Una Stupida Storia d'Amore
Ci
credete se vi dico che ci ho messo un mese prima di finire di scrivere questa
one-shot? Quanto me la prendo comoda xD oltretutto, non ero sicura se
pubblicarla o meno perché non è venuta proprio come volevo.
Sinceramente a me sembra patetica, soprattutto nel finale (sono sicura che mi
tirerete dietro i pomodori =_=''')... comunque ditemi che ne pensate, nel bene e
nel male. Accetto di tutto, ma che sia costruttivo!
Attenzione:
questa storia presenta, come ho
già detto, la coppia Pai/Retasu. Se la cosa non vi piace chiudere la pagina. Se un personaggio non vi
piace chiudete la
pagina. Se siete per le storie stile "E vissero tutti felici e
contenti" chiudete la pagina.
Se
siete disposti a leggere, vi auguro buona lettura... anche se sarà difficile ^^'''
Declaimers:
Tokyo Mew Mew non appartiene a me, ma a Mia Ikumi e Reiko Yoshida. Non
ne possiedo i diritti, quindi la storia non ha scopo di lucro e non è
serializzata.
Una
Stupida Storia d'Amore
Capitolo
Unico - Una Stupida Storia d’Amore
Tokyo
di notte era uno spettacolo stupendo.
Le
piacevano tantissimo le strade affollate di gente, le luci dei
megaschermi e l’atmosfera vivace della folla che riempiva le strade della
città. Tutto questo la faceva sentire affascinata, avvolta da una totale libertà.
Tuttavia,
quella notte niente di tutto questo sembrava entusiasmarla. Si muoveva con passo
spedito tra la folla, gettando ogni tanto occhiate inquiete dietro le spalle, quasi volesse accertarsi che nessuno la seguisse. Se le capitava di
incontrare lo sguardo di qualcuno subito abbassava il capo, nascondendo il volto
dietro la chioma smeraldina che aveva lasciato libera di scorrere sulle spalle,
come una bambina che aveva appena combinato un guaio; ma questo accadeva
rarissime volte, perché non era una ragazza che attirava particolarmente
l'attenzione della gente.
Era
alta, anche troppo per il suo fisico esile;
portava dei semplici blu jeans ed una camicetta bianca, in
coordinato con delle ballerine dello stesso colore. A tracolla aveva una piccola
borsetta nera, di quelle in cui non ci sta mai niente ma che tanto piacciono
alle ragazze, ed il trucco sul viso era praticamente acqua e sapone.
Si
chiamava Retasu Midorikawa ed aveva un inconfessabile segreto. Un segreto che
non avrebbe mai, mai e poi mai raccontato ad anima viva.
Retasu
girò l’angolo, infilandosi in una stradina meno affollata della
precedente. Lo sguardo oltremare vagò incerto
percorrendo l'intera via, fino a posarsi su una figura in particolare. Era un
uomo alto, appoggiato al muro di un bar di dubbia fama. Indossava un giaccone
grigio cenere ed un cappello che non lasciava vedere nulla suo volto. Se
qualcuno l'avesse visto da qualunque altra parte di certo avrebbe pensato che
fosse una persona poco raccomandabile; ma loro si trovavano nel quartiere di
Shinjuku* e lì di tipi così se ne poteva trovare a centinaia, forse anche
peggiori...
La
stretta delle mani di lei attorno alla tracolla della borsa si strinse
convulsamente ed il suo cuore prese a pompare più forte, ma il passo non accennò
a fermarsi. Si incamminò spedita verso l’uomo, fermandosi solo quando
si trovò di fronte a lui.
L’uomo
la notò subito e alzò la testa posando lo sguardo violaceo su di lei;
aveva una carnagione pallida e tratti fini e delicati.
- Sei in ritardo. - disse semplicemente lui. Aveva una voce profonda e seria, ma
non sembrava arrabbiato.
- Scusa, ma mamma sta cominciando a sospettare qualcosa.
Credo che ormai non creda più alla scusa di andare a studiare da Meiko…
- fece un piccolo inchino, dispiaciuta. Lui scosse semplicemente la testa,
sospirando, e l’avvicinò a sé afferrandola dolcemente per un
braccio. Retasu alzò lo sguardo verso il suo viso, arrossendo per
la vicinanza, ma non si scostò.
- Non importa. - disse con lo stesso tono. Per un attimo però sembrò
titubante. - Mi sei mancata. - mormorò poi, con la faccia di chi avrebbe
preferito morire schiacciato sotto un’incudine piuttosto che pronunciare
quelle parole sdolcinate, ma che neppure avrebbe potuto tenerle dentro ancora a
lungo. Retasu comunque non sembrò dispiaciuta, anzi sorrise imbarazzatissima.
- Anche tu, tantissimo… - sospirò prima di alzarsi in punta di piedi e
raggiungere le labbra di Pai.
Pai
Ikisatashi. L’Alieno a capo della spedizione di Deep Blue, il nemico delle Mew
Mew e della Terra stessa. Colui che avrebbe dovuto combattere con tutta la sua
forza.
Pai.
Il suo
piccolo, grandissimo segreto…
Quand’è
che era iniziato tutto?
Retasu non lo sapeva. Forse quando
lei aveva cominciato a chiedersi se non esistessero alternative alla guerra, ed
aveva cercato di far ragionare quell'Alieno dall'aria imperturbabile e glaciale
per trovare una soluzione che non includesse né vincitori né vinti. O forse
quando lui aveva cominciato a perdere speranze in Deep Blue e la sua fedeltà
aveva cominciato a vacillare, tormentata proprio dai discorsi di Retasu.
O magari quando avevano cominciato ad
osservarsi l’un l’altro, duranti le battaglie, e si erano ritrovati a
pensare a quanto fosse tutto così stupido, perché in fondo le
differenze tra loro erano così poche che non bastavano davvero per far
scoppiare quella guerra che combattevano ormai da mesi.
No... probabilmente tutto era
iniziato quel pomeriggio di Marzo.
La scuola per Retasu era finita da un
pezzo, ma il sole splendeva ancora nel cielo e lei non aveva voluto andare
subito al caffè. Aveva preso la strada più lunga che passava per un piccolo
parco in periferia solitamente deserto e si era lasciata cadere su un’altalena
traballante, sicura che nessuno l’avrebbe disturbata. E sarebbe stato così,
se Pai non avesse scelto proprio quel parco per architettare l’ennesimo dei
suoi piani.
- Tu non ti riposi
mai, vero? -
Gli insoliti rumori avevano
insospettito Retasu, che si era avvicinata tanto abbastanza da vedere un’insolita
figura fluttuare al di sopra di un ponte. Per qualche strano motivo, notare che non fosse né
Kisshu né Taruto l’aveva indotta a non praticare subito la metamorfosi.
- E tu non ti fai
mai i fatti tuoi. - aveva sbottato l'Alieno voltandosi scocciato e sorpreso
verso la sua esile figura. Nemmeno lui, vedendola, aveva alzato il suo Raisen**
per attaccarla, forse perché lei non aveva approfittato dell'effetto sorpresa.
Retasu
alzò le spalle,
facendosi indifferente. Le trecce verde foglia ondeggiavano sulla stoffa della
sua divisa, mentre i ciuffi più corti danzavano sulle sua guance. Rimase zitta
qualche secondo, squadrandolo da capo a piedi.
- Non hai freddo? -
Dall'espressione che fece, era
evidente che Pai si sarebbe aspettato tutto meno che una domanda del genere.
Accennò ad un sorriso sarcastico che però morì sul nascere, sostituito dalla
solita maschera di freddezza.
- Adesso ti
importa di come mi sento? -
- Non dovrei? - ribatté lei con una candezza disarmante, che però non impressionò più di tanto
l'Alieno.
- Non l'hai mai
fatto-- non dovresti e basta. -
- Per quale
motivo? -
Pai la squadrò
a sua volta,
chiedendosi cosa esattamente la rendesse così diversa dalle sue compagne.
Ichigo e le altre non esitavano un attimo ad attaccarli. Forse era incredibilmente ingenua
e nutriva davvero la speranza che un giorno Alieni ed umani avrebbero potuto
spegnere le rivalità e cercare insieme una cura per il pianeta di Pai. O forse
era incredibilmente intelligente e nutriva davvero la speranza che un giorno
Alieni ed umani avrebbero potuto spegnere le rivalità e cercare insieme una
cura per il pianeta di Pai.
Sì,
beh... che differenza c'era?
Scrollò la testa.
Quei pensieri non aiutavano di certo, soprattutto in quel periodo in cui la
ribellione di Kisshu lo aveva portato a ripensare a tutto ciò che aveva e stava
facendo. Abbandonò il suo piccolo esperimento, che si smaterializzò con un pop
leggero, e fluttuò fino ad arrivare di fronte a Retasu. Sebbene sfiorasse con i
piedi il cemento dell'asfalto, lei gli arrivava quasi al mento. Non si era mai
accorto che fosse così alta.
- Perché siamo
nemici. -
Quella risposta secca provocò uno
strano disagio nella ragazza. Retasu distolse lo sguardo da quello di Pai,
adombrandosi.
- Perché la fai
così facile? Anche se siamo di pianeti diversi non è necessario per forza
essere l'uno contro l'altro. -
- Forse non ti è
ancora chiaro il concetto. - ribatté seccamente Pai, al limite della pazienza.
Il suo sguardo violaceo ora era duro come acciaio. - Sul mio pianeta la gente
muore ogni giorno. Abbiamo bisogno della Terra, ed io sono stato scelto per
aiutare Deep Blue in questa missione. Collaborare sarebbe come tradire
la mia patria. - nel dirlo, tutti i dubbi che lo assillavano da giorni
sparirono come neve al sole. Lo faceva per la sua gente, maledizione, come aveva
potuto anche solo pensare di provare pietà per la fine degli umani? - Non non
potremo mai essere nient'altro che nemici. -
Retasu alzò lo sguardo oltremare, a disagio. Aprì bocca per
parlare ma scoprì
non avere niente da ribattere. Mugugnò qualcosa di indefinibile, poi abbassò
il capo sconfitta.
- Lo capisco... -
- Bene. Mi fa
piacere che tu finalmente abbia aperto gli occhi. Come si dice... meglio tardi
che mai. -
Retasu non
rispose, immobile, e
Pai pensò che quella breve conversazione si fosse conclusa; senza nemmeno
salutare (come se lui lo facesse mai) si diede una leggera spinta coi piedi e
prese a fluttuare, diretto da qualche altra parte di Tokyo, ma un'intensa luce
smeraldina lo costrinse a voltarsi. Purtroppo, ancora prima che potesse
formulare un qualsiasi pensiero, un potente calcio alla schiena lo spinse
violentemente contro uno scivolo per bambini.
- Nh... - si
lamentò strizzando gli occhi: era riuscito a diminuire l'attrito facendo leva
sulla sua capacità di volare, ma l'impatto era comunque stato forte ed braccio
sinistro era tutto un formicolio dolorante. Si costrinse a non pensarci ed aprì
piano gli occhi, guardingo. Retasu, nel suo scintillante abito verde da MewMew,
lo osservava immobile a pochi metri di distanza. Sul volto aveva un'espressione
che non le aveva mai visto addosso: non era fredda, e nemmeno piena di odio...
sembrava rabbiosa. Ed in effetti, doveva essere molto contrariata per averlo attaccato alle spalle e senza preavviso. Non giocava mai
sporco, lei.
- Avanti,
rialzati! - sbottò, la voce carica d'emozione. - Hai detto che
siamo rivali, no? E allora combattiamo! -
Retasu richiamò le sue nacchere,
facendole materializzare nei palmi. Pai non ci rifletté più di tanto: si
smaterializzò subito, evitando così per un pelo un micidiale getto d'acqua che
finì per dare il colpo di grazia alla povera altalena. La ragazza indietreggiò
di alcuni passi per evitare le schegge e sbuffò quando si rese conto di non
aver colpito il suo reale bersaglio. Alzò lo sguardo al cielo, vuoto ed carico di nuvole nere ma
sgombro da Alieni volanti;
allora prese ad osservarsi intorno, mentre la rabbia si mischiava ad
irritazione. Pai sembrava sparito. Magari se ne era veramente andato via,
pensando che non valeva la pena di combattere contro di lei.
- Vieni fuori,
vigliacco! - urlò al massimo dell'indignazione, e fece per aggiungere
qualche altra parolina poco gentile quando la stretta improvvisa del braccio di Pai
intorno al suo collo la immobilizzò. Sentì la guancia ruvida di barba non fatta contro la tempia destra e si sentì improvvisamente spaventata. Era in
trappola e Pai avrebbe potuto finirla con un semplice colpo. Cercò di
divincolarsi, ma inutilmente: la sua forza non era nemmeno lontanamente
paragonabile a quella dell'altro.
- Che cazzo ti
prende ora?! - sbottò lui al orecchio, senza capire il perché di quel
comportamento.
- Che mi prende?! - rispose lei nello stesso tono, cercando di stare quanto più distaccata da
lui e sempre più a disagio. - Siamo
nemici o hai già cambiato idea?! -
- Questo non
giustifica il tuo comportamento sleale! -
Sleale? Io?
E cosa c'è di leale nel tacere
ciò che si provava dentro?
- In amore ed in
guerra tutto è lecito! -
Pai rimase interdetto da quella
battuta, ma anche se fosse riuscito a trovare qualcosa da ribattere non ne
avrebbe avuto il tempo, perché l'improvviso stretta delle dita di Retasu
intorno al suo braccio, insieme alle sue unghie, lo costrinse a lasciare
la morsa intorno al collo della ragazza; in meno di uno due secondi la MewMew se
n'era già balzata via, fulminea, ed era corsa via sciogliendo la
trasformazione.
Pai non provò nemmeno a seguirla. La
osservò impassibile mentre svoltava l'angolo del parco sparendo dalla sua vista
e si smaterializzò, senza pensare a
nulla.
Certo, quel breve scontro non avrebbe
davvero potuto definirsi la nascita di un amore, però aveva lasciato strane
sensazioni, strani pensieri a cui nessuno dei due riusciva a dare un posto nella
mente.
Retasu non sapeva bene perché si era
comportata in quella maniera.
Odiava la violenza e l'inganno, li aveva provati
sulla propria pelle. Quando combatteva spesso lasciava all'altro la prima mossa
e ricorreva alle proprie armi solo per difendersi, ma preferiva le parole. Forse era per quello che alla fine il suo
avversario principale era sempre Pai... beh, ma alla fine che le importava?
Aveva capito che non sarebbe servito a niente continuare con quei discorsi, per
lui erano solo parole al vento. Aveva creduto che prima o poi sarebbe riuscita
a farlo ragionare, invece si era rivelato come tutti gli altri, ottusi fino
all'inverosimile. Per loro esisteva solo la guerra e nessun'altra alternativa.
Forse era lei che sbagliava... già,
forse era così. In effetti il suo era un bel sogno, un'utopia; non si
sarebbe mai realizzato, non poteva realizzarsi. Alla fine si era arresa all'evidenza: loro
non sarebbero stati nient'altro che nemici.
Nient'altro.
Però... cos'era quella stretta dolorosa all'altezza del
cuore che provava ogni volta che ci
pensava? Ed i singhiozzi che la scuotevano ogni volta che ci pensava?
Loro erano nemici, avversari.
Perché le faceva così male
ripeterselo ogni mattina?
Non lo sapeva... non riusciva a capire.
Ogni tanto uno strano pensiero si faceva spazio nella sua mente, dava
una risposta semplice quanto spaventosa, ed ogni volta Retasu si ritrovava senza
fiato per la paura.
Amore.
No, non poteva essere così. Non
poteva e basta.
Perché Pai era un
Alieno.
Perché sicuramente non la
considerava.
Perché lei era innamorata di Ryo.
Perché era troppo debole per affrontare una verità del
genere.
Perché c'era
una guerra importante da combattere.
Perché le sue amiche non l'avrebbero mai
sostenuta.
Perché sarebbe stato tutto così
difficile.
Perché sarebbe stato
come tradire la Terra e la fiducia che i Ryo e Kei avevano riposto in lei.
Perché... perché erano nemici. Semplicemente.
E fine, punto, stop.
D'altra parte, nemmeno per Pai era
una situazione semplice.
Nemmeno lui riusciva a capire cosa
fosse preso alla solita tranquilla MewMew che combatteva solo perché costretta.
Non capiva quel cambiamento repentino, quello sguardo inquietante, quella rabbia furiosa. Era certo di essere stato lui ad innescare quella "bomba",
non era così ingenuo da non arrivarci. Però non capiva perché; e se la
sarebbe potuta cavare con un semplice Le donne sono impossibili da capire per tornare a fare il menefreghista freddo e duro
di sempre, invece... stava di fatto che quei pensieri lo tormentavano ogni
secondo.
E
subentrava una sensazione
di gelo, di solitudine.
Adesso ti importa di come mi
sento?
Non lo avrebbe mai ammesso, mai,
nemmeno sotto tortura, però in fondo -molto in fondo- il
fatto che lei si preoccupasse di lui gli faceva piacere. Era una bel
pensiero. Ed era normale che lo fosse perché, si diceva ogni volta, per chi non lo era?
Però non Retasu. Non lei. Non poteva
davvero abbandonarsi a certi pensieri. Non lui, non adesso, non con lei.
Perché
lui era Pai Ikisatashi.
Perché il suo pianeta urlava di dolore e chiedeva
disperatamente un aiuto.
Perché Deep Blue contava su di
lui.
Perché Taruto e
Kisshu lo avrebbero guardato come se non fosse più veramente Pai.
Perché lei
-se n'era accorto benissimo- era attratta da quel ragazzo biondo che stava
sempre con il suo gruppo.
Perché aveva delle responsabilità enormi sulle
spalle.
Perché non valeva la pena di buttare al vento la fiducia della sua
gente per amore.
Perché era stupido.
Perché... perché erano nemici. Semplicemente.
Ed anche per lui fine, punto,
stop.
Una volta, in uno dei loro incontri
segreti nel vecchio bar di Shinjuku, avevano parlato riguardo a questo. Era strano
come due persone così apparentemente diverse come loro avessero avuto reazioni
del tutto simili: entrambi avevano deciso di continuare di far finta di
nulla e reprimere quelle sensazioni per il bene per cui combattevano.
Retasu
aveva scherzato dicendo che, forse, era stato proprio il destino a volerlo. Pai,
razionale come sempre, aveva ribattuto che probabilmente chiunque avrebbe
deciso di comportarsi così.
E
probabilmente avrebbero continuato a
nasconderlo, se una sera Taruto non avesse avuto la geniale idea di lasciar
libero un chimero per la baia di Miho.
Erano passati ben
tre mesi da quell'incontro.
Era
Giugno ed un sole assurdamente caldo splendeva su Tokyo. Dato che le scuole erano finite ed al caffè venivano
pochissimi clienti Ryo e Keiichiiro avevano deciso di chiuderlo per andare in vacanza nella piccola villa a Miho che si era scoperto
essere una delle tante eredità del ragazzo. Ichigo, in uno dei suoi soliti bisticci con il biondo, aveva
preteso che anche le ragazze andassero con loro come ricompensa per il loro buon
operato: lui alla fine aveva acconsentito, più per metterla a tacere che per
altro.
Era
strano, ma Retasu non ne era
rimasta così entusiasta. Il che era assurdo se si pensava che quella vacanza
significava poter stare con Ryo ventiquattro ore su ventiquattro:
nemmeno dei suoi sogni aveva mai sperato tanto. Eppure,
stranamente, la sua mente era sempre altrove... e non era solo una sua
impressione, perché persino Ryo se ne accorse.
- Che cos'hai? -
Retasu
voltò di scatto,
distogliendo lo sguardo dalla vista del mare. Ryo
guidava tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, ma si capiva che la domanda era
rivolta a lei perché nell'auto erano soli.
Era un mercoledì
pomeriggio come tanti.
Quella mattina si era svegliata prestissimo per raggiungere Miho
assieme a Ryo, che era rimasto al caffè appositamente per aspettare lei che a
differenza delle altre aveva finito di frequentare le lezioni solo il
giorno prima. Keiichiiro ed il resto del gruppo erano già alla villa da una settimana;
Ichigo e Purin l'avevano chiamata tante volte pregandola di raggiungerle al più presto,
dato che si stavano divertendo tantissimo e non vedevano l'ora di essere tutte
insieme.
Ora erano quasi
arrivati a destinazione, dopo ben tre
ore di viaggio dove le uniche voci erano state quelle della radio in sottofondo.
- Io... - balbettò arrossendo, pensando che Ryo si fosse spazientito del suo silenzio. Non che l'avesse fatto apposta; aveva preso ad osservare il panorama
e si era imbambolata, persa in chissà quali pensieri.
- E' da un po'
che sei strana. - sentenziò lui senza aspettare una risposta. Retasu
abbassò la testa, dispiaciuta.
- ... scusa. -
Ryo le rivolse
un'occhiata
indifferente.
- Non ti devi scusare. Però mi chiedevo cosa ti rendesse così... - e lasciò
la frase in sospeso, invitandola ad aprirsi. Retasu sospirò, prendendo a
tormentarsi le mani. All'improvviso si sentiva fuori posto.
Ryo si stava preoccupando per lei...
in
genere era il contrario; era sempre lei a cercare di capire i suoi problemi.
Questo avrebbe dovuto farla arrossire, emozionare, lusingarla... ed invece
niente. Il nulla più totale. Niente rossore -se non quello dovuto alla vergogna-, niente
battito a mille, niente pensieri romantici sullo svolgersi di quel discorso.
Niente. Ed era una cosa che si ripeteva già da un po', ultimamente.
Aveva capito da alcuni mesi che
qualcosa non andava in lei. Non le capitava più di balbettare o arrossire
quando gli parlava. Non le sudavano i palmi delle mani quando gli stava vicino.
Nemmeno i suoi sogni erano più popolati da lui. Forse, senza nemmeno rendersene
conto, la sua cotta per Ryo s'era affievolita fino a ridursi ad un grande
affetto per un amico e nient'altro... ma come?
No, non poteva essere. Insomma, non
funzionava così. Non ci si innamorava perdutamente di un ragazzo per oltre un anno e poi,
da un momento all'altro, lo si scopriva solo un amico. Cioè, non c'era logica!
O almeno non ci sarebbe stata se non ci fosse stato qualcun'altro a cui
pensare... ma non c'era, no?
- Ti sei imbambolata di nuovo. -
Retasu
alzò di scatto la testa, incrociando lo sguardo frustrato del ragazzo. Oddio,
si stava comportando malissimo nei suoi confronti. Lui ogni tanto si apriva con
lei -per quando possibile, data la natura schiva di Ryo- ed invece ora non
faceva altro che ignorarlo...
- Scusa, scusa davvero, però... mi sento così confusa in questo periodo
che... -
Che...
non sapeva più come continuare. Con un'espressione mortificata lasciò cadere
il discorso. Ryo continuò ad osservarla per alcuni attimi, poi tornò a
fissare la strada in silenzio. Non dissero più nulla fino a quando
arrivarono a destinazione.
La
villa di Ryo non era molto sfarzosa, però era abbastanza grande e pulita;
inoltre era circondata da un'enorme pineta che continuava per oltre tre
chilometri di lungomare.
Il posto era bellissimo, il mare cristallino ed i ragazzi del
luogo simpatici e carini: di fronte alla prospettiva di
restare lì con le sue più care amiche l'aveva fatta sentire leggera,
spensierata; così le prime giornate erano passate a prendere il sole, giocare a
beachvolley e chiacchierare di cose inutili con il gruppo, il tutto lontano dal
pensiero della guerra o dei propri sentimenti.
Poi
però era successo. Era successo, travolgente e affascinante come
una tempesta estiva... e da lì niente era stato più come prima.
Il
sole era
appena calato all'orizzonte. Avevano appena finito di cenare:
Keiichiiro, Purin e Ichigo stavano facendo una gara a chi mangiava
più gelato; Mint e Zakuro leggevano una rivista di moda; Ryo se ne stava
stravaccato sul divano a guardare la TV.
Lei
era sul terrazzo a godere la brezza marina che le scompigliava i
capelli. Stava così bene lì, in pace col mondo. Chiudeva gli occhi e
niente più esisteva, se non il fragore lontano delle onde.
Poi
c'era stato un botto improvviso, e la voce squillante di Taruto l'aveva
riportata alla realtà.
- Vi abbiamo trovate! -
Retasu
alzò di scatto la testa, trovandosi di fronte il piccolo Alieno. Fluttuava a
mezz'aria a pochi metri dal terrazzo con i palmi delle mani rivolti verso
l'altro: su di essi teneva due chimeri gelatinosi. Non ebbe nemmeno il tempo di
aprire bocca che il bambino scaraventò un chimero verso di lei. Con un impulso
dettato dalla sua parte neofocena scartò a lato, e mentre rotolava a terra il
chimero esplose nello stesso posto dove poco prima osservava l'oceano. Lo
schianto fu così forte da far tremare tutta la villetta.
- Cosa... - provò a ragionare, confusa, mentre si rialzava da terra. Le
sue compagne erano giunte di corsa, preoccupate per il botto. Retasu vide Zakuro
e Mint trasformarsi appena inquadrarono la pallida figura di Taruto, mentre
Ichigo e Purin si avvicinavano a lei.
- Sto bene. - sbottò prima che una di loro potesse chiederglielo e si
alzò definitivamente da terra. Rivolse lo sguardo al cielo, cercando gli altri
due Alieni: Kisshu fluttuava molti metri più su del fratello ed a quanto
riusciva a vedere stava urlando qualcosa nella loro direzione. Sembrava
contrariato, forse Taruto non aveva detto niente riguardo all'attacco... le
importava poco.
Ma
dov'era Pai?
Continuò
a cercarlo nel cielo per alcuni secondi mentre le sue amiche combattevano
contro i due Alieni, prima di rendersi conto di ciò che stava facendo. Perché
le importava tanto sapere dov'era Pai? Ok, era il suo eterno avversario,
però... si sentiva stupidamente confusa. Più stupida che confusa, e per
qualche assurda ragione arrossì.
- Retasu! -
Alzò
la testa di scatto quando Zakuro la chiamò. La mew lupo stava in perfetto
equilibrio sulla ringhiera della terrazza, e stava trattenendo con la frusta un
chimero che Mint e Ichigo si preparavano ad attaccare. Con un cenno del viso le
indicò un punto indefinito della pineta a destra della villa. A Retasu bastò
osservare meglio per individuare la figura di Purin seguire quella di Taruto fin
dentro la boscaglia... siamo alle solite, pensò frustrata: per Purin le
battaglie erano un gioco, era ancora troppo infantile per capire i reali
pericoli che poteva costituire Taruto (per quanto anche lui non fosse da meno, a
livello di maturità). Annuì a Zakuro, quindi si trasformò e prese a correre
nella stessa direzione dei due, per dare una mano a Purin.
Il
bosco era fitto e tetro, molto differente da come l'aveva visto l'ultima volta
che ci era passata con le ragazze. L'eco della battaglia si sentiva fin lì e
nella solitudine della pineta era anche peggio che dal vivo. Retasu cercò di
non pensarci, mentre correva e si guardava intorno. Di Purin e Taruto nemmeno
l'ombra: si sentivano le loro voci, lontane, ma tutto intorno a lei era immobile
e scuro, niente a che fare con i due esagitati bambini.
Era
sul punto di tornare indietro per dare una mano alle altre, quando una voce
-quella voce che da mesi non le sembrava più fredda e distaccata, ma calda ed
in qualche modo famigliare- la immobilizzò.
- Non è una cosa saggia girare sole solette in luoghi così isolati. - non ebbe
nemmeno il tempo di voltarsi. Un lieve fruscio da'aria e Raisen era
appoggiato al suo collo, col suo tocco solleticante e letale. - Soprattutto se
in giro ci sono dei brutti ceffi come noi. -
Era
Pai. Pai. Pai.
Era
alle sue spalle e l'aveva braccata senza lasciarle via di scampo.
Avrebbe
dovuto essere immobilizzata dal terrore, dalla paura di un suo attacco; invece sorrise,
rossa d'emozione perché -era illogico, patetico, eppure era così-
lui era lì, a pochissimo dal toccare le sue spalle. Perché -ancor più
assurdo- erano soli, come quella volta nel parco. Perché -e qui si
sfiorava il ridicolo- nella voce di Pai c'era una nota strana, quasi ironica.
Retasu
si
sentiva... strana, leggera; qualcosa alla bocca dello stomaco svolazzava e le
provocava brividi lungo la schiena.
- Non è leale colpire alle spalle. - disse con lo stesso tono usato dall'Alieno.
Trattenne il fiato quando sentì Pai chinarsi veloce su di lei e sfiorarle i
capelli con la guancia.
- Io non ti ho ancora attaccato. - esalò lui a pochissimo dal suo orecchio.
Retasu era sicura che non ci fosse malizia né altro in quel comportamento, non
era affatto da Pai; eppure ciò le risparmiò un mezzo infarto. La
mente era piena solo del suono della voce dell'Alieno. Non riusciva a formulare pensieri
coerenti e avrebbe volentieri chiuso gli
occhi per abbandonarsi a quelle sensazioni, sennonché una vocina -quella della
coscienza o della ragione, forse- le urlò che lei era in presenza del suo
peggior nemico e che doveva provare a scappare se non ci voleva
rimettere la pelle.
Con
uno scatto veloce a destra cercò di sfuggire al Raisen, ma Pai fu
fulmineo. Una mano fredda le strinse il braccio, costringendola a voltarsi; poi un
corpo molto più pesante e grande di lei la schiacciò contro
qualcosa di duro, frastornandola.
E
fu così che si ritrovò addossata al tronco di un albero, con Pai che con una mano
le stringeva il polso sinistro e con il braccio libero le cingeva le spalle,
avvicinando il volto di lei al suo collo.
L'Alieno le era completamente addosso; sentiva il suo fiato caldo sui capelli e
la sulla fronte. Non aveva vie d'uscita.
Era completamente, inevitabilmente in
trappola.
Il cuore non ne voleva sapere di smettere di martellare incontrollato nel petto.
- Ti ho catturato. - mormorò Pai, questa volta serio. La sua voce era qualcosa
di terribilmente affascinante. - Ora sei mia. -
Chiudere
gli occhi per perdersi nei possibili significati di quelle parole questa volta
fu inevitabile.
- Mi... mi hai colto di sorpresa. - riuscì a sbiascicare con la poca lucidità
rimasta. - Non è leale. -
Trattenne
il fiato sentendo Pai ridacchiare. Lui rilassò i muscoli del petto e delle
braccia, la stretta intorno a lei si fece più gentile... possessiva, quasi.
Evidentemente
nemmeno Pai era più molto lucido, perché lo sentì sfiorare la sua fronte con
le labbra. E poi più giù, sulle palpebre, sul naso, sulle guance...
- In amore ed in guerra tutto è lecito. -
...
sulle sue labbra, finalmente...
I
baci di Pai erano sempre dolci, timidi, da ragazzini inesperti. Erano molto
diversi da quelli passionali dei romanzi rosa che raccontavano di storie segrete
come la loro. Eppure, per quanto a volte la voglia di oltrepassare
il confine (cosa che Pai si rifiutava di fare, per qualche motivo contorto)
fosse così forte da sembrare frustrante, Retasu amava questo suo modo di fare.
Beh... alla fine amava un po' tutto di lui.
Amava
il suo essere riflessivo e opportuno sempre e comunque.
Amava
i lunghi discorsi con lui, che trattassero di stupidaggini o argomenti seri.
Amava
quando arrossiva se lei lo punzecchiava con domande imbarazzanti, o quando per
gioco faceva la maliziosa.
Amava
il suo sguardo violaceo, con tutti sempre così gelido ma con lei così...
dolce, indefinibile.
Amava
cercare di capire i suoi ragionamenti contorti e la sua psiche tormentata.
Amava
le espressioni buffe che faceva ogni volta che lei gli spiegava il funzionamento
degli oggetti di tutti i giorni.
Amava
il modo in cui l'abbracciava, gentile come se fosse stata di cristallo, eppure
possessivo come se la vedesse fuggire via ogni secondo.
Amava...
era una lista così lunga. Semplicemente amava Pai, punto. Totalmente,
inevitabilmente, incondizionatamente.
Quanto
a Pai... beh, era la prima volta che provava qualcosa di simile, e ne era
felice, anche se non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente. Era sempre stato per
natura una persona razionale, una di quelle che ci pensa tre volte prima di fare
qualcosa; ma quel bacio nella pineta, il primo di un lunga serie, era stato
dettato da un impulso così forte da superare la ragione. Sapeva che avrebbe
dovuto maledirsi di quel gesto, che non era da lui, che non era illogico e tutte
quelle menate lì; ma se provava a stare lontano da Retasu un po' più del
possibile la sua mente ed il suo corpo protestavano con una violenza tale da
renderglielo impossibile. Starle lontano ormai era un dolore fisico.
Era...
così imbarazzante pensarlo, eppure doveva ammetterlo. L'amava.
Amava
le sue guance rosse d'imbarazzo quando l'abbracciava, e la sensazione delle sue labbra
soffici quando la baciava.
Amava
il suo comportamento goffo ed impacciato.
Amava
come lei riuscisse a farlo sentire felice e spensierato con il semplice suono
della sua risata.
Amava
quando le sfilava -con la forza, perché lei non se ne separava volentieri- gli
occhiali per osservare i suoi grandi occhi blu.
Amava
osservare il cambiamento repentino delle sue espressioni del viso.
Amava
il suo essere lunatica e tenera e altruista.
Amava
la sensazione della sua pelle calda a contatto con la sua, gelida.
Amava...
la lista era veramente lunga anche per lui. Semplicemente amava Retasu, punto.
E, per quanto la parte razionale di sé gli urlasse che tutto ciò aveva niente
di buono, non poteva farci assolutamente niente.
Perché rinunciare a lei gli era semplicemente impossibile, a quel punto...
Eppure,
per quanto idilliaco e romantico e bla bla bla potesse essere la loro
storia, c'era un Ma. Un Ma pure bello grosso, che entrambi cercavano
disperatamente di ignorare.
Non
parlavano mai della guerra quand'erano insieme. Mai.
Mano
a mano che la storia andava avanti, trovare il tempo per incontrarsi -di
nascosto, per di più- diventava sempre più difficile ed era un peccato sprecare
le poche ore a disposizione per parlare di cose spiacevoli. Cercavano di non
pensarci, di ignorare i loro rispettivi compiti e godere soltanto della
sensazione di stare insieme come un ragazzo ed una ragazza.
Però
quel pensiero era sempre presente in un angolo delle loro menti e provocava un disagio quasi soffocante.
E
poi, tutte quelle bugie raccontate per nascondere la loro storia. Retasu era per
natura una ragazza onesta -anche troppo- e mentire alle sue amiche, a Ryo, ai
suoi genitori, a tutti la faceva sentire con la coscienza sporca. Per Pai non
era questo il problema più grande, controllare le emozioni era così facile per
lui, ma nemmeno l'Alieno si sentiva meglio.
Era
stato scelto tra centinaia di coetanei per quella missione ed aveva accettato il
suo compito con orgoglio... ed ora eccolo lì, che disonorava tutto ciò in cui
aveva creduto per una stupida storia d'amore.
Ignorare
il senso di colpa era possibile fino ad un certo punto. Entrambi sapevano che prima o
poi sarebbe arrivato il momento i cui tutto sarebbe stato così pesante da dover
mollare.
Infine
il momento era arrivato. Quella sera, con quelle parole.
- Noi dobbiamo parlare. -
Pai
rimase interdetto a quelle parole. Evidentemente, il 'dobbiamo parlare' era
un sinonimo di disgrazie anche per gli extraterrestri.
Cercò
con lo sguardo quello di Retasu, ma lei osservava un punto indefinito del
pavimento e la cortina di capelli le copriva il volto. Evidentemente non aveva
il coraggio di guardarlo in faccia, come lui non aveva il coraggio di
risponderle.
Improvvisamente
si sentiva... pesante, forse. In precario equilibrio come qualcuno che cerca di
stare su un filo di seta, e sa che sotto di lui c'è solo il
vuoto...
- Ti ascolto. - riuscì a reagire, sforzandosi di apparire impassibile. Ma gli
occhi lucidi di Retasu, quando alzò il volto, bastò per far crollare la sua
maschera.
- Io non ce la faccio più a mentire a tutti. - sbiascicò con voce rotta mentre
i lucciconi minacciavano di rigarle le guance. - Non ce la faccio... non è
colpa tua, io ti voglio così bene ma... -
- Retasu... -
- ... non ce la faccio più, scusa... -
Era
strano, forse anche irreale. Aveva sempre visto le coppie rompere a suon di
urla, di schiaffi, di tremende litigate. Aveva sempre pensato che quando sarebbe
accaduto a lui, a loro, si sarebbe sentito malissimo. Aveva sempre creduto a
tante cose, invece niente di ciò stava accadendo.
Mentre
Retasu piangeva, in silenzio, Pai non poteva fare altro che guardarla senza
vederla affatto. Non si sentiva male... non sentiva niente. Era vuoto, ecco.
Aveva un buco dentro il petto, una voragine.
Avrebbe
voluto abbracciare Retasu, mormorarle parole di conforto, dirle che tutto si
sarebbe sistemato in un modo o nell'altro -anche se sapeva che era un'altra
bugia- ma non ne aveva la forza. Era giusto che si lasciassero. Non avrebbe
dovuto nemmeno iniziare tra loro.
Erano
nemici.
Non
avrebbero potuto essere nient'altro che nemici.
Avrebbe
dovuto rinunciare a lei e tornare a condurre la solita vita come subordinato di
Deep Blue. Avrebbe dovuto rinunciare ai suoi baci, alle sue risate, al suo amore
che lo faceva sentire così bene.
Quel
pensiero lo scosse e fu sul punto di prenderle le spalle e scrollarla, con
veemenza, e urlarle che non poteva finire così, che non voleva, che l'amava...
ma nel guardarla di nuovo, con il volto rosso rigato di lacrime e le spalle
sconvolte dai singhiozzi, realizzò che tutto quel dolore era colpa sua. Farle
del male era l'ultima cosa che voleva... ma ribellarsi alla sua decisione
significava solo prolungare il suo dolore.
Un
sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra.
L'amava,
e per questo l'avrebbe lasciata...
- Così è finita. Ti auguro di trovare qualcun'altro che ti possa far felice...
al contrario di me... - mormorò infine, distrutto. Sentì Retasu singhiozzare
più forte e si alzò di scatto, dandole le spalle. Non aveva la forza di
continuare con quel discorso. Chissà, forse avrebbe dovuto darle un ultimo
bacio d'addio come succedeva nei film d'amore che avevano visto insieme-- non
doveva pensarci, accidenti!
Non
si voltò nemmeno. Se lo avesse fatto non l'avrebbe più lasciata, lo sapeva. E
non poteva succedere.
Non
avrebbero potuto essere nient'altro che nemici.
- Addio. -
Poi
se ne andò, lasciando Retasu sola nel locale buio e pieno di gente, a piangere
sul dolce ricordo della loro stupida storia d'amore ormai finita.
*
*Shinjuku:
quartiere a luci rosse di Tokyo, dove le signorine di buona famiglia come Retasu
& Company non dovrebbero mai andare... xD
**Raisen:
è il nome del ventaglio di Pai. Non ricordo da dove l'ho preso, sono anche
andata a cercare su Wikipeidia delle informazioni al riguardo, ma niente...
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