Sera di primavera: una
brezza tiepida filtrava tra i vetri
socchiusi di una piccola abitazione illuminata. In casa Son si era
appena
finito di cenare.
A degli estranei sarebbe
parso un giorno come un altro, ma
non era così: la mattina seguente avrebbe avuto inizio il
torneo indetto da
Cell.
La famiglia era occupata
nelle solite faccende: Goku parlava
con Gohan mentre Chichi stava sciacquando le ultime stoviglie.
Quest’ultima non
aveva rivolto affatto la parola al marito nelle ultime ore, se non per
urlargli
contro quando lui, bevendo, aveva mandato in frantumi il bicchiere. Si
trattava
dell’ultimo di una lunga serie di disastri susseguitisi
quella settimana. La
donna credeva di averne compreso l’origine: non era
tranquillo come voleva far
credere, perciò non era capace di controllarsi. Per loro
figlio era
comprensibile, ma per lui no: era stato sempre capace di trattenere la
sua
forza, nonostante i continui allenamenti. In passato, altrimenti, come
avrebbe
potuto mangiare senza rompere il tavolo, darle una pacca sulla spalla
senza
farla volare in avanti o aprire la porta evitando di scardinarla? Non
era
possibile che di punto in bianco non ci riuscisse più,
doveva esserci un motivo
valido; che fosse a causa di quella strana trasformazione, stentava a
crederlo.
Da una parte avrebbe desiderato parlargli per capire e incoraggiarlo,
ma non
poteva: l’indomani Goku sarebbe andato al torneo e portandosi
dietro loro
figlio per giunta, con la chiara intenzione di farlo combattere. Non
riusciva assolutamente
ad accettarlo e, quindi, nemmeno ad affrontare il discorso a
quattr’occhi con
l’interessato.
A giudicare dalle risate
allegre che giungevano da dietro le
sue spalle, era lei la più angosciata. Dopotutto il sayan
che era il marito non
avrebbe fatto ciò che preferiva su ogni cosa andando a
combattere? Lo avrebbe
dovuto aspettare fiduciosa e basta. Facile a dirsi, immaginava
già le sue parole.
Stai calma, non c’è nulla di cui
preoccuparsi, andrà tutto bene.
Chichi abbassò
la testa in un sospiro, distolse lo sguardo
dal lavello e sbirciò l’uomo seduto a tavola. Era
tutta la sera che faceva il
pagliaccio, pensò stizzita… e si rese
improvvisamente conto di quanto fosse
palese quella messa in scena. Perché si era sentita tanto
bene nell’ultima
settimana? Goku aveva fatto in modo che lo fosse, nonostante i piccoli
disastri:
era stato sempre accondiscendente, l’aveva portata in
macchina fino al lago
dove usavano mangiare quando Gohan era molto piccolo, si era
complimentato più
del solito per il cibo e le aveva addirittura dato ragione
sull’educazione di
loro figlio! Era piacevolmente meravigliata, felice, e glielo aveva
confessato Sei
il marito migliore del mondo Goku! aveva detto quel
pomeriggio senza
pensarci troppo, ricevendo in cambio un’espressione
imbarazzata.
Che stupida.
C’era una
spiegazione molto semplice a quel cambiamento
improvviso: lui voleva distrarla dal pensiero del torneo.
La donna si
asciugò le mani col grembiule, prima di sfilarlo
e guardare intensamente le due persone più importanti della
sua vita: Goku continuava
a ridere, mentre Gohan sembrava distratto; chissà quanti
pensieri gli affollavano
la testa in quel momento.
Chichi si
avvicinò, posando una mano sulla testa del ragazzino;
lui volse incuriosito gli occhi nella sua direzione finendo per
incontrare un
paio di iridi nere, severe ma eccessivamente lucide:
- Cos’hai
mamma?- domandò preoccupato, mentre il sayan
ammutoliva.
- Dovresti
andare a dormire fra un
po’.- rispose lei, ignorando volutamente il vero senso della
domanda e passandogli
le dita fra le ciocche ribelli… seppur di colore diverso
erano comunque impossibili
da pettinare- Così sarai riposato per… quello che
devi fare.- aggiunse con voce
tremante, quindi si girò. Aveva paura di aver detto troppo.
- Non devi preoccuparti,
papà è sicuro che andrà bene.-
replicò il ragazzino, comprendendo al volo - Giusto?- fece
rivolto all’altro
genitore.
- Sì, certo
tesoro. Stai tranquilla.- annuì energicamente
quest’ultimo.
Lei non lo degnò di un’occhiata.
Preferì scrutare il pavimento e poi chinarsi per
baciare il figlio confuso sulla fronte e abbracciarlo forte.
- Torna da me.- lo
supplicò. Gohan la strinse in silenzio
per alcuni istanti, con affetto, pensando a quanta fragilità
nascondesse la sua
mamma con quel modo di fare a volte brusco.
- Ora vado. Sai, ti voglio
tanto bene.- sussurrò allontanandosi,
imbarazzato delle proprie parole, ma lanciandole un ultimo sorriso
prima di
salire le scale.
La donna intenerita
contraccambiò ma, appena si ritrovò sola
col marito, un velo di tristezza le incupì il volto. Non le
importava quello
che egli avrebbe potuto pensare vedendola così. Era stufa,
sfinita, provata
dalle emozioni negative con cui aveva iniziato a convivere da quando
Goku aveva
scoperto le sue vere origini. L’indomani sarebbe successo
qualcosa di brutto,
lo sentiva.
Il sayan, turbato dal
profondo silenzio, si costrinse a
parlare:
- Prometto che
tornerà.
Chichi lo
squadrò finalmente, incredula.
- Non mi dare false
speranze, è peggio te lo assicuro.- replicò
a bassa voce.
- Che sarà mai,
ti preoccupi sempre troppo!- esclamò l’altro
sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi. Di solito in questo modo
riusciva a
tranquillizzarla, ma stavolta non funzionò. Anzi, la donna
lo fulminò:
- Dacci un taglio.
Goku rimase spiazzato e
prese a sfregarsi la nuca, indeciso:
- Cioè?
- Sai che non
c’è niente di sicuro, non sei rilassato
davvero, smettila di fingere insomma!!!- urlò lei in un
crescendo di rabbia,
drizzandosi di scatto a fissarlo nelle iridi verde acqua, a pugni
stretti. Il
marito rimase sconvolto a bocca aperta… pensò di
sfuggita che, se avesse potuto,
in quel momento si sarebbe trasformata in supersayan anche lei! Buttata
via
quell’idea fuori luogo, si ritrovò a fissare il
muro.
- Non
voglio che tu abbia paura.-
mormorò, stanco ormai anche lui di recitare.
- Impossibile. Come non
potrei? Capisco meglio di chiunque
altro quando stai mentendo, non prendermi in giro!- replicò
afferrandolo
minacciosa per la canottiera- Se solo…- continuò
titubante- … potessimo avere
una vita “normale”… ma sei un sayan, a
te piace rischiare appena si presenta
occasione e non posso farci niente.
La schiena di Goku fu
attraversata da un brivido e ribatté impulsivamente,
offeso, come non aveva mai osato prima:
- Sono così,
amo combattere, è vero. Mi dispiace per il
dolore che devi provare a causa mia.- la fissò dritta negli
occhi- Mi dispiace
di essere un alieno, di non lavorare, di rovinarti la vita. Hai
sbagliato a
sposarmi; perché l’hai fatto se sono
così inutile? Perché hai voluto un figlio
da me, per capriccio?- si bloccò dopo l’ultima
parola, accorgendosi in ritardo
di come il controllo della situazione gli fosse presto sfuggito. Non
avrebbe
mai detto certe cose normalmente, che gli era preso? Si morse la lingua
pentito
e distolse lo sguardo. Forse era semplicemente nervoso...
Nel
frattempo nell’udire quella
risposta la ragazza era impallidita, tanto che alla fine le guance
avevano perso
ogni traccia di colore. Mentre le ultime parole risuonavano nelle
orecchie,
avvertì le lacrime colmare gli occhi e iniziare a scivolare
giù incontrollabili.
Chichi ritrasse le mani prima strette intorno al tessuto come se
quest’ultimo all’improvviso
bruciasse, si drizzò bene in piedi e assestò un
ceffone al marito con tutte le
sue forze. Non aspettò una reazione, ma presa dal panico
scappò subito via per
le scale, rifugiandosi quindi in camera; girò la chiave
nella serratura e si
buttò sul letto singhiozzante. Perché le aveva
detto cose tanto cattive, aveva
frainteso completamente, sapeva benissimo quanto lo amasse nonostante i
difetti.
Quella serenità e quella spensieratezza che
l’avevano colpita fin da bambina in
certi casi si erano rivelate irritanti, vero, ma questo non significava
che...
non riuscì a completare il pensiero, sopraffatta da un
turbine di emozioni
contrastanti.
Goku nel frattempo era
rimasto immobile, seduto; non aveva
ancora mosso la testa dopo la schiaffo, quando udì dei
singhiozzi disperati
provenire dal piano superiore. Si maledì per aver mischiato
i suoi veri
pensieri con la rabbia. Il bruciore sulla guancia non accennava a
diminuire e il
giovane, ormai deciso, si posò due dita sulla fronte.
|