grassetto in cima alla lista, nel suo
account di Gmail. La ragazza apre gli allegati e pixel dopo pixel
appaiono sullo schermo una sfilza di facce sorridenti.
Sono foto della festa di compleanno di un loro amico. C'è il
tavolo con la tovaglia di carta monouso, il festone colorato appeso
alla buona, la torta con la locandina di Star Wars stampata sulla
glassa e la scritta ''Auguri Sergio'' fatta con il cioccolato,
c'è il pezzo di carta da regalo accartocciata e il filo di
spago che si intravedono in un angolo. E ci sono tutte le facce di
quella vita che Nadia si è lasciata alle spalle.
Guarda le foto più volte, sperando che quei sorrisi e quei
particolari le facciano arrivare una ventata di familiarità.
Ma quanto è lontana da tutti loro, adesso?
Nadia lo ha sempre saputo, fin dalla sera in cui disse addio a Tony e
agli altri sul molo, fin da quando vide sparire Thor in un turbinio di
luce azzurra. Non poteva immaginare che li avrebbe rivisti o che si
sarebbe trasferita a New York, ma sapeva che ormai era lontana dal
mondo in cui prevedeva di dover restare.
Il suo supplizio non è l'energia della pietra, la sua
condanna è aver visto, aver conosciuto, aver vissuto quei
giorni. La sua condanna è l'essere stata davvero una
guerriera e non poter fare nulla per dimenticarlo.
Non ha ancora mai pensato a cosa farà, quando quella
situazione sarà risolta, semmai sarà risolta. Non
si è mai data pena di riflettere per decidere se restare
lì o andarsene, ma sa che dovrà scegliere un
giorno e sa che una scelta implica necessariamente una rinuncia.
Chiude la pagina con le foto e prende un grosso respiro.
«Com'è possibile che esistano individui come te?
Ti giuro,
io non capisco...»
sente Steve che borbotta stizzito.
«Lo so, Capitan Mammut, è la tua salvezza e il tuo
più grosso problema» replica Tony.
Il sorriso le sale alle labbra, quasi senza che se ne accorga. Li ama,
è più forte di lei. E ama il fatto che ognuno di
loro le voglia bene a suo modo.
Bruce torna nella saletta di ingresso che fa anche da studio.
«Hai mai provato a cercare i Vendicatori su
Google?» domanda Nadia, divertita.
«No, fa parte del mio piano per evitare lo stress»
mormora il dottore.
Lei fa schioccare la lingua e digita la parola Avengers. L'elenco dei
risultati è infinito.
Nadia passa il dito sullo scroller del mouse e dà una rapida
occhiata ai titoli. Parlano di loro in forum di tutti i generi, sui
siti dei giornali, sui blog e...
«Oh, wow! Ci sono anche i fansite» esclama.
«Ma non mi dire» borbotta Bruce, non
particolarmente interessato, appoggiando tazze e zuccheriera su un
vassoio. Lui è quello che meno di tutti ha fatto pace con la
parola ''eroe''.
Nadia entra in un sito amatoriale a caso e comincia a navigare tra le
pagine. Ci sono raccolte di articoli, notizie di dubbia
veridicità, disegni di ammiratori e anche
fanfiction.
«No, non ci credo. La gente scrive fanfiction su di
voi!» sbotta, stupita.
«Che cosa?», Bruce inarca un sopracciglio.
«Le fanfiction sono storie scritte da fan di un'opera
originale, che utilizzano i personaggi e il contesto dell'opera in
questione... tipo finali alternativi di un libro o ipotetici continui
di un film. Le leggevo anche io, in Italia, ma non pensavo che le
scrivessero su di
voi!»
«Perché tutto ciò mi suona
terrificante?»
«Ma no, è divertente, cioè... o porc...
forse è meglio che questa roba non la vedano Tony e
Steve».
Bruce inforca gli occhiali e trascina uno sgabello accanto alla
scrivania per sedersi vicino alla ragazza. Scorre la pagina che ha
davanti e si gratta nervosamente la radice del naso.
«Nadia, ehm, cosa significa
Iron Man-slash-Captain America?»
mormora. «Non quello che sto pensando io adesso,
vero?».
«Nadia!». Steve si sporge oltre la porta, con aria
implorante. «Per favore unisciti a noi, prima che gli faccia
ingoiare l'elmo della sua armatura».
La ragazza e Bruce lanciano un'occhiata obliqua alla pagina internet,
il dottore allunga rapido la mano a spegnere il monitor del pc, poi
entrambi si guardano in faccia e scoppiano a ridere.
«Che succede? Perché state ridendo?»
chiese Steve.
«Fidati Capitano,
non
vuoi saperlo sul serio» dice Bruce, alzando le
mani.
Quando esce dalla casa, sente il rumore del vento che fischia tra gli
alberi, è un vento prepotente e gelido. Non le sembrava
facesse così freddo prima.
«Io comunque non so che farmene di questo affare»
dice Nadia, rigirandosi l'arco tra le mani. Cerca di pensare all'arco
perché non si è ancora tolta dalla testa la
faccenda delle fanfiction slash di qualche minuto prima e ha paura di
scoppiare a ridere senza apparente motivo mentre Steve e Tony la
guardano.
Il vento continua a soffiare, facendo addensare le nuvole
all'orizzonte.
«Clint ha detto di cominciare a prendere confidenza, che la
prossima volta che ci vediamo mi spiegherà meglio... ma come
si prende confidenza con un arco?»
«Prova a incoccare la freccia» suggerisce Steve.
«Ehi, non puntarlo verso di me» protesta Tony.
«E nemmeno verso casa» aggiunge Bruce.
«Se entrasse da una finestra sarebbe un macello».
I suoi amici non hanno di che preoccuparsi; mentre Nadia solleva l'arco
e lo punta verso gli alberi si accorge di quanta strenua resistenza
opponga la corda nel venire tesa.
Perché a Clint vengono sempre in mente idee così
sfiancanti?
«Questa corda non si lascerà mai
tendere» borbotta lei, con la voce assottigliata per lo
sforzo. «Non da me, di sicuro».
Steve le si avvicina, aspetta che lei sistemi la freccia contro la
corda e chiude una mano sulla sua per aiutarla a tendere l'arco,
facendole portare il braccio all'indietro. È quello che
fanno gli amici, pensa Nadia sorridendo, sommano le loro forze alle tue
e risolvono un problema – anche se lei potrebbe sopravvivere
benissimo senza tendere il dannato arco che le ha dato Clint.
«Lasciamo andare?» chiede lui.
La ragazza annuisce.
Flup...
La freccia parte con un'angolazione che avrebbe fatto venire a Clint il
mal di stomaco. Vola disegnando una mezza parabola e sparisce tra gli
alberi atterrando a molti metri di distanza, perdendosi nella
boscaglia.
Il colpo le fa tremare la mano con la quale reggeva l'arco e la punta
dell'arma vibra all'indietro colpendola sulla fronte.
«Ahia!» si lamenta lei, toccandosi nel punto in cui
si è colpita da sola e notando che si aperto un piccolo
graffio sanguinante che brucia.
«Bontà divina! Dobbiamo dire a Barton che lasci
perdere con questa storia o finirai per ammazzarti» borbotta
Tony, solo la faccia sorniona spunta dall'armatura, facendolo sembrare
un giocattolo costruito male.
«Non è niente» replica lei, premendosi
un dito sul taglietto per farlo smettere di sanguinare. Non
è niente, però fa un male cane lì
sulla fronte, magari si formerà anche un bernoccolo.
«Vado a vedere se riesco a recuperare la freccia».
Nadia si allontana tra i tronchi degli alberi, respirando l'odore di
resina e tirando giù le maniche della maglia per coprirsi le
mani che sente intirizzite per quelle folate di vento freddo. Tenta di
scorgere la freccia, ma non la vede e si allontana ancora un po' dallo
spiazzo davanti alla casa. Volta dietro un alto cespuglio, fa per
guardarsi attorno sperando di cogliere da qualche parte il luccichio
della punta metallica, ma quello che vede la paralizza e le fa
dimenticare anche solo come si chiama.
Per un attimo sente dolore, un dolore che è quasi fisico,
come se tutto il suo corpo fosse coperto di lividi e qualcuno si stesse
divertendo a premerci su le dita uno ad uno. Dopo qualche secondo il
dolore e lo straniamento diventano paura e poi tutto si congela in un
ovattato senso di fredda incredulità.
No, non può essere. È tutto sbagliato.
Sarà qualche effetto dell'energia della pietra, forse le
allucinazioni sono una conseguenza della malattia... non può
essere, non deve essere...
Dopotutto, c'è qualcosa che non torna. C'è troppo
poco gelo in quegli occhi cerchiati da occhiaie livide, e
c'è troppo pallore sul suo viso più magro e
affilato di quanto lo ricordasse.
Eppure è come la sera in cui lui giunse a Venezia,
accompagnato da quell'improvviso vento gelido e quasi innaturale.
Loki...
No, non è un'allucinazione: è un incubo.
*
Alla fine ha trovato la connessione con la pietra e ha aperto il
portale.
Peccato non essere lì quando i suoi carcerieri scopriranno
che la prigione di pietra è ormai vuota e che lui
è ben al di là della loro portata.
Per un po' è stato come galleggiare a pelo d'acqua, una
sensazione quasi dolce, poi all'improvviso è arrivata una
specie di spinta che lo ha trascinato giù, ed è
sembrato qualcosa di molto più simile all'annegare. La forza
del varco lo ha spinto sempre più lontano, sempre
più veloce fino a quando non ha visto l'aria diventare come
un velo di nebbia, un drappo trasparente che si è squarciato
nell'attimo in cui lo ha toccato ed è diventato fumo sottile
attorno a lui.
Quasi senza rendersene conto, si è ritrovato nuovamente con
il suolo sotto ai piedi. Il suolo di Midgard.
Loki vede macchie di marrone e di verde vorticare attorno a lui. Quel
viaggio disperato ha dissipato le sue forze e fatto aumentare il dolore
in ogni parte del corpo. Sente, quasi con sollievo, il tessuto dei
vestiti avvolgerlo di nuovo e sente il sangue scorrere dalle ferite e
attaccarsi al velluto scuro, ma non importa. È giunto a
destinazione, è salvo.
Impiega qualche secondo a sentirsi abbastanza fermo sulle proprie
gambe. La luce gli ferisce gli occhi e lui apre e chiude più
volte le palpebre prima di riuscire a mettere a fuoco lo scenario che
ha intorno.
Dove si trova? È una foresta quella?
È un bosco. Diamine, un bosco!
Il verso corale di uno stormo di uccelli in volo gli giunge alle
orecchie quasi facendo eco, sembra assordante come anche il rumore del
vento tra gli alberi.
Il dio dell'inganno si sente investire prepotentemente da quel luogo
estraneo e inatteso. Ha bisogno di qualche minuto per ricostruire un
contatto con la realtà, per lasciare che le forme acquistino
senso in mezzo a quella caleidoscopica confusione.
Non riesce a capire, non gli sembrava ci fossero boschi in quella
dannata città sull'acqua.
Sente i passi di qualcuno che si avvicina, il frusciare di rami che
vengono spostati. Serra i pugni in un gesto automatico di difesa, resta
in tensione ad aspettare di conoscere il volto dell'individuo che
avrà la sfortuna di incontrare.
La figura emerge da dietro a un cespuglio. Uno sbuffo di capelli
biondi, un po' più lunghi di come li ricordava, e due occhi
scuri che si fissano su di lui, prima del tutto privi di emozione, poi
spaventati.
Nadia...
Nadia resta impietrita, si tende all'indietro urtando contro il
cespuglio. Sembra quasi che abbia paura di lui, poi la sua espressione
diventa una maschera di sconcerto, con le labbra così
serrate da sembrare appena un solco sul viso da ragazza. Il sangue le
fugge via dal viso e il dio si ritrova a pensare che non la ricordava
così... così
donna.
È cresciuta, la giovane piena di rabbiosa confusione;
è cresciuta come le persone che hanno sofferto.
Loki vorrebbe tendere la mano, provare a toccarla e sincerarsi che non
è un'allucinazione indotta dalla sua mente straziata.
Vorrebbe persino avere la forza d'animo di fare un sorriso o qualcosa
del genere, perché il fatto che lei sia lì
significa che lui è in salvo, ma lo sguardo di Nadia lo
tiene inchiodato, fermo sotto il peso di tutto quello che deve aver
significato la sua assenza.
È viva, sta bene, ma probabilmente è salva per un
soffio, per un qualche miracolo che adesso il dio non riesce a
immaginare. È salva per pura concessione del destino, non
certo per merito suo.
Cosa dovrebbe dirle? Che in tutto quel tempo è rimasto
prigioniero su uno sputo di roccia in mezzo all'universo dove
è stato torturato fin quasi alla morte?
Cosa dovrebbe dire? Che fare, quando ha la sensazione che se muovesse
anche solo un muscolo la ragazza si metterebbe a urlare? Probabilmente
a urlargli insulti. Tutti quegli insulti che lui non merita ma che lei
avrebbe il diritto di gridargli.
«Tu...» è tutto quello che invece esce
dalla bocca di Nadia.
È un sussurro flebile, ma riporta Loki alla
realtà, lo rende finalmente del tutto cosciente del fatto
che è libero e che è riuscito a trovarla.
È sollevato di essere lì, è sollevato
perché ora è al sicuro e perché
c'è qualcosa che è scattato dentro la sua mente
nel momento in cui ha rivisto Nadia, qualcosa che spinge un po'
più lontano il freddo del vento e della pietra del pianeta
dei Chitauri, anche se sono ricordi vecchi di una manciata di minuti.
«Tu, come... come...» la ragazza comincia a
farfugliare. Ecco, questo è uno di quei momenti in cui lei
diventa stupida per l'agitazione. Diventa stupida e detestabile, e Loki
si sente sempre più debole ad ogni secondo che passa, e non
vuole svenirle tra le braccia – anche perché ha il
sospetto che lei lo lascerebbe a rovinare sul terreno polveroso.
«Nadia, ascolta...». La sua voce è
ridicolmente bassa e roca, una voce che di recente non è
stata usata per nient'altro se non per gridare.
Istintivamente fa un passo malfermo verso la ragazza e allunga una mano
verso di lei.
Nadia si ritrae con uno scatto, con un fare stizzito che in un altro
momento avrebbe fatto sentire Loki molto offeso e ferito.
«Non provare a toccarmi» sibila la ragazza, come
quella notte, dopo il primo attacco dei demoni. Quando ogni pensiero si
era indurito per la delusione, la rabbia e la paura.
Guerriera fino in fondo, accidenti a lei!
«Devi dirmi dove siamo» insiste Loki, facendo
appello alle poche energie rimaste e all'ultimo scampolo di calma di
cui dispone. «Che posto è questo?».
«New York» dice una terza voce. Una voce che Loki
conosce bene e che gli procura un disgustoso senso di irritazione,
quasi un conato di vomito. «L'ultima volta che sei passato di
qui hai dimenticato di prendere un souvenir?».
Il dio alza lo sguardo furente per trovarsi davanti Tony Stark, bardato
nella sua armatura, che si frappone tra lui e Nadia e solleva il
braccio per mettere in mostra il missile che spunta dal polso di
metallo.
Non è possibile che il fato abbia agito in maniera
così sorprendete. Loki stenta a crederlo.
Fare in modo che la ragazza seguisse gli Avengers oltreoceano faceva
parte dei suoi piani, prima che la sua coscienza – quella di
cui nessuno sospetta l'esistenza – gli imponesse di scegliere
in un altro modo le sue priorità. Eppure Nadia è
lì, con loro.
La mente stanca del dio visualizza possibilità, strade che
al momento sono ancora avvolte nella nebbia ma che sono lì,
ai suoi piedi, pronte ad essere testate.
Riderebbe se non gli facesse così male e se non trovasse
tanto bruciante l'idea che doveva essere lui a salvare Nadia e non quel
branco di umani molesti. Quello era un affare tra lui e la ragazza e
adesso invece è diventata la nuova missione degli
eroi più forti del
pianeta.
«Oggi stavo giusto pensando a quanto stesse andando tutto
bene. Stavamo meravigliosamente senza di te, Bambi» aggiunge
l'uomo di metallo con freddezza. «Perché non te ne
torni da dove sei venuto?».
Stavano meravigliosamente, sul serio? Anche lei?
«E dimmi, quanto pensi che Nadia potrà ancora
reggere l'energia senza il mio aiuto?». Lo dice con una
rabbia gelida, senza guardare la ragazza, perfettamente consapevole
dell'occhiata ricolma d'odio che lei adesso gli sta rivolgendo. Ci
sarà tempo per quello...
Loki sente gli abiti fradici di sangue sotto la casacca. Se Stark
vedesse lo stato in cui si trova non farebbe domande tanto stupide. Ma
è bene che quel borioso cervello bacato si renda conto del
fatto che hanno bisogno di lui, di nuovo.
«Cosa succede?». Oh, ecco un altro cervello degno
di nota: il Capitano Rogers fa la sua comparsa da dietro il tronco di
un grosso albero. Appena vede Loki quasi sbianca di collera.
«Tony, abbassa le armi» dice Nadia all'improvviso,
facendosi avanti e appoggiando una mano sul braccio fasciato di metallo
del suo amico preferito.
Forse le è rimasta un po' di compassione per lui.
Stomachevole.
«Fatti da parte, Colombina, non permetterò che tu
finisca di nuovo immischiata in...»
«Stark, abbassa le armi» dice il Capitano, in tono
perentorio, affiancandosi al compagno.
«Cosa? Che cos'è, il ritrovo dei
boy-scout?!» borbotta l'uomo di metallo.
Rogers si limita a indicare con uno sguardo la mano che Loki tiene
appoggiata contro il fianco. Oltre la manica sta colando un copioso
rivolo di sangue che gocciola vischioso dalle dita andando a macchiare
il terreno.
L'ultima cosa di cui il dio dell'inganno è cosciente
è il suo corpo dolorante che impatta contro il suolo.
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Note:
Tanto
per essere chiari, con la scena demente sulle fanfiction non volevo
prendere in giro chi scrive slash o chi apprezza il genere, ma visto
che nella mia storia Steve e Tony sono felicemente NON innamorati (e
non attratti l'uno dall'altro et similia), volevo solo scherzare un
po' sulle loro spalle e creare un momento di leggerezza prima della
parte finale del capitolo (e ribadire quanto gli Avengers siano parte
integrante della realtà, nel mondo in cui si colloca la
storia).
Chiedo
scusa del ritardo che a volte ci metto a rispondere alle recensioni,
queste sono settimane di fuoco.