Pain and sorrow
“Ciò
che é più amaro, nel dolore di oggi, é
il ricordo della gioia di ieri”
(K. Gibran)
Ripercorro i
corridoi dell' ospedale dove ho trascorso gli ultimi sette anni della
mia vita, i luoghi dove sono cresciuta, dove ho amato e sono stata
amata, dove ho tradito e sono stata tradita, i luoghi dove sono caduta,
più e più volte, e poi mi sono rialzata, le
mattonelle che ho calpestato correndo a causa di un' emergenza oppure
trascinando i piedi contro il pavimento, sfregando le comode calzature
mediche, sorseggiando una tazza di caffé fumante.
Cammino
guardando le porte della sala medici, dietro le quali ho pianto, amato
e riso, dietro le quali é racchiuso un piccolo frammento del
mio mondo, della mia vita.
Prendo alcune
cartelle dal bancone antistante alla sala infermiere, cartelle di
pazienti che ancora non conosco o che forse conosco già
troppo bene; fratture scomposte, tumori ossei, arti da amputare.
Soprattutto
arti da amputare.
Sicuramente
non é l' intervento chirurgico che devo eseguire
più frequentemente, é una vera fortuna
perché rappresenta un po' l' ultima spiaggia per i miei
pazienti.
Ho dovuto
sacrificare arti per i motivi più disparati, per impedire ad
un tumore di diffondersi nel resto del corpo, come una fastidiosa
macchia d' olio che scorre lungo le vie circolatorie ed intacca tutto
il resto, tutto ciò che di buono é rimasto all'
interno di un organismo malato.
Ho dovuto
sacrificare dita per la stupidità di giovani giocatori di
hockey alla ricerca di un' occasione di riscatto, ho dovuto inserire
viti tra un' osso e l' altro nel corpo di gente alla ricerca di un
quarto d' ora di celebrità su internet, ho visto persone
perdere parte di sé nel tentativo di difendere coloro che
amavano o di svolgere il proprio lavoro per garantirsi e garantire una
vita dignitosa ai propri cari.
Ho fatto
tutto questo perché curare le ossa é il mio
lavoro, anzi mi correggo, é tutta la mia vita,
perché io vivo per il brivido che provo nel rimettere in sesto
le persone, nel senso letterale del termine e non lo faccio solo per l'
adrenalina, i premi oppure per denaro, lo faccio soprattutto per i
volti delle persone che salvo, per quella persona che, grazie a me,
potrà tornare a camminare, per chi credeva di non avere
più speranze.
Quei volti
sono esattamente ciò che mi ripaga alla fine di una giornata.
Sono il
sorriso che io ho sulle labbra quando ritorno a casa mia, dalla mia
famiglia.
Anzi erano il
sorriso che avevo sulle labbra, perché ora non ce l' ho
più, ora ho solo una maschera che nasconde i miei
sentimenti, perché non posso essere triste o arrabbiata, ma
nemmeno felice di fronte a lei.
Non posso
perché se lei é lì, su quella sedia a
rotelle, oppure a terra, nel tentativo di imparare di nuovo a camminare
con la nuova protesi, in fondo é anche un po' colpa mia.
E' colpa mia
perché io le ho fatto una promessa da chirurgo con il cuore
di sua moglie, perché sono coinvolta completamente,
é colpa mia perché non riesco nemmeno a dirle
tutta la verità sull' operazione.
E' colpa mia
perché ho dato per scontato che, finalmente, per una volta
tanto, la fortuna fosse veramente girata anche per me.
Mi mancano
quegli stupidi momenti di noia e di leggero tedio oppure i gesti
quotidiani come il preparare il caffé mentre lei veste Sofia
o ancora il dormirle accanto, solo per sentirla respirare piano, vicino
a me.
E
ciò che é più amaro, nel dolore di
oggi, é il ricordo della gioia di ieri.
NdA:
Spero che
abbiate gradito questa shot, aspetto i vostri pareri
A presto
lulubellula