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CAPITOLO 1
La sveglia suonò e lo
scrittore la spense senza aprire gli occhi. Non aveva voglia di alzarsi. Si
chiese perché avesse azionato la sveglia la sera prima. Si girò dalla parte
opposta del letto matrimoniale. Era vuoto come da qualche tempo era abituato a
trovarlo. Mise un braccio sotto il cuscino e lasciò che la testa cadesse su di
esso. No. Non si sarebbe alzato. Non doveva scrivere, Beckett non lo aveva
chiamato per nessun caso, Alexis probabilmente era già uscita, doveva andare a
comprare un regalo per una sua amica che la sera avrebbe fatto la festa di
compleanno. Sua madre sicuramente, era ancora a letto. Si riappisolò.
Quando riaprì gli occhi, guardò la sveglia che segnava le undici e mezzo.
Decise che era ora di alzarsi. Si andò a fare una doccia e poi si diresse in
cucina per farsi un caffè, lo avrebbe svegliato. Non aveva fame, stranamente.
Dopo aver messo la moca sul fornello, andò ad aprire la porta per prendere il
giornale. Strano che Alexis non glielo avesse portato dentro. Probabilmente il
postino era arrivato dopo che lei era uscita. Appoggiata sopra il quotidiano,
c’era una lettera indirizzata a lui.
Quando vide il mittente i suoi occhi celesti, si illuminarono.
Da quanto tempo aspettava quella risposta.
Il caffè doveva ancora venire su, cosi prese un coltello e con cura, aprì
quella busta.
Lesse il contenuto e non poté trattenere un urlo di felicità.
Sua madre sentendo quel grido, si svegliò. Arrivò in cucina e vide suo figlio
saltare su e giù dal divano.
“Richard Castle! Cosa stai facendo?!”
“Madre, non puoi capire!! Mi è arrivata la risposta che aspettavo! E mi hanno
preso!” Era euforico.
“Quella risposta?! Oddio Rick! E ti hanno preso! Meraviglioso, superbo! Sono
proprio felice per te!”
“Ormai non ci speravo più! Sono al settimo cielo!”
“Adesso però scendi da quel divano.”
Rick scese e abbracciò Martha.
Parlarono di quello che stava per succedere, e poi Martha pose a suo figlio la
domanda a cui egli non sapeva rispondere.
“Hai pensato a come lo dirai a Beckett?”
Non aveva accennato nulla di tutto questo alla sua cara detective del
dodicesimo distretto, perché pensava che non lo avrebbero preso.
“No. E’ questo che mi blocca dal mettermi
nudo e correre per New York.”
“Non fare lo stupido. Trova una soluzione, visto che devi partire tra una
settimana.”
Come se Beckett avesse percepito nell’aria che qualcosa stava andando storto,
il cellulare dello scrittore incominciò a suonare.
Non sapeva se rispondere o meno, ma poi si sarebbe insospettita, quindi, come
se nulla fosse accaduto, rispose con il suo solito tono scherzoso.
Beckett gli chiedeva dove fosse, avevano un omicidio da risolvere. In
quell’istante Rick si ricordò perché aveva messo la sveglia: stavano indagando
e lui doveva essere al distretto alle nove. Si scusò e le disse che sarebbe
arrivato subito e che aveva avuto un imprevisto. Prima di scendere dal taxi che
lo aveva portato al distretto, chiese al tassista se la sua faccia era troppo
felice.
Questo lo guardò storto e gli disse che gli doveva 6 dollari per la corsa.
In ascensore si guardò più volte allo specchio ed egli stesso vedeva la
felicità sbucargli da ogni parte.
Raggiunse la detective che subito gli domandò che imprevisto avesse avuto. Non
aspettando nemmeno la risposta di lui, guardandolo più attentamente disse: “Hai
la faccia troppo soddisfatta, immagino che il tuo imprevisto fosse una donna.”
Lui spalancò gli occhi e la bocca. Non aveva nessuna donna da un quasi un anno
e quella che avrebbe voluto si trovava esattamente di fronte a lui.
“ Ti sbagli, nessuna donna. Non si può essere semplicemente felici?” Forse era
stato un po’ troppo brusco con il tono di voce.
“ Castle, ti conosco ormai. Puoi evitare di fingere di non aver passato la
notte più bella della tua vita.”
Proprio non capiva.
“ Sento della gelosia tra le tue parole, Beckett.”
“ Ma per favore.”
Testarda come sempre. Castle sapeva che bruciava dalla voglia di sapere cosa
avesse fatto. Anche se dentro di lui, sapeva che Kate avrebbe forse, preferito
che avesse passato una notte con una donna, piuttosto che quello che stava per
dirle.
“Comunque, non c’è stata nessuna donna al mio fianco stanotte. E tanto meno la
notte prima e quella prima ancora. Ma qualcosa che mi ha reso felice, è
successo stamattina. Quando avremo un minuto di calma te lo dirò.”
Beckett sapeva che doveva credergli. Ma adesso moriva dalla curiosità di sapere
cosa fosse successo.
“Ryan ed Esposito sono andati a prendere il colpevole.”
“Come il colpevole?!”
“Stamattina abbiamo riguardato i tabulati telefonici e ci siamo accorti di non
averli esaminati bene, come credevamo. C’era una telefonata poco prima
dell’omicidio da parte del cugino di Rutherford. Abbiamo indagato sulla vita di
Tim Lodge e abbiamo trovato vari motivi che fanno di lui il colpevole.”
“Perché non mi hai chiamato prima?”
“Eravamo impegnati a risolvere l’omicidio! Scusa se non penso sempre a te!”
“Hai ragione, fa nulla.”
Castle che non controbatteva? Beckett capì che forse ciò che era successo era
una cosa davvero seria.
In verità Rick non voleva litigare con Kate, proprio prima di partire. Voleva
rimanere in buoni rapporti con lei.
“Castle, mi vuoi dire cosa è successo?”
“Non qui. Andiamo al bar qui di fronte che ti spiego.”
Beckett annuì. Castle sentiva qualcosa dentro di lui, non sapeva prevedere
nessuna mossa della detective, di conseguenza non sapeva come avrebbe potuto
reagire alla notizia. Probabilmente avrebbe fatto l’indifferente, sebbene non
lo fosse affatto.
Arrivati alla caffetteria, ordinarono due panini. Era ora di pranzo e sebbene
lo scrittore avesse lo stomaco chiuso, sapeva che Beckett aveva fame.
Si sedettero uno di fronte all’altro.
Castle non parlava. Kate stava impazzendo. Lui cercava di non incrociare lo
sguardo, cosa che faceva soltanto preoccupare di più la poliziotta.
“Castle! Diamine! Vuoi parlare?!”
“E’ che.. non so come dirtelo.”
“Perché? Ti faccio cosi paura?”
Castle sorrise sconsolato.
“No, non mi fai paura. Ecco.. diciamo che ho chiesto ad un’agenzia se potevo
fare un viaggio in Australia.”
“Tutto qua?” Lo interruppe la detective.
“No. Se mi lasciassi finire! Non è proprio un viaggio. E’ un’esperienza di
vita. Praticamente vivrò per qualche mese con degli aborigeni australiani, per
poi scrivere un libro su di loro.” Ecco. Aveva sputato il rospo.
La detective non sapeva cosa dire. Era confusa.
“Non hai capito, vero?” Le chiese.
“Si ho capito. Passerai qualche mese con gli aborigeni per poi scrivere un
libro su di loro. Perché?”
“Mi è sempre interessato il loro modo di vivere. Senza tecnologia, senza nulla
di ciò che noi possediamo. Ho letto tantissimi libri su di loro e un giorno mi
è venuta questa idea, non te ne ho mai parlato perché so che loro non accettano
volentieri degli estranei e pensavo non avrebbero mai risposto positivamente
alla mia richiesta.”
Era stupita. Non conosceva questo lato dello scrittore. Solo una domanda però
la tormentava ora: “ Ma di quanti mesi stiamo parlando?”
Avevano entrambi le mani sul tavolo. E istintivamente Rick prese quelle della
detective tra le sue. Troppe farfalle stavano girando nei loro stomaci.
Si guardarono negli occhi. Kate aveva paura, ora, di ciò che avrebbe detto.
Aveva intuito che non si trattasse soltanto di un mese o due.
“Un anno, come minimo.”
“Un anno e io..” Si bloccò perché si rese conto che si era lasciata troppo
andare, anche se ormai era troppo tardi.
Castle abbassò lo sguardo sulle loro quattro mani. Venti dita che si sarebbero
unite perfettamente tra di loro.
Sorrise amaramente. Nessuno dei due aveva voluto fare un passo in avanti in
quei mesi. Dopo lo sparo, Kate aveva fatto finta di non ricordare le paroline
magiche dello scrittore. Lui non voleva forzarla. Avrebbe aspettato ancora, ma
questa era l’occasione che aspettava da troppo tempo.
Fin da bambino, era affascinato da quegli uomini che sembravano vivessero non
nel loro mondo, ma in uno parallelo. Le uniche cose che li facevano
assomigliare ad uomini, erano il corpo e l’anima.
E adesso lei, gli stava quasi per chiedere come avrebbe fatto senza di lui.
Dentro di sé, sapeva che se non fosse successo qualcosa che avesse smosso la loro
situazione, probabilmente avrebbero continuato cosi per anni.
“Non dire altro Kate. Non farmi rinunciare a tutto questo. E’ già difficile per
me, lasciare te, mia figlia e mia mamma per un anno. Loro due so che se la
caveranno. E tu ce la farai benissimo. Non voglio sembrare egocentrico. Non ti
avrei mai abbandonato se non fosse capitato.”
“Castle, fermati. A me va benissimo. Ce l’ho sempre fatta da sola. E non sei di
certo tu che mi farai andare a fondo.”
Beckett ritrasse le mani da quelle calde dello scrittore. Dentro di lei
qualcosa si era spezzato. Ma non poteva farlo rinunciare al sogno di una vita
per lei.
“Io.. ehm.. si, devo tornare al distretto.”
“ Kate aspetta.”
“Castle vai in Australia e non pensare più a me.”
No. Non sarebbe mai riuscito a prevedere le mosse di Kate. Ma forse questa se
l’aspettava. Lei lo lasciava andare.
Dentro di sé lo scrittore pensò: “Un anno Kate, un anno.”
Anche se già sapeva che lei non lo avrebbe aspettato.
Commento: Buongiorno! Mi sono decisa a pubblicare questa storia, anche
se non ce l'ho ancora completa e la voglia di continuare manca. Magari
voi mi aiuterete a chiudermi dentro a un foglio di word.
Ho bellamente preso ispirazione da un libro che ho letto quest'estate
che si intitola " E venne chiamata due di cuori" di Marlo Morgan.
Bellissimo, per chi non l'ha letto.. leggetevelo perchè è spettacolare,
o amazing.. direbbe qualcuno.
Ci leggiamo, al prossimo capitolo!
Baci, bombe.. prendetevi quello che volete.
Madeitpossible.
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