Milano, maggio 2007
“Pronto?”
“Dimmi qualcosa di te” cinguettò la voce vulcanica di Elisa “Voglio sapere i tuoi più reconditi segreti.”
“Oddio. Se dici così me la faccio
sotto.”
“Sei recidivo, allora. Non è stato due anni fa che ti sei
fatto la pipì addosso in panchina mentre allenavi i
pulcini?”
“Sei crudele a ricordarmelo così. Comunque,
era la finale, non c’era un bagno nel raggio di dieci anni luce e c’era un
freddo che sembrava di essere in Groenlandia. Mi è scappato
mentre starnutivo. Non è che abbia riempito il lago d’Iseo, è stata
appena una spruzzatina involontaria… un piccolo momento di defaillance.”
“Ecco che torna fuori il francese che c’è in te.”
“Scusami, oggi non ho preso la pozione per reprimerlo.”
“Allora, queste cose di te? Sto aspettando.”
“Uhm, vediamo… che mi tocco i gomiti dietro la schiena, te
l’ho già detto?”
“Sì.”
“Allora ho finito le notizie emozionanti.”
“Davvero? Sto sbadigliando.”
“Facciamo che tu dici una cosa a me e io dico una cosa a
te?”
“Quid pro quo? Come Hannibal Lecter e Clarice Starling? Foooorte!”
“Sì, però senza fegato e Chianti.”
“Le lenticchie le teniamo buone?”
“Guarda che erano fave.”
“Ops. Touchée,
così mi francesizzo anche io. Allora, che lavoro fai?”
“Il prete. Punto a diventare abate entro i trent’anni, vescovo a 35, cardinale a 40 e per i cinquant’anni divento Papa.”
“Dai, Ettie, non essere blasfemo.”
“Wow, blasfemo, che bel parolone… ti sei
comprata anche tu la Treccani tascabile?”
“Sì, ed è da dieci minuti che tento di piazzare il verbo
inficiare senza trovare il contesto giusto. Allora, Ettie, che lavoro fai?”
“L’assessore. Punto a diventare sindaco entro i trent’anni, consigliere a 35, deputato a 40 e per i cinquant’anni divento Presidente della Repubblica.”
“Sto sbadigliando di nuovo. Ti decidi a dirmi
la verità?”
“No, finché continui a chiamarmi Ettie.”
“Ma è così carino e puccioso!”
“Appunto.”
“Ok, lo cambio. Allora, che lavoro
fai, Ennie?”
“Lo studente. Punto a laurearmi entro i trent’anni,
insegnante a 35, ricercatore a 40 e per i cinquant’anni
divento Rita Levi Montalcini.”
“E’ la verità?”
“Nuda, cruda e croccante come un gambo di sedano. E tu invece, Sasà, cosa fai nella vita?”
“La studentessa. Contavo di laurearmi entro i trent’anni, diventare insegnante a 35, ricercatrice a 40 e
per i cinquant’anni evolvermi in Rita Levi Montalcini, ma adesso che so che
il posto è già stato preso ho le idee un po’ confuse.”
“Ho inficiato le tue aspettative?”
“Cazzo, mi hai rubato la battuta!”
“Scusami, quando mi chiamano Ettie
divento idrofobo. Altre domande?”
“Come sei fatto?”
“Credo di essere stato fatto col metodo tradizionale,
tramite fornicazione per intenderci.”
“Che scemo. Dai, descriviti, come
sei? Alto, basso, grasso, magro, occhi, capelli,
eczemi, verruche?”
“Oddio, da dove comincio… vabbè,
te lo dico subito così mi tolgo il sassolino dalla scarpa. Ho tre occhi, di cui
uno di vetro.”
“Caspita. Di che colore?”
“Verde bottiglia. Quello di vetro, eh. Gli altri sono marroni.”
“Uff, che banalità. Allora sei
normale.”
“Anche considerando l’occhio di vetro e la gamba di legno,
direi di sì.”
“Marrone come?”
“Come marrone come?”
“Ettie caro, se mi stai prendendo in giro ti mando con la corrente.”
“Non riesco a tradurre il tuo lessico, fai
delle domande surreali. E mi chiami Ettie, cosa che
danneggia irreparabilmente le mie sinapsi. Poi, che diavolo è la corrente?”
“Riformulo la domanda con i sottotitoli per bradipi alla
pagina 777. Che tipo di marrone sono i tuoi occhi?”
“Sto ancora galleggiando nella corrente.”
“Uff, che tardo che sei. Marrone nocciola, marrone dorato, marrone scuro… color pulce, Terra
di Siena, cacca di stercorario, concime muschiato… insomma, che tonalità
di marrone?”
“Oh, adesso è tutto più chiaro… dunque, per rimanere in tema
frutta secca, direi che gli occhi sono color ghianda
con qualche sfumatura anacardo al centro. I capelli,
invece, buttandoci sul faunistico, sono decisamente un marrone setole di cinghiale.”
“Oh, eccoti arrivato finalmente.”
“Dove?”
“Nella corrente.”
“Adesso ti faccio un domandone
imbarazzante, così arrivi anche tu nella corrente: che fine ha fatto il reggiseno
color pesca?”
“Credo che l’abbia preso in ostaggio Rosaria.”
“Quindi, non ce l’hai addosso.”
“Direi di no. Ma se vuoi do una
sbirciatina e verifico.”
“Brava, fai così. Anzi, fammi una telecronaca dettagliata di
quello che vedi, che è meglio.”
“Ci sei dentro fino al collo, Ettie.”
“Alla corrente?”
“Ovvio.”
“Tu non vuoi farmi la telecronaca.”
“Cambiamo argomento, che sennò mi viene caldo. Hai dei
consanguinei?”
“Una sorella di nome Maria.”
“Ma come… a te hanno dato un nome figo come Etienne e tua sorella si è beccata un mortorio
come Maria? Questa è discriminazione sessuale.”
“Puoi protestare formalmente con i miei genitori, credo che
ci sia già un comitato apposito gestito da Green Peace. E tu, hai fratelli o
sorelle?”
“Due e due, ma sulla sessualità di uno non ci metterei la
mano sul fuoco.”
“Cinque fratelli? E che siete, mormoni?”
“Lo so, è terribile. Io sono la più
grande e potendo avrei obbligato mio padre a sottoporsi a vasectomia subito
dopo la mia nascita.”
Silenzio dubbioso da parte di Etienne.
“Ettie? Sei ancora lì?”
“Continuo a pensare a quella telecronaca.”
“Sarebbe noiosissima, non c’è niente di nuovo da raccontare.”
“Parla per te, è dalla prima telefonata che continuo a
pensare a quel reggiseno pesca e a quello che ci va dentro.”
“Sei un porco, lo sai?”
“E tu sei arrossita di nuovo… sei adorabile.”
La voce di Elisa mancò per un po’.
“Elisa? E’ caduta la linea con Rivombrosa?”
“Non dovresti usare quel tono” continuò lei incerta “Mi
agita.”
“Pensa a quanto sono agitato io, qui a dibattermi nella
corrente.”
Elisa rise, ancora esitante.
“Ecco, adesso affogo.”
“Povero. Che è successo? Hai
incontrato uno scoglio?”
“La tua risata. Il suo effetto sulla mia circolazione
sanguigna è peggio del pensiero della telecronaca.”
“Ops, sto scivolando nella corrente…
non capisco che vuoi dire.”
“Voglio dire che mi piace da
morire.”
Nuovo, brusco silenzio da parte di Elisa:
la voce di Etienne era scesa morbidamente di qualche ottava risultando
all’improvviso tiepida e vibrante come una carezza.
“Mi piace la tua voce, perchè è fresca e allegra come
primavera; mi piace come la usi buttandoti a capofitto nei discorsi, lasciando
che le tue emozioni viaggino su ogni sillaba. Mi piace l’ironia di quello che dici perchè dimostra una mente brillante e un cuore grande.”
Nessun suono usciva dall’auricolare, a parte un leggero e
rapido respiro discontinuo. Etienne aspettò qualche secondo che il suo cuore rallentasse i battiti.
“Ecco, adesso che te l’ho detto posso tranquillamente
affogare nella corrente.” cambiò
infine tono, tornando ad essere allegro e solare: si sentiva però una leggera
forzatura di sottofondo, ancora più marcata nella successiva risposta di Elisa.
“Oh-ah… la corrente, certo.”
“Stai bene?” domandò Etienne, vagamente malizioso.
“A dire il vero, non molto. C’è un caldo mostruoso qui.”
“Dove sei?”
“In una cella frigorifera.”
Etienne rise, incantando Elisa dall’altra parte della
cornetta.
“Credo che questo sia il complimento più criptico che io abbia mai ricevuto.”
“Ti dirò, non so nemmeno da dove mi
è venuto fuori. Magari dalla corrente.”
“Elisa… quando ci incontriamo?”
Ci fu un breve silenzio teso e quasi cupo.
“Non credo che sia una buona idea.”
mormorò infine esitante la voce della ragazza.
“Guarda che la storia dell’occhio di vetro era finta. In realtà sono un ragazzo normale. Anzi, secondo
mia madre possiedo una bellezza animale e
travolgente.”
“Ne sono certa” rispose Elisa col sorriso nella voce “Si
sente che sei un tombeur des
femmes da come usi quella dannatissima voce.”
“Oh la là, un altro complimento… addirittura in francese!”
“Guarda che ti stavo dando dello stronzo.”
“Oh, scusa, non avevo capito. Sai, tutta ‘sta corrente…
Perché non vuoi incontrarmi?”
Di nuovo silenzio, improvvisamente teso.
“Elisa? Rispondimi, tanto non verrò col defibrillatore, sento
che respiri.”
“Devo andare.” sentenziò Elisa,
gelida.
“Ops… ti ho fatto arrabbiare?”
“Sì” rispose Elisa, aggressiva “Mi fa incazzare
il tuo modo di piazzare le domande imbarazzanti nel bel mezzo della frase,
quando sono più indifesa. E usando
quel tono di v-voce alla Barry White
che mi manda in confusione…”
“Non lo faccio apposta. E’ solo che ti voglio incontrare.”
Silenzio, tesissimo e rovente.
“Devo andare.” pigolò infine Elisa,
esausta, e riattaccò.
NOTE DELL’AUTRICE:
Questa storia sarà brevissima e mooolto
leggera… ringrazio con tutto il cuore la mia Unica e
Insostituibile Lon Trinomia per
la tripla recensione (ammmmora!!! Anche voi mi
mancate, non sai quanto…), la mia Pappy numero uno, Marzy
(booooni i muffins!!), Lemmy on the rocks, Roby (forza milan!!), Armonia e i suoi Teddy
Bear che mi hanno ispirato tanto, Kif e Ciocco con tutto il
cuore per l’entusiastica partecipazione. Purtroppo, il firewall
mi blocca qualsiasi accesso a forum, chat e quant’altro, quindi non posso comunicare con voi in nessun altra maniera se non così, dandovi il mio cuore un
poco alla volta aggrappato alle mie storie. Vi sbaciuzzo
tutti (soprattutto i maschietti, of course!)