Faceva caldo quella notte, e solo pensare di
dormire era un
suicidio.
Il pakistano si stava rigirando nel letto da ormai troppo tempo e preso
da uno
strano nervosismo sbuffò alzandosi dal letto. Dalla finestra riuscì a
notare
che nella casa di fronte alla sua, anche quella notte la luce della
stanza del
ragazzo che vi abitava, era accesa.
Il cellulare,ancora una volta portava le 3, come
ogni
notte. Sembrava ormai un rituale,
risvegliarsi allo stesso orario ogni notte e trovare sempre quella luce
accesa,
e incantarsi. Incantarsi a guardare la sagoma di quel ragazzo muoversi
per la
stanza con una leggere musichetta che riecheggiava nell’aria. Sembrava
stesse
ballando. Curioso com’era,il pakistano si poggiò alla finestra fissando
quella
della casa opposta.
La sagoma di quel ragazzo si avvicinò alla
finestra,probabilmente per chiuderne quella interna in vetro e poi si
allontanò. Pochi secondi, e la luce fu spenta, e quel ragazzo,ancora
una volta,
sparì nel vuoto.
L’anima del pakistano era ormai tormentata. Chi
era quel
misterioso ragazzo che ballava ogni notte? Sembrava che come lui si
svegliasse
in piena notte. Che la danza fosse un rituale per prendere sonno?
E ora cosa fare? Dormire o no?
Il ragazzo desiderava dormire, il giorno seguente
lo
aspettava il lavoro. Ma qualcosa gli impediva di dormire. Il caldo.
Il caldo che era
entrato fin dentro le sue viscere, nelle sue ossa e stava sciogliendo
ogni
singolo brandello di quel povero ragazzo. Quel calore
portato da quel ragazzo della casa di fronte.
Ma cosa gli stava succedendo? Per quale motivo stava lì a pensare a
quel
ragazzo? E perché, etero qual era, si
ritrovava a sentire certe cose per un ragazzo?
Si stese sul letto sperando che il sonno prendesse
il
controllo su di lui, ma le ore passavano e lui non riusciva ad
addormentarsi.
Si erano ormai fatte le 5, un’ora dopo lo
aspettava il
lavoro. Non aveva mai creduto al fatto che una semplice doccia potesse
cambiare
la situazione che gli si era creata in testa, ma dovendola fare,
cominciò a
sperare che quella storia fosse vera, e che la sua testa, seppur per
poco, si
liberasse di quel tormento.
Si spogliò con una lentezza unica e si immerse
sotto
quell’acqua gelida tirando la testa indietro. Lentamente si insaponò per poi risciacquarsi ed uscire. Accorgendosi
dell’ora si velocizzò nell’asciugarsi e sistemare il ciuffo.
Con solo l’asciugamano avvolto in vita si ritrovò davanti all’armadio, per fortuna sapeva gia cosa indossare. Optò per
pantaloni nera e una t-shirt bianca con una strana fantasia multicolor.
Dopo
aver indossato anche le scarpe uscì velocemente di casa.
5.40. Ancora 20 minuti per arrivare a lavoro e il
bar era a
10 minuti da casa sua.
Guardandosi attorno si ricordò di quella casa. Si
recò nel
suo giardino, diviso da quello del riccio solo da una staccionata in
legno.
Ancora quella musica, quella della notte appena passata. Era sveglio, a
quanto
pare. E non poteva stare senza musica. Il pakistano sorrise
spontaneamente e
salito in moto si avviò al bar dove
lavorava. Parcheggiò nel suo posto riservato e si avviò
all’interno. Non
erano ancora arrivati clienti, per cui si prese tutta la calma
possibile per
prendere il block notes, la penna e il vassoio che poggiò poi sul
bancone.
Dalla porta sul retro vide entrare il suo capo e lo salutò con un
sorriso
appena accentuato.
Il campanello poggiato al di sopra della porta
trillò e il
ragazzo si ricordò di dover lavorare, invece di fissare quello stupido
vassoio
vuoto e triste.
Si avvicinò al tavolo appena occupato da quel
ragazzo e vide
una massa di capelli ricci, che lo fece subito ritornare con la mente
al suo
vicino di casa. Tossì per schiarirsi la voce e attirare l’attenzione
del
ragazze, la quale si era persa sullo schermo del suo cellulare.
‘Buongiorno
signore. Cosa prende?’ il ragazzo alzò subito lo
sguardo che andò a perdersi nel suo.
‘Un cappuccino e
un cornetto grazie.’ Un sorriso andò a
contornare il suo viso da bambino, facendo spuntare poi delle fossette
agli
angoli delle labbra. Il ragazzo scosse la testa come appena uscito da
una
trance e segnò le ordinazioni sul block notes.
‘Arrivano subito.’
Andò quindi alla cucina dove i ragazzi
stavano gia preparando dolciumi vari, avvisandoli che serviva un
cornetto
immediatamente, e poi al bancone preparò un cappuccino.
Pochi secondi prima che il cappuccino fosse
pronto, alcuni
dei ragazzi della cucina arrivarono a riempire il bancone di dolciumi
vari.
Chiusero poi il vetro per evitare l’ingresso di qualche stupido
insetto. Prima
che l’ultima goccia di cappuccino scendesse nella tazza, il ragazzo
prese due
piattini: in uno poggiò il cornetto con due fazzoletti, e nell’altro
poggiò poi
la tazza, con il cucchiaino e due bustine di zucchero. Prese il vassoio
e lo
portò al tavolo del cliente e spostando i piatti dal vassoio al tavolo
sussurrò
un flebile ‘Buon appetito.’ Per poi
allontanarsi verso un altro tavolo.
Quasi tutte le ordinazioni dei clienti entrati
erano state
prese e dopo averle passate al bancone dove ora c’era il padrone a
lavorare, fu
distratto dal suono del campanello della porta.
In quella giornata, fin’ora, aveva sentito il campanello suonare
solo
due volte, nonostante le persone entrate fossero tante. Solo quando
quel ragazzo
riccio entrò e poi uscì, sentì il campanello, che trovava dannatamente
fastidioso.
Si passò una mano sul ciuffo sbuffando
rumorosamente per poi
tornare al suo lavoro. Andò al tavolo che precedentemente era stato
occupato
dal ragazzo, prese i piattini e i soldi ripoggiandoli poi al bancone.
La giornata passò in un modo dannatamente noioso e alle 20 fu finalmente libero di uscire da
quel bar che stava diventando asfissiante.
La lunga strada verso casa, quella volta gli sembrò dannatamente
breve.
Forse, o sicuramente, aveva solo voglia di tornare a casa e rivedere,
dalla
finestra, quel ragazzo muoversi per la stanza. Nello stesso momento in
cui
stava per attraversare il cancelletto del suo giardino, anche quel
ragazzo lo
fece. Lo guardò attentamente come a voler percepire ogni parte del suo
viso e
del suo corpo. L’unica cosa che riuscì a notare e che un po’ lo lasciò
di
stucco, era che quel ragazzo era lo stesso del bar. Corse in casa a
cambiarsi,
aveva bisogno di aria. Quale posto migliore, lontano dalle persone, ma
comunque
all’aperto, se non il tetto di casa sua?
Indossò una canottiera, dei pantaloncini e poi
salì sul
tetto. Quello era ormai il posto dove preferiva stare per distrarsi.
Amava
guardare il cielo stellato perdendocisi, anche se in quel momento non
era
ancora del tutto scuro e quindi neanche
stellato. Ma poco importa. Voleva solo rifugiarsi lì sopra e perdersi
nelle
sfumature del cielo. In quel
momento si sentiva però come una ragazzina
innamorata, e non ricambiata che andava ad isolarsi.
Dalla tasca estrasse una sigaretta che portò alle
labbra.
Dopo aver lasciato che la fiamma dell’accendino svolazzasse davanti al
suo
viso, la portò alla sigaretta accendendola.
Quasi il fumo gli andò di traverso, quando dalla
finestrella
del tetto della casa affianco vide spuntare i ricci di quel ragazzo.
‘Ehi! Sono Harry!’
Lo salutò quello, e lui lo guardò con gli
occhi sgranati.
‘Zayn.’
Disse il pakistano,più tranquillamente del riccio
che sembrava fin troppo allegro. Peccato però, che se anche potesse
sembrare il
ragazzo più tranquillo del mondo, in quel momento non lo era per
niente. Dentro
di lui qualcosa si stava scatenando. Lo stomaco era un continuo
attorcigliarsi
intorno a se stesso, voleva forse uccidere le farfalle da lui
contenute? E il
cuore? Dio,quello era il peggior dolore. Qualcosa continuava a farlo
battere.
Batteva così forte che si scontrava con le ossa della cassa toracica
facendole
muovere, e ferendo il ragazzo.
‘Anche tu ti
rilassi qui sopra?’ la voce di Harry,riportò il
ragazzo alla realtà, che poi tutto questo non sembrava una realtà.
Magari un
sogno.
‘Mi isolo,più che
altro. Ci sono momenti in cui nessuno può
capire, ci sono momenti dove la persona che più vorresti al tuo fianco,
è anche
quella che vuoi evitare.’ Disse poi, rivolgendogli uno sguardo
alquanto strano,
dolce. Appunto..strano da parte sua, il ragazzo misterioso e
freddo,distaccato,
che rivolge uno sguardo dolce a qualcuno?
‘E..chi è che
vuoi al tuo fianco?’
‘Abita qui
vicino.. magari la conosci questa persona. Ma non
ti dirò il suo nome.’ Gli sorrise appena per poi alzarsi e
rientrare. Pochi
secondi dopo era tornato fuori, ma stavolta in giardino.
‘Scendi?’ urlò
al ragazzo che era ancora sul tetto. Vide
sparire Harry e si sedette sul marciapiede poggiandosi con la testa
sulle
ginocchia. Che stava facendo? Perché ora cercava di averlo vicino se
prima era
terrorizzato anche nel guardarlo? Non si capiva neanche da solo. La
sigaretta
era ormai finita per cui la spense sul marciapiede e la gettò a terra.
Poco
importa se inquinava, ora non era il problema maggiore.
Cominciò a fissare le sue scarpe come se potessero
salvarlo
e riportarlo nel mondo reale, ma non potevano, e ormai quel ragazzo era
arrivato.
Harry poggiò una mano sulla spalla del ragazzo
mentre si
sedeva al suo fianco e a quel contatto le iridi del pakistano si
accesero, come
se un miracolo avesse colpito la sua anima.
‘Sera. Allora
dicevamo? Voglio sapere chi è questa persona.
Su.’ Gli occhi del riccio andarono a riempirsi di tenerezza e
sul suo viso
comparve una dolce smorfia creata probabilmente per intenerire.
‘In questo
momento è più vicina di quanto tu possa pensare.’
Gli sorride dolcemente, il pakistano, mentre lo sguardo del riccio
comincio a
girovagare per tutta la larga strada in cui si trovano. Però c‘erano solo 3 case lì, grandi, le loro e quelle di
un vecchietto.
Non poteva di certo essere quest’ultimo ad aver
rubato il
cuore del giovane. E se fosse la sorella maggiore di Harry?
‘E’ per caso
Gemma? Mia sorella?’ lo sguardo di Harry in
quel momento andò ad infuocarsi trasportato da un senso di gelosia.
Gelosia
verso la sorella, che era ancora un po’ sua, o forse gelosia verso quel
ragazzo, che lui desiderava ardentemente?
Il moro scoppiò in una strana e travolgente risata
facendo
inizialmente imbiestalire il riccio e poi facendolo ridere, come fosse
tornato
alla sua infanzia.
Ma ancora non capiva. Se non era Gemma,chi era
quella
ragazza? Chi era ad avergli rubato il cuore, l’anima e ogni suoi
pensiero? Chi
l’aveva fatto diventare più solitario di
quanto gia fosse?
‘Non è lei,Harry.’
Disse il moro, mentre ancora le risate lo
scuotevano. Si gettò con il viso sulla spalla del riccio per trattenere
le
risate. Ma la mano del riccio andò a poggiarsi sul capo dell’altro,
facendolo
sussultare appena e trasportandolo poi nella calma assoluta quando
cominciò con
delle tenere carezze.
‘Chi è allora?’
Zayn si lasciò totalmente andare alle sue
carezze e quasi come se sentisse di ptoersi fidare, quasi come se
sentisse che
non se ne sarebbe andato neanche dopo questo, lo disse. Lo disse per
davvero.
‘Sei tu. Sei
sempre stato tu.’ Alzò il viso quel po’ che
bastava per guardarlo in volto e poter percepire almeno minimamente
cosa stesse
pensando di tutto quel casino.
‘Io, Zayn?’
sussurrò quello con la voce strozzata.
‘come posso essere io? Come può un
ragazzo come me: stupido,antipatico e brutto, essere amato da te che
sembri
esser tanto perfetto?’
Zayn sospirò, preso da una strana ansia che di lì
a poco lo
avrebbe fatto crollare.
‘Non lo so. È
successo
e basta. Sai quando ti svegli la notte e cominci a ballare? Mi sveglio
pochi minuti prima e osservo la luce della tua stanza accendersi e poi
la tua
ombra farsi strada in ogni angolo della stanza mentre la musica arriva
leggera
in camera mia. Non ero mai riuscito a percepire neanche un minimo
particolare
del tuo viso, vedevo solo quella massa di ricci. Poi stamattina
sei entrato al bar. Non sapevo
fossi tu,ma lo sentivo dentro. Sentivo dentro qualcosa che mi urlava
fossi tu.’
Parlando si era totalmente allontanato dal corpo del riccio, quasi
spaventato
dalla situazione che si stava creando. Il cielo stava diventando sempre
più
scuro ma ai due ragazzi non sembrava importare.
Non era quella la situazione di cui parlare, la
situazione
da giudicare. C’erano loro due di mezzo,ora. C’era questo strano amore
nell’aria che stava spuntando fuori come polline dai fiori.
‘Da quando mi
sono trasferito qui la mia vita è cambiata. Prima
non pensavo di essere,cioè..non ero..’
Ma le sue parole dovettero fermarsi lì, la sua
voce dovette
fermarsi. Ogni suo respiro dovette fermarsi lì, sulle labbra calde e
morbide di
Harry. I loro respiri cominciarono a fondersi mentre le loro labbra
iniziarono
a danzare in una strana frenesia.
Si erano trovate ormai quelle due anime vagabonde
da troppo
tempo, quelle anime nomadi in cerca di qualcosa che potesse
nutrirle.Cercavano di
tenersi in vita, nonostante fossero divise.
Si erano trovati, ormai, quegli occhi che si
perdevano gli
uni negli altri mentre un sorriso corniciava i loro volti,che si
riaccendevano
trasportati dall’amore.
Sembrava non finire mai quel bacio, che
trasportava quei due
corpi in un altro mondo.
Si staccavarono, dopo un tempo che sembrò essere
infinito. I
loro sguardi, ancora una volta, si persero nell’altro.
‘Ti osservo da
sempre,Zayn.’
‘Ti amo da sempre,
Harry.’
‘Ti ho amato senza
saperlo e continuo a farlo,ora e anche
per sempre.’
Si sussurrarono dolci parole piene di loro, piene
di amore,
finchè la notte non li divise facendoli tornare al normale ritmo delle
loro
vite, almeno per quella notte, sapendo comunque che dal giorno dopo le
loro
vite sarebbero cambiate, forse per sempre.
Da allora c’era qualcuno da amare, qualcuno per
cui vivere,
qualcuno da vivere. C’era un sorriso da osservare e far nascere ogni
giorno.
C’erano occhi in cui perdersi in ogni istante della loro vita.
******************
3 anni dopo, la famiglia Malik e la famiglia
Styles si erano
riunite in una delle chiese di New York. Era un giorno di luglio,
precisamente
il 23. Erano le 8.22 del mattino e gli sposi stavano scaricando la
tensione in
una stanza sul retro della chiesa. Cercavano di tranquillizzarsi,
invano. Per
quanto tempo avevano aspettato che quel giorno arrivasse? Per quanto
tempo hanno
desiderato potersi ritenere davvero l’uno proprietà dell’altro?
Troppo.E quel momento era arrivato.
Gli amici stavano arrivando in chiesa, si stavano
sistemando
ai loro posti. Iniziò un continuo
vociare in quella lunga navata riempita di banchi e panchine. Videro
arrivare
Harry che sorridente andò all’altare, aspettando poi che la marcia
nuziale
cominciasse a riecheggiare nell’aria dando inizio a quella che sarebbe
stata la
loro nuova vita.
I minuti stavano passando con una lentezza che
nessuno avrebbe
immaginato potesse esistere. Anche Zayn, impaziente, aspettava in
quella
stupida stanza,dietro la porta, battendo il piede sul pavimento.
Ed eccola lì, quella musica che cominciava a
risollevare gli
animi dei due sposi.
Lentamente, accompagnato dal suo migliore amico
Louis, Zayn
arrivò all’altare al fianco di Harry.
Si guardarono intensamente con i loro occhi lucidi
e pieni
di storie da raccontarsi e amore da donarsi.
Il prete iniziò la celebrazione, e i ragazzi
aspettavano
però solo quella fatidica domanda.
‘Vuoi tu Harry
Styles
prendere come tuo legittimo sposo il qui presente Zayn Malik, per
amarlo,
onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e in
povertà
finché morte non vi separi ?’ gli occhi di Harry si riempirono
di lacrime, alcune
delle quali andarono a scendere lungo le sue goti quasi arrossate.
‘Si,lo voglio.’ Affermò
lui, con la voce strozzata ma
sicura. Una voce spezzata dalle troppe emozioni che cominciavano a
riempire
l’atmosfera. Zayn gli afferrò la mano stringendola dolcemente e
intrecciando le
dita alle sue. Gli sorrise. Non lo faceva spesso, era molto introverso
e
misterioso, e Harry lo sapeva. Ma quando sorrideva, sapeva illuminare
il mondo.
‘E tu Zayn Malik
vuoi prendere come tuo legittimo sposo il
qui presente Harry Styles, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in
salute e in
malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi’
‘si, lo voglio.’
Affermò Zayn e mentre il prete esclamava la
frase per permettergli di baciarlo,
Zayn si era gia fiondato
sulle labbra del suo amato.
E fu così che i due incoronarono il loro amore.
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