_____________________________________________________________________________________
A chiudere gli occhi e a
tappare le orecchie siamo bravi tutti.
_____________________________________________________________________________________
Too late, this is not the answer,
I need to pack it in.
I can't pull your heart together
with just my voice alone.
A thousand shards of glass, I came to meet you and...
... And you cut the
piece out of me.
And as you ripped it all apart
that's when I turned to
watch you.
And as the light in you went dark
I saw you turn to shadow.
If you would salvage some part of you that once knew love...
But I'm losing this,
and I'm losing you.
[...]It's too late now to stop the
process.
This was your choice,
you let it in.
This double life you live
is eating you up from within;
a thousand shards of glass
you pushed beneath my skin
and left me lying there to bleed.
And as you showed me your scars
I only held you closer,
but as the light in you went dark
I saw you turn over.
I wanted always to
be there for
you and close to you,
but I'm losing this, and I'm losing you.
Apocalyptica ft Lacey Sturm - Broken pieces
Avrebbe anche potuto chiamarlo scarafaggio,
non le avrebbe dedicato
neanche uno sguardo. Non si sarebbe nè voltato nè
indignato, non avrebbe irriggidito la schiena e non le avrebbe intimato
di chiudere la bocca. Sarebbe comunque
rimasto lì, nella stessa
identica posizione che lo vedeva dare le spalle alla porta d'entrata --
come se il suo silenzio non fosse di per sè un invito a
lasciarlo stare, no,
lui ti dava pure la schiena per sottolineare la
sua indifferenza verso tutto quello che entrava e usciva dalla suacasa, come se
in realtà non fosse neanche lì, come se...
Lei cercava di capirlo, come sempre, ma giustificarlo era impossibile e
non l'avrebbe fatto comunque -- troppe le volte che l'avevano visto nel
torto, troppe le parole che non aveva ancora detto, pochissimi i
momenti che l'avevano reso umano o quantomeno socialmente appropriato e
non c'era giorno, non
c'era giorno, che lo vedeva fissare qualsiasi
altra cosa
non fosse Konoha.
Ma lei cercava di capirlo anche quando lui si lasciava medicare ed i
suoi occhi cadevano inevitabilmente sull'eccessivo pallore del viso,
sulle vene bluastre che circondavano i suoi occhi, sulla pelle
grigiastra del suo collo e sulla piega inesistente delle labbra secche,
torturate dal troppo silenzio, graffiate e quasi sanguinanti... come se
la
realtà dei fatti non fosse una prova inconfutabile della sua
perenne voglia di autodistruggersi. No, no, lui doveva
continuare a
stare in silenzio, a guardare Konoha come se l'origine delle sue pene
risiedesse da qualche parte tra la montagna degli Hokage e la fine
della foresta; e doveva ignorare qualsiasi cosa gli venisse detta.
Ad un certo punto Sakura aveva smesso di chiedersi perchè,
in
effetti, non si fosse ancora suicidato. Tanto era già morto,
che
male gli avrebbe fatto sventrarsi? Ma poi si dava della stronza e si
guardava allo specchio con due occhi che non riconosceva, come se si
aspettasse di vedere Sasuke dall'altra parte dello specchio che le
comandava
di lasciarlo andare.
Lasciarlo andare.
E dopo svariati mesi, dopo aver ricostruito quello che poteva essere
rimesso in piedi e dopo aver chiesto perdono e pietà ai
parenti,
alle mogli, ai figli che non avrebbero mai più rivisto i
loro
cari, e dopo essersi inginocchiata mille e mille volte davanti a lui
per salvargli almeno
la vista, dopo aver gridato a pieni polmoni che
Sasuke
Uchiha non sarebbe mai morto per gli errori che altri avevano
commesso -- dopo --
lei non aveva più aria.
Le mancavano pezzi e pezzi di pelle ed era come sentire i suoi polmoni
sbriciolarsi ad ogni respiro tremulo. Ed il suo stomaco non reggeva
più neanche un noodle. Le. Mancavano. Pezzi.
Solo il cuore -- ah!, l'ironia di questa vita -- sembrava combattere.
Perchè guardarlo sparire faceva male, ascoltarlo respirare
come
se da un momento all'altro potesse schizzargli via un polmone dal petto
era fisicamente insopportabile, ma lei batteva per lui. Forte, sempre,
ovunque.
Vedere le sue mani che si muovevano, che talvolta si stringevano
così forte a pugno da rasentare il masochismo patologico, e
che
erano così bianche da sembrare già ossa -- ma non
erano
ossa quelle, era lui in tutto il suo doloroso egoismo, era lui che
mandava un messaggio al mondo, era lui che si allontanava, di nuovo,
dandole le spalle -- le davano un senso.
Magari oggi mi parlerà, si diceva ogni mattina
mentre percorreva
la strada verso casa sua. Magari
domani sarà meglio, si
consolava mentre ritornava.
Forse oggi riuscirò a far finta che non m'importi vederlo in
questo stato, e forse lui mi parlerà perchè non
gli
è mai veramente piaciuto essere ignorato.
Non succedeva mai niente.
Mentre lui continuava a dare le spalle alla porta e a guardare Konoha
come se la fonte dei suoi problemi fosse proprio lì in
mezzo,
tra la montagna degli Hokage e la foresta, lei si accorgeva di quanto,
in realtà, lei fosse vuota.
Era una sensazione spiacevole sentirsi vuota perchè ti
prendeva
nel momento stesso in cui aprivi gli occhi e se ne andava -- no, no, te
ne dimenticavi
-- solo quando li richiudevi. Tutto quello che c'era in
mezzo era solo... nulla. Dimentichi le cose basilari come mangiare e
bere, scordi le parole che hai detto solo due secondi prima, non trovi
neanche la forza di mettere un piede davanti all'altro per passare
dalla tua stanza al bagno e ti senti così inutile. E pensi
che
passerà, certo che passerà, è solo un
brutto
momento che domani sarà più facile da superare,
come se
il tuo cervello fosse veramente così stupido da crederci. Come
se a te importasse davvero qualcosa di quello che succederà
domani.
Dopo altri mesi i suoi occhi erano migliorati, non erano più
velati dal ricordo del vero e proprio abuso al quale erano stati
sottoposti e non le erano mai sembrati così neri fino a quel
momento. Ma forse era lei che oltre le lacrime e il risentimento ed i
crudeli, crudeli, battiti del suo cuore non riusciva a non vederli
così come li ricordava. Lui non l'aveva guardata in faccia
neanche una volta da quando era stato riportato a Konoha, non si era
neanche preso la briga di dirle dove, esattamente, potesse infilarsele
le sue strafottute lacrime, perchè a lui non importava
niente.
A lei mancavano pezzi ed erano tutti ai suoi piedi.
Dubitava che i
suoi occhi fossero in grado di vederli, non credeva neanche che
servissero al loro scopo a quel punto.
_____________________________________________________________________________________
Prendere fiato, aprire
la bocca ed usare le corde vocali non significa essere degni delle
orecchie altrui.
_____________________________________________________________________________________
Due anni dopo si era accorta di quanto stupida ed ignorante fosse stata
durante tutto il corso degli anni precedenti, come se essere testimone
del deterioramento di una delle persone più importanti della
sua
vita non fosse stato abbastanza patetico e triste -- e c'erano giorni
in cui ricordava le parole che Sasuke aveva detto, il grazie che le
aveva bisbigliato suonava estraneo e sbagliato anche adesso che sentiva
di meritarselo sul serio.
Lui poteva uscire di casa ora, seguito a vista dagli Anbu ovviamente,
anche se Sakura non credeva fosse possibile per Sasuke scappare con il
suo chakra ancora sigillato.
Si chiedeva spesso, soprattutto quando si ritrovava a guardarlo
nonostante tutto, come dovesse sentirsi e se c'era qualcosa che
desiderasse o se gli sarebbe piaciuto uscire con altri esseri umani
piuttosto che vagare da solo sulla linea che seperava Konoha dagli
altri territori.
Naruto era riuscito a farlo mangiare per tre volte al giorno, Naruto
riusciva a sopportare il suo silenzio -- Naruto lo capiva quel
silenzio
-- e sembrava non stancarsi delle rare occhiate assenti che Sasuke gli
lanciava. La prima volta che i suoi occhi si erano posati su di lei era
stato come inginocchiarsi sul tatami per raccogliere i pezzi che ancora
marcivano lì in mezzo, poi Sasuke le aveva ridato le spalle,
ma
almeno lei aveva riconquistato tre quarti di polmone.
Adesso era pallido in un modo quasi normale, le vene attorno ai suoi
occhi si vedevano ancora e le sue labbra erano ancora screpolate e
certe volte sanguinavano anche, ma il suo respiro era tranquillo e
Sakura non si preoccupava più di doverlo rianimare
lì,
sul tatami.
- So che probabilmente farai finta di non sentirmi,- gli aveva detto
mentre cercava di non svenire lei stessa per l'emozione causatale da un
suo brevissimo sguardo - ma credo che dovresti uscire di mattina. Sai,
per... prendere un po' di colore.-
Aveva dimenticato quanto fosse doloroso
dirgli qualcosa e venire
ignorata perchè
gli aveva detto qualcosa. Cercò di non
dare a vedere la sua delusione e credette di vedere del sangue uscirle
dalle vene dei polsi, come se stare in sua presenza fosse un vero e
proprio salasso.
Ricordava con precisione chirurgica il modo in cui lui aveva voltato la
testa ed il cuore le era letteralmente scoppiato in gola.
Ed avrebbe voluto andare lì e costringerlo a guardarla in
faccia
e parlarle. E chiederle scusa perchè se lo meritava, se lo
meritava! E le sarebbe piaciuto potergli voltare le spalle e lasciarlo
consumarsi fino all'osso per poi rinfacciargli quanto lui fosse stato
stupido ed ignorante durante tutti quegli anni. Perchè lei
non
riusciva a vivere pensandolo da un'altra parte che non si trovasse a
due passi dalla sua stessa casa, perchè lei batteva in
continuazione per lui, anche quando erano altri a
stringerla, anche
quando lui voltava la testa in quel modo. Soprattutto quando i suoi
occhi assenti si posavano su di lei, come una sfida, come una
provocazione.
Come se si divertisse a vederla sgretolarsi.
Lei batteva ancora, ma le mancavano pezzi. Lui se ne stava
semplicemente... in silenzio.
_____________________________________________________________________________________
Il latte versato non torna
diligentemente nella bottiglia quando tu lo chiedi.
_____________________________________________________________________________________
Cominciò a comprendere cosa significasse non sopportarsi.
Perchè lei non poteva fargli domande, non ci riusciva, ed
anche
se lui le avesse fatto capire che in qualche modo, qualsiasi davvero,
potevano comunicare senza per forza sentire il bisogno impellente di
scappare, allora forse Sakura si sarebbe sentita in diritto di
chiedergli perchè.
Si rese conto che chiudersi in ospedale aiutava. Vedere la vita che
nonostante tutto non si fermava le dava quel minimo di speranza che le
serviva per tornare a casa sulle proprie gambe. Capì, certo
con
un po' di frustrazione e rabbia, che Sasuke Uchiha sarebbe riuscito a
sopravvivere anche fuori da Konoha.
Ed era un pensiero terribile da un certo punto di vista, anche
perchè lei era certa che non sarebbe mai più
riuscita a
rattopparsi i buchi se lui fosse improvvisamente e nuovamente sparito.
Non credeva più che per tenerlo a Konoha si dovessero
utilizzare
mezzi estremi -- e nei recessi della sua mente ricordava che lei aveva
voluto con forza e disperazione seguirlo in capo al mondo ed aveva
creduto che
per lui fosse abbastanza
-- e da quando aveva ricominciato
ad allenarsi, anche senza chakra, Sasuke sembrava sempre meno
desideroso di tenere alta la sua supponenza -- come se in
realtà
fosse lui a fare un favore a loro,
come se nulla in lui fosse cambiato,
come se le cicatrici che marcavano i corpi di tutti loro non
fossero
mai state inflitte, guardate, sfiorate, dannate.
Dopo altri mesi capì che parlare di Sasuke con Naruto non
aiutava. Per niente. Sembrava tutto più reale quando era la
voce
di Naruto a dire che le cose sarebbero andate bene, ad un certo punto
lei aveva pure smesso di chiederlo -- perchè Sasuke
continuava a
guardare Konoha come se questa fosse un enorme, potente, demone pronto
ad ingoiarlo vivo e continuava a non parlare anche se erano tante,
tante, le parole che gli toccava dire -- e Naruto si era limitato a
sorriderle di tanto in tanto o a metterle una mano sulla spalla o a
lasciarla piangere silenziosamente nel suo abbraccio perchè
dentro... dentro era un casino per tutti.
Secondo Tsunade non sarebbe stato saggio permettere a Sasuke di
ricominciare le missioni, anche perchè nessuno si fidava di
lui --
e come avrebbero potuto impedire una tale reazione? Lui era stato uno
di loro, aveva sentito alcuni jonin proclamare a gran voce
così
che tutti potessero sentire. Era,
certe volte le veniva pure da ridere
perchè persistevano a parlare di lui al passato come se non
abitasse nella loro stessa città.
Come se avessero ritrovato il suo corpo esanime piuttosto che il ninja
debilitato e furioso e potenzialmente mortale. Era stato uno di loro,
una volta.
Lei se lo ricordava. Ricordare faceva male e quando Sasuke la guardava
era come rivedere il ragazzino che l'aveva protetta, quello che aveva
accettato Naruto prima di qualsiasi altro, il genio che tutti avrebbero
voluto avere in squadra per almeno una missione. E rivedeva anche il
bastardo, fottuto, figlio di puttana che aveva voltato le spalle alla
sua vita ed aveva condannato quella degli altri, quello che aveva
cercato di ucciderla con tutte le intenzioni del caso, quello che
nonostante tutto lei amava ancora e che le faceva perdere pezzi ogni
volta che muoveva un muscolo.
Vederlo vivo e pensare che non c'era più niente di vero in
lui.
Tutta la
sua vita, Sakura pensava quando la verità del
clan
Uchiha le ritornava alla mente, era stata
costruita, perseguita e
combattuta per una bugia.
Cercava di capirlo in quei rari momenti di silenzio buono, quando la
sua testa si piegava un po' in avanti e le sue dita non cercavano di
stritolarsi sui palmi, quando magari anche Naruto restava in silenzio a
guardare la stessa Konoha che Sasuke vedeva con occhi pieni di
riverenza,
quasi a volergli dimostrare che c'erano tante, tante
verità tra loro e tutto quello che era stato costruito tra
la
montagna degli Hokage e la foresta. In quei momenti lei sentiva nelle
orecchie vecchie voci, rumori ormai passati, e sapeva che da qualche
parte il vecchio Sasuke esisteva ancora.
Si era addormentata a casa sua una volta. Si era risvegliata sul tatami
con la schiena indolenzita e la faccia impiastricciata. Kami, aveva
avuto
così tanta paura si mettersi a sedere da restare
completamente
paralizzata per alcuni minuti, poi l'aveva sentito spalancare gli shoji
e si era issata a sedere più per orgoglio che per altro.
Lui era vestito con il suo solito kimono, i capelli non erano cambiati
dal giorno prima e se guardava con attenzione poteva distinguere e
contare tutti i tendini che ricoprivano le ossa dei suoi piedi.
Sasuke l'aveva guardata brevemente, aveva fatto questo strano movimento
del collo, come avrebbe fatto un uccello davanti una mollica di pane,
ed aveva preso un lungo -- luuuungo -- respiro dal naso.
Lei aveva fatto lo stesso, come se stare in sua presenza non fosse
soltanto un salasso ma anche destabilizzante per il suo sistema
respiratorio - Buongiorno.-
Uno dei suoi progressi l'aveva vista smettere di aspettarsi che lui
avrebbe risposto a qualsiasi cosa gli venisse detta, c'erano voluti
anni per raggiungere quel grado di accettazione e consapevolezza, anche
se nel profondo non aveva mai smesso di credere che un giorno, forse,
avrebbe sentito la sua voce che parlava con lei. Lei, non
l'anbu che
continuava a sorvegliarlo. Lei, non Kakashi che certe volte entrava di
sopppiatto come per sorprenderlo. Lei, non Naruto che capiva il suo
silenzio e sapeva come fare finta che fosse rumore.
- Scusa,- aveva continuato - non volevo...- si era passata una mano
gelata dal nervosismo sul collo - Invadere ulteriormente i tuoi spazi.-
Aveva anche capito che il suono della sua stessa voce prendeva sempre
le note più basse quando c'era lui nella stanza. Lei non era
famosa per avere la voce più armoniosa di Konoha, era la
prima a
dire di possedere una delle voci più stressanti di tutto il
Paese del Fuoco. Eppure parlare con lui, anche sapendo che non le
sarebbe giunta risposta alcuna, faceva abbassare la tonalità
di
due tacche, come se le mancasse sul serio il respiro.
In vero era... meraviglioso stare semplicemente a guardarlo, anche se
non aveva il suo chakra, anche se lei riusciva a percepire soltanto una
piccola parte delle vibrazioni neutre e negative che lui emanava.
Sentirlo
era come stare sott'acqua e non avere paura di affogare.
Sasuke l'aveva guardata di nuovo e certamente aveva desiderato vederla
implodere lì, sul suo tatami, ma a lei bastava questo.
Sasuke aveva annuito come per dirle 'ok, ho capito' e lei
si era sentita intera per la prima volta in anni.
_____________________________________________________________________________________
Non puoi dire ad una persona di smettere di
soffrire.
Semplicemente non puoi.
_____________________________________________________________________________________
Ricominciò a perdere pezzi il giorno dopo quando, entrando
come sempre in punta di piedi, vide il sangue sulle pareti.
Non ebbe neanche la forza di urlare la sua più totale e
grezza
rabbia perchè le tremavano le ginocchia ed i polmoni si
erano
bloccati in un mezzo-respiro e la testa era da un'altra parte -- in un
mondo dove non c'erano bugiardi
e non esistevano guerre
ed il silenzio
non era la risposta più sincera che si potesse
volere --
perchè c'eradelsanguesullepareti e
sentiva l'odore di bruciato
fin dentro il cervello, così le si appannarono gli occhi
perchè era il fumo, era sicuramente il fumo, la causa delle
sue
lacrime.
E li sentì cadere sul tatami, gli ultimi pezzi che le
rimanevano, quando si trovò davanti un Naruto con la faccia
gonfia di pugni ed una spalla che decisamente non era più al
suo
posto ed un Sasuke che si asciugava il sangue, che si strofinava gli
occhi contornati dalle vene bluastre, che faceva smorfie di dolore ad
ogni respiro.
Sentì la sua cassa toracica aprirsi a libro per fare uscire
tutto quello che le era rimasto dentro. Ed urlò.
Urlò
forte.
Perchè Naruto
non poteva picchiare Sasuke e fare quella faccia
da deficiente, perchè Tsunade avrebbe potuto rimettere
Sasuke
sotto stretta sorveglianza se uno di loro due fosse finito in ospedale,
perchè Sasuke
non poteva comportarsi come una specie di bambola
gonfiabile che si limitava a stare lì nell'angolo fino a
quando
non si fosse sgonfiata per il poco utilizzo. Perchè c'era
del
sangue sulle pareti, lo sapevano loro cosa significava per lei vedere
del sangue sulle pareti?
Ed entrambi la guardarono come se per la prima volta dopo anni
riuscissero a sentire, provare e vedere le stesse cose, come
se una
bolla fosse improvvisamente scoppiata sopra le loro teste facendo un
gran casino.
Tutto, dentro, era ancora un
gran casino. Naruto continuava a capire il
silenzio ed i pugni di Sasuke. Sasuke persisteva a voltare le spalle
alla porta della sua stessa dimora e si costringeva ad asciugarsi il
sangue delle ferite perchè il sangue, dopo un po', pizzica.
Lei era un mucchio di pezzi ai suoi piedi, non credeva che lui li
avrebbe visti. Sinceramente non riusciva più a credere che i
suoi occhi avessero mai, mai, funzionato sul serio.
Li medicò entrambi solo per senso del dovere, non
guardò nessuno dei due in faccia.
Naruto bussò alla sua porta quella sera stessa, due ciotole
di
ramen take-away tra le braccia ed uno 'scusami' molto, molto timido
sulle labbra.
Sasuke, ah, Sasuke la guardò per cinque minuti buoni in
faccia
due giorni dopo, le braccia incrociate al petto, il labbro inferiore
ancora un po' gonfio e gli zigomi spigolosi di chi è
dimagrito
troppo e troppo in fretta.
- Mi aspetto...- disse lei quando il silenzio cominciò a
rosicchiare il suo fegato, o almeno quello che ne restava -
Più
responsabilità da due shinobi fatti e finiti.-
Perchè era ciò che erano. Lui non aveva mai smesso di esserlo.
Lei non gli avrebbe mai impedito
di esserlo.
Fece per sorpassarlo, seriamente intenzionata a chiudere lì
la
cosa, ma si sentì gelare il sangue nelle vene quando lo
sentì prendere un respiro deciso.
- Mi aspetto...-
le rispose stringendo appena le dita sui palmi e
piegando un po' le ginocchia come se parlare gli pesasse - Che d'ora in
poi bussiate alla porta. Questa è casa mia.-
Ebbe la certezza di aver visto il profilo che ricordava da qualche
parte in mezzo a quegli zigomi spigolosi.
_____________________________________________________________________________________
Niente ha senso quando vivi un
problema in prima persona.
Ci sei tu e c'è il
problema, indossa un elmetto, mettiti i guanti.
Smettila di vivere per il senso, prendilo a cazzotti quel
fottuto problema.
_____________________________________________________________________________________
Avvertì
la sua presenza alle spalle ancor prima di sentirlo respirare.
Non riusciva a capacitarsi di quanto fosse sensibile, di quanto tutti i
suoi sensi fossero attenti quando lui era nella stessa stanza.
- Lo so.- disse prima che i suoi occhi la inchiodassero sul posto -
Sarei dovuta entrare dall'altra porta, ma...- gesticolò
senza
mai guardarlo in faccia - Avevo le braccia piene e non potevo stare
fuori a prendermi la pioggia, ti pare?-
Anche parlare era diventato più facile ora che Sasuke si
muoveva
in giro per la casa, ora che si alzava
per andare ad aprire la porta.
Vedeva una profondità che probabilmente non esisteva quando
lui apriva la
porta.
Abbassò le buste sul tavolo e cominciò a tirare
fuori le
medicine che Tsunade le aveva ordinato di fargli prendere, come se
Sakura avesse dimenticato che Sasuke Uchiha era ancora un paziente
mezzo cieco con il chakra sigillato e manie di persecuzione - Queste
sono per...- fece un gesto vago con il polso - Tutti i dolori che
senti, in pratica. Questa è una pomata che devi mettere la
sera
prima di andare a dormire e...-
- Questa cosa...- masticò a fatica, muovendo appena le
labbra e
guardandola oltre le zazzera di capelli che gli copriva gli occhi -
Deve finire.-
Sentirlo parlare, al contrario, era diventato complicato. In uno strano
modo che l'aveva visto superare l'apatia e che l'aveva quasi costretto
a rialzarsi in piedi -- Sakura non credeva fossero stati i pugni di
Naruto a fargli capire la posizione in cui si trovava, credeva, anzi,
che fosse stata l'immagine che Sasuke vedeva allo specchio la causa
scatenante di quell'evoluzione, di quel miglioramento infinitesimale
--, e che lo vedeva aprire la porta ogni giorno, ad ogni ora, Sasuke si
era convinto di non aver bisogno di nessuno.
Non era strano, non era neanche una novità. Sakura aveva da
poco
capito cosa doveva significare per Sasuke essere prigioniero nel suo
stesso corpo, nella sua stessa casa ed in una città che
avrebbe
voluto vedere distrutta, perciò non si stupiva
più quando
le uniche parole che Sasuke sembrava voglioso di dire erano 'questa
cosa, qualsiasi essa sia, deve finire'.
Provava un grande senso di impotenza guardandolo negli occhi
perchè quello che lui voleva non si conciliava affatto con
quello che voleva lei o con quello che volevano la maggior parte dei
loro amici. In un certo senso avrebbe voluto dargli tutto quello che
desiderava -- nella sua testa Sasuke si meritava tutto quello che il
mondo aveva da dare
perchè era triste, era patetico ed era così
insopportabile sapere che la causa
del suo passato e del suo presente
andava ricercata negli errori delle persone che avrebbero dovuto
proteggerlo. In un altro senso avrebbe voluto picchiarlo. A sangue.
Fece finta che non avesse aperto bocca - Ti aiuterà con il
bruciore.- spiegò mettendo la scatola con la pomata sul
tavolo -
So che non sei dell'umore di cucinare, ma vivere di insalata e pomodori
non ti aiuterà a riprenderti come vorresti...-
- Ho detto, Sakura, che questa cosa deve finire. Tu che fai
l'infermiera deve finire. Vai. Via.-
Sentiva i suoi pezzi scricchiolare sotto i suoi piedi.
Continuava a calpestarli, non li vedeva neanche e li calpestava senza
accorgersene. Avrebbe voluto prenderlo e picchiarlo e dirgli quanto lui
significasse -- perchè
significava il mondo e non lo sapeva
neanche -- e costringerlo a vedere che da solo non
avrebbe combinato
nulla. Non aveva mai combinato nulla.
E lei era lì che scricchiolava
ai suoi piedi e lui non la
vedeva. Era doloroso, era triste ed era patetico. Smettere non si
poteva, non voleva, non riusciva.
Prese un profondo respiro anche se non sentiva più niente
gonfiarle il petto - Prendi le medicine, metti la pomata.- si
passò una mano sulla bocca per nascondere il suo
incontrollabile
tremore, come se lui potesse vederlo e sentirlo il
fottuto freddo che
sentiva fin dentro le ossa, ma lo guardò in faccia comunque
e
con una preghiera negli occhi - Ti chiedo solo questo Sasuke.-
Non si era aspettata il ghigno e neanche la risata, men che meno la
dolorosa, acuta, fitta che la colpì dritta al petto.
- Chiedere?- e continuava a ridere, continuava ad ucciderla con ogni
respiro che prendeva - Voi non sapete cosa significa chiedere!-
Ci provò a capirlo, ma era diventato difficile da un po' di
tempo a quella parte. Ci provò con tutta se stessa a non
giudicarlo, non avrebbe mai, mai voluto giudicarlo -- come non avrebbe
mai voluto seguirlo in capo al mondo per riportarlo a casa, come non
avrebbe mai voluto essere il bersaglio
dei suoi colpi, come non avrebbe
mai voluto guardarlo in faccia e vedere il nemico e pensare a quanto
fosse inutile continuare una missione di salvataggio che sapeva troppo,
troppo, di bugia.
Ci provò, ma batteva in continuazione per lui
ed i suoi pezzi venivano calpestati giorno dopo giorno e lui non aveva
il diritto di parlare così.
- Tu sei la persona più egoista ed inutile che io
abbia mai
incontrato!- strillò battendo i pugni sul tavolo che
s'incrinò un po' - Prenderai queste medicine e metterai
questa
pomata e farai quello che ti viene detto perchè io. Sono.
Incazzata con te!, e non ti abbiamo salvato la vista per farti un
favore, ma perchè è il nostro lavoro. Rispetta il lavoro
degli altri!-
E lui strinse le labbra, serrò i pugni ed i suoi occhi non
erano più così opachi - Via.-
Certo tirargli in testa la scatola con la pomata non era stata la sua
mossa migliore quel giorno, ma almeno era riuscita a riprendersi un
pezzo di orgoglio, anche se Sasuke non le aprì il giorno
dopo.
_____________________________________________________________________________________
Respira.
_____________________________________________________________________________________
Cominciò a vedere dei seri miglioramenti quando Sasuke prese
a
mangiare cibi degni di essere chiamati tali. Gli piaceva la carne
rossa, si accorse, soprattutto al sangue e con un sacco di sale sopra;
l'accompagnava sempre con un'insalata di pomodori e finocchi ed alcune
volte si era fatto sorprendere con un mandarino in mano ed uno in
bocca. Li mangiava con la buccia, cosa che Sakura non si sarebbe mai
sognata di fare anche se, bè, era commestibile da quello che
i
suoi genitori le avevano sempre detto.
Sasuke non amava particolarmente l'acqua liscia e non gli piaceva
lavare i piatti, aveva il pallino del tatami-pulito-e-lindo (ed era per
questo che Naruto era costretto a lavarsi i piedi prima di mettere un
dito in casa sua) e da quando aveva riacquistato il suo peso forma
passava la maggior parte della giornata ad allenarsi con i kata.
Non avevano più parlato della lite-che-non-era-accaduta e
neanche della sua inutile emotività -- aveva imparato a sue
spese che dopo la guerra le era impossibile tenere tutto imbottigliato,
aveva
capito che il suo corpo era capace di contere soltanto quello che le
era stato magistralmente sistemato dentro ancora prima della sua
nascita, non c'era spazio per altro, non sarebbe dovuto esistere altro
spazio e così non si sentiva neanche tanto in colpa di
avergli
figurativamente sputato in faccia;
in un angolino della sua mente si era persino convinta che fosse stata
una proiezione mentale, che in realtà non fosse veramente
accaduta... Il modo in cui Sasuke la guardava da quel giorno le dava
torto.
- ... Quindi le ho detto chiaro e tondo che non sarei andato
praticamente dall'altra parte del mondo per compiacere un vecchio
bavoso e lagnoso, non ho fatto bene Sakura-chan?-
Aveva anche la distinta sensazione che Naruto sapesse tutto quello che
le passava per la testa, la guardava come se volesse abbracciarla e
schiaffeggiarla insieme e lei si trovava, per l'amor del cielo non
sempre, a distogliere lo sguardo per ricordarsi che non era Naruto il
problema.
Masticò lentamente quel poco che si era messa nel piatto ed
annuì sorridendo appena - Certo avresti potuto dirglielo in
un
modo diverso.-
- Meh,- sbuffò buttando le braccia indietro per appoggiare
la
nuca sulle sue mani intrecciate - Baa-chan può infilarsi le
sue
strategie politiche su per il...-
- Naruto.-
- Ovviamente,- continuò ridacchiando come l'imbecille che
era e
guardando Sasuke con complicità - tutto questo significa che
non
potrò andare in missione per un mese! Non sei contento, S'uke?-
Lei roteò gli occhi al cielo e fece di tutto per non
guardare
l'oscuro mietitore che stava ordinatamente mangiando di fronte a lei,
ma nonostante i suoi occhi fossero puntati sul riso al curry che aveva
ancora nel piatto sentì i peli delle sue braccia rizzarsi e
la
pelle d'oca propagarsi dalla punta delle dita alla base del collo
quando Sasuke aprì la bocca - Chiamami col mio nome,
cretino.-
- Ma S'uke è più... che ne so?, moderno?-
- Quando qualcuno chiamerà te N'ruto...-
- Io mi chiamo Naruto!- al che il genio lo guardò con occhi
cristallini, non mosse neanche un muscolo facciale ed il biondo
grugnì qualcosa di irripetibile prima di cominciare a
sbuffare
come una teiera - Ok, va bene.- concesse - Però S'uke suona
meglio.-
- Te lo suono nel...-
Sentendo la temperatura del suo viso aumentare, Sakura
tossicchiò leggermente e l'Uchiha voltò appena il
capo
per gettarle uno sguardo artico - Direi che, ah,- battè
ciglio
più volte - è ora del tè!-
- Ma Sakura-chan, non hai finito il riso!-
- Credo stia migliorando.-
Sollevò gli occhi dalla cartella clinica che stava
controllando
e non si sorprese quando vide Naruto entrare nel suo studio come se
niente fosse.
Si chiese per l'ennesima volta come riuscisse a preservare l'empatia
che lo legava a Sasuke, come potesse, in tutta onestà,
riuscire
a guardarlo in faccia e vedere semplicemente Sasuke -- il rivale, il
compagno di squadra, l'amico, il fratello, non lo psicopatico disposto
ad impiantarsi gli occhi del suo stesso fratello pur di ottenere
ciò che voleva, ovvero la totale distruzione di Konoha. Come
riusciva a capire i suoi silenzi, lui che di per sè era il
rumore fatto persona?
Certo Sasuke parlava di più e ti guardava dritto in faccia
quando lo faceva, ma continuava ad odiare ogni istante della sua vita.
Sakura sapeva, se lo sentiva sotto la pelle e dentro le vene, che ogni
mattina Sasuke si chiedeva perchè non avesse ancora spazzato
via
la causa della sua vita disastrata.
Konoha non era stata costruita su acque pulite e tranquille, lei non
credeva che delle citta così grandi potessero essere
costruite
senza colpo ferire, e le persone che l'avevano governata avevano dovuto
fare delle scelte. Si sentiva profondamente in colpa per quello che era
successo al clan Uchiha, non perchè erano stati spazzati via
da
un membro stesso della loro famiglia, ma perchè Sasuke nella
sua
personale ricerca dell'onore perduto aveva fatto la stessa cosa a loro,
il suo team.
Costretti a seguirlo, portati all'esasperazione perchè
ovviamente tutti a Konoha volevano vederlo morto tranne
quei pochi che
sapevano la verità. Li aveva ammazzati tutti.
Sakura si leccò le labbra secche ed appoggiò la
schiena sul morbido rivestimento della sedia - Lo credi davvero?-
- Bè, almeno non cerca di bruciarci in gruppo...-
Ecco perchè parlare con
Naruto di
Sasuke non aiutava. Lui vedeva
le piccole cose, lei avrebbe di gran lunga preferito risolvere il tutto
più velocemente anche se sapeva che non era possibile.
Naruto era felice del semplice fatto che Sasuke fosse lì a
portata d'occhio e d'orecchio, lei avrebbe voluto sentire Sasuke urlare
e tirare le cose ed incazzarsi con tutti quelli che l'avevano rinchiuso
nella sua stessa casa. Avrebbe preferito essere l'oggetto della sua
rabbia per sapere da dove iniziare ad aggiustarlo.
- Io invece...- si morsicò le labbra e si accorse di quanto
si
sentisse pesante, di quanto il continuare a perdere pezzi le fosse
dannoso - Io credo che lui odi stare qui, Naruto.-
A volte cercava di immaginare -- perchè non lo poteva di
certo
ricordare -- un Sasuke felice. Felice di stare dove il destino l'aveva
messo, felice di poter semplicemente respirare senza fare nient'altro.
Un tempo aveva creduto che le sarebbe bastato -- che a tutti sarebbe bastato
-- riportarlo a casa, lì dove il destino l'aveva voluto, per
potergli dare un motivo per restarci; in fondo prendersi le cose
è facile, essere in grado di tenersele
è un altro discorso.
Naruto questo lo sapeva, chi più di lui poteva comprendere
cosa
significasse non avere nulla dal principio e cosa volesse dire stare da
soli in una città enorme che non
ti vuole? Sakura aveva provato, davvero e con tutta se stessa, a
capirli tutti e due e ad ogni tentativo si sentiva così male
e
così in colpa dal volersi espiantare il cuore con le proprie
mani per metterlo ai loro piedi. Come
se questo fosse bastato, si diceva sempre, come
se a loro servisse un altro cadavere sul quale urlare e sputare al
tempo stesso.
Naruto appoggiò entrambe le mani sulla sua scrivania, la
punta
delle dita che sfioravano le sue, e le sorrise quel sorriso un po'
triste e un po' arrogante quando si accorse che lei stava
silenziosamente piangendo - Non odia noi, questo
è certo. Ieri mi ha pure dato un pugno e non avevo ancora
aperto bocca!-
Suo malgrado si trovò a sorridere.
_____________________________________________________________________________________
Respira.
_____________________________________________________________________________________
Non
aveva previsto che con
tutti i pezzi che le mancavano fosse ancora in grado di arrabbiarsi
così tanto e così forte da prendere un altro
essere umano
a pugni sulle gengive.
Non si ricordava neanche che i denti fossero così duri o che
fosse così facile rompersi le dita, in tutta
sincerità
non aveva neanche pensato
prima di far sbattere il suo pugno contro la faccia di quel grandissimo
imbecille che aveva avuto l'ardire di consigliarle l'uso delle
protezioni onde evitare tutte le malattie sessuali di cui Sasuke Uchiha
era portatore.
Non bastavano i suoi dubbi ed i suoi contorti pensieri, no!, si disse
cercando di non piangere dal dolore mentre usava il suo stesso chakra
per salvare il salvabile, gli altri dovevano per forza ricordarle che
Sasuke era la fonte di tutti i mali, che se lui fosse rimasto a Konoha
tanti anni prima non ci sarebbe stata una guerra così
sanguinosa
da combattere e sicuramente non sarebbero morte tutte quelle persone e
Sasuke stesso non sarebbe diventato il nemico pubblico numero uno di
tutta la terra del fuoco.
Se Sasuke fosse rimasto, se l'avesse ascoltata, se le avesse fatto il favore di guardarla
in faccia mentre la ringraziava
di essere la ragazzina stupida e debole e tremendamente innamorata di
lui, lei sarebbe stata una donna diversa e non avrebbe perso pezzi. Non
avrebbe fatto fatica a respirare quando lui era nella stessa stanza e
non si sarebbe lambiccata il cervello con domande che non avrebbero mai
avuto risposta.
Se Sasuke non fosse stato Sasuke,
se non avesse avuto questo senso di
dignità e onore propri della sua famiglia, non avrebbe mai
guardato Konoha, casa sua, come se la fonte dei suoi problemi
ristagnasse da qualche parte tra la montagna degli Hokage e la foresta.
E lei avrebbe potuto parlare con lui, avrebbe potuto capirlo e
supportarlo. Non avrebbe dovuto pregarlo di prendere le dannate
medicine all'orario prestabilito e non avrebbe mai costretto Naruto a
guardarla piangere ed a... a smembrarsi
quasi.
Non poteva aggiustarlo, questo l'aveva capito. Non poteva costringerlo
a stare meglio. Non poteva obbligarlo a prendere le medicine o a
rispettare le persone che gli avevano salvato la vista, a rispettare lei
che l'aveva salvato, insieme a Naruto e Kakashi, dalla pena di morte.
Non poteva fare niente se non stare a guardare, perdere pezzi nel
frattempo e rompersi le dita per difendere il suo onore --
l'ironia della vita riesce sempre a colpire dove più serve a
volte.
Si accasciò sul pavimento del bagno, una mano a coprire gli
occhi fradici e come quando non si sa più se guardare a
destra o
a sinistra scoppiò a ridere.
Rise perchè si era rotta le dita per lui che aveva cercato
di ammazzarla colpendola alla spalle, di nuovo;
rise più forte perchè oltre al dolore delle ossa
rotte non sentiva più niente, per colpa sua;
e rise, rise ancora più forte, perchè lo amava da
morire,
così tanto da rompersi le dita, così tanto da
fingere di
essere integra quando in realtà non c'era più un
lembo di
pelle a coprirla.
Lei rise come avrebbe riso un pazzo, e pianse come avrebbe pianto una
bambina lasciata sola a gelare sopra una panchina.
Certo non poteva non andare da lui in giorno dopo, sarebbe stato come
rinunciare a se stessa e dargli il diritto di considerarla ancora una
ragazzina illusa.
Lei non era un'illusa.
Sapeva esattamente chi aveva davanti ormai, e non era lo stesso ragazzo
che aveva fatto parte del suo team. Non era neanche l'uomo che si era
immaginata sarebbe diventato, non aveva più l'impellente
bisogno
di corrergli contro -- perchè lui era il tipo di uomo dal
quale
scappi, veloce, senza pensarci due volte -- ed aveva capito che se
stava in silenzio non era perchè non aveva niente da dire,
ma
perchè tutto quello che c'era da dire su di lui e su cosa
era
lui e sul perchè
lui era diventato l'uomo che era adesso, era stato già detto
anni prima.
Quando se n'era andato, quando li aveva guardati dall'alto in basso,
quando aveva ucciso suo fratello, quando aveva scoperto di aver ucciso
la persona sbagliata, quando aveva giurato di vendicare il suo clan.
Tutto questo era Sasuke, ma per quanto lui lo rinnegasse Sasuke era
anche il tipo caustico che cedeva il suo bento ad un compagno di
squadra legato ad un albero anche se il sensei aveva ordinato di non
farlo; era quello che difendeva suddetto compagno di squadra, era
quello che ti si metteva davanti per difendere anche te.
Era il rivale, il compagno, l'amico, il fratello. L'amore della sua
vita.
Bussò tre volte con la mano buona, l'altra se ne stava
pulsante
al suo fianco bendata come una mummia, e pensò da dove
cominciare ad aggiustarsi.
Quando le aprì con il suo solito kimono indosso, i capelli
sempre uguali, le labbra un po' più rosee e senza l'ombra di
un'occhiaia avrebbe voluto dirgli 'scusa,
c'è un pezzo del mio polmone destro proprio lì
accanto, saresti così gentile dal restituirmelo?'.*
- Ciao,- disse invece - posso entrare?-
E lui la fece entrare.
I had a mind to try to stop
you. Let me in, let
me in.
But I've got tar on
my feet and I can't see;
all the birds look
down and laugh at me,
clumsy,
crawling out of my skin.
Rem
- Let me In
N/A
Premettendo che dopo questa io e Sasuke Uchiha abbiamo ufficialmente
chiuso ogni tipo di rapporto amicale potesse esserci tra di noi (e non
c'è mai stato, credetemi), io me ne lavo le mani.
La colpa e di Vitto, prendetevela con lei e la sua SasuSaku che mi ha
fatto scattare il pallino della SasuSaku. Colpa sua, sua!
Inoltre non mi sono accorta minimamente di stare scrivendo una spin-off
di Piece Of Life -- perchè io sono stupida ed è
ora che
voi lo sappiate, ma può anche essere letta come una cosa a
sè. Ve lo consiglio caldamente, tra l'altro.
A-hem, perciò: l'avevo immaginata diversa (e non volevo
neanche
pubblicarla perchè, bò, non mi convinceva
più), ad
un certo punto lei
o lui avrebbe dovuto baciare lui o lei perchè ovviamente
è così che va a finire, no? E invece la mia
rispettabilissima repulsione a scrivere suddetta scena
(perchè
io odio Sasuke Uchiha) mi ha fatto letteralmente buttare tutto
all'aria. No scherzo, la fine è volutamente, come dire,
aperta e
un po' ignobile per mia scelta. Non è una fanfiction
romantica,
non è fluff, non è Sasuke che cerca di redimere i
suoi
peccati (perchè obiettivamente ha ragione ad essere un
tantino
avvelenato, ma soprassediamo perchèioodiosasukeuchiha quindi
non
vorrei mettermi involontariamente dalla sua parte), è Sakura
che
capisce cosa c'è davanti ai suoi occhi e che si accorge che
non
deve aggiustare niente, ma se lo vuole davvero deve tenerselo
così com'è diventato. E fa male, non è
dolce, non è semplice, non è... SasuSaku,
per niente. E' come li vedo io, in pratica, ed io non sono una da fluff
nè da cose coccolose, perciò, si, si
può dire che
questo è il meglio che posso fare per loro due. Mi piace
perchè è, bò, c'è un po' di
me lì in
mezzo quindi sono di parte, ma mi piace com'è venuta anche
se
doveva essere più lunga, con almeno un bacio e sicuramente
con
più Naruto
possibile.
Di nuovo, la colpa è di Vitto, le cose appuntite tiratele
verso di lei, thank you very much.
(comunquesperodavverochevisiapiaciuta)
Angela.
* frase liberamente ispirata da questa: Hey, as you leave,
Qhuinn wanted to say will
you do me a favor? I think my left ventricle is on the floor, so don't
step on it as you pull out. Thanks. Great. del libro di J.
R. Ward - Lover Reborn.
|