One Thing
ogwarts
non aveva mai visto un anno più movimentato di quello.
I
Malandrini, ormai un mito nella scuola, frequentavano il loro ultimo anno e pareva
che non volessero passarlo inosservati, ma al contrario sembravano voler
lasciare nel castello un’impronta ancora più marcata di quella che avevano già
lasciato.
In
tutto il castello, non c’era nessuno che non sapesse chi fossero.
C’era
Sirius Black, l’impavido, ammaliante Black, che non poteva passare in un
corridoio senza lasciare dietro di sé sospiri malinconici delle sue
ammiratrici, le quali non mancavano mai di salutarlo, sperando in un improbabile
appuntamento.
C’era
Remus Lupin, forse il più tranquillo di tutti, che preferiva sempre un buon
libro a qualche probabile malefatta dei suoi amici. Lui era il caposcuola di
Grifondoro, l’unico che volendo avrebbe potuto fermarli. Ma, lui non sembrava
volerlo fare, anzi, aveva sempre una scusa per lasciarli agire.
C’era
il piccolo e apparentemente insignificante Peter Minus, che si nascondeva
sempre dietro ai suoi amici, e non perdeva occasione per ridere con loro delle
disgrazie altrui. Lui era la spia, colui che suggeriva ai Malandrini le
prossime vittime delle loro irritanti azioni, anche se a volte non veniva preso
in considerazione.
E
poi c’era lui, James Potter, il grande giocatore di Quidditch. Il migliore Cercatore
che la squadra di Grifondoro avesse mai avuto. Sempre a scompigliarsi i capelli
al vento e a giocare con un Boccino d’oro rubato chissà dove. Anche a lui non
mancavano le ragazze. Eppure, ce n’era una che non lo degnava mai di uno
sguardo, che a ogni sua minima richiesta per un appuntamento rispondeva sempre in
modo negativo.
Questi
erano i Malandrini. O meglio, questi, un giorno erano stati i Malandrini.
Ora,
forse perché era il loro ultimo anno e volevano mettersi in riga per il
diploma, o forse perché ormai erano cresciuti e in qualche modo diventati più
maturi, i Malandrini erano cambiati.
Soprattutto James.
“ I’ve tried
playing it cool
Girl when I’m looking at you
I can never be brave
Cause you make my heart race „
«Pensi
che la Evans accetterebbe di uscire con me alla prossima gita a Hogsmeade?»
James
Potter si trovava nel dormitorio dei Grifondoro. Il suo Boccino tra le dita,
giocava nervosamente con le piccole aluccie d’orate, mentre quello si dibatteva
debolmente cercando inutilmente di liberarsi.
«Sarà
all’incirca la centonovantesima volta che glielo chiedi, James. Perché questa
volta dovrebbe dirti di sì?» ribatté Sirius, mentre con aria svogliata girava
pigramente una pagina del libro di Difesa contro le Arti Oscure, cercando di
concentrarsi e mandare a memoria i giusti movimenti per sbarazzarsi di una
lumaca cornuta.
James
si lasciò cadere pesantemente sul letto e chiuse gli occhi, appoggiando la
testa sul cuscino.
Già…
perché mai avrebbe dovuto accettare quella volta?
Aveva provato a fare il figo.
Lui,
il perfetto giocatore di Quidditch, ammirato da tutta Hogwarts (qualche volta
perfino i quadri lo bloccavano per i corridoi), bello, forte… un po’ di tutto
insomma. Perché lei non lo notava? Perché si rifiutava sempre? Odiava vederla
scuotere quella sua liscia chioma rossa, piena di riflessi luminosi. Perché non
voleva uscire con lui?
Eppure
lui non si era mai arreso. Aveva continuato imperterrito, anche quando lei
aveva minacciato di cruciarlo se si fosse azzardato ancora una volta a
chiederglielo.
Che ragazza. Quando la guardava…
Quando
lei lo guardava fisso, con quegl’occhi verdi, così belli e luminosi. Con uno
sguardo dolce e sempre e costantemente allegro.
…non riusciva mai ad essere coraggioso.
Era
impossibile resistere al suo sguardo. Almeno, lo era per lui, innamorato
com’era.
James
non lo avrebbe mai ammesso, ma a volte, quando si arrabbiava, la ragazza sapeva
essere veramente spaventosa. A James, però, piaceva anche così, con gli occhi
ridotti a due fessure e il volto indurito, le mascelle serrate e l’espressione
truce. Non avrebbe mai e poi mai rinunciato ad averla.
Forse
era del suo sguardo che James aveva veramente paura. Non riusciva a sostenere i
suoi occhi verdi per poco più di qualche secondo.
Lily
era sempre gentile con tutti, nessuno escluso. Forse dopo la litigata con
Mocciosus aveva iniziato ad evitare i Serpeverde più di prima, ma non era cambiata
più di tanto. Solo con lui a volte era sprezzante.
James
sapeva che era colpa sua se Lily lo trattava così. A volte temeva di averla
veramente seccata con tutte quelle inutili richieste. Ma non poteva fare a meno
di pensare che se non ci provava, non l’avrebbe mai avuta.
Perché lei gli faceva impazzire il cuore
Ogni
volta che si avvicinava a lei, James sentiva il suo cuore cominciare a battere
all’impazzata. Ogni volta che le chiedeva di uscire, sembrava che il petto gli
scoppiasse. I suoi occhi lo fissavano, muti. E lui vi leggeva dentro sempre la
stessa risposta.
Era sempre stato troppo speranzoso.
Il suo motto era “La speranza è l’ultima a morire”. Ma forse, adesso, ormai
maggiorenne, quella speranza cominciava ad affievolirsi, mentre la fine
dell’anno e l’inevitabile separazione finale dopo il diploma, stavano per
avvenire.
“ Shot me out of the sky
You’re my kryptonite
You keep me making me weak
Yeah, frozen and can’t breathe „
«Vieni con me a Hogsmeade il
prossimo fine settimana?» chiese James tutto d’un fiato.
Lily sbuffò e gli diede una
spallata, cercando di farsi largo e di proseguire la sua strada verso la
biblioteca.
Anche James sbuffò amareggiato,
ma, come sempre del resto, si fece strada tra la folla di studenti, cercando di
raggiungere la rossa.
«Perché non mi vuoi dare una
possibilità?»
«Perché non la smetti e non ti
dai per vinto?»
«James Potter non si dà mai per
vinto!» esclamò il ragazzo orgogliosamente.
Lily inarcò un sopracciglio,
scettica, e continuò a camminare per il corridoio, decisa ad arrivare in tempo
al suo appuntamento con Mary McDonald.
James continuò a seguirla per i
corridoi, cercando di pensare a qualcosa di intelligente per convincerla.
Girarono un angolo e si
ritrovarono davanti alla compagna di dormitorio di Lily.
«Ciao, Marlene!». James sgranò
gli occhi e guardò divertito la Evans. Ora erano pure arrivati a parlare
all’unisono.
«Ciao a tutti e due!» rispose la
ragazza, e la sua fronte si arcuò stupita alla vista dei due insieme. Lily
colse l’espressione dell’amica e divenne rossa in viso. Si girò verso James
stringendo i pugni e lo guardò con aria di sfida.
Il ragazzo sorrise, anche se
dentro di lui l’angoscia per una nuova arrabbiatura delle Evans cominciava a
farsi sentire.
Lily fece un cenno di saluto a
Marlene e ricominciò a camminare. Non seppe perché, ma James si sentì in dovere
di seguirla.
La ragazza si fermò poco dopo, in
un corridoio privo di anima viva. Solo un fantasma stava scrutando un quadro
poco lontano ma appena vide i due ragazzi si dileguò attraverso il muro.
«Cosa devo fare per far sì che tu
mi lasci in pace? Devo spararti fuori dal
cielo? Magari a bordo della tua stupida scopa volante?»
“Ma tu mi spari già fuori dal
cielo, ogni volta che ti guardo”, pensò James. «Esci con me!» le suggerì.
« Ti ho detto di no! Finiscila
una buona volta!»
James abbassò lo sguardo,
incapace di sostenere quello della ragazza, e si infilò le mani in tasca, con
aria falsamente afflitta. «Che ti devo dire Evans? Non posso fare a meno di
mostrarti ogni giorno quanto tu sia importante per me…»
Lily s’irrigidì mentre le guance
le si imporporavano nuovamente. Sbuffò infastidita.
James sorrise vittorioso
all’espressione esitante della ragazza.
Lily lo notò e ridusse gli occhi
a due fessure. «Quando la smetterai?»
«Sei la mia Kriptonite» mormorò James sovrappensiero mentre la
guardava.
Lily spalancò gli occhi, stupita.
«Che cosa?»
James scoppiò a ridere. «Come,
Evans, non sai che cos’è la Kriptonite? Eppure sei una Nata Babbana…»
La ragazza sbuffò adirata. «So
cos’è la Kriptonite, Potter. Mi chiedo piuttosto come faccia tu, a saperlo».
«Oh, niente… Remus me ne ha
parlato. Lui legge anche i fumetti dei Babbani, sai?»
James si avvicinò alla ragazza,
che rimase ferma sul posto, osservandolo truce.
«Tu mi rendi debole… ogni giorno di più» continuò.
Lily soppesò le parole del
ragazzo, stupita per l’improvviso interessamento a Superman. Era forse un altro
stratagemma per convincerla ad uscire con lui?
«Bè, allora stammi lontano. Non
vorrai mica perdere la prossima partita con i Serpeverde, no?» disse, e cercò
di allontanarsi nuovamente verso la fine del corridoio, ma James la bloccò per
un braccio e la costrinse ad arretrare verso il muro, mettendola così in
trappola.
«Oh, andiamo Evans! Io cerco di
fare il romantico e tu mi liquidi così?»
«Lasciami andare!». La ragazza si
divincolò, cercando di liberarsi dalla sua stretta, ma James, abile Cercatore,
la tenne ferma al suo posto. «Non mi hai neanche fatto finire la frase».
«Ah, sentiamolo l’innamorato!»
ribatté Lily scettica.
«Mi rendi ogni giorno più debole…
ogni giorno la speranza di poter uscire con te si affievolisce sempre di più…»
mormorò abbattuto il ragazzo. «Perché non vuoi uscire con me?» le sussurrò.
Lily spalancò lo guardò e lo
fissò negli occhi «Lasciami!».
James si arrese e la lasciò. «E
dai, Evans!»
«Ora basta! Sono stufa! E sto
pure arrivando in ritardo all’appuntamento con Mary!» quasi urlò Lily per
l’esasperazione.
«Ma…» provò James.
«No!»
«Ma, volevo solo…»
«Ti ho detto di no!»
«Evans!»
«Petrificus!»
James si ritrovò bloccato, il
braccio a mezz’aria proteso verso Lily Evans nel futile tentativo di fermarla.
«Ti ho detto di no!» ripeté Lily,
mentre un sorriso le increspava le labbra. Abbassò la bacchetta e guardò la sua
opera. «Buona fortuna» gli sussurrò all’orecchio, poi se ne andò.
Sì, congelato e senza respiro.
“ Something's gotta give now
Cause I'm dying just to make you see
That I need you here with me now
Cause you've got that one thing „
«Sirius!»
«Cosa c’è, James?»
«Il mio Boccino portafortuna!».
James fissò l’amico interrogativo.
Sirius Black si guardò intorno,
soffermandosi sul dormitorio sottosopra. Sembrava fosse passato un uragano. Il
contenuto del baule di James era sparso letteralmente per tutta la stanza.
C’erano calzini, magliette e pantaloni sopra e sotto il letto, per terra e
persino sul davanzale della finestra.
«Non ce l’ho io!» brontolò Sirius
e si fece largo tra il marasma cercando di raggiungere il proprio letto.
«Ma a me serve!» sbuffò James
esasperato, lasciandosi poi cadere sul letto.
Era arrivato il giorno della
partita contro Serpeverde. Ormai mancava poco meno di un’ora all’inizio
dell’evento e James era già in divisa, la scopa e il resto di ciò che gli
serviva pronti sul letto. All’appello mancava solo il suo Boccino portafortuna.
Non aveva mai giocato una sola partita senza di esso e ora che quell’importante
oggetto non c’era si sentiva in qualche modo perso. Certo, sapeva che avrebbe
potuto farne benissimo a meno, che era lui quello bravo e che il Boccino, che
forse non portava neanche fortuna dato che di partite ne aveva vinte anche
senza, non faceva altro che rimanere nella sua tasca per tutto il tempo. Però,
portare il Boccino con sé, era una sorta di rito che ripeteva ogni volta, e
sapere che quel giorno non lo avrebbe fatto lo rattristava.
«Puoi giocare benissimo anche
senza» lo rassicurò Sirius, mentre si infilava cappello e sciarpa con i colori
di Grifondoro.
James si passò una mano tra i
capelli e chinò la testa. «Quand’è stata l’ultima volta che l’hai visto?»
chiese sommessamente.
«Non lo so, James» rispose
l’amico. Poi diede un’occhiata all’orologio da taschino e gli fece un cenno.
«Forza, dobbiamo andare. Remus e Peter ci stanno aspettando giù all’ingresso».
James si alzò svogliatamente, e
dopo aver afferrato ciò che gli serviva, seguì l’amico nella Sala Comune, giù
per la scalinata principale fino al salone d’ingresso del castello.
Fu lì, sull’ultimo gradino della
scala, che James ricordò.
«Allora? Che si fa?» chiese
Sirius, guardando l’espressione assorta dell’amico, ancora fermo con un piede
per aria.
James abbassò lo sguardo verso
Sirius «Mi sono appena ricordato di una cosa…» mormorò.
«James! Ma che…?» non fece in
tempo a finire la frase che James era già sparito su per la scalinata.
Il ragazzo corse per i corridoi a
perdifiato. Dove poteva essere? Di certo non sarebbe venuta alla partita, lei
non veniva mai. Eppure, nella Sala Comune non c’era. E se quella volta, invece,
aveva cambiato idea? Si fermò in mezzo al corridoio, incerto sul da farsi, poi
l’illuminazione. «Ma certo!» esclamò. Riprese la corsa, ma questa volta verso
la parte opposta.
Si fermò con uno scivolone
davanti alla porta della biblioteca e dopo aver preso un bel respiro, entrò.
Percorse veloce con lo sguardo i lunghi tavoli di fronte a lui, in cerca della
persona che desiderava. La trovò seduta poco lontano, con la testa chinata
sopra un libro. Le si avvicinò velocemente e tossicchiò per attirare la sua
attenzione.
Lily alzò lo sguardo e quando lo
vide portò gli occhi al cielo. «Che cosa vuoi?» domandò esasperata.
James aprì la bocca per parlare,
ma la richiuse poco dopo, senza sapere cosa dire.
«Bé? Non ho tempo da perdere. Se
vuoi cercare di convincermi ad uscire con qualche altra brillante idea, sappi
che la risposta è no».
«Certe cose vanno date ora» disse James, mentre un sorriso gli
compariva sulle labbra.
Lily inarcò un sopracciglio e lo
guardò, socchiudendo gli occhi. Poi sospirò e incrociò le braccia al petto,
aspettando. «Bé? Allora, come continua la tua dichiarazione?»
James girò intorno al tavolo e le
si avvicinò. Lily continuò a osservarlo, critica.
«Perché sto morendo, solo per farti vedere…»
«Senti, James» lo interruppe la
ragazza. «Possibile che…?»
«…che ho bisogno di te qui con me adesso» continuò il ragazzo
imperterrito.
Lily sgranò gli occhi mentre
James le si avvicinava sempre di più. Ormai erano a poco più di qualche
millimetro di distanza, e per la prima volta in vita sua, Lily si sentiva
completamente estranea a se stessa. Il cuore cominciò a batterle all’impazzata,
mentre James sorrideva, a un soffio dalle sua labbra.
«Mi dispiace Lily, ma per
stavolta ti lascio in pace» le sussurrò.
Lily deglutì, cercando di capire
che cosa avesse in mente il ragazzo.
Ad un tratto James si ritrasse e
il cuore della ragazza ricominciò a battere normalmente.
«Perché tu hai quella cosa» concluse il ragazzo e le mostrò
allegramente il piccolo Boccino d’oro che teneva nella mano.
Lily fece appena in tempo ad
aprir bocca che il ragazzo ripartì a razzo e sparì alla sua vista. Sbuffò e
rivolse lo sguardo al libro, improvvisamente priva della benché minima voglia
di studiare.
«Peccato…» mormorò «…per una
volta c’eri quasi riuscito».
Sorrise.
Avrebbe dovuto ritirare più volte il Boccino a Potter.
“ So get out, get out, get outta my head
And fall into my arms instead
I don't, I don't, don't know what it is
But I need that one thing, that you've got
That one thing „
Lily
sospirò. Poi lanciò un grido sommesso di rabbia e appoggiò la testa sul tavolo.
Perché?
Perché proprio lui?
Mai.
Mai e poi mai avrebbe pensato che sarebbe potuto accaderle una cosa del genere.
Eppure
era da un sacco di tempo che non le succedeva. Erano passati due anni da quando
le si era dichiarato la prima volta e lei lo aveva sempre preso come un gioco.
Aveva sempre fatto la parte della cattiva e gli aveva risposto sempre di no. Ma
in fondo era quello che doveva fare, no? Non le piaceva, non le era mai
piaciuto. Perché avrebbe dovuto accettare?
“Potresti
almeno provare…”
Le
parole delle sue amiche le rimbombarono in testa. Quante volte gliele avevano
ripetute? Quante volte aveva negato, cercando di nascondere l’evidenza? Perché
aveva negato e non aveva provato?
Era
inutile farsi queste domande, Lily sapeva già quali erano le risposte. Perché
era troppo orgogliosa.
Fatto,
lo aveva detto. Lo aveva detto a se stessa, e ora non ci sarebbe voluto molto
perché se ne convincesse. Aveva sempre negato perché non voleva che accadesse.
Ma perché, poi? Ecco una risposta a cui non sapeva rispondersi. Forse perché
l’aveva presa in giro per anni? Forse perché l’aveva ferita nell’orgoglio
quando avevano undici anni? Erano state quelle parole di bambino immaturo che
le aveva rivolto sul treno anni e anni prima? Sì. Forse.
Ma
Lily si conosceva molto, troppo bene, per sapere che non era quella la
risposta.
Era
stato qualcos’altro, che tirava in ballo un’altra persona.
Sbuffò.
Le
faceva male ricordarlo. Pensare a lui le faceva troppo male. Era Severus la
causa, ne era certa. In fondo era colpa sua se James l’aveva perseguitata per
anni, o no? No. Non doveva tirarlo in ballo così. Non era tutta colpa sua, ma
piuttosto di James.
Si
alzò di colpo e si prese la testa tra le mani.
Allora, esci, esci, esci dalla mia testa. Perché continuava a pensarlo? Non le sarebbe dovuto
importare niente di lui.
Ma
non poteva fare a meno di pensare a tutto quello che lui aveva fatto per lei. A
tutto quello che lui aveva cercato di fare per farsi perdonare.
Le
venne da ridere al pensiero delle parole che lui le aveva detto qualche giorno
prima. La Kriptonite… dove se le faceva venire quelle idee, poi. Però era stato
originale.
Si
lasciò cadere sul letto e giocherellò con il tessuto morbido della coperta.
Le
piaceva James Potter?
Fece
una smorfia al solo pensiero. No, non era vero, non poteva essere vero.
Eppure
quando le si era avvicinato, quella sensazione. Che cos’era? Lily non sapeva
spiegarselo. Forse perché non l’aveva mai provata, almeno non con lui.
E cadi invece tra le mie braccia.
Sì.
Era quello che voleva in quel momento. Quello che aveva voluto quel lontano
giorno, in biblioteca. Cadere tra le sue braccia. Non voleva pensarlo, voleva
averlo con sé, al suo fianco.
Non lo so, non lo so, non lo so cosa sia.
Non
lo sapeva, ed era quello che la preoccupava di più in quel momento. Aveva
sempre saputo cosa fare, ma in quel momento non riusciva proprio a capirlo.
Che
cosa aveva James di tanto speciale? Perché sentiva di averne bisogno?
Ma ho bisogno di quella cosa, e tu ce l’hai.
Lui ce l’aveva. E non era un Boccino.
“ Now I'm climbing the walls
But you don't notice at all
That I'm going out of my mind
All day and all night „
Sembrava
che James ci avesse rinunciato. Era dal loro ultimo discorso in biblioteca che
non le rivolgeva più la parola. La cosa strana era che non le chiedeva più di
uscire. Aveva smesso, e Lily non sapeva spiegarsi perché.
Ora
che se ne era accorta, ora che se glielo avrebbe chiesto gli avrebbe risposto
di sì. Ora che ne aveva bisogno, lui non c’era.
«Ciao
Lily»
Alzò
lo sguardo e fece la finta annoiata. «Ciao James. Che cosa vuoi?». Il cuore cominciò
a batterle forte nel petto, ma si impose di rimanere calma.
«Volevo
chiederti se…»
“Volevi
uscire con me, volevi uscire con me, volevi uscire con me… forza James,
chiedimelo!”
«…potevi
prestarmi la penna».
Il
cuore di Lily sembrò fermarsi di colpo. «Certo…» sospirò con aria afflitta.
James
non ci fece più di tanto caso, ma riuscì a notare lo sguardo afflitto della
ragazza mentre gli porgeva la penna. Che le fosse successo qualcosa?
Per
tutto il resto della settimana James non fece altro che chiederle favori. Mi
presti una penna di qua, mi presti della pergamena di là, mi fai copiare i
compiti… ma mai un solo accenno all’imminente uscita a Hogsmeade.
Per
un attimo Lily aveva pensato che si fosse stufato e che si fosse arreso
all’evidenza di non poterla mai avere per sé. Però credeva anche che se uno
pensava una cosa così, sulla ragazza che aveva stressato per anni per farla
uscire con lui, non si sarebbe comportato in quel modo. Per lo meno, avrebbe
dovuto essere triste, no? Invece James era il solito ragazzo di sempre, anche
se non proprio il solito. Non poteva non ammettere che era molto cambiato
dall’anno prima.
Sorrideva,
sempre con la sua stessa aria allegra.
«James»
Il
ragazzo alzò la testa verso di lei e spalancò gli occhi, stupito. «Sì?»
Ora mi sto arrampicando sui muri, James.
«Io
volevo…» mormorò, senza sapere cosa dire. A dire il vero non sapeva neanche che
cosa dirgli. La sua era stata un’azione impulsiva. E ora?
In
realtà sapeva cosa voleva dirgli, ma non avrebbe di certo potuto urlarglielo in
faccia.
“Non
mi vedi, James? Sto facendo di tutto per farmi notare. Ma tu non lo noti affatto. Qualsiasi cosa pur di farti dire quelle
parole”.
«…riavere
la mia penna» sospirò infine. In fondo non gliel’aveva ancora ridata.
«Ah!
Certo…»
Si
trattenne dal tirargli un ceffone e dopo essersi ripresa la penna tornò al suo
posto, senza aver cavato un ragno dal buco.
Che
cosa doveva fare per farselo chiedere? Non notava che stava andando fuori di testa?
Si,
stava andando fuori di testa. Ce lo aveva sempre in mente, tutto il giorno e tutta la notte.
Non le restava che aspettare. Prima o poi avrebbe
dovuto chiederglielo, o no?
“ So get out, get out, get outta my head
And fall into my arms instead
I don't, I don't, don't know what it is
But I need that one thing
So get out, get out, get outta my mind
And come on, come in to my life
I don't, I don't, don't know what it is
But I need that one thing, that you've got
That one thing „
Ormai non c’era più tempo. La gita a Hogsmeade sarebbe
stata il giorno seguente. E lui non glielo aveva ancora chiesto. Possibile che
si fosse arreso?
Ormai non c’era più tempo. La gita a Hogsmeade sarebbe
stata il giorno seguente. E lui non glielo aveva ancora chiesto. Possibile che
non trovasse il coraggio per farlo?
Esci, esci,
esci dalla mia testa, James. Non mi
vuoi, e io non ti voglio. No, non è vero, io ti voglio. Perché non me lo
chiedi?
Esci, esci,
esci dalla mia testa, Lily. Non mi
vuoi, e io non ti voglio. No, non è vero, io ti voglio, ti ho sempre voluta.
Perché non ho il coraggio per chiedertelo?
Ti
vedo, ti guardo. Sono caduta tra le tue
braccia, James. Sono caduta ai tuoi piedi.
Non lo so, non
lo so, non so cosa sia ma ho bisogno di quella cosa, e tu ce l’hai.
Ti
vedo, ti guardo. Cadi tra le mie braccia,
Lily. Sono caduto ai tuoi piedi, anni fa.
Non lo so, non
lo so, non so cosa sia ma ho bisogno di quella cosa, e tu ce l’hai.
«Allora?
Con chi vai domani a Hogsmeade?» chiese Sirius curioso.
James
si strinse nelle spalle e bevve un altro sorso di succo di zucca. «Forse,
neanche ci vado…»
«Ti
sei abbattuto?» rise Sirius. Se il suo amico si era arreso stava per arrivare
la fine del mondo.
James
scosse la testa, ma poi aggrottò la fronte. Si era arreso? Sembrava di sì. Ma
lui non poteva arrendersi.
«Che
fine ha fatto il James Potter che non si da mai per vinto?».
James
guardò l’amico. Già, che fine aveva fatto?
James annuì, pensoso. Poi si alzò dal tavolo della
Sala Grande e si avviò su per le scale. No, non si era ancora arreso.
«Allora?
Con chi vai domani a Hogsmeade?» chiese Mary.
Lily
scosse la testa e riordinò le sue cose sul tavolo. «Forse, neanche ci vado…»
«Se
vuoi possiamo andarci insieme» sorrise Mary. Era da un po’ d’anni che ci
andavano insieme. Lo avrebbero fatto anche quella volta.
Lily
sorrise e scosse la testa lentamente. Sarebbe andata ad Hogsmeade un’altra
volta con Mary? Sembrava di sì. Eppure…
«Che
fine ha fatto James Potter? Non ti ha ancora invitata questa volta?».
Lily
guardò l’amica. Già, non l’aveva ancora invitata.
Lily scosse la testa, pensierosa. Poi si alzò dal
tavolo della biblioteca e si avviò per il corridoio. No, non ci sarebbe andata
con Mary.
Così esci, esci, esci dalla mia testa.
James
correva per le scale, salendo gli scalini a due a due.
Lily
camminava velocemente per il corridoio, sistemandosi una ciocca di capelli
dietro l’orecchio.
Entrambi
voltarono un angolo.
E vieni, vieni nella mia vita.
Si
scontrarono.
I
fogli che Lily teneva in mano volteggiarono per aria e caddero a terra uno per
uno. James si chinò immediatamente per raccoglierli e Lily lo imitò.
«Scusami,
stavo cercando una persona…» mormorò il ragazzo.
«Si,
anch’io…» ribatté la ragazza.
Mancava
solo un foglio. Entrambi allungarono la mano verso di esso. Le loro dita si
sfiorarono, per un millesimo di secondo. Entrambi alzarono lo sguardo l’uno
verso l’altro e rimasero lì, impalati.
Occhi
verdi dentro occhi neri.
«Lily»
«James»
Si
alzarono, continuando a fissarsi.
Non lo so, non lo so, non so cosa sia…
«Lily.
Io volevo chiederti se…»
Lily
scosse la testa e lo guardò sorridendo. «Ho
bisogno di una cosa…».
James
guardò i fogli che aveva in mano. «Scommetto che sono questi».
Ma
Lily scosse la liscia chioma rossa.
«Sì»
mormorò poi.
«Sì
cosa?» disse James sorpreso.
«Sì,
voglio uscire con te». Ce l’aveva fatta, lo aveva detto.
James
aprì e richiuse la bocca un paio di volte, sorpreso.
Ho bisogno di quella cosa, e tu ce l’hai.
«Ah!»
riuscì solo a dire.
James
guardò Lily e insieme sorrisero. Le porse i fogli e Lily li sistemò insieme
agli altri. Poi, come in un muto accordo, si presero per mano e insieme si
allontanarono per il corridoio.
Sì, tu hai
quella cosa.
“ But I need that one thing, that you've got
That one thing „
«Ma…
giusto per curiosità. Di che cos’è che hai bisogno che io ho?»
«Dell’amore, James».
Angolo autrice:
E… concludiamo in bellezza
con una bella frase di James. Non so, ma mi piaceva mettercela.
Ho finito? Sì, ho
finito. Devo ammettere che è stata una vera e propria faticaccia, però mi sono
divertita a scriverla.
Devo poi dire che il
contatore di iTunes è passato da un numero
intorno ai 50 ai 130 e passa. Volevo proprio farmi ispirare da questa canzone,
e credo di esserci riuscita. Sono poche le canzoni dei One Direction che posso dire “Sì, questa mi piace”. E
questa credo sia la più bella che abbiano fatto. A proposito dei One Direction… scommetto che almeno il 50% che hanno letto
l’introduzione hanno deciso di non leggere questa storia per via della loro
presenza. Bè, sappiate che a me i One Direction non piacciono tanto come persone, ma più per la musica. E One Thing credo che sia una canzone degna di questo nome.
Parlando un po’ della
storia. Le parti a destra sono le strofe della canzone che ho dovuto un po’
ritagliare. Per esempio manca una strofa da qualche parte, ma non sapevo
proprio cosa scriverci quindi ho lasciato perdere.
Le parti in corsivo nel
testo, invece, sono le traduzione della canzone usate come frasi o pensieri dei
personaggi. Sono impazzita per cercare una traduzione decente e alla fine le ho
ritagliate qua e là dai vari siti.
C’è una cosa di cui non
sono molto sicura. Non so di che anno siano i fumetti di Superman, però senza
di essi non avrei proprio saputo come infilarci la Kriptonite. Prendiamola come licenza poetica :)
Bè, grazie per aver
letto :)
Gageta98