uno. Distinti Saluti Leoni che temevano le antilopi.
Nella gabbia dei leoni arriva un'antilope. Cammina diffidente tra la sabbia finta ma le bestie feroci hanno paura.
Aveva
paura del giudizio della gente e di come, agli occhi degli altri,
avrebbe potuto sembrare un fallimento totale. Il sole sorgeva alto nel
cielo, ma una nuvola era sempre pronta a coprirgli la visuale e, a
lungo andare, non poteva fare altro che bearsi di quella protezione. Il
mondo era un posto brutto, la gente era tremenda nei loro abiti strani
e le voci degli adulti la terrorizzavano. Ancora più timore gli
incutevano i giovani con quelle loro mani e le loro bocche, perché era
quelle mani e quelle bocche. Nascondersi, dunque, le sembrava l'unica
alternativa possibile ad un terrore perenne. Alla fin fine ringraziava
quella nuvola.
'Che cos'è?' chiede il più giovane. 'Una trappola dell'uomo' risponde il più anziano. 'Allontaniamoci, dunque.'
Il
suo nome aveva nove lettere, nove come il numero che si ripeteva nella
sua data di nascita o nove come le prime parole che aveva detto. Nove
era il risultato che usciva sommando e sottraendo le cifre che
componevano il numero civico. Nove erano i mesi di scuola. Nove gli
amici che aveva creduto di avere ed uno quello che aveva veramente. La
sua costante era, quindi, quel numero nove.
Nella gabbia dei leoni arriva una tigre bianca. Cammina diffidente tra la finta sabbia e le bestie non hanno paura.
A
volte rideva della sua idiozia, di quel suo modo di catalogare con un
ordine preciso tutto e che agli altri poteva apparire disordine. Altre
volte ancora, invece, ne soffriva perché sapeva essere divisa in due:
da una parte c'era il desiderio di essere comune, irrilevante e di
seppellirsi nella banalità, dall'altro la voglia di inseguire una
studiata perfezione che le altre persone non erano in grado di
comprendere.
'Che cos'è?' chiede il più giovane. 'Un'antilope, sicuramente' risponde il più anziano. 'Cibiamoci di lei, dunque'
Persino
il ticchettio dell'orologlio aveva uno scopo. Senza quel rumore
costante che nessuno considerava ma che poteva risultare anche
irritante, non si sarebbe potuto definire e scandire il corso del tempo
perché quel rumore era parte integrante di esso. Lei, d'altro canto,
era parte integrante del mondo e voleva essere quel ticchettio.
Invisibile ma non troppo. Desiderava avere un paio di ali e
saltare dal balcone per poi librarsi in aria. Unirsi agli uccelli,
spiccare tra essi e confondere. Voleva poter guardare il mondo da
un'altra prospettiva, ridere delle proprie fisse e vivere davvero ma
era intrappolata in una gabbia d'oro. Ali fatte di numeri. Un sorriso d'oro. Il cuore leggero e non stretto in una morsa d'acido.
Nella gabbia dei leoni non ci sono più leoni, né anziani né vecchi. C'è solo una tigre e un'antilope.
|