Until

di aniasolary
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Until
 
 

Illustrazione di presa da Google.
Grafica dell'immagine a cura di Honey Essentials.
Ne è vietato il riutilizzo. Tutti i diritti riservati.

Prologo
 
Inattivo.
La bambina colora di rosso tutto il foglio bianco, con tratti pesanti, come se stesse cercando di bucare la carta. Alza il viso e la luce che filtra dalla finestra le colpisce gli occhi, azzurri, trasparenti come vetro. Continua a  colorare, concentrata.
Un’altra bambina le si avvicina, i capelli rossi, fiammate senza fumo sul suo grembiule bianco, così chiaro  da riflettere il bagliore di luce che attraversa il vetro della finestra.
«Hai finito il tuo disegno, Sarah?» le chiede.
«Non ancora,» dice Sarah, ha una voce chiara, piccola come lei. Soffia sul foglio e la polvere di mina vola via, a lasciare una nuvoletta rossa in aria che si dissolve.
«Ma cos’è?»
L’altra bambina le toglie il foglio dalle mani e prende ad osservarlo. La sua bocca si muove in una smorfia che presto si trasforma in una risata, e guasta completamente il sorriso di Sarah.
«Perché fai così?»
«È orribile,» dice la bambina. «Non sai proprio disegnare, Sarah.»
Per attivare, premere sul tasto rosso.
«Ridammelo.»
L’altra ride.
«Ridammelo, Julia!»
L’altra smette di ridere.
Gli occhi scuri della bambina con i capelli rossi si fanno due fori da cui sembra passare fumo, mentre solleva il foglio – foglio colorato di rosso per creare il tramonto, una mamma, un papà e una bambina che lo guardano abbracciati, il mare blu ai loro piedi – e lo tiene fermo con due dita.
L’altra bambina apre leggermente la bocca, come se stesse per dire qualcosa. E Sarah ha un’espressione di aspettativa che sfocia nel nervosismo.
Attenda che sia effettuata l’attivazione, per favore.
Ma l’unico suono che riecheggia sul chiasso degli altri bambini è il foglio che si strappa in due.
Stran.
E poi in quattro.
Stran.
«No!»
Stran.
I pezzetti strappati finiscono a terra, lentamente, come se un filo li guidasse sul pavimento, marionette inermi di un gioco che non possono conoscere. Sarah si alza dalla sedia e ne prende qualcuno.
Le lacrime intorno ai suoi occhi luccicano.
«Grazie per avermelo fatto vedere,» dice Julia.
Sarah la guarda, immobile, mentre le lacrime scendono. I pezzi di carta giacciono a terra, rovinati.
Julia si gira, ride, chiama altre bambine. «Venite a vedere che cosa ha fatto Sarah!»
Ma Sarah resta ferma, con le mani a terra, mani piccole e chiare, piccole e morbide sul freddo del pavimento…
E poi Julia bambina non parla.
Smette di ridere.
Cade a terra.
Attivazione in corso.
La maestra si alza dalla cattedra e raggiunge la bambina. «Oddio, Julia! Che cosa succede, sei caduta…?» Stesa sul pavimento, la bambina trema con gli occhi spalancati, i capelli rossi ritti in testa e la pelle tirata, come se avesse preso una scossa. «Julia, Julia, Julia!» La maestra la scuote, ma ora la bambina batte anche i denti, le palpebre, agita le braccia, le gambe… il suo viso non è più roseo, ma ha quella sfumatura grigia di chi è malato e non mangia da giorni.
Tutti gli altri bambini cominciano a piangere.
«Johanna, chiama l’infermiera!» urla la maestra.
Una bambina corre fuori dalla classe, mentre Sarah si stringe la testa fra le mani e piange, continua a piangere.
«Smettila, per favore! Basta, per favore! non voglio farle male, basta, basta, basta! Non voglio farle male, non voglio!»
Tutti si girano verso di lei.
«Basta, basta, basta!» urla Sarah. Povera, povera piccola. Julia smette di tremare e Sarah non urla più. Ci sono solo occhi inorriditi puntati su di lei, smorfie di disgusto, un silenzio che la fa singhiozzare, ancora di più. Povera, povera piccola.
Attivazione in corso.
Julia si muove appena, sul pavimento.
Glu, è il suono che esce dalla sua gola.
Glu, è il suo stomaco che si appiattisce.
«Non volevo…» sussurra Sarah. Ma quando si volta verso gli altri bambini, nessuno sostiene il suo sguardo. «Non volevo!» ripete, ripete ancora, piange tanto, la maestra ora sarà fuori con Julia per vedere chissà quali danni avrà fatto al suo cervello.
Dalla mia finestra, con un cannocchiale e le cimici che ho instaurato nella classe dell’edificio della Starbright, posso vedere e sentire tutto quello che succede.
Prendo in mano il congegno che ho costruito, quello che ho appena sperimentato, quello che sarà legato a lei per sempre e che la renderà, insieme a tutto il resto, la mia arma più forte.
Sarah piange in un angolo della classe.
Attivazione completata.
Lascio acceso il congegno e lo poggio sul tavolo accanto a me.
Sorrido.
Con successo.
*
*
*
*

Ciao a tutti voi <3 Non immaginate quanto sono emozionata nel pubblicare questa storia. Until è la mia prima Originale, e spero di trovare qualche anima buona che mi segua in questo pazzo viaggio :D Wow, che emozione! l'ho già detto? xD
Spero che, se la storia vi ha incuriositi, mi lascerete due paroline, così posso sapere se vale la pena andare avanti <3
Grazie a te che hai letto fino a qui <3
Un bacio
Ania <3




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