RM II
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HarryPotter&Co sono di proprietà della Rowling,
nessun diritto si ritiene leso.
Red
Memory - Seconda Parte
È
la notte prima
di San Valentino, tre anni da quando Draco ha avuto i suoi ricordi
strappati via. Non ha reagito bene a quello che gli è
successo;
per lo più è arrabbiato, un po’
rassegnato. Riceve
un gufo dal San Mungo che gli ricorda che la sua visita di controllo
è fissata per l’indomani.
Draco riesce
persino a
sorridere quando si rende conto che Harry gli ha fissato un
appuntamento per San Valentino. Probabilmente solo per esser certo che
non combini qualcosa di stupido, o se ne stia a letto tutto il giorno,
o si riduca il cervello in poltiglia a furia di bere. Quello che
farebbe un buon amico. Quando il suo sorriso si dissolve getta il
bicchiere di Firewhiskey nel camino.
La notte sta
calando e
decide di andare a trovare il vecchio che ha forgiato
l’anello.
L’anello che tiene riposto nella sua tasca segreta, al sicuro
dietro una parola d’ordine più che preziosa.
Aspetta fino
a dopo l’orario usuale di chiusura dei negozi, sperando di
evitare… la gente, nel suo complesso.
Quando pensa
che sia
giunto il momento Draco si copre per la passeggiata al freddo che sta
per intraprendere. Sono quasi le dieci e mezza e spera che magari,
semplicemente magari, il vecchio abbia ricevuto una commissione
all’ultimo minuto da parte di qualche altro tizio sfortunato
e
sia ricurvo sul suo tavolo da lavoro, a infondere magia. Sicuramente
gli chiederà se la signorina è rimasta
soddisfatta dal
suo lavoro e Draco si rende conto che teme dover dare la riposta a
questa domanda.
Con un
ultimo controllo
si assicura di avere tutto con sé – bacchetta,
anello,
mantello, cappello – e si Smaterializza.
Arriva a
Diagon Alley.
Cammina verso la gioielleria e scopre con sua sorpresa che ora, al suo
posto, c’è un café*. Il vecchio, pensa,
deve essere
morto. Fissa la vetrina, cercando di rimpiazzare le mensole con le
vetrinette, l’ambiente intimo con il polveroso laboratorio.
Riesce quasi a vedere il fantasma del vecchio, chino sul bancone, a
lavorare.
Draco era arrivato un po’ in anticipo, l’anello non
era ancora finito.
Si erano
seduti e avevano
chiacchierato un po’, mentre il vecchio portava a termine il
lavoro, e il vecchio gli aveva raccontato come avesse incontrato sua
moglie. La loro storia era un poco simile a quella di Draco ed
Hermione, sebbene senza lo stesso astio. Erano in Case rivali ad
Hogwarts e si erano cordialmente odiati fino al loro ultimo anno,
quando erano stati appaiati per un progetto di Pozioni. Le loro liti e
la loro animosità si erano presto tramutate in aperti flirt
e
sguardi rubati, e da lì non si erano più voltati
indietro. La strega in discussione era allora entrata nel laboratorio,
portando a Draco e al marito del tè, e s’era
fermata con
loro.
Aveva
raccontato a Draco
delle loro notorie lotte, che a volte erano risultate in muri crepati,
ritratti squarciati e sedie divelte. Solo per citare qualcosa,
ovviamente. Poi gli aveva chiesto della ragazza per cui era stato
intarsiato l’anello.
Draco aveva raccontato alla vecchia coppia la sua
storia e naturalmente sapevano chi era, lui e la sua famiglia, e la
loro vicinanza con tutto ciò che è Oscuro.
Sapevano anche
che era stato coinvolto nella sconfitta del Signore Oscuro.
Raccontò loro come lui e Hermione erano simili a loro due,
in
Case rivali, a punzecchiarsi di continuo, o per lo meno ogni volta che
lui ne aveva voglia. Si odiavano veramente l’un
l’altra e
il loro odio era persistito per tutta la scuola e oltre. Quando Draco
aveva deciso di unirsi all’Ordine avevano ripreso da dove si
erano lasciati, solo che ora le loro lotte erano ancor più
cattive e cruente.
Lei lo
odiava per essere
la causa, per come vedeva le cose, della morte di Silente e nulla le
avrebbe mai fatto cambiare idea. Almeno finché lui non aveva
fatto qualcosa di completamente insolito, almeno per come lei vedeva
lui. Qualcosa per lei.
Il suo
compleanno si
stava avvicinando, ma nessuno sembrava ricordarsene. La Guerra stava
impazzando e nessuno ne parlava. Si accorse che se ne stavano per
dimenticare completamente – solo lui sembrava ricordarsene.
Ma,
per qualche motivo non chiaro in lui, non voleva vederla ferita,
così come lo sarebbe stata dalla dimenticanza dei suoi
amici.
Dopo tutto quello che lei aveva fatto per loro – per
l’Ordine – dopo tutti i sacrifici che aveva fatto,
si
meritava almeno un giorno in cui sentirsi speciale.
Aveva
così
ricordato a Harry che al suo compleanno mancavano solo tre giorni.
Harry aveva assunto un color pomodoro e balbettando aveva ringraziato
Draco per averglielo ricordato. Poi l’aveva detto a Ron e al
resto dei Weasley, e Hermione s’era ritrovata con una festa a
sorpresa assolutamente enorme
quando era tornata da una missione con Ron. Draco pensava che avessero
un po’ esagerato, probabilmente sentendosi un po’
in colpa
per essersene quasi dimenticati. Lui, durante i festeggiamenti, era
rimasto nel retro, l’aveva vista aprire i primi regali e,
senza
aspettare che arrivasse al suo, se ne era andato.
Poi era
tornato ai suoi
compiti di spia, e la volta successiva che era tornato al quartiere
generale dell’Ordine tutti l’avevano guardato in
maniera
diversa, e la cosa l’aveva spaventato, all’inizio.
Aveva
creduto che sospettassero un suo tradimento, cosa che era assurda, ma
le persone si possono convincere di tante cose. Poi Hermione era stata
carina con lui e gli aveva passato il burro quando
gliel’aveva
chiesto, ed era bastato porgere la richiesta una volta sola. Con un
lampo di comprensione aveva capito che Harry e Ron dovevano averle
detto quello che aveva fatto, o perlomeno dovevano averla convinta che
lui non fosse quel bastardo freddo e insensibile che voleva far
credere.
Da
lì le cose
erano precipitate ed esplose e non molto tempo dopo erano insieme.
L’aveva sorpreso scoprire che il suo corpo tremava ogni volta
che
era vicino a lei. Aveva sempre pensato che avesse a che fare con
l’odio che si irradiava tra loro, ma dopo che
l’odio
s’era spento, i tremiti erano rimasti. Quando un giorno le
loro
mani s’erano sfiorate e lui s’era sentito
contorcere fino
alla punta dei capelli, aveva capito come stavano le cose. Per
convincere lei, ovviamente, c’era voluto molto più
tempo,
ma poi l’aveva baciato, apparentemente per zittirlo, e dopo
quello anche lei si era convinta.
Il vecchio
aveva finito
l’anello e Draco l’aveva pagato, un largo sorriso
sulle
labbra, sentendosi ancora più leggero che in precedenza.
L’aveva riposto nel suo mantello, assicurato la tasca magica
con
la preziosa parola d’ordine e aveva augurato la buona notte
alla
coppia.
Stare in
piedi fuori dal
negozio, sforzando la sua mente a ricordare ogni particolare, ogni
immagine fugace di quella notte gli fa dimenticare che è
Febbraio e che sta congelando. I ricordi si dissolvono, il
café
ritorna e Draco non sente quasi più il suo naso. Lo riscalda
strofinandolo con una mano guantata, poi si gira e cammina via.
È
una notte molto
fredda, e tranquilla, la tranquillità di una via ricoperta
di
neve, senza suoni se non quelli della neve che si compatta sotto il suo
peso, mentre cammina. Un passo alla sua sinistra e il suo cuore sta
martellando. Due passi, e le sue mani sudano e la presa sulla sua
bacchetta si fa ferrea. Tre passi, e fa fatica a respirare. Quattro, e
i suoi occhi dardeggiano a guardare tutto intorno a lui, e lui
è
quasi immobile per la paura.
Poi cinque
passi, e sente
i polmoni contrarsi e venir colpiti dall’aria fredda che ha
inalato. Sei, e la presa sulla bacchetta si fa meno forte, sette e sta
respirando normalmente. Otto passi, e si volta per vedere il luogo in
cui la sua vita è cambiata.
Sembra
uguale a ogni
altro punto di quella strada – ricoperto di neve e freddo.
Non
c’è un solo cartello a gridare
“È successo
qui!”, nulla che dica ai passanti che è
lì che
Draco Malfoy è stato privato della sua vita. Solo un ricordo
nella sua testa e le ombre dei Mangiamorte nella sua mente.
Fissa il
punto, mentre il
suo respiro si condensa davanti a lui. I pochi lampioni e la luna
argentata tingono d’argento anche la neve. È
tardi, ormai,
il tempo è passato mentre lui rimaneva in piedi fuori dal
café e tutti i negozi sono chiusi. Questa notte, nessuno
è in giro.
Inizia a nevicare e le luci illuminano i fiocchi nel loro volteggiare
verso il terreno, facendogli distogliere lo sguardo da quel
punto. Vede solo la neve che cade intorno a lui, ma è
bellissimo, e vorrebbe non essere solo a vedere quel miracolo della
natura. È così tranquillo che può
quasi sentire i
fiocchi colpire il suolo. Rimane in piedi, la neve lo circonda, respira
l’aria gelata, e ora non riesce più a sentire del
tutto il
suo naso.
Ascolta le sue scarpe scricchiolare nella neve e lasciare una traccia
del suo cammino mentre si dirige al Paiolo Magico.
ooo
Il giorno
seguente si
sveglia con uno strano misto di paura e pace, tutto insieme.
È
San Valentino, tre anni da quando aveva programmato di dichiararsi a
Hermione. E invece che svegliarsi accanto a lei, è solo.
Non
l’ha vista da
quel giorno in ospedale e i suoi sentimenti sono contrastanti.
È
triste e arrabbiato, perché lei dovrebbe essere sua.
Ma è anche sollevato perché lei non è
sua e non
è sicuro di riuscire a sostenere una conversazione civile
con
lei, anche mettendosi d’impegno. È ancora
così
arrabbiato con la sua situazione, con quello che gli è
successo.
Lentamente
si prepara per
il suo appuntamento. Si sveglia alle otto e la visita è alle
dieci, ma non vuole fare tardi. Si Materializza a qualche isolato di
distanza e ricopre il resto della distanza camminando. È
vestito
completamente di nero, non elegante, visto che non sa che cosa
vorrà fare poi. Ha anche un paio di occhiali da sole, nel
mezzo
di Febbraio. In questo modo non deve rispondere agli sguardi delle
persone che lo guardano.
È
dall’altra
parte della strada, guarda il magazzino abbandonato che funge da
ingresso all’ospedale. Rimane lì in piedi e
guarda, e non
sa per quanto. Dovunque sposti lo sguardo, vede lei. Ogni strega o
mago, che si guarda fugacemente intorno prima di entrare, è
Hermione.
Lei
è
l’ospedale. Ha lavorato lì in passato, lavora
lì
ora. Ha lavorato lì per tutto il tempo in cui è
rimasto
ricoverato. Non aveva pensato fino ad ora che avrebbe potuto
incontrarla andando alla sua visita con Harry. Anche se non
è un
suo paziente, lo è stato per tre anni e sa
che vorrà sapere come sta andando.
E
così non
può andare. Non può entrare. Si limita a fissare.
Centinaia di persone gli passano accanto, ma nessuna lo sfiora. Si
sente come un masso in mezzo a un fiume.
Infine
distoglie lo
sguardo e si volta, controcorrente. Non è ancora passata
l’ora di pranzo, ma un drink gli sembra un’ottima
idea. Che
modo migliore c’è di passare questo giorno, il
più
orribile dei giorni, che con un bicchiere senza fondo da un parte e
un’alta bottiglia piena di promesse dall’altra?
Solo,
è già
stato lì la scorsa notte e il vecchio Tom lo riconosce e si
mostra preoccupato. Preoccupato che forse stia bevendo troppo. Ma Draco
gli rivolge il più disarmante dei suoi sorrisi e, ben
più
importante, i suoi soldi e Tom borbotta che ‘non è
un suo
problema, non è un suo problema’ e serve a Draco
l’ambrosia richiesta.
Dopo tre
bicchieri si
sente quasi male. Dal giorno prima non ha mangiato nulla e sono quasi
le due del pomeriggio. Vorrebbe mangiare, ma crede che starà
male di sicuro se lo facesse. Così si mette la bottiglia in
tasca ed esce in strada. Non è sicuro di dove sia
più
improbabile vederla, Diagon Alley o Londra, ma crede che probabilmente
stia lavorando, così sceglie Londra.
Cammina per
il parco
gelato e avvolto in una coperta di neve. Odia sentirsi così.
Amaro, vuoto e arrabbiato. In quello che per lui era il mese precedente
era felice. Maledettamente felice. Solo, sono passati tre anni, in
realtà. Non riesce sempre a tenerlo presente. È
andato a
letto una sera e s’è svegliato la mattina
successiva senza
avere più nulla. Questo è quello che importa.
Divelto
come un vecchio quadro scrostato.
Ci sono
alcuni bambini
che corrono intorno a lui e pensa che vorrebbe avere una famiglia. Una
famiglia vera, dove i genitori si amano l’un
l’altro e
giocano in parchi ghiacciati con i propri figli. Si chiede se
dovrà fare qualche sorta di patto con Hermione per decidere
chi
potrà tenere i nomi dei bimbi.
Si sgrida con forza per aver pensato a lei, di nuovo.
Ma mentre avanza faticosamente, senza prestare attenzione a dove stia
andando, non può esimersi dal dirsi che ha il diritto di
pensare
a lei. A tutto quello che vuole! E a volte vuole che lei bussi alla sua
porta e inizi a parlare – di tutto. Del tempo, o della
riunione
noiosa a cui è appena stata, o dei prezzi dei pizzi e dei
merletti.
Ma
è anche
arrabbiato. Alla vita, al mondo, al sistema dell’universo. Sa
che
ha fatto cose orribili, ma chi non le ha fatte? Perché lui? Ma pensa anche,
perché non lui?
Perché lui dovrebbe avere
tutto quello che vuole? E ancora, è lei tutto quello che
lui vuole. Per il mondo lei è solo una ragazza, ma per lui,
lei è tutto.
Ed è arrabbiato con lei, e odia anche questo.
Quando
finalmente alza lo
sguardo non riconosce il posto in cui si trova, cosa non del tutto
sorprendente visto che è nella Londra Babbana. È
su una
panchina ai bordi del fiume, a fissare l’acqua che serpeggia
verso il mare.
Decide che
è il
momento di smetterla di essere così preso da se stesso.
Momento
di smetterla di pensare a lei così tanto. Lei è
andata
avanti. Dovrebbe farlo anche lui. Si è dato un po’
di
tempo, e adesso è tempo di lasciarsela alle spalle. Di
iniziare
il tentativo di lasciarsela
alle spalle. Sospira e si appoggia alla panchina, le mani in tasca e
senza più gli occhiali da sole, che il sole sta ormai
finendo il
suo cammino.
Qualcosa
attira la sua
attenzione e si volta per trovare accanto a lui un bambino, con capelli
scuri. Il piccolo lo guarda e gli rivolge un largo sorriso sdentato.
Draco risponde al sorriso e per la prima volta non sente nessun
briciolo di amarezza.
Poi il
bambino si alza e
gli mette in mano un pezzo di pane. Draco lo accetta con uno sguardo
curioso, ma il bimbo si è avvicinato alla riva e sta
gettando
pezzi di pane nel fiume. Draco si avvicina, si ferma accanto a lui e
guarda l’acqua. Le anatre si stanno radunando sotto di loro,
attaccano le briciole di pane galleggiante. Il bambino alza di nuovo lo
sguardo su Draco, sorride e riprende la sua attività.
Draco si
unisce a lui e
silenziosamente gettano pezzettini di pane nell’acqua sporca.
E
Draco pensa di nuovo che vorrebbe una famiglia. In quel momento quel
bimbo è la sua famiglia.
“Sai
cosa dice
mamma quando torna a casa dal lavoro ed è troppo stanca per
fare
nulla e si mette di fronte alla tv con qualcosa che puzza come il
dopobarba del nonno?” chiede il bambino.
Draco è sorpreso, riesce solo a formulare un debole,
“Cosa?”
“Anche questo deve passare.”
Draco
annuisce, ha
capito. Finisce il suo pezzo di pane e osserva le anatre litigare per
prendersi le briciole più grosse. Rimette una mano in tasca,
aspetta che anche il bimbo abbia finito. Poi sorride e arruffa i
capelli del ragazzino. “Grazie, amico.”
Ritorna al
Maniero, alla
sua casa enorme e insopportabilmente vuota, e zigzagheggia verso i
giardini, immaginando una bimba di tre anni con ricci biondi che corre
verso di lui, finché non raggiunge il suo posto preferito.
Poi
immagina un bambino dai capelli castani, forse un poco più
grande della bambina, che le corre dietro. È un pensiero
bello e
lui rimane in giardino finché non sente più il
suo naso.
ooo
Un paio
d’ore
più tardi, quando l’orario per ricevere visite
è
alle spalle da molto, qualcuno bussa alla porta. Il capo degli elfi
domestici lo avverte, e lui si fa forza per alzarsi.
“Chi è?” chiede.
L’elfo
domestico lo
informa che non ha aperto la porta, vista la tarda ora, e ha solo
informato il Padrone del visitatore. Draco annuisce e fa cenno
all’elfo che può andarsene, poi si alza e si getta
addosso
una veste da camera. Arriva al portone principale e sente un leggero
bussare.
Apre.
E lei è lì, in piedi sotto il suo portico,
evidentemente raffreddata, nervosa e speranzosa.
Lui non riesce a parlare, così si limita a fissarla.
“Ciao” gli dice, sbattendo i denti.
Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, risponde,
“Ciao.”
Si fissano l’un l’altra per un momento o due, poi
lei sbotta, “Hai qualcosa da mangiare?”
Quasi ride, quasi. “Certo, Uhm, vieni dentro.”
Entra,
strofinandosi le
braccia per riscaldarsi. È sorpreso di vederla vestita con
solamente un cappotto leggero, una camicia a maniche lunghe e un paio
di jeans, e un cappello. Niente sciarpa, niente guanti, e nessun
incantesimo riscaldante.
Una volta
nell’atrio del massiccio ingresso frontale, riprendono a
guardarsi. Draco sente la rabbia, come bile, rivoltargli lo stomaco. Ma
lei sembra così piccola che si sforza a non sciogliere le
briglie lì, dove sono.
“La cucina è da questa parte,” dice,
iniziando a camminare.
Lei lo
segue, sebbene
stia camminando velocemente, e presto perde il passo. Servono loro un
paio di minuti prima di raggiungere la cucina, minuti passati in uno
strano silenzio.
Una volta
lì,
Hermione inizia immediatamente a rovistare tra le credenze e la
dispensa, alla ricerca del cibo. È sorpreso che lei sia
così a suo agio in quell’ambiente, ma poi si
ricorda che
probabilmente è venuta lì spesso durante la
sua…
assenza. E ora sta mangiando come se non avesse mangiato da settimane.
Vuole iniziare a parlare, apre la bocca e tutto, ma non sa come
chiamarla. Hermione gli pare troppo
personale, ma Granger
troppo duro, persino considerando quanto arrabbiato si senta. Ha
giurato che non avrebbe mai più pensato a lei in quel modo,
solo
come a un nome, e questo significa che non l’ha chiamata
“Granger” da molto tempo. Decide infine di non
chiamarla
del tutto.
“Quand’è stata l’ultima volta
che hai mangiato?” chiede.
Lo guarda. “Qualche giorno fa. Hai cenato?” Ha un
pacchetto di cracker in mano e lo scuote.
Alza un
sopracciglio.
“È quasi mezzanotte; sì, ho
cenato.” Non si
preoccupa di dirle che la sua cena sono stati quegli stessi cracker.
“Oh,”
dice.
Poi si dirige verso il frigo e fruga alla ricerca di qualcosa da bere.
E lui non riesce a permetterle di bere dal cartone, così le
toglie il succo di frutta di mano e lo rimette a posto. Lo guarda con
occhi interrogativi.
“Siediti. Ti preparo qualcosa da mangiare. Non mangerai come
un Weasley nella mia cucina.”
Lei abbassa
gli occhi, ma
si siede comunque su una sedia. Draco s’ingegna a preparare
un
piatto semplice ma gustoso – ha degli standard, dopotutto
–
e Hermione, con ostinazione, guarda dappertutto tranne che verso di
lui.
È veloce a prepararlo e dopo pochi minuti le porge un
sandwich. Guarda il piatto, poi guarda lui, poi ancora il piatto.
“Perché sei qui?” le chiede,
più rudemente di quanto non avesse voluto, ma non gli
importa.
Lo guarda prima di prendere un morso. Poi dice, “Hai saltato
il tuo appuntamento.”
Lui ride e mormora tra sé, “certo.”
“Io- noi- eravamo preoccupati. È importante andare
ai controlli.”
“Che
cosa
sconsiderata da parte mia. Causarti una preoccupazione,”
dice, la
sua paura di essere incapace di rimanere civile che si fa vera.
Lei sembra
ferita, ma lo
maschera velocemente. “Lasceresti che ti esamini io?
Così
non dovresti prendere un altro appuntamento.”
Lui scrolla le spalle.
“Harry era impaziente di vederti.”
“Sono necessarie tutte queste
formalità?” Il suo tono è secco.
Di nuovo lei non dice nulla. Finisce il suo panino ed estrae una piuma
e un documento. “Allora. Come va la memoria?”
“Alla grande,” mormora, sedendosi di fronte a lei.
“Hai avuto delle ricadute? Momenti in cui ti sei dimenticato
di qualcosa?”
“No.”
“Ti ricordi del tempo passato in ospedale?”
“No.”
“Hmm,”
dice,
mordendosi il labbro e guardando con curiosità i suoi fogli.
“Ho una teoria,” inizia e, prima che lui possa
dirle che
non potrebbe interessargli meno delle sue teorie, prosegue.
“Che
non ti ricorderai mai del tempo trascorso in ospedale. Che
sarà
sempre come se quegli anni non fossero mai esistiti.”
“Beh,
non è
troppo male, no? Non mi ricorderò di tre anni di inutili
giorni
a girare in tondo nella mia testa.”
Lo guarda,
un po’
preoccupata, un po’ curiosa.
“C’è stato
qualcosa di anormale? Qualche spiacevole effetto collaterale? Qualsiasi
cosa?”
Le rivolge uno sguardo torvo. “Nulla di
inaspettato.”
Lei si muove
a disagio
sulla sua sedia, e lui è certo di aver colpito un nervo
scoperto. È sempre la stessa, può ancora premere
i tasti
giusti per ottenere una reazione, e in qualche modo questo è
confortante. “Va bene. Ho solo bisogno che rispondi a queste
tre
semplici domande. A chi ha dato Harry metà della bacchetta
di
Voldemort?”
Sospira sonoramente, con impazienza. “Remus.”
“E qual è il nome del figlio di Harry?”
“James.”
“E infine, che cosa avevi programmato di fare in questo
giorno, tre anni fa?”
Fa una smorfia. “È un colpo basso, Granger. E
fuori discussione.”
Lei sospira
e mette via
la sua piuma. Il cuore di lui si stringe dolorosamente,
perché
significa che ha finito e non è sicuro che sia pronto a
lasciarla andare. Non è nemmeno sicuro di volere che
rimanga,
però. Lei si prende il suo tempo per sistemare la sua borsa
e
infine lascia cadere le pretese di essere in partenza.
Invece, chiede, “Come stai?”
Quasi ride. “È una domanda professionale? O ti
interessa veramente?”
Lo guarda, sul limitare della tristezza, ma non esplode. “Mi
interessa veramente.”
“Beh, sto da cani, grazie per averlo chiesto.”
I suoi occhi si spalancano. “Cosa?”
Con un gesto
la ferma.
“Basta parlare di me. Come stai tu?” chiede,
nonostante sia
difficile tenere l’amarezza lontana dalla sua voce.
“Sto… bene,” risponde.
Non riesce
più a
trattenersi, così chiede, “Perché sei
venuta qui?
Veramente, voglio dire. Sarebbe potuto venire Potter a farmi quelle
domande, senza dover coinvolgere te.”
Finisce di bere il suo bicchiere di succo prima di rispondere.
“Volevo vedere come stavi.”
“Mi ripeto: è quasi mezzanotte.”
“Sono passata prima, ma non c’eri.”
“Ah. Giusto. Ho avuto una giornata piena.”
Si acciglia. “Cosa c’è che non va,
Draco? Sembri – arrabbiato. Tanto.”
Ora scoppia a ridere. “Io? E perché mai al mondo
dovrei essere arrabbiato?”
“Smettila.
Ti
prego, dimmi solo come sei stato da quando hai lasciato
l’ospedale. Harry mi ha detto che sta ancora aspettando che
tu
accetti il suo invito per una cena.”
“Sono stato molto occupato.”
I tratti di
lei passano
dal mostrare preoccupazione ad ira in un istante. “Ascolta,
Draco. Comprendo che sei arrabbiato con me e posso accettarlo.
L’ho capito. Possiamo andare avanti? Voglio sapere come
-”
“Sto.
Va bene, va
bene. Te l’ho già detto: da cani. Sto passando
tutto il
mio tempo a rimettermi in pari con quello che ho saltato.”
Suona
così amaro, anche alle sue stesse orecchie, che si ritrae.
“Novità, la mia compagnia, gli amici,
tutto.” Si
ferma e la guarda. “Devo dire, però, che hai
maneggiato
gli affari della mia famiglia meglio di quanto non avessi immaginato.
Non solo hai fatto andare tutto liscio, ma hai anche incrementato
i guadagni. Ti ringrazio.” Sogghigna. “Non ti dico
quanti
mi hanno detto che, per quanto siano felici che sia tornato, dovrei
assumerti, che hai fatto un ottimo lavoro al mio posto e della fortuna
che ho avuto che ci fossi tu.”
Poi torna
alla sua ira.
“Oh, ma poi c’è anche quella parte
sull’accettare di averti persa. È stato un mucchio di divertimento.”
“Draco -” inizia.
“No,
l’hai
chiesto. E ora ascolti la risposta.” La squadra, la sua mente
che
turbina con il pensare su cosa dire ora, ma si ferma quando nota quanto
piccola sembra. “In effetti, ho finito. Il tuo
turno.”
Prende un
profondo
respiro e si alza per mettere un pentolino d’acqua sul
fornello.
Accende il fuoco e tira fuori la scatola con le bustine da
tè.
“Cosa vuoi sapere? Com’è stato
l’ultimo mese?
O gli ultimi tre anni?”
Scrolla le spalle. “Sorprendimi,” dice, come se non gli importasse.
“Va
bene, allora.
Avevi visto giusto nel tuo ricostruire il primo anno dopo il tuo
attacco. Harry e Ron mi convinsero a rallentare un po’ il
ritmo,
e lo feci. Ron mi chiese di uscire dieci volte prima che gli dicessi di
sì -”
Alza una mano, i suoi occhi bruciano. “Non siamo al punto in
– cui desidero sentir parlare di te e di Weasley? Chiaro?”
Gli rivolge un’occhiataccia. “Oh cresci, Malfoy.
Gli ho detto di sì, ma poi mi sono tirata indietro
-”
Ora è livido. “CRESCI? Cresci? Sei seria?
Mi hai appena detto di crescere?” E ora sta urlando.
Solo, sta
urlando anche
lei. “- e poi, dopo altre due richieste di appuntamento, sono
uscita effettivamente con lui, ed è stato terribile!
Piangevo
tutto il tempo -”
“Bene! È quello che avresti dovuto fare! Il tuo ragazzo era in ospedale per
danni cerebrali, nello stesso ospedale in cui lavoravi, e tu sei uscita con qualcun
altro!”
“- mi sentivo malissimo, perché mi sembrava di
starti tradendo -”
“Lo stavi facendo!”
“- e Ron era veramente comprensivo -”
Ringhia. “Cosa ho detto? Non
voglio sentire -”
“Tu ha chiesto e adesso
tu ascolti la
risposta!”
“Stavo solo facendo la persona educata! Non mi
importa!”
Solo che entrambi sanno che non è vero, e lei smette di
urlare,
e lui vede i suoi occhi inumidirsi, e quella parte di lui che
è
ancora follemente innamorata di lei si stringe e cerca di costringere
il suo corpo ad avvicinarsi a lei per confortarla.
È felice che l’altra parte di lui, quella
arrabbiata, è al momento molto più forte della
prima.
Si rifiuta
di prendere
nota delle sue lacrime, e lei continua, con più calma.
“Sono venuta qui per parlarti di – di tutto. E il
minimo
che potresti fare è stare a sentire.”
Lui non dice nulla, così lei prosegue.
“Ron è – un mio amico. E credo stesse
tentando di aiutarmi ad andare avanti -”
“Che carino. Molto gentile da parte sua, così
altruistico!” sputa.
“- perché voleva quella che era meglio per me. Lui
-”
“Quello che era meglio per te? No, lui
voleva te. E tu ti sei
lasciata ingannare dalla sua sceneggiata.”
Si
schiarisce la gola e
gli rivolge un’occhiata torva. “Era comprensivo e
premuroso
in un periodo in cui mi sentivo completamente sola. Non hai idea di
come sia, vederti tutti i giorni e sapere che tu non avevi nessuna
idea
di chi ero. Non mi sono mai sentita così insignificante
–
così inutile – in tutta la mia vita. Mi guardavi
con
quegli occhi ciechi e rispondevi alle mie domande, e tutto quello che
io volevo fare era urlarti di ricordare, baciarti e farti
ricordare di me! Ma non potevo, i miei colleghi mi avevano avvisato che
sarebbe stata la cosa peggiore che potessi fare – cercare di
forzare la tua mente a qualcosa per cui non era pronta. Così
aspettavo, e stavo male, e piangevo.”
Lo guarda, aspettando che la interrompa, ma lui la sta semplicemente
fissando, con una fredda espressione e occhi fieri.
Tremando si versa il tè nella tazza, cercando di trattenere
le lacrime. Ha quasi finito, ormai.
“Ci
sono voluti
quasi tre anni, ma Harry e Ron mi hanno convinto ad andarmene, a non
averti più come paziente. E-”
“Mi hai lasciato andare, in più e più
modi, no? Dopotutto eri perfettamente felice con lui.”
Lei apre la bocca, ma lui la ferma. “Non lo capisco,
Hermione.” Il suo nome ha il sapore della segatura sulle sue
labbra, e vorrebbe non averlo detto. “Mi avevi detto che mai,
mai,
avresti avuto dei sentimenti per lui. Che era l’ultima
persona
sulla faccia della terra che avresti -” Non riesce a finire,
perché è troppo.
Lei si
guarda le mani,
unite nel suo grembo. “Lui- lui era confortante –
quando
così tanto della mia vita era traballante. Era familiare, e
carino. Ha sempre avuto paura che ti risvegliassi,
però.”
“Sapeva che l’avrei maledetto da qui al prossimo
universo.”
“Sì,
qualcosa del genere,” dice, con un timido sorriso. E questo
lo fa
traballare un poco. Lei lo guarda, il sorriso andato. “Mi sei
mancato ogni singolo giorno, ogni singolo momento. Così
tante
volte ho pensato che sarei morta perché di certo nessuno
può soffrire così tanto e vivere ancora. Ma
vivevo e
lentamente il dolore si soffocava. E ho creduto di essere pronta per
andare avanti con la mia vita.” Ora la sua voce è
solo un
sussurro. “Non ho più creduto che saresti
migliorato. Ho
rinunciato a sperare, Draco. Per questo, mi
dispiace.”
“Colpa
tua. Come
hai potuto farlo?” dice, la rabbia che danza sulle sue
parole.
“Io t’avrei aspettato. Non avrei mai dubitato per
un secondo che le cose
sarebbero andate per il meglio. Io ti avrei aspettato.”
Lei lascia
che una
lacrima scivoli via, e dice, in un mormorio sofferente, “Lo
so.
Lo so, adesso, e so che è quello che avrei dovuto
fare.”
Lui non
può
più mantenere il suo tono amaro, che viene rimpiazzato da
rimpianto, e nostalgia, e tristezza. “Di tutto quello che
avevo
– soldi, prestigio, il mio nome – di tutto questo,
avrei
potuto perdere tutto finché avessi avuto te. E non avrei
rimpianto nulla per un secondo. E invece, adesso, ho tutto quello, ma
ti ho perso.” Scuote la testa e si volta, mette le stoviglie
nel
lavabo. Fare qualcosa di normale sembra una buona idea, in questo
momento.
Il silenzio
li avvolge
mentre lava i piatti e le posate, e lui cerca di far durare
l’operazione a lungo, ma non è una di quelle cose
che
possono durare all’infinito.
La guarda e può giurare che stia pensando.
“Cos’hai fatto oggi?” gli chiede.
Scrolla le
spalle.
“Niente di che.” Poi decide che non può
venir del
male a dirle la verità. “Sono andato
all’ospedale,
ma non sono riuscito ad entrare. Poi sono andato al Paiolo Magico e ho
fatto amicizia con il fondo di un bicchiere. Poi mi sono fatto un giro
per Londra, finendo al fiume.” Crede di aver avvertito la
scatolina muoversi nella sua tasca ed è così
dilaniato
che vorrebbe urlare. “Perché?”
Alza le spalle. “Ero solo curiosa. Se avessi
pensato… beh, di noi, per un istante.”
La sua risata è amara. “Se ho pensato a noi due,
chiedi? Merlino! Onestamente, cosa credi? Come avrei potuto non
pensare a noi? Considerando…” La sua voce si
spegne e lui
rimpiange anche quell’unica parola. Sa che lei non
lascerà
perdere.
I suoi occhi scattano a incontrare quelli di lui. “Cosa?
Considerando cosa?”
Stringe le spalle. “Cosa?”
“Cosa stavi per dire?”
Dibatte tra
sé se
deve dirglielo o meno. Se lo fa, che accadrà? Le
farà del
male? Le importerà? Scuote la testa; certo che le
importerà. Lui vuole buttarsi tutto alle spalle e magari
dirglielo è il modo giusto per farlo.
“Considerando quello
che avevo programmato per noi, tre anni fa.”
“Per San Valentino?” chiede, incredula, e lui fa un
mezzo sorriso.
“Sì.”
“Ma io odiavo San Valentino.”
“Lo so. Era capitato per quel giorno, tutto qui. Lo sai come
sono le mie improvvisate.”
Fresche lacrime le riempiono gli occhi. “Odio questo giorno.
Non mi era mai piaciuto prima,
ma dopo che tu sei stato ferito… è stato in
questo giorno
che mi hanno detto che eri in coma, con danno cerebrale. Ogni anno, in
questo giorno, ho pianto tutte le mie lacrime. Volevo vederti oggi e
cercare di alleviare un po’ questo. Tutto questo
mese… da
quando ti sei ripreso, sono stata completamente dilaniata. Volevo
vederti, ma volevo anche lasciarti guarire, lasciarti trovare il tuo
spazio.”
“E poi c’era anche il problema di capire cosa
stesse andando per la mia
testa, cosa che mi ha preso un po’ di tempo –
troppo,
effettivamente, ma mi conosci, dovevo essere sicura. Poi questo giorno
è arrivato, e il dolore è ancora forte, e
intenso. Odio
Febbraio per questo giorno, odio il sole che si alza in questo giorno.
Perché è come sale strofinato sul mio cuore, a
ricordarmi
che il mondo continua ad andare avanti, anche se per me si è
fermato in questo giorno, anni fa.”
Non sa
perché, ma
ora vuole dirglielo. Tutto. Adesso. “Vuoi sapere
com’è stato per me?” le chiede, incerto
se voglia
farle ancor più male o solo dirglielo perché lei
lo
conosce, lei lo ha sempre capito.
“Sai che per me è come se fosse passato solo un
mese.” Lei annuisce. “Un mese non è un
periodo tanto
lungo, specie se comparato a tre anni.” Si ferma di nuovo e
lei
appoggia la tazza sul tavolo, sostenendo il suo sguardo.
“Seguimi. E prendi il tuo cappotto.” Si gira e
lascia la
stanza. Lei deve correre per seguirlo e tenere il passo mentre
attraversano la casa, e la porta sul retro, nei giardini.
La conduce nel luogo dove aveva pianificato di proporsi. È
in piedi, lo sguardo su un arbusto, il favorito di sua madre.
“Cosa?” chiede lei, i suoi occhi che scrutano
quello che la circonda.
Draco la
guarda e decide,
infine, che deve farlo, deve sapere quello che lei ha significato per
lui, tutto quello che ha significato. Se poi riuscirà a
lasciarsela alle spalle, se la lascerà alle spalle. Se
no… ci sarebbe riuscito, prima o poi. Mette una mano in
tasca e
pronuncia la parola d’ordine, e gli occhi di lei si
spalancano.
Continuando a tenere lo sguardo fisso nel suo, estrae la scatola e dopo
averla stretta leggermente tra le dita gliela porge. Lei la prende,
guardinga, senza mai distogliere gli occhi.
“Così
stavano le cose per me un mese fa. Uno. Questo – questo
è
quello che sento oggi. Quello che ho provato tutto questo mese, da
quando mi sono risvegliato.”
Lei apre la
scatola e le
lacrime le inondano il volto. Cade a terra, piangendo, stringendo la
scatola, e non trema nemmeno. Lui s’accorge che non
s’è messa il cappotto, così
l’avvolge con il
suo, mentre lei è seduta per terra, e piange.
Le lacrime
smettono di
scorrerle sul volto, ma non può smettere di fissare
l’anello. “Draco, è –
è –
bellissimo.”
“Ti piace davvero?” chiede, con gentilezza, ora.
Lei annuisce e vorrebbe metterselo, perché le sembra passato
solo un giorno.
“Speravo
ti
piacesse. Pensavo ti sarebbe piaciuto, perché non sei la
classica ragazza, ma a volte mi sorprendevi ed eri la classica
ragazza, così non ne ero sicuro.”
“Mi- mi piace davvero.” Vorrebbe dire che non solo
le piace: lo ama, ma quella
particolare parola sembra inopportuna, in quel momento.
“Draco,
non sto con Ron.” Non sa perché l’ha
detto,
né perché l’ha detto adesso, ma
è la cosa
più importante che l’è venuta in mente.
È
il suo turno di
sentirsi senza fiato. Pensa che il suo cuore stia per scoppiargli fuori
dal petto, sta battendo così forte, ma allo stesso tempo
così leggero, e la combinazione non può essere
buona, ma
è bello.
“Volevo
dirtelo, ma
non sapevo come. È successo la notte che ti sei ripreso, ed
è stata la cosa migliore che potesse capitare. Ed era
inevitabile, comunque, perché avevi ragione; non mi era
stato
vicino come amico per tutto quel tempo. Voleva solo che ti
dimenticassi. L’ho capito settimane prima che tu ti
riprendessi,
ma ero ancora così debole che continuavo a rimandare il
momento
in cui fare qualcosa. Dovevamo andare fuori a cena anche con Harry, ma
Ron aveva costretto Harry a non venire, e poi tu
stavi meglio e Harry è dovuto rimanere, e -”
Draco la
zittisce con un
dito sulle sue labbra. Tutto il suo corpo ricorda
com’è
baciarla e deve sopprimere l’istinto di farlo,
perché non
è il momento giusto, e magari lei non ha finito di dirgli
quello
che deve dirgli.
“Hermione,”
dice, ed ora è come miele sulle labbra.
“Capisco.”
Lei annuisce e lui si accovaccia di fianco a lei, e pensa che potrebbe
iniziare a galleggiare per come lo sta guardando.
“Ricordi
di quello
che hai detto sul perdermi?” Lui annuisce. “Sul tuo
denaro,
e sul tuo nome, e su tutto il resto, ma non me?” Lui annuisce
ancora. “Draco, tu non mi hai persa. Non mi hai mai persa.
Solo
– ero confusa e tutto era così distorto, e
– mi
dispiace.”
La zittisce
di nuovo, e
le toglie una lacrima dalla gota. “Sai dove sono rimasto io,
vero?” Annuisce lei, stavolta. “È
passato solo un
mese ed io volevo sposarti.
Devi aver capito che ti amo ancora. Ma sono passati tre anni per te,
non è possibile che i tuoi sentimenti siano gli
stessi.”
“Non
sono cambiati
di molto”, dice, con un piccolo sorriso. “Ma hai
ragione,
le cose sono cambiate, ora. Probabilmente anch’io sono
diversa.
Potresti scoprire che non t’interesso più
così
tanto.”
“Impossibile,”
replica, ricolmo di convinzione. Riprende la scatola con
l’anello. “Lo metterò via e lo
terrò al
sicuro.” Lo ripone nella sua tasca e lo assicura con il nome
di
sua figlia.
Lei fa un
cenno
d’assenso con il capo. “È veramente
perfetto, Draco,
per me. Lo amo,” dice, guardandolo negli occhi, sperando che
capisca che sta dicendo che ama anche lui. Gli occhi di lui brillano
per un istante, e lei crede che lui l’abbia compreso.
“Beh,
non ti
chiederò di sposarti stanotte,” dice, alzandosi e
porgendole una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. “Ma
vorresti uscire a cena con me, domani?”
Gli getta le
braccia al
collo e grida, “Sì!”, in giardino e da
qualche parte
un stormo di uccelli prende il volo, irritato d’essere stato
disturbato nel suo sonno.
Poi la
bacia,
perché non può aspettare un secondo di
più e lei
ricambia il bacio, e il suo mondo è rimesso a posto. Anche
se
tre anni più tardi.
Fine
Nota
dell'Autrice: Fonti di ispirazione per questa fanfiction
sono state il telefilm Alias
e il film Memento
(sebbene questo tipo di menomazione della memoria, che impedisce la
creazione di nuovi ricordi, sia una condizione reale).
Nota
di Traduzione:
*) Café viene qui inteso come luogo di ritrovo, per leggere,
bere e stare in compagnia.
***********************
Ed ecco qui la fine, che spero non vi abbia deluso. Un grazie speciale
a Merryluna
per aver ricontrollato il tutto e vinto la mia pigrizia.
marygenoana:
Grazie, cara! Mi
fa sempre enorme piacere ritrovarti a ogni mia traduzione :) Spero di
non averti fatta aspettare troppo (perché i miei computer
hanno
il vizio di fracassarsi ogni due per tre? ^^) e che ti sia piaciuta
anche questa seconda parte. Un bacione.
PiperHG:
Grazie! Provo a
risponderti su Ron. Più che essere brusco e crudele
perché questa è una D/Hr, io credo che Ron sappia
davvero
esserlo specie quando si sente insicuro e tenta, a modo suo, di
"accaparrarsi" Hermione. Finora nei libri raramente è
riuscito a
esprimere se stesso e i suoi sentimenti in maniera chiara, diretta e
semplice. Ama (anche se io preferisco dire che "gli piace" o "ha una
cotta per" XD) Hermione, eppure nel sesto si comporta da cani con lei
(e con Lavanda^^). Qui è, più o meno, la stessa
cosa.
Come dice Hermione in questa seconda parte, le è stato
vicino,
l'ha consolata e supportata, ma nel momento in cui s'è
ritrovato
davanti la possibilità di perderla ha ceduto alla rabbia e
quelle reazioni che sono tipiche del Ron adolescente. Ecco,
probabilmente è un po' immaturo rispetto alla sua
età ;)
Su Harry e Draco è un po' una caratteristica di questa
autrice
andare a esplorare il terreno di una amicizia tra i due. Se mai ti
capiterà di leggerla, nella sua long-fiction We Learned the Sea lo
sviluppo del loro rapporto e l'amicizia che viene a instaurarsi tra
loro sono tra gli elementi chiave. Grazie ancora per i complimenti e
spero ti sia piaciuta anche questa seconda parte ;) Un bacio.
Malfoy_lover:
Grazie mille! Che bellissimi complimenti :D Spero questa seconda parte
non ti abbia deluso ;) Un bacio e grazie ancora :)
Gy_MrSMaLfOy: Ecco
qua tutte le risposte e le scelte dei nostri, un po' sofferte ma
sicuramente quelle giuste (Ron!
A cuccia! La tua opinione non è richiesta! XD).
Grazie mille per i complimenti e spero di non averti fatto aspettare
troppo :) Un bacio.
merryluna:
Carissima, eccomi
qua^^ Finalmente ce l'ho fatta ad impossessarmi del pc abbastanza a
lungo per sistemare il tutto. Sui ghiaccioli/sorbetti al limone, ti
dirò la verità, fino a questa fic non mi ero mai
posta il
problema. Mi sembrava un po' bizzarro, ma dopotutto si tratta sempre di
Silente. Poi quando ho visto Harry chiedere a Hermione se voleva un
"lemon drop" e poi indicare la ciotolina con delle caramelle gialle, ho
incominciato a capire che c'era qualcosa che non tornava^^ Cercando su
wiki ho scoperto l'arcano. Il resto credo di avertelo già
detto,
volevo solo ringraziarti ancora perché il sapere di essere
riuscita a trasmettere la stessa atmosfera dell'originale è
il
più bel complimento che potessi ricevere :) Grazie di tutto,
un
bacione.
lunachan62:
Sei gentilissima come sempre! Spero di non averti fatto aspettare
troppo ;) Grazie e un bacio.
gemellina: Grazie
mille!
Personalmente non conosco "Butterfly Effect". Oh beh, a dirla
tutta manco ho mai visto "Memento" o "Alias" (sono un disastro, eh?
XD), ma negli ultimi anni sono usciti parecchi film sull'argomento. E'
affascinante (per quanto tragico), così come sono
affascinanti e
complicati i rapporti e gli equilibri che devono riadattarsi durante e
dopo una situazione del genere. Grazie ancora e un bacio :)
Briseide: Ciao
Bri! Il tempo
è proprio una brutta bestia^^ Grazie per la fiducia sulle
mie
scelte e non preoccuparti per CS, che rimane lì e non scappa
(spero... quando c'è Draco in mezzo non si può
mai sapere
XD). Addirittura un mese senza infierire sul Sifilico, ehm Ron? Sei
troppo buona! Se ci riesci avrai tutta la mia ammirazione :P Grazie
mille e spero che questo finale sia stato all'altezza ;) Un bacio.
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