Quel nulla era importante.

di ChibiNekoChan
(/viewuser.php?uid=199134)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


I capelli svolazzavano al vento, l'autunno con i suoi morti colori, per quanto potesse sembrare assurdo, mi illuminava le iridi castane con un dolce tocco color miele.
Avevo quasi voglia di danzare, camminavo a passi trotterellanti sorpassando con dei saltini le pozzanghere, l'odore di pioggia mi inebriava i polmoni, li ripuliva dallo smog di città. Non era successo niente di troppo allegro, eppure era come se qualcosa fosse rinato in me. La piazza era deserta e per istinto il mio corpo cominciò a danzare, i capelli lo accompagnavano soavi mentre tutto il resto si bloccava in un attimo eterno degno di essere inciso in un album dei ricordi. Tutto sapeva di poesia, di un grigio per niente triste.
Le ombre si confondevano nella pacata luce dei lampioni ad intermittenza, mi volarono in testa un paio di foglie secche, profumavano di felicità.
Esausta mi sedetti sull'umida panchina di legno d'acero lì vicino, non mi bagnai nonostante avesse appena piovuto. La città era vuota ma non c'era aria di solitudine, ed in un attimo tutto fu ricoperto di arancio e marrone, gli alberi mi stavano regalando un tappeto nuovo sul quale pogiare i miei candidi piedi, che si erano appena liberati dalla morsa delle scarpe.
Le foglie scricchiolarolo. Silenzio.
Che perfezione, pensavo. Davvero, ogni cosa era al suo posto, così come doveva essere.
Ed ancora un soffio di vento mise i miei pensieri in disordine. Perché ero lì?
Non avevo nessuno, ecco perché. L'autunno mi aveva distratto ma niente adesso avrebbe più potuto farlo.
Può davvero la vita diventare così crudele? Regalare spensieratezza e poi togliertela avidamente quando ti accorgi che tutto è perfettamente come dovrebbe essere, come vorresti. Cosa non va davvero, alla fine? Forse l'unico ostacolo sono solo io.
Altro soffio di vento, il freddo mi pungeva le mani e mi confondeva ancora di più.
Torno a casa, fa freddo, mi dissi. Per poi accorgermi che non volevo, perché l'unica vera casa per me era fra le sue braccia. Quelle sue calde braccia, quelle che mi stringevano quando tutto quello che volevo fare era solo abbandonarmi alle lacrime. Così potevo, e quel calore mi consolava.
Se ora piangessi l'unica cosa a consolarmi sarebbe il pungente vento pre-invernale.
Non ho voglia di far niente, ormai. Quest'atmosfera mi culla, non è male.
Rimango ferma, ad aspettare il nulla. Un nulla che era importante, ma che ora non esiste.
Non più.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1390714