A Jas.
Perché
ama Harry alla follia e
perché
me la immagino quasi
esattamente identica ad Olly.
Grazie.
«Olly.»
Niente.
Per quanto Desirée si sforzasse di catturare
l’attenzione della sua compagna di
classe, questa sembrava completamente assorbita dalla contemplazione
del
ragazzo fermo a qualche metro di distanza.
Okay,
doveva ammettere che faceva la sua porca figura ma, dopo una giornata
in quella
maledetta scuola, chiunque sarebbe sembrato bello. In quel periodo le
stavano
decisamente massacrando: tra verifiche, interrogazioni e spiegazioni al
limite
della comprensione umana, rifarsi gli occhi era proprio un gran
sollievo.
In
ogni caso, Desirée aveva bisogno che Olly le dicesse i
compiti per l’indomani.
E se lei continuava a fissare quel ragazzo, non avrebbe fatto in tempo
a
scriverli.
«Olly!»
Finalmente,
Olly si riscosse e lanciò un’occhiataccia alla
compagna. Proprio non la
sopportava, quando cominciava ad usare quel tono stridulo. Che voleva?
Non era
nemmeno libera di fissare il ragazzo
misterioso? Era l’unico elemento che rendesse
vagamente piacevole
l’interminabile viaggio in pullman.
Stretta
tra persone che sembravano aver dimenticato il significato
dell’igiene
personale, compagne di classe particolarmente fastidiose (vedi
Desirée) e
frenate brusche, guardare quel ragazzo era l’unica cosa che
la mettesse un po’
di buonumore.
Non
sapeva niente di lui, se non quelle rare informazioni che era riuscita
a
ricavare dagli stralci delle sue conversazioni con gli amici.
Non
sapeva come si chiamava, non sapeva che scuola faceva, né se
era fidanzato.
Però
aveva scoperto che era un patito di videogiochi – aveva
ordinato PES 2013, gli
sarebbe arrivato a giorni -, che aveva una sorella maggiore che si era
appena
fidanzata con un “coglione di dimensioni epiche” e
che, come tutti i maschi del
pianeta, sperava di potersi comprare una macchina come Dio comanda.
Non
che lo spiasse, ma una volta era capitata proprio dietro di loro e
aveva
sentito tutto. Okay, aveva spento l’iPod solo per poter
sentire com’era la sua
voce, ma era successo solo quella volta. In genere si limitava a
guardarlo da
lontano, nella speranza che, prima o poi, si accorgesse di lei e le
sorridesse,
come gli aveva visto fare un sacco di volte.
Sorrideva
spesso, il ragazzo misterioso. E quando lo faceva, sulle sue guance
comparivano
delle fossette davvero adorabili. Olly si era incantata più
di una volta, a
contemplarlo, rapita non solo da quel sorriso sghembo, ma anche dagli
occhi.
Erano
bellissimi, i suoi occhi. Due pozze cristalline, di cui lei ancora non
era
riuscita a cogliere l’esatto colore. Sembrava che cambiassero
a seconda della
luce. In quel momento – quando Desirée
l’aveva interrotta dal suo attento esame
- erano verdi, anche se Olly avrebbe giurato che il giorno prima
fossero più
tendenti al grigio.
Un’altra
cosa che le piaceva di lui (come se gli occhi e il sorriso non fossero
abbastanza) erano i capelli. Il ragazzo misterioso aveva dei ricci
castani e
scompigliati. In effetti, Olly era dell’idea che avrebbe
almeno potuto tentare
di sistemarli, ma lui sembrava preferirli disordinati. Non si capiva
che
direzione prendessero, ma comunque gli donavano.
E
poi era alto – se ne era accorta, perché una volta
lui non aveva trovato posto
e si era piazzato in piedi poco lontano da lei – e aveva le
spalle larghe, i
fianchi stretti e un gran bel… be’, fisicamente
era il suo tipo ideale.
«OLLY!»
Desirée
urlò per la terza volta, catturando l’attenzione
di buona parte dei presenti,
compresa quella del ragazzo misterioso, che si voltò per un
momento nella loro
direzione, curioso.
Osservò
attentamente prima Desirée, poi Olly, che arrossì
imbarazzata, e infine tornò a
parlare con il biondino al suo fianco.
Olly
si voltò verso Desirée, inferocita. Se aveva
qualche speranza di essere notata
dal ragazzo misterioso, l’aveva appena persa in seguito alla
figuraccia appena
fatta.
Essere
ripresa come una bambina di tre anni da una demente non era esattamente
il suo
piano ideale, perciò incrociò le braccia al
petto, stizzita.
«Si
può sapere cosa accidenti vuoi?»
domandò, sforzandosi di trattenere la rabbia.
«Io? Sono tre ore che ti chiamo, Olly!» si
lagnò Desirée, ancora una volta a
voce troppo alta.
E,
di nuovo, mezzo autobus si
voltò
verso Olly, che alzò gli occhi al cielo. Gettò
un’occhiata al ragazzo
misterioso e, quando si accorse che la stava fissando con vago
interesse,
sussultò.
«Vedi?
Non mi rispondi nemmeno!» protestò
l’altra. Ormai, sembravano tutti
particolarmente interessati al battibecco tra le due.
Olly
era certa di aver sentito le due ragazze dietro di loro ridacchiare.
Certo, ci
mancava solo che partissero le scommesse, e poi la sua figura di merda
sarebbe
stata completa.
«Evidentemente
non ti voglio rispondere, no?»
E
al diavolo il tentativo di mantenere la calma.
«Ma
io ho bisogno che tu mi dica i compiti! Come faccio
altrimenti?» domandò
Desirée, imbronciata. Olly inarcò un sopracciglio.
«Segui
la lezione, anziché metterti lo smalto. E mollami,
accidenti.» sibilò,
infastidita. Premette il pulsante per prenotare la sua fermata
– finalmente – e
percorse il corto corridoio fino alle porte.
Quando
si aprirono, scese come una furia, fuggendo letteralmente dalle
lamentele di
Desirée, che protestava ad alta voce incurante del fastidio
degli altri
presenti.
Guardò
l’autobus allontanarsi, con sollievo. Osservò il
volto delle persone dall’altra
parte del vetro e individuò il ragazzo misterioso: guardava
lei, e sorrideva
divertito.
«Che
figura di merda.» scuotendo la testa, si avviò
verso casa.
~
Doveva
studiare informatica. E
matematica. E
non ne aveva nessuna voglia.
Così
Olly decise di dedicarsi ad un’attività molto
più interessante e, soprattutto,
più produttiva: dormire.
Mollò
lo zaino in un angolo della camera, sfilò le scarpe,
accantonandole accanto
allo zaino e si trascinò fino al letto. Meditò
per qualche secondo se fosse il
caso o meno di mettersi il pigiama, poi fece spallucce e si
sdraiò.
Pensò
ancora una volta al ragazzo misterioso e alla pessima impressione che
sicuramente gli aveva fatto.
Sperava
solo che non si fosse reso conto che la causa del suo totale e
più sincero
disinteresse nei confronti di Desirée fosse proprio lui,
perché altrimenti
avrebbe dovuto salutare per sempre la sua dignità e sperare
che qualcuno
inventasse una macchina del tempo che le avrebbe consentito di
accoppare
Desirée o, molto più semplicemente, di prendere
un altro autobus.
Chissà
come si chiamava. Di sicuro aveva un nome meraviglioso,
pensò. Uno con quel
sorriso non poteva chiamarsi certo Steven. Forse William –
come il principe! –
o Brian (come quello di Fast and Furious, lui si che era figo). O
magari aveva
un nome assurdo, tipo quello del suo vecchio compagno di classe; al
momento non
le veniva in mente, ma era qualcosa che forse cominciava con la C.
No,
niente C. Decisamente doveva chiamarsi Brian.
Era
sul punto di scivolare nel sonno, quando il suo telefono
cominciò a suonare,
insistente. Con gli occhi ancora chiusi, Olly allungò una
mano e afferrò il
telefono. Sbirciò
sul display,
sorridendo alla vista del nome della sua migliore amica.
«Ciao,
Gigì.»
«Non
mi chiamare Gigì, Olly. Sembra il nome di una cazzo di
Winx.» borbottò Ginger,
dall’altro capo del telefono. Olly ridacchiò.
«A
me piace.»
In
realtà lo trovava ridicolo, ma voleva vendicarsi per essere
stata svegliata proprio
sul più bello. Si era praticamente imposta di sognare Brian
(o William) e ci
sarebbe riuscita di certo, se Ginger non l’avesse interrotta.
«Cazzate.
Be’, che stavi facendo?» domandò Ginger,
cambiando argomento.
«Cercavo
di dormire. Ma qualcuno ha un tempismo di merda.»
borbottò Olly, infilandosi
quasi completamente sotto le coperte. Era novembre, e faceva un freddo
cane.
Avrebbe potuto accendere il riscaldamento, ma non aveva voglia
raggiungere il
contatore.
«Ora
si spiega tutto. Comunque, volevo dirti che stasera siamo a cena da
Liam. Ha
detto che ha scoperto una pizza che è la fine del
mondo.»
Olly
era certa che Ginger avesse appena alzato gli occhi al cielo. Per lei
le pizze
erano tutte uguali, a patto che ci fosse una tonnellata di mozzarella.
Olly
invece la pensava come Liam: dovevano ancora trovare una pizza degna di
tale
nome. Quelle schifezze precotte che si mangiava Ginger facevano proprio
schifo.
«Siamo?»
domandò poi, confusa.
«Tu
ed io, scema. Torna a dormire, passo a prenderti per le sette. E
vestiti bene.»
dopodiché, Ginger riattaccò.
Un
po’ perplessa, Olly si rannicchiò sotto il
piumone. Ormai il sonno le era
passato, ma di certo non si sarebbe messa a studiare. Magari
l’indomani sarebbe
entrata un’ora dopo. Non sarebbe successo niente se avesse
perso l’ora di
educazione fisica, no? Correre di prima mattina era un vero trauma.
Si,
decise, sarebbe entrata dopo e avrebbe avuto tutto il tempo di fare i
compiti.
Chiuse
gli occhi di nuovo, rilassata dal tepore delle lenzuola. Nel giro di
qualche
minuto si addormentò profondamente.
A
svegliarla, per la seconda volta, fu il telefono.
«Che
vuoi? Ci siamo sentite dieci minuti fa!» protestò,
prima di sbadigliare.
«Che,
ti sei rincoglionita, per caso? Muoviti a scendere, sto
arrivando.» Ginger
imprecò contro il semaforo che era diventato verde
all’improvviso e riattaccò.
Stordita,
Olly lanciò un’occhiata all’orologio e
impallidì. Aveva dormito quasi tre ore,
ed era in ritardo.
Saltò
giù dal letto con un balzo, inciampò nel tappeto
e rischiò di schiantarsi
contro l’armadio. Sospirando di sollievo per essere
sopravvissuta, scelse
velocemente cosa indossare. Un paio di jeans, una maglietta bianca e un
maglioncino blu. Raccattò gli Ugg dalla scarpiera,
afferrò la sciarpa grigia e
corse in bagno.
Fece
appena in tempo a passarsi un po’ di mascara sulle ciglia
lunghe, prima che il
suo telefono riprendesse a suonare.
«E
che palle, sto arrivando!» sbraitò, anche se di
certo Ginger non poteva
sentirla.
Indossò
velocemente il cappotto, afferrò la borsa, il telefono e le
chiavi e si
precipitò fuori di casa.
«Buonasera,
Gigì.»
«Sei
in ritardo e sei pure vestita alla cazzo.» fu il simpatico
saluto della sua
migliore amica. Olly sbuffò.
«Ho
avuto un contrattempo.» si giustificò, guardando
fuori dal finestrino per
evitare di incrociare lo sguardo di Ginger.
«Scommetto
che ti sei addormentata come un sasso.»
Olly
boccheggiò, alla ricerca di una scusa decente, poi Ginger la
interruppe.
«Lascia
stare, chi se ne frega. Sei bellissima lo stesso.» le disse.
Olly sorrise, poi
ringraziò e si distese più comodamente sul
sedile.
«Non
avrai intenzione di dormire anche in macchina, vero?»
«Ma
per chi mi hai preso?» protestò Olly, fintamente
indignata. Si raddrizzò un po’
e aumentò il volume dello stereo. Se le avesse detto che un
pisolino era
esattamente ciò che aveva in mente, probabilmente Ginger
l’avrebbe uccisa.
~
«Oggi
ho fatto una figura di merda esagerata.» raccontò
Olly, con un sospiro
sconsolato.
Ginger
ridacchiò, poi suonò di nuovo il campanello,
sperando che il suo fidanzato si
muovesse ad aprire: stavano congelando lì fuori.
Prese
Olly sotto braccio, alla ricerca di un po’ di calore.
«Se
non si sbriga lo ammazzo. Comunque, non so perché, ma non mi
stupisce.»
«Cosa?»
«Minchia,
ma sei sicura che non stai ancora dormendo?» rise Ginger,
ormai praticamente
incollata al citofono. Dove accidenti era Liam?
«Si,
forse si. Hai presente il ragazzo del pullman?»
«Chi,
quello figo?»
«Esattamente.
Ecco, lui…»
In
quel preciso istante la porta di casa venne aperta da qualcuno che non
era di
certo Liam.
«E
con questo siamo a due figure di merda.»
Se
solo non fosse sembrata una psicopatica, Olly avrebbe cominciato ad
urlare.
Perché davanti a lei, vestito con una camicia bianca e con
un paio di jeans
stretti, c’era William-Brian.
Le
sorrise, mettendo in mostra quelle fossette adorabili e Olly
arrossì.
«Ciao.
Liam è andato a ritirare le pizze, arriva tra cinque
minuti.» comunicò,
facendosi da parte per farle entrare.
Ginger
gli sorrise, poi lo salutò con un bacio sulla guancia. Olly
si costrinse a non
dare di matto e la seguì, slacciandosi il cappotto.
«Dai
a me, ci penso io.» si offrì William-Brian, con un
sorriso galante. Olly annuì,
ringraziò e gli allungò il cappotto. Lo
osservò allontanarsi verso il
corridoio, poi si voltò verso Ginger con aria assassina.
«Tu
lo sapevi?» ringhiò, puntandole contro il dito
indice.
Ginger
inclinò la testa da un lato.
«Io?
Ma figurati!» disse, con un sorrisetto innocente che la
diceva lunga. Olly
incrociò le braccia al petto e si sedette accanto a lei sul
divano.
«Che
bastarda.» commentò, risentita.
Ginger
conosceva William-Brian e non gliel’aveva detto! Oh, ma
questa se la sarebbe
legata al dito. E si sarebbe vendicata, prima o poi.
«Chi
è bastarda?»
William-Brian
tornò in salotto, con un sorriso sereno in volto. Presa in
contropiede, Olly
boccheggiò alla ricerca di una risposta abbastanza
veritiera.
Per
sua fortuna, Liam rientrò in quel preciso momento, reggendo
tra le mani i
cartoni di quattro pizze.
«Ciao,
amore. Olly, come và?» domandò,
rivolgendole un gran sorriso. Olly lo fulminò,
perché di certo Ginger aveva raccontato anche a lui della
sua poco dignitosa
cotta per il ragazzo misterioso. E anche Liam lo conosceva! Traditori
entrambi,
su quello non aveva alcun dubbio.
«Bene,
Liam. Attento, con quelle pizze, potresti bruciarti. O cadere e farti
molto
male.» salutò, gelida.
Liam
rise, andò in cucina e disse a tutti loro di accomodarsi,
che finalmente la
cena era servita.
«Allora,
Olly. Conosci Harry?»
Harry.
William-Brian
si chiamava Harry. Non era un nome così originale, ma gli si
addiceva. Per lo
meno avrebbe smesso di chiamarlo ragazzo misterioso.
«No,
non ci conosciamo.» rispose, prima di porgere la mano ad
Harry con un sorriso
imbarazzato. Lui ricambiò, anche se contrariamente a lei
sembrava perfettamente
a suo agio.
«Be’,
in realtà ci siamo già visti. Prendiamo lo stesso
autobus.» sostenne Harry,
divertito. Ecco, Olly lo sapeva che l’aveva beccata in pieno
a fissarlo.
Che
figura di merda, santo cielo. Ed ora? Mica poteva dirgli che lo sapeva
perfettamente, visto che era dall’inizio dell’anno
che lo squadrava dalla testa
ai piedi.
«Davvero?»
finse di non ricordarsene, tanto per salvare la poca dignità
che le era
rimasta.
Era
certa di essere stata piuttosto convincente, almeno fino al momento in
cui
Ginger scoppiò a ridere, rischiando di strozzarsi con la
pizza.
«Scusate,
stavo pensando ad una cosa molto divertente.» disse, con le
lacrime agli occhi.
Harry
annuì, anche se dava l’impressione di non
essersela bevuta affatto. Poi tornò a
guardare Olly.
«Si,
sulla Linea 21. Lo prendi al mio
stesso orario, tutti i giorni.»
Tutti
i giorni. Significava che si era accorto di lei? Che l’aveva
notata, tra quella
moltitudine di persone? Oppure il suo era solo un modo carino di dirle
che
doveva smettere di tampinarlo?
«Oh,
giusto. Mi dispiace che tu abbia assistito alla scena di
oggi.» si scusò.
«È
stato divertente. Sembrava che avresti ucciso la tua amica da un
momento
all’altro.» rise Harry.
Olly
si prese qualche secondo per ascoltare la sua risata. Dio, quanto le
piaceva.
Era
possibile che si fosse presa una cotta per qualcuno che conosceva
appena?
Eppure, più lo guardava e più sentiva la sua
voce, più le piaceva.
E
poco importava se poteva sembrare assurdo, patetico o insensato. A lei
piaceva
Harry, fine della storia.
Certo,
probabilmente lei non piaceva a lui. A chi voleva ingannare?
Sicuramente aveva
già una ragazza: era troppo bello per essere single. E lei
non nutriva alcuna
speranza in proposito.
Ma
aveva un bel sorriso e si era accorto che prendevano lo stesso autobus,
perciò
tanto bastava.
~
Olly
non vide Harry per tutta la settimana successiva. Nei sette giorni che
seguirono, si convinse che lui aveva volutamente smesso di prendere la Linea 21 per non incontrarla
più.
Probabilmente quella sera aveva solo fatto finta di trovarla simpatica
e quando
le aveva detto che si sarebbero visti l’indomani,
l’aveva fatto più per
cortesia che per altro.
I
primi due giorni, Olly aveva pensato che magari avesse perso
l’autobus, o che
avesse trovato un passaggio. Poi era trascorsa una settimana e lei si
era
rassegnata all’evidenza: Harry non voleva nemmeno parlarle.
Perciò
quel lunedì salì sulla Linea
21 con
la consapevolezza che non l’avrebbe visto. Era affiancata da
Desirée, che ciarlava
senza sosta della nuova borsa che aveva comprato e che era costata un
sacco di
soldi – «Più di settecento euro, Olly.
Set-te-cen-to.» - e che avrebbe usato
per andare in discoteca il sabato successivo.
Olly
sperò che prima o poi qualcuno gliela rubasse, ma non lo
disse.
Era
troppo presa a cercare con lo sguardo un posto libero in cui
accomodarsi e
pensare, di nuovo, che non avrebbe più visto Harry.
Poi,
mentre cercava di sorpassare un uomo che si era piazzato in mezzo al
corridoio,
una mano si serrò intorno al suo polso.
Olly
si voltò verso il proprietario, pronta a dirgliene quattro,
ma dovette
bloccarsi.
«Ti
ho tenuto il posto.»
Senza
dire una parola, completamente dimentica di Desirée che
continuava a parlare,
si sedette accanto ad Harry. Con le guance rosse e lo sguardo basso,
cominciò a
torturarsi le mani, nervosa.
Con
una naturalezza che non si sarebbe mai aspettata, Harry la prese per
mano.
«Ho
avuto la febbre, per tutta la settimana.» le disse.
Olly
annuì, senza sapere bene cosa rispondere, ma si sentiva
piuttosto sollevata.
«Oh…»
mormorò, in difficoltà. Non poteva mica dirgli
che pensava la stesse evitando!
«Ti
ho pensato, sai?»
«Davvero?»
«Si,
davvero. Perché quell’aria sorpresa?»
domandò Harry, mezzo divertito e mezzo
preoccupato. Olly arrossì e farfugliò qualcosa ad
una velocità incredibile.
«Non
ho capito neanche una parola, Olly.» la interruppe Harry.
«Potresti ripetere?»
Olly
scosse la testa, in segno di negazione. Non era mica pazza. Non si
sarebbe
ripetuta due volte, se poteva evitare.
«Devo
scendere, tra un attimo.»
«Olly…»
la riprese Harry, serio. «Ripeti.»
«Pensavo
che non volessi più vedermi e che per questo avessi cambiato
autobus. Dopotutto
la Linea 21 non è
l’unica che fa
questa strada e poi comunque lo capirei se non ti piacessi e»
La
raffica di parole di Olly venne interrotta dalle labbra di Harry, che
si
posarono sulle sue con delicatezza, quasi avesse paura di spaventarla o
di
farla scappare.
«Sai,
Olly…» disse Harry, mentre Olly afferrava lo zaino
e si alzava per scendere.
«È
dall’inizio dell’anno che prendo la Linea
21 solo per vederti.»
Prima
che Olly avesse il tempo di rispondere che anche lei aveva fatto la
stessa
identica cosa, le porte dell’autobus si richiusero e la Linea 21 riprese il suo tragitto.
Con
un sorriso, Olly si domandò se Desirée stesse
ancora parlando da sola.
~
C’è nessuno?
Se siete
arrivate fino a qui, complimenti, perché ‘sta
cosuccia è davvero lunga.
Alloooora, che dire?
Mi è venuta in mente stamattina, mentre parlavo con la Jas.
Non mi sentivo così
ispirata da un po’, perciò ho deciso di scriverla
perché magari poteva uscire
una cosa abbastanza carina.
Ovviamente non è
niente di che, ma a me sinceramente piace!
E a voi?
Fatemi sapere, per
piacere. Per me è molto importante avere il vostro parere,
davvero.
E niente, ho finito.
Grazie mille a Jas,
per il banner e, ovviamente, per l’ispirazione!
P.s. Per chi
volesse,
su Twitter sono @FTheOnlyWay
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