Tarocchi
Il vento gli sferza
nuovamente il volto. E, non contenta, anche la gelida tempesta gli dava
man forte, inzuppando e raffreddando in maniera quasi allarmante il suo
corpo protetto da inutili incanti.
Il cappuccio nero,
ormai calato, lasciava libera l’indisciplinata zazzera
corvina; le guance, ormai rosse dal freddo, erano percorse da
innumerevoli rigagnoli, mentre gli occhiali tondi, che
s’ostinava ancora ad indossare, erano divenuti appannati e
coperti d’acqua. Persino gli incantesimi faticavano a tenere
chiuso il mantello, da cui la pioggia penetrava ugualmente,
infradiciandogli gli abiti.
Nonostante tutto, lui,
continuava ad arrancare silenzioso ed ostinato lungo la strada deserta.
Da quanto tempo
continuava a camminare? Se l’era dimenticato, ma ormai doveva
essere quasi arrivato al suo obbiettivo.
Malediceva ancora
mentalmente il ministero per questa stupida missione affidatagli e che
l’aveva spedito in un posto dimenticato persino da Dio.
L’avevano costretto a partire quasi all’una di
notte. Non aveva potuto nemmeno materializzarsi o arrivarci via camino,
ovviamente non gli era neppure spettata una minima spiegazione;
trovandosi ad affrontare questa ‘meravigliosa
scampagnata’ da solo. Aveva dovuto persino attraversare un
vasto cimitero.
Mentre sorpassava con
passo faticoso le lapidi, si ritrovò a riflettere.
Sapeva che doveva
farlo, gli ordini erano ordini, ma non capiva perché doveva
succedere proprio quel giorno. Perché proprio in quella data
così tanto nefasta per lui, che pareva ormai perseguitarlo
da anni. Già, doveva sempre succedere qualcosa in quel
giorno.
Era poi quello il vero
problema, quella stupida data che lo tormentava ancora una volta. Il 31
ottobre era arrivato anche quell’anno, pronto col suo
‘scherzo’, poiché da Harry pareva non
voler accettare ‘dolcetti’, ma fargli tanti orridi
‘scherzetti’.
Mentre usciva dal
cimitero vide i lampioni, ancora accesi, illuminare con luce soffusa la
nebbia che aveva arricchito il panorama.
Sospirò
pesantemente, continuando a chiedersi mentalmente perché
certe cose assurde capitassero sempre a lui, sapendo che se Ron fosse
stato lì gli avrebbe risposto: “Perché
sei il dannato-bambino-che-è-sopravvissuto ed ora
eroe-salvatore-che-è-sopravvissuto.”
Sconfortato
proseguì sotto le intemperie, guardando le poche luci accese
nei locali e nelle case che si erano svegliate e messe al lavoro
certamente da poco. Dirigendosi così verso un piccolo
albergo a gestione famigliare che rientrava nella categoria
sopraelencata.
Una volta entrato
nell’anticamera tolse il mantello appesantito
dall’acqua, lasciandolo scolare sull’attaccapanni.
Una donna gli si avvicinò affrettata avendo sentito il
campanello, portando con sé un candido asciugamano di cotone
prima di porglielo con premura.
“Sta bene?
Da quando è sotto a quest’acquazzone? Venga
presto, è gelato. Desidera qualcosa di caldo?”
“Accetterei
molto volentieri la sua offerta, la ringrazio. Effettivamente
è da parecchio che cammino… ehm… scusi
la domanda improvvisa, ma lei è per caso la signora
McFrost?”
Le domandò
sfoggiando uno dei suoi sorrisi, cominciando poi a seguirla verso una
piccola cucina ben tenuta.
Le pareti
d’un caldo color crema, percorse però in certi
punti da piccole crepe, con due dei muri coperti dalle credenze in cui
alloggiavano le spezie e le varie scorte, vi era anche una cappa sopra
ai fornelli; e sulla parete opposta si trovava il camino acceso, in cui
vi era già un pentolone a sobbollire ed il cui contenuto era
occultato alla vista dal coperchio; al centro della stanza si trovava
una tavolata rettangolare in legno di noce che occupava il rimanente
spazio.
La donna lo
invitò a sedere, rispondendo al suo sorriso donandogli il
responso positivo al suo quesito.
“Quindi
l’ha mandata il Ministero. Ho già pronta una
camera se vuole riposare… ma la prego di fare attenzione in
questo villaggio, sono sparite molte persone… cerchi di
stare alla larga dal cimitero, la prego, è già un
miracolo che sia riuscito ad arrivare qui sano e salvo… ecco
a lei si serva pure.”
Terminò con
tono cortese, ponendogli davanti un piatto caldo di zuppa ed una tazza
di cioccolata affianco. Lo osservò mangiare con la coda
dell’occhio, impegnata ad affaccendarsi in cucina. Lo vide
pian piano socchiudere gli occhi e lo sguardo divenire sempre
più vuoto, sino a che non crollò sul pavimento
con un tonfo sordo.
Con un incantesimo gli
asciugò i vestiti e lo condusse nella camera dedicatagli.
Gli dispiaceva, ma non
poteva fare altro. Se solo fosse riuscito ad arrivare qualche ora prima, se solo le vie camino funzionassero ancora e sarebbe arrivato anche solo un’ora dopo la sua denuncia… ma questi erano solo se che non erano avvenuti.
Con la coscienza ed il
senso di colpa che pesavano come un macigno sbloccò la
sicura della finestra con mani tremanti ed uscì dalla porta,
dando un ultimo sguardo a quel giovane disteso tra le coltri,
sussurrando un semplice: mi dispiace.
Aveva freddo. La mente
ancora vinta dal sonno continuava a riproporgli le urla morenti dei caduti della guerra trascorsa, come ogni volta che si calava tra le crudeli braccia di Morfeo. Eppure percepiva un fiato sul collo. Una lingua di qualcuno che gli percorreva il collo, scendeva sul petto fino a fermarsi all’altezza del cuore e poi risalire ancora fino alla guancia, rendendogli la pelle più sensibile al freddo e donandogli una sensazione di disgusto.
Una voce maschile con
tono roco e sibilante, quasi volesse essere ammaliante, gli
sussurrò all’orecchio.
“Dimmi.
Dimmi chi sei. Chi ti rappresenta maggiormente? La giustizia? Forse per gli altri, ma non per te. Quindi dimmi, dimmi chi sei. Sei forse il Signore del Valore con i tuoi sette bastoni? O magari il Signore dell’Oppressione, non con sette, ma col carico di dieci? O ancora il nobile Cavaliere di questo seme? Anche il dodicesimo arcano maggiore, l’Appeso che a testa in giù è costretto a subire ciò che l’universo porta, ti
potrebbe assai rispecchiare. Enigmatica persona, che ho avuto
l’immenso piacere d’incontrare, sii svelto e vienimi a trovare. Tra i tuoi arcani sono impaziente di sbirciare.”
Sbarrò gli
occhi all’istante, ma ciò che riuscì a vedere fu semplicemente un’ombra che scompariva oltre la finestra da cui entrava la pioggia ed il vento soffiava arrogantemente la sua aria gelida nella stanza.
Si guardò agitato attorno e non dovette preoccuparsi che per la vista lievemente
offuscata dal sonno, visto che gli occhiali li aveva già indosso.
Era una camera ben tenuta, pareti del solito color crema ed il pavimento in legno.
Conteneva un armadio, un caminetto acceso per riscaldare la stanza, due poltrone davanti a questo, con un tavolino basso in legno tra le due ed un tavolo rotondo in un angolo, con le rispettive quattro sedie.
Ciò che stonava erano i sette bastoni piantati nel parquet alla destra del letto, la parte verso la finestra, ed i dieci conficcati invece alla sinistra, dove al contrario era situata la porta, ma non era tutto. Ai piedi del letto, mossa dal vento vi era una carta; penzolava dal soffitto, appesa con un gancio ed una cordicella, si trovava perfettamente all’altezza dei suoi occhi.
S’avvicinò per vedere cosa rappresentasse. Vi era raffigurato un giovane legato a
testa in giù ad un albero a forma di T; le mani erano dietro
al corpo e la gamba sinistra era incrociata dietro la destra e per finire lo sfondo era grigio plumbeo. In cima ad essa vi era scritto XII, mentre in appendice portava la scritta: THE HANGED MAN.
“L’appeso” mormorò il moro, memore di quelle parole sussurratagli, senza alcun apparente senso per lui, nell’orecchio.
Con la mente confusa
s’alzò per poi dare un occhiata complessiva alla collocazione di quegli elementi, che circondavano tre quarti del letto, per vedere che anche la parete dove si poggiava la testata del letto non era stata risparmiata.
Vi era infatti, affissa con un piccolo pugnale, un’altra carta; questa volta rappresentava un giovane cavaliere a cavallo, con in mano un corto bastone, ma che non pareva voler essere utilizzato in modo aggressivo.
Il cavallo era chiaramente in ‘azione’, mentre sullo sfondo celeste s’intravedevano delle piramidi. Nell’apice non portava alcuna scritta, ma in appendice questa volta riportava il nome: KNIGHT of WANDS.
Questa cosa l’avrebbe fatto diventare matto. Che diavolo significava ora il cavaliere di bastoni, l’appeso e diciassette bastoni piantati nel pavimento. Tutti a circondare il suo letto.
Se solo Hermione fosse
stata lì, lei sicuramente ci avrebbe capito qualcosa, era una vera enciclopedia. Ma ormai era già da qualche anno che non poteva più contare su di loro.
Anche il Ministero continuava a mandarlo in missione da solo, visto che di solito si doveva essere in due, ma lui era il ‘Salvatore’, nessuno riusciva più ad affiancarlo, ad aiutarlo. Quei pochi che ci avevano provato erano finiti al S.Mungo perché magari presi come ostaggi o avevano sottovalutato i rischi; si erano trovati a rappresentare un ulteriore ostacolo per lui, visto che finiva per dover proteggere anche loro.
Comunque Hermione era finita nella amministrazione di qualche dipartimento della struttura.
Sebbene anche Ron
fosse divenuto un Auror, lui, era stato assegnato ad un team di più elementi.
Era inutile pensare a
queste cose ora, ma ne sentiva la mancanza. Ormai era sempre solo. Il Ministero gli assegnava sempre le missioni più complesse e che spesso avevano anche una lunga durata.
Fu con queste ormai
inutili riflessioni per la testa che andò a chiudere la
finestra, rabbrividendo quando camminò a piedi nudi sul
legno bagnato e solo allora si rese conto di essere a torso nudo.
Si diresse verso
l’armadio sperando di trovarci abita caldi, non avendo visto
la sua dolcevita nera da nessuna parte.
Ma, quando
aprì le ante, si trovò schiacciato dal un corpo di una donna.
Provò a chiamarla un paio di volte, ma non ottenendo risposta la scostò da sé, quel tanto che bastava per poterla guardare.
Le tirò indietro i capelli scuri e secchi che le celavano il volto, per poi ritrarsi come scottato e col respiro mozzato dall’orrore. Si guardò le mani e la spalla per scoprirle imbrattate di rosso. La pelle del volto della donna era stata asportata. I bulbi oculari erano ancora lì e privi di palpebre l’osservavano vuoti e fissi, mettendogli angoscia. Quella che doveva essere la bocca era aperta, il muscolo orbicolare della bocca era assente e solo qualche fascio muscolare collegava ancora la mandibola con la mascella. La lingua era stata amputata ed al suo posto
vi era una specie di carta ripiegata.
Fece un profondo
respiro, deglutendo rumorosamente, per farsi coraggio prima di prenderla, cercando di non infierire sul corpo tumefatto. Era
effettivamente una carta, come quella dell’appeso e del
cavaliere, ma questa rappresentava il diavolo.
Lanciò uno sguardo all’armadio ancora aperto e vide che vi era qualcosa
all’interno.
S’avvicinò,
evitano il cadavere martoriato, e vi vide all’interno sedici
coppe, divise in un gruppo da dieci e uno da sei da quattro spade. In un angolo vi era un morbido maglione a dolcevita nero, che non era il suo, con una felpa sempre dello stesso colore e sopra di questi vi era un biglietto.
“Mi scuso per il corpo. Stia tranquillo che non c’entra nulla con il resto, ma ho dovuto riscuotere il pagamento e volevo essere sicuro venisse ritrovato presto: per evitare le fastidiose conseguenze dalla
putrefazione.
Ho trovato che il suo
abbigliamento fosse troppo leggero ed ho voluto farle un dono che spero apprezzerà, anche per scusarmi del fastidio.
Non vedo
l’ora che venga da me. Non mi faccia attendere.
Non ho resistito,
è stato più forte di me, volevo vederla
così tanto. Sfortunatamente per me questo mio desiderio non
s’è chetato come pensavo, anzi mi si è solo acuito maggiormente.
Sii svelto e vienimi a
trovare, che tra i tuoi arcani sono impaziente di sbirciare.”
Avvertì un brivido percorrergli la colonna vertebrale leggendo quella lettera.
Perché i pazzi psicopatici dovevano sempre capitare a lui?
Ma, soprattutto, perché andava sempre a finire come loro
obbiettivo primario?
Lui davvero non
riusciva a capire, ma andò comunque a chiamare la signora
McFrost per avvertirla dei danni e dei cadaveri apparsi nella sua stanza, fermandosi anche a lavarsi via il sangue ed indossare, nonostante tutto, i capi lasciatogli da quello psicopatico (in fondo lui si era portato via la sua dolcevita).
Doveva ammettere che
quegli indumenti gli stavano benissimo e tenevano caldo, al contrario dei suoi ormai ex abiti.
Ma ora erano anche
altre le domande. Se i bastoni, la carta dell’appeso e il
cavaliere di bastoni erano collegati alle parole inquietanti
sussurrategli dal pazzo, quelle coppe e quelle spade non avevano significato. Per quanto riguardava la carta del diavolo era chiaramente riferita e dedicata alla deceduta.
Perché?
Non riusciva proprio a
darvi risposta. L’unica cosa che poteva fare era domandare in
giro per trovare quello psicopatico che non vedeva l’ora
d’incontrarlo.
Giunse in cucina e
vide la donna far passare la posta, bloccandosi su d’una
lettera, mentre le altre le scivolarono velocemente dalle dita
tremanti, aprendola poi con foga per trovarsi in mano anche lei una di quelle strane carte. Da quella distanza non riusciva però a distinguerne l’immagine.
Fu curiosa la reazione
della strega appena gli fece notare la sua presenza;
sobbalzò come se fosse una bambina beccata con la mano nella biscottiera e s’affrettò a nascondere il contenuto
di quella missiva.
La vide impallidire
alla notizia del cadavere, ma notò anche l’atteggiamento evasivo di quando gli chiese se avesse un’idea di cosa rappresentassero il reso degli oggetti estranei alla stanza, premurandosi solamente di ripristinare la situazione originale della camera.
Non ottenendo
però nulla dalla strega, provò a domandare in giro. Ma appena venivano nominate le carte tutti gettavano un’occhiata colma di terrore in direzione del cimitero, per poi svignarsela con qualche scusa. L’unica cosa che aveva scoperto erano le molte morti e l’altrettanto elevato numero di persone scomparse, la cui più recente era proprio la figlia della signora McFrost.
Osservò
attorno. Le facce della gente avevano un colore malsano, tendente al grigino. Un’aria lugubre pesava sul villaggio. Aveva una brutta sensazione, e quell’oppressione non aiutava di certo.
Ignorando
l’avvertimento della strega cominciò a girovagare
tra le lapidi, poiché era chiaro che era lì che
si celava ciò di cui gli abitanti avevano paura; e se loro
non volevano parlare, toccava a lui scoprirne il motivo.
Vagò per circa un paio d’ore prima di trovare una casa diroccata che si ergeva tra le tombe.
La nebbia, che s’era infittita da quella mattina presto, lasciava però vedere le sagome delle statue cimiteriali, dandogli il lugubre aspetto di ombre umane.
Si girò di scatto sentendo un rumore, giusto per vedere un piccolo stormo di corvi scomparire nella nebbia. Abbassò lentamente la bacchetta che aveva estratto d’istinto.
Ok, doveva ammettere
che quella situazione l’aveva reso un ‘tantino’ troppo teso forse…e anche paranoico, poiché si voltò ancora in
un’altra direzione, bacchetta nuovamente alzata. Ora
cominciava davvero a preoccuparsi, era sicuro di aver visto
un’ombra scura scorrere tra le sagome delle
lapidi… a questo punto non si sarebbe granché
stupito di veder comparire un dissennatore da un momento
all’altro.
S’avviò
verso l’ingresso della catapecchia imprecando,
perché una cosa era ormai certa per lui: il nome Harry
Potter attira solo la sfiga, con gli allegati pazzi psicopatici e le
situazioni più assurde. Merlino; gli sembrava di essere in
uno di quei film che gli era capitato d’intravedere quando
era piccolo dai Dusley.
Il legno della porta
era ormai marcio ed i cardini arrugginiti stridettero fastidiosamente.
Vi era un lungo corridoio che pareva tortuoso che gli si snodava di fronte. Sulle pareti l’intonaco era quasi completamente scrostato e si riversava sul pavimento.
Percorse quattro metri
prima che la porta venne richiusa con un tonfo e le fiaccole appese sui muri s’accesero a catena, illuminando con luce soffusa il percorso.
Era entrato nella tana
del lupo.
Aveva ormai perso
l’orientamento a causa di quel corridoio che si continuava a
snodare, senza biforcazioni, per tutta la proprietà, sino a
che non si trovò di fronte delle scale in pietra che scendevano verso le segrete.
Si voltò parecchie volte indietro, avvertendo uno strano scricchiolio, tintinnio, che non era causato dai suoi passi, ma non vedeva mai nessuno.
Quando gli scalini
finalmente terminarono si trovò in una piccola anticamera.
Una luce verdognola penetrava dalla piccola fenditura sotto il
battiscopa della porta che aveva di fronte.
Bacchetta alla mano
l’aprì, producendo il solito scricchiolio, trovandosi poi di fronte ad una tenda violacea, su cui si muovevano inquietanti delle ombre che parevano deformate.
Inspirò profondamente prima di scostarla, mentre lo sguardo scorreva confuso
all’interno.
Parevano non esserci
più le persone che davano vita alle ombre che sino ad un
secondo prima si mobilitavano agitate sulla tenda ed anche la lieve voce che aveva sentito sin dall’anticamera ora era scomparsa.
Che fosse diventato
pazzo?
Fece qualche passo in
avanti. Le fiamme verdi del camino, in cui era collocato un paiolo, espandevano una luce alquanto inquietante se combinata col luogo. La sala era percorsa da vari strati di tende viola, sfalsate, poste ai lati. Davanti a lui a destra vi era un tavolo pieno d’ampolle e canali, che ai babbani avrebbero ricordato gli utensili tipici degli alchimisti. Direttamente di fronte a lui, rivolti verso il camino, si trovavano due poltrone. Sui mobili e scaffali, che riusciva a vedere tra i tessuti, si trovavano vasi ermetici riempiti d’una soluzione apposita per conservarne il contenuto; tra cui si distinguevano bulbi oculari, organi interni vari e di differenti misure e creature, lingue di animali e molti, molti alti oggetti che era meglio non vedere e non sapere cosa fossero.
Avanzò ancora un po’prima di bloccarsi. Notando, posto sul bracciolo, una manica d’una giacca.
Intimò di stare fermo e non opporre resistenza come da protocollo, ma non ottenne
alcuna risposta. Aggirò quindi lentamente la poltrona, per poi trovarsi davanti uno scheletro vestito. Subito dopo avvertì un respiro sul collo ed una voce direttamente nell’orecchio “Sono felice di conoscerla. Gradisce qualcosa da bere?”
Si ritrasse immediatamente, non trovando però nessuno dietro di se.
“Noto che ha già conosciuto Oscar. Lo perdoni, è uno scheletro che non conosce le buone maniere. Prego si segga. Oscar non fare il cafone e lasciami il posto; abbiamo ospiti.” Parlò con tono accomodante, in piedi di fianco alla poltrona.
Mentre osservava un
uomo alto dalla carnagione ambrata, capelli castani portati con taglio sbarazzino, occhi color ambra, ed un fisico snello fasciato da un abito formale; vide lo scheletro alzarsi realmente ed aggirare la seduta, dirigendosi ad una piccola vetrina contenente bicchieri ed alcolici. Riconobbe il rumore delle giunture ossee che si strofinavano tra loro a permetterne il movimento, era lo stesso suono che lo seguiva nel corridoio.
“Oh, non si preoccupi, è inoffensivo. Non c’è bisogno di fare quella faccia stupita e sospettosa. Io Sono il mago dei Tarocchi Bromix, ed il voodoo è la mia specialità, ma temo che lei non mi abbia mai sentito
sfortunatamente. Venga. S’accomodi e si rilassi…non vuole proprio farlo, vero? D’accordo, allora passiamo agli affari.
Mi dica, ora sa dirmi
a chi corrisponde? Anche se forse bisognerebbe forgiare una carta solo per lei. Abbassi la bacchetta la prego.” Comparendogli improvvisamente alle spalle per terminare nel suo orecchio “Io sono qui solo per lei. Cosa desidera?”
“Di
qualunque cosa stia parlando non sono interessato.
S’allontani. È lei il problema di questo villaggio.” Gli rispose con tono duro, cercando di tirargli una gomitata, ma colpendo ancora solo l’aria.
“Mi dica, non è stanco? Non pensa di meritarsi un po’ di riposo? La carta dei tarocchi delle quattro spade potrebbe rappresentare questo suo bisogno. Il Signore del Riposo dopo la Lotta la potrebbe aiutare.” Cercò di persuaderlo girandogli attorno, porgendogli la carta raffigurante un cavaliere sdraiato su un sepolcro, con tre spade appese alla parete sullo sfondo ed una traversa sul bordo dell’altare pietroso.
“Capisco, non è questo che davvero desidera. Sono gli affetti, le cose semplici che lei anela davvero mio delizioso arcano. Il sei di coppe, il Signore del Piacere, ed il dieci sempre di questo seme, il Signore del Successo Ottenuto, sono quelli che rappresentano meglio ciò.” Continuò suadente mostrandogli le due carte, la prima raffigurante due bambini con sei coppe piene di fiori, la seconda una famiglia felice sotto ad un arcobaleno contenente
dieci coppe.
Non rispose ancora, ma
gli lanciò uno schiantesimo che riuscì ad evitare seriamente per qualche millimetro, mentre andava a colpire lo scheletro
che, alle spalle dell’uomo, continuava a cercare di bere alcolici inzuppando le vesti dall’interno.
“Povero Oscar. Lei è davvero pericoloso. Non capisco perché è così ostile nei miei
confronti, mi sarebbe piaciuto che mi concedesse più tempo
per stare con lei. Che ne dice allora di giocare? Temo però
che non sarò molto leale, ho chiamato ‘qualcuno’ per rallentarla sa?” Disse con tono suadente prima di scoccare le dita, facendo entrare nella stanza gli abitanti del villaggio.
“Ma che… che diamine gli hai fatto!” Gli urlò contro, notando lo stato della gente, che pareva sotto imperius. Osservò meglio e notò che ognuno aveva con se una carta dei tarocchi.
La prima ad attaccare
fu proprio la signora McFrost, affiancata da una giovane mai vista prima.
“Non trova
commoventi le riunioni famigliari? Non mi guardi così, non
sono il cattivone che lei pensa. Ho semplicemente esaudito i loro desideri: riavere la propria figlia o i propri cari scomparsi, riuscire a vendicarsi, ottenere più coraggio per fare ciò
che non si riusciva a fare prima, eccetera, eccetera… il
tutto semplicemente in cambio della loro anima e servigi; mi sembra un prezzo onesto. Anche se le confesso che con lei avrei fatto un’eccezione. Non mi sarebbe andato di privarla di
un’anima così particolare. Ma visto che non vuole
nemmeno ascoltarmi, non posso fare altro che dire questo: Che il gioco cominci.” Rispose, prima di svignarsela da
un’uscita laterale, mentre lui rimaneva impegnato a fermare
gli abitanti, senza ferirne nessuno.
Ci mise parecchio a
renderli inoffensivi tutti, prima d’inseguirlo.
Corse per qualche
minuto per il corridoio scuro, prima di spuntare all’esterno.
A quanto pare era nel
bosco che circondava il cimitero. La pioggia s’era ormai
chetata e le foglie inzuppate sul cammino fangoso non aiutavano nell'inseguimento.
Non sapeva per quanto
tempo era rimasto bloccato nella catapecchia, ne per quanto
continuò a correre all'inseguimento del mago e
nemmeno sapeva quanti altri abitanti cercarono ancora di fermarlo durante l’inseguimento, ma il sole era riuscito a liberarsi dalle nubi e far vedere il suo tramonto quando riuscì
finalmente a raggiungerlo e metterlo in trappola.
L’aveva ormai braccato. Non aveva molti modi per sfuggirgli sul bordo di quel precipizio.
Eppure, quando gli
intimò di arrendersi e che ormai il gioco era finito, lui
gli sorrise gioivo, accondiscendendogli la vittoria. Prendendo infine a borbottare qualcosa riguardo l’arcano del matto e di se stesso, sul fatto che ora si trovava come quel tarocco a camminare verso il burrone. Lasciando cadere a terra la carta appena citata.
Questo prima di
lasciarsi cadere a braccia spalancate all’indietro, nel vuoto.
Le ultime parole che
pronunciò furono: “Happy Halloween Harry... Happy
Halloween.” Con quello stramaledetto sorriso gioivo ancora
sulle labbra.
Quando tornò indietro scoprì che tutto era tornato alla normalità. Le persone erano tornate padrone di sé e stavano molto meglio di prima, il colore era tornato sul loro volto e sembravano liberi. Ma si sentiva ancora quella brutta sensazione addosso.
Aveva persino passato
quattro giorni a cercare invano il cadavere del mago, ovviamente senza alcun risultato, in questo modo il tempo passò e la faccenda finì nel dimenticatoio. I superiori erano soddisfatti del risultato ottenuto e non badarono alla mancanza o presenza del cadavere del colpevole.
Ed il tempo
passò come ogni volta, tra missioni, lavoro ed ancora
missioni, senza molti attimi di tregua per lui. E quella data
tornò ancora.
Erano le quattro del
mattino del 31 ottobre, quando avvertì un leggero
abbassamento del materasso e quella voce maschile sussurrargli roca direttamente nell’orecchio, prima di leccargli il padiglione auricolare.
“Sai Harry,
mi sei mancato tanto, non vedevo l’ora di rivederti.
È passato un anno ormai. Non vedo l’ora di giocare
ancora assieme a te. Happy Halloween mio arcano Harry Potter... Happy Halloween…”
The End
Angolo
della Sadica sanguinaria
Salve a tutti, eccomi approdare anche sul fandom di Harry Potter, col primo contest concluso a cui partecipo(non immaginate quanto sia felice di essere riuscita ad ottenere 39.9/40 come punteggio). Mi trovo però costretta ad ammettere che purtroppo non ho la minima idea di come fare ad aggiungere l'immagine che ha creato per questa mia storia sole :) (o pollama che dir si voglia) e quindi me la terrò salvata sul mio pc come caro ricordo ^_^
Qui di seguito v’inserisco il link e le caratteristiche delle carte relative ad Harry e subito sotto inserirò il meraviglioso giudizio datomi dalla giudicia:
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/sette-di-bastoni.html
Sette di Bastoni: il Signore del Valore
Parole chiave
* Coraggio
* Ostacoli da affrontare
* Determinazione
* Scontro
* Successo
Significato
Questo Arcano Minore indica un momento in cui è necessario credere in sé stessi e nei propri sogni, ed essere pronti a lottare per essi.
La strada, infatti, è costellata di ostacoli e nemici. Bisogna avere coraggio e non arretrare: procedendo con fermezza si riuscirà piano piano a migliorare la propria posizione e a raggiungere infine il successo.
Devi attingere alle tue riserve interiori per sviluppare la fede e la tenacia.
Questo è un momento cruciale: la scelta è fra ritirarsi o continuare a combattere. Il Signore del Valore ti invita a lottare.
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/dieci-di-bastoni.html
Dieci di Bastoni: il Signore dell'Oppressione
Parole chiave
* Responsabilità
* Grande impegno
* Affaticamento
* Lavoro
* Servizio
Significato
Il Signore dell'Oppressione ci mostra un uomo col capo chino e la schiena curva, intento a portare un pesante carico.
Questo Arcano rappresenta un momento in cui c'è un grande lavoro da svolgere o un pesante fardello da sopportare.
Non vi è modo di scappare ai propri doveri, quindi è opportuno farsene una ragione e fare di necessità virtù.
Questa carta ti consiglia di accettare con serenità le tue responsabilità: la strada della crescita passa attraverso il servizio.
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/cavaliere-di-bastoni.html
Cavaliere di Bastoni
Caratteristiche
* Impetuoso
* Incline all'azione
* Passionale
* Coraggioso
* Ispirato
Significato
Questa Carta di Corte combina il simbolismo del Cavaliere col simbolismo del seme di Bastoni.
L'immagine rappresenta un individuo già ben avviato sul suo percorso di crescita, che non è tuttavia ancora concluso.
Egli dispone già del dominio di molti aspetti del suo essere collegati all'elemento Fuoco: vigore, passione, entusiasmo, tendenza all'azione.
Capace di coinvolgere gli altri col suo esempio e la sua energia, questo Cavaliere sta sviluppando le proprie capacità di leader.
La sua crescita tuttavia non è ancora esente da rischi: a volte può essere irritabile, collerico, poco tollerante.
La sua facilità ad entusiasmarsi potrebbe degenerare in fanatismo, oppure spegnersi in un fuoco di paglia con conseguente dispersione di energia.
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/appeso.html
Tarocchi l'Appeso
Parole chiave
* Sacrificio
* Attesa
* Conversione
* Rinnovamento
* Iniziazione
Significato
Un uomo si è sottoposto volontariamente a un processo di iniziazione da cui emergerà trasformato. Attraverso il sacrificio di sé e il dolore emergerà un nuovo individuo. In questo momento il suo corpo è immobilizzato, e deve accettare tutto ciò che l'universo gli porta: freddo, pioggia, sofferenza.
Attraverso l'accettazione egli giungerà a un rinnovamento totale del proprio essere. Anche se non può agire all'esterno per il momento, il suo spirito è libero di lavorare all'interno, su di sé, nel profondo della sua anima.
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/sei-di-coppe.html
Sei di Coppe: il Signore del Piacere
Parole chiave
* Piaceri quotidiani
* Semplicità
* Ricordi
* Desideri realizzati
* Armonia
Significato
Questa carta rappresenta una gioia semplice e pura, che nasce dall'apprezzamento dei piccoli piaceri della vita.
Vi è un senso di equilibrio e di armonia, di soddisfazione meritata.
La gentilezza tra le persone, la dolcezza e l'affetto sono i temi chiave di questo Arcano. Se vogliamo seguire i suoi consigli dobbiamo prestare particolare attenzione a come trattiamo gli altri, cercando di farli stare bene e suscitare in loro sentimenti positivi.
Inoltre, è importante capire che i semi positivi gettati nel passato sono alla base delle nostre attuali realizzazioni.
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/dieci-di-coppe.html
Dieci di Coppe: il Signore del Successo Ottenuto
Parole chiave
* Felicità raggiunta
* Famiglia
* Amicizie
* Sostegno emotivo
* Appagamento
Significato
Il 10 di Coppe mostra una famiglia felice che gode le gioie dell'amore e dell'affetto.
Il vero successo, ci insegna questa carta, proviene dal creare dei legami durevoli con le persone attorno a noi, condividendo emozioni ed esperienze di vita.
Anche nei contesti di lavoro, la chiave consiste nel creare una sorta di 'famiglia', una squadra affiatata i cui membri condividono i medesimi valori e si danno sostegno e aiuto reciproco.
In questa fase è particolarmente importante prendersi cura del benessere emotivo, proprio e altrui.
http://www.leggere-i-tarocchi-per-crescere.com/quattro-di-spade.html
Quattro di Spade: il Signore del Riposo dopo la Lotta
Parole chiave
* Riposo
* Quiete
* Convalescenza
* Ritiro spirituale
* Guarigione
Significato
Il Quattro di Spade è il Signore del Riposo dopo la Lotta. In generale esso rappresenta una fase di recupero delle forze in seguito a un periodo di intensa attività.
Questo recupero deve avvenire in un ambiente protetto, e questo è il motivo per cui questa carta può indicare anche il ricovero in ospedale o in clinica. Se è l'anima a doversi rigenerare, allora il luogo della guarigione può essere un monastero, un tempio, una comunità spirituale.
Il consiglio è limitare gli stimoli e attenersi a uno stile di vita semplice e ritirato, che permetta il ripristino dell'equilibrio interno.
Bisogna isolarsi, perché non si è in grado al momento di assorbire armoniosamente le influenze esterne. Ciò che serve adesso è pace, quiete, serenità.
Qui di seguito inserisco comunque il meraviglioso giudizio datomi dalla giudicia:
Grammatica e stile: 9.9/10
Tutto scritto in modo impeccabile. Il tuo stile aggancia l’attenzione saldamente. Brava! ^__^
C’ è un piccolo appunto: “, mi sei manca tanto” penso che volevi scrivere “mancato” ^___^
(Ma ovviamente prima di pubblicarlo ho corretto questa svista)
Utilizzo creatura: 10/10
Il dieci è meritato al 100% il mago voodoo è stato utilizzato alla grande. Mi hai messo i brividi addosso e mi piace il fatto che è stata l’anima della storia ^___^
IC personaggio: 10/10
Il tuo Harry è Harry.
L’IC l’ho trovato molto coerente e perfetto ^__^
Complimenti!
Gradimento personale: 10/10
Il 10 anche qui è meritato, sia perché è stato un racconto che si addice allo stile Horror, ho gradito la caratterizzazione del personaggio e il tuo modo di scrivere. Brava!
Totale: 39.9/40
Comunque sia, lasciando perdere i miei scleri causati dall'euforia del
risultato, spero che vi sia piaciuta anche a voi e che mi lascerete un
commentino per lasciare una piccola traccia del vostro passaggio e dare
una piccola gioia ad una come me.
Ringrazio infinitivamente chi la leggerà, ma soprattutto
recensirà testa mia shot.
Sinceramente non so che altro dire oltre a ringraziare ancora, sperando
anche nella vostra bontà di utilizzare ancora un pelino del
vostro tempo per lasciarmi un commentino (lo so sono ripetitiva e me ne scuso, ma ci tengo a sapere che ne pensate, anche se fossero commenti che voi potreste pensare essere banali)
Statemi tutti bene.
Bye. xXx
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