Waiting for Dark
Stasera il cielo è terso e
le stelle brillano più del solito. Sarà a causa del suo prodigio? Non so
come, ma alle dieci in punto, proprio quando lui si è presentato al museo,
la corrente è mancata in questa zona della città, e ora questo squarcio di
cielo appare come un meraviglioso pavimento scuro su cui si sono
sparpagliate milioni di perle, cadute forse da una collana rotta, come le
lacrime di un cuore innamorato che anela di poter rivedere il suo angelo
dalle ali nere.
Ed io lo aspetto qui,
quell’angelo, bellissima ombra nell’oscurità della notte che solca il mare
di stelle in totale libertà. Nessuno può metterlo in gabbia, nessuno può
fermarlo, nessuno può legarlo a sé: è questo che mi piace pensare, benché il
non poterlo avere per me mi rattristi un po’. Ma Dark-san deve essere libero
di fare le sue scelte, ora e per sempre.
Si alza il vento e mi
stringo nelle spalle, avvertendo brividi di freddo in tutto il corpo. Ad
essere onesta, non dovrei nemmeno essere qui, oggi. Non sono andata a
scuola, stamattina, perché ho l’influenza; e se la mamma o Riku si accorgessero
della mia assenza, di sicuro si arrabbierebbero non poco. Mia sorella sarebbe capace
di rincorrermi in capo al mondo se sapesse che esco per incontrare Dark-san.
È sempre stata la più apprensiva delle due. O forse sono io, ad essere
incosciente. Non mi importa, vale la pena di rischiare per lui, per l’uomo
che amo.
Se provassi a spiegarlo
a Riku, lei mi sgriderebbe ancora di più: proprio non capisce quel che provo
per Dark-san, né sarà mai in grado di quantificare l’amore che gli porto nel
cuore. Dice che uscire a quest’ora, da sola, è pericoloso, che potrei finir
male, e che ormai sto assumendo la stessa mentalità di Dark-san. Non credo
sia un complimento, il suo, visto che, quando me lo urla contro, le pulsa
una brutta, orribile vena sulla fronte. È convinta che Dark-san sia un
criminale, un malintenzionato e basta. Io, invece, la vedo di gran lunga in
modo diverso e tremendamente più romantico: per intenderci, lo amerei anche
se fosse un serial killer, ecco. Per quel che mi riguarda, se anche lo fosse
per davvero, resterebbe sempre e solo Dark-san. Lui e basta. Il resto non
conterebbe. Come non conta il fatto che sia un ladro, appunto. Come se uno
potesse scegliere di chi innamorarsi!
La fa facile Riku, a
raccomandarmi di starmene buona a casa, di smetterla di corrergli dietro.
Lei parla così perché può vedere Niwa-kun tutti i giorni a scuola, mentre io
devo accontentarmi di appostarmi sul tetto di un edificio nei pressi del
luogo in cui Dark-san farà la sua comparsa questa o quella notte, aspettando
– invano, il più delle volte – che si accorga della mia presenza.
Ma va bene così: mi
accontento di vederlo sfrecciare nel cielo, mi accontento di saperlo sano e
salvo, piuttosto che costretto a correre dei rischi per venire da me.
Oh, eccolo! Eccolo!
Quelle ali nere…! È Dark-san! È lui!
Lo chiamo con tutto il
fiato che ho nei polmoni, ma un attacco di tosse mi spezza la voce, e sono
costretta a tacere. Il raffreddore non mi dà tregua, e seppure i miei occhi
lacrimano per lo sforzo, continuano a seguire quella meravigliosa figura
che, ali spiegate, si mimetizza nell’oscurità, scomparendo velocemente dalla
vista di tutti.
Riprendo fiato, provo a
chiamarlo ancora. In risposta, solo l’eco delle mie parole che si disperdono
sui tetti della città e quella delle sirene della polizia. Ma la sua voce,
la voce calda e rassicurante di Dark-san, non arriva a me.
Mi stringo di nuovo nel
cappotto, mentre sento due lacrime scendere sul viso, e questa
volta non certo per il troppo tossire. Il peso nel cuore mi impedisce di
parlare ancora.
Forse la mia voce non
l’ha raggiunto. E chissà se mai lo farà.
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