Ciao a tutti, non sono
solita scrivere sulla saga, solitamente mi cimento su altri contesti
utilizzando i nostri beniamini. Questa volta, invece, ho voluto provare
a partecipare ad un contest coi personaggi nel loro mondo. Spero di non
aver fatto un disastro.
Come sempre sono molto
nervosa, spero possa piacervi anche questa storia che sarà
molto breve.
Per evitare di mettere asterischi a tutto andare vi anticipo che ci
saranno frasi prese dai libri o dai film. Saranno evidenti per
notorietà e perchè saranno sempre in corsivo.
Vi lascio alla lettura.
BELLA
Guardo il soffitto
senza realmente vedere niente.
La mia mente
è lontana, vedo altri colori, altri luoghi, altre persone.
Volto lo sguardo alla
mia destra e lo vedo addormentato beatamente.
È bello,
molto. Li cerco sempre belli, il più possibile. Cerco in
loro la perfezione che hai tu,
ma ovviamente non la trovo, non potrò trovarla mai
più perché tu sei andato via, non sei mai tornato
da me e, come sempre, un moto di rabbia mi investe.
Lo smuovo malamente
facendolo quasi sobbalzare.
«Ehi, non ce
l’hai un letto nel tuo alloggio?»
Solleva leggermente la
testa per guardarmi.
«Ciao
piccola.»
«Non
chiamarmi piccola. Il mio nome è Isabella. Allora,
ce l’hai un letto?»
«Certo che
ho un letto, che domande fai?»
«Allora,
levati dalle palle. Voglio dormire.»
«Mi stai
sbattendo fuori?»
«A te cosa
sembra?»
«Pensavo di
poter passare la notte qui con te. Potremmo stare stretti stretti e,
magari, domani mattina, potremmo fare il bis.»
Ammicca in un modo
veramente idiota.
Sarai anche bello,
tesoro, ma sei più stupido di un asino.
«Hai avuto
un pensiero davvero carino, ma mi piace dormire sola.»
Cerco di fare una
faccia rammaricata, ma mi viene quasi da ridere a vedere la sua, delusa.
«Mi hai
abbordato in un pub per poi cacciarmi subito dopo aver finito di fare
sesso?»
«Cosa ti
aspettavi, un anello di fidanzamento?»
«No, ma
almeno un po’ di coccole potresti concedermele.»
Oh Signore, ma questo
che ha in testa, i pinoli?
«Oh, avanti
piccola, fa freddo fuori, lasciami dormire qui.»
«Ti ho detto
di non chiamarmi piccola. E adesso fuori da casa mia.»
Solo Jacob mi chiama
piccola, solo da lui posso accettarlo.
Lo vedo rivestirsi e
sbuffare in modo quasi comico.
Mi alzo anche io e,
incurante della mia nudità, mi dirigo verso il bagno.
«Chiudi bene
la porta quando esci. Buona notte.»
«Beh, buona
notte anche a te.» È seccato, non ci sono dubbi.
Mi chiudo la porta
alle spalle, apro l’acqua e ascolto i rumori fuori mentre
aspetto che la temperatura sia giusta.
Sento la porta
sbattere e a quel punto posso rilassarmi sotto il getto
dell’acqua calda.
Come sono arrivata a
questo? Come sono finita ad abbordare ragazzi nei locali per portarmeli
a letto?
Un tempo non ero
così. Un tempo ero una stupida ragazzina che sognava il
principe azzurro e per un breve, meraviglioso periodo, ho creduto di
averlo trovato. All’improvviso però, con un soffio
di vento, il principe è scomparso, alla ricerca di nuove ed
eccitanti avventure.
Sembra passato
così tanto tempo… vorrei che fosse
così. Vorrei che fossero passati ben più di due
anni. Vorrei non sentire questo dolore insopportabile che mi porto
dentro ogni giorno.
In parte ci sono
riuscita. C’è un momento in cui riesco a non
pensare, un momento in cui la rabbia e il dolore mi abbandonano, il
momento in cui riesco a vederlo ancora e sentirlo mio ancora una volta.
Ricordo come fosse
ieri la prima volta che ho provato questa sensazione.
Erano passati poco
più di sei mesi da quando mi aveva abbandonata, Jacob mi era
sempre stato accanto, diceva di amarmi e io avevo talmente tanto
bisogno di sentirmi amata. Decisi di provarci, speravo di riuscire a
sentirmi nuovamente viva.
Avevo passato un
periodo terribile, ogni volta che qualcosa mi ricordava lui, mi
accasciavo, stringendomi su me stessa. Non potevo permettermi di
pronunciare il suo nome, sentivo la sua voce nella mia testa, credevo
di impazzire e forse sarebbe successo se non fosse stato per il mio
amico.
Tentò in
tutti i modi di rimettere insieme i cocci della mai vita,
finché non dovette abbandonarmi anche lui, quando
scoprì di essere diventato un licantropo. Quando, con un
complicato quanto incomprensibile discorso, cercò di farmi
arrivare da sola alla soluzione dell’enigma rimasi perplessa.
Impiegai meno di una notte ad arrivare alla soluzione. Ricordai la
passeggiata sulla spiaggia, l’irrigidimento di Edward quando
gli parlai della leggenda che mi aveva raccontato Jacob e, di colpo, la
verità mi cadde addosso.
La mattina dopo andai
a casa sua e scoppiai a ridergli in faccia.
«Fammi
capire bene», gli avevo detto «ti sei trasformato
in un lupo?»
Lui deviò
il mio sguardo per un po’, ma dopo poco sollevò
gli occhi e si unì a me nelle risate.
«Sei un
casino, Bella. Ti liberi di una sanguisuga e ti leghi ad un
lupo.»
Continuai a ridere in
modo quasi isterico.
«È
surreale. Allora tu sapevi dei Cullen. Perché non mi hai mai
detto niente?»
«No, Bella,
io non sapevo cosa fossero prima di subire la trasformazione. La
domanda più importante dovrebbe essere: perché tu
ti sei trovata in mezzo a loro?»
Con quel riferimento,
mi ritrovai di nuovo dentro quella grande casa bianca, circondata dalle
persone che amavo e che giuravano di amarmi a loro volta. Che ingenua!
Mi imposi di non
pensarci tornando alla realtà e deviando la risposta.
«Dai
racconta, scodinzoli?»
«Ma che
dici? Non sono un cane, sono un essere superiore, nato per distruggere
quelle schifose creature senza morale.»
«Loro…
loro non sono senza morale. Lottano ogni giorno per non
cedere alla loro natura. Non fanno del male a nessuno.»
«Ne hanno
fatto a te.»
«È
vero, ma non si può costringere nessuno ad amare. Ho sempre
saputo di non essere abbastanza per lui.»
«È
qui che ti sbagli, Bella, tu meriti tutto ciò che la vita ti
può offrire e molto di più.»
Gli diedi un leggero
pugno sul braccio, senza fortunatamente farmi male. Feci per dargliene
un altro, ma lui mi fermò la mano avvicinandomi al suo corpo.
In poco tempo ci
trovammo avvinghiati sul letto. Era così strano baciare
Jacob, così diverso. Tutto quel calore, tutta quella
passione, la stessa che avrei voluto condividere con Edward. Ricordo
bene che mi venne una gran voglia di piangere.
Non so nemmeno come ci
siamo trovati a baciarci prima e sul suo letto dopo, nudi. Ricordo di
aver pensato che mi aspettavo più dolore di quello che
sentii quando entrò in me. Ho impresse nella mente le sue
parole sussurrate, la dolcezza, la frenesia dopo il primo momento, lo
sconcerto di entrambi per una prima volta che non era stata
preventivata né immaginata, almeno da parte mia. Soprattutto
ricordo le lacrime, quel dolore forte all’altezza del petto,
quella mancanza e quel vuoto immenso che continuavo a provare. Non era
così che doveva andare, non era così che avevo
immaginato la mia vita. Non era col mio più caro amico che
avrei dovuto e voluto fare l’amore per la prima volta e per
tutte quelle a seguire, ma lui era andato via, lui non mi voleva, era
andato a cercare nuove distrazioni e io non rientravo più
nei suoi interessi. Il problema maggiore era che invece, lui, era
ancora tutto il mio mondo. Chiusi gli occhi e la sua voce mi avvolse.
“Tu non sai
quanto ti ho aspettata”.
“ E
così il leone si innamorò
dell’agnello”.
“ Sei tutta
la mia vita adesso”.
Vidi lui, le sue mani
delicate, i suoi occhi tormentati, il suo sorriso storto, il suo corpo
stupendo e mi lasciai andare. Jacob chiamava il mio nome, io ripetevo
nella mia mente il Suo, come una nenia continua e incessante. Sapevo di
dovermi sentire in colpa, ero cosciente del fatto che non fosse per
niente corretto ciò che stavo facendo, ma non riuscivo a
fare diversamente. Pur avendo fatto l’amore con un uomo a cui
non stavo minimamente pensando, raggiunsi l’orgasmo, forte e
inaspettato.
È stato in
quel preciso momento che ho capito cosa avrei dovuto fare per poter
smettere di essere morta per pochi, brevi momenti.
Jake mi tenne stretta
a se, cullò il mio corpo stanco, asciugò le mie
lacrime, quietò i singhiozzi che squassavano il mio corpo.
Addirittura si scusò! Scusarsi per cosa? Per aver fatto
sesso con una persona più che consenziente, che
l’aveva usato per provare emozioni che avrebbe voluto
condividere con un altro?
È stato
semplice capire che non avrei potuto continuare, non con Jacob
sicuramente. Tenevo troppo a lui per fargli del male.
Per fortuna, dopo poco
tempo, anche lui ha capito che ciò che ci lega non
è mai stato vero amore. Non ha sofferto e non soffre per me,
tranne quando mi vede persa nel passato o resta con me a dormire e mi
racconta di aver trascorso la notte ad ascoltarmi piangere e pregarlo
di tornare.
Inutile dire che odia
Edward con tutto il suo essere. Se potesse, lo ucciderebbe a mani nude
o, meglio, ad artigli liberi. Non parliamo mai di lui, non è
necessario, lui conosce la mia sofferenza e non accetta che continui a
stare male a causa di un vampiro.
Dopo la prima volta ce
ne sono state altre, tutte molto soddisfacenti per entrambi, peccato
che io continuavo a vedermi insieme all’unico uomo che abbia
mai amato.
Col tempo ho
cominciato a diversificare i miei compagni di letto. Sono caduta in una
specie di spirale dalla quale non riesco ad uscire.
Ho bisogno di vederlo,
per lo meno nella mia testa.
Ho scoperto che il
sesso è molto più evocativo delle scariche
prodotte dall’adrenalina. Nessuna moto, per quanto veloce,
produce le stesse sensazioni. Nessun salto nel vuoto mi fa sentire la
sua presenza come quando chiudo gli occhi e immagino di fare
l’amore con lui.
Voglio godere di lui,
delle sue carezze, dei suoi baci appassionati. Tutto ciò che
non mi ha mai concesso, lo cerco e lo trovo nella mia testa sfruttando
il corpo di altri che per me non significano niente.
Ed ora eccomi qui, a
distanza di due anni, ad adescare i ragazzi nei locali per portarmeli
in stanza, farci sesso e sbatterli fuori subito dopo.
Chissà cosa
penseresti di me se sapessi queste cose. Ti importerebbe? Che sciocca,
se ti importasse saresti già tornato da me. È
impossibile che tu non sappia, Alice avrà sicuramente visto
tutto e se non ti sei presentato è chiaro, come lo stesso
sole che fa brillare la tua pelle, che non ti importa più
niente di me.
Era vero, era tutto
vero quello che mi hai detto quel giorno nel bosco.
Non so dopo quanto
sono uscita dalla doccia, quando mi sono avvolta
nell’accappatoio, ma in questo momento mi trovo raggomitolata
su me stessa sul mio letto.
Lascio che il mio
sguardo vaghi per la stanza e ancora mi chiedo come sia possibile che
mi trovi qua. La Dartmouth University, nemmeno nei miei sogni
più rosei avrei potuto permettermi questo college, nemmeno
coi risparmi di tutta la vita di entrambi i miei genitori avrei potuto
sperare di poterla pagare e invece, una mattina, come una manna piovuta
dal cielo, è arrivata una lettera di convocazione che mi
annunciava di aver vinto una borsa di studio a copertura di tutte le
spese universitarie. Come se non bastasse, mi avevano anche assegnato
un alloggio o per meglio dire un appartamento a due passi dal campus.
Io non sapevo nemmeno che esistessero borse di studio del genere. Ero
convinta che fosse necessario fare domanda per ottenerle, ma quando ho
chiesto spiegazioni, mi hanno risposto che molte facoltà
prendono i nominativi direttamente dai licei, valutano i rendimenti e
assegnano un numero molto limitato di opportunità ed essendo
il mio il punteggio più alto della scuola, sono stata
selezionata. Si sono complimentati con me per il mio rendimento
scolastico augurandosi gli stessi risultati anche una volta giunta al
loro prestigioso college. Certo che il mio era il risultato migliore
della scuola, dopo essere stata lasciata dall’unica persona
che potesse significare qualcosa per me, mi era rimasto solo lo studio.
Tentavo di incanalare la mia attenzione in qualcosa che impegnasse la
mia mente, studiando fino allo sfinimento e avendo comunque il tempo di
rimpiangere la vita che desideravo e che non avrei mai avuto.
Più o meno
lo stesso che faccio adesso: studio come un’ossessa, ho la
media altissima e in appena sei mesi ho già dato
più esami di tutti gli altri studenti. Dopotutto
è il mio unico impegno per poter continuare a frequentare
questa università e usufruire dell’appartamento.
Se dovessi sgarrare mi toglierebbero tutto e io mi troverei a tornare a
casa con la coda tra le gambe e un sacco di tempo libero per
deprimermi. Non darei mai un dispiacere simile ai miei genitori, non lo
meritano, non dopo averli visti disperarsi per la mia
depressione. E poi lontano da casa posso dare sfogo al mio passatempo
preferito, nonché unico. A Forks dovevo tenere un profilo
basso, non volevo mettere Charlie in una situazione imbarazzante
facendomi additare come “quella che si fa tutti”.
Qui invece, non sono nessuno e le persone non fanno caso al mio
comportamento. Qui posso fare ciò che voglio e lo faccio
senza nessun ripensamento.
Ovviamente ho bruciato
tutti quegli stupidissimi romanzi che ho letto fino alla nausea.
Tutte idiozie, una
serie infinita di cretinate.
Avevo vissuto, senza
nemmeno rendermene conto, aspettando di essere investita da un amore
talmente devastante da restarne folgorata, un sentimento talmente grande da
annullare tutto il resto ed è così che sono
finita quando mi ha lasciata: una totale nullità, un guscio
vuoto che non aveva la voglia né la forza di opporsi agli
eventi.
Una sola frase era
stata sufficiente a polverizzare le mie certezze, a mettere in
discussione tutto il mio futuro. Un attimo prima ero la ragazza
più felice del mondo con la prospettiva di diventare una
vampira che avrebbe avuto l’amore per
l’eternità e quello dopo ero sola in
un bosco.
“Bella, non
voglio che tu venga con me.”
E con la sua voce
nella testa, cado finalmente nel mio solito sonno agitato e poco
ristoratore.
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Bene, come avete
potuto leggere, Bella ha trovato un modo alquanto bizzarro per
rievocare nella sua mente il suo amato Edward.
Ringrazio chiunque sia
arrivato sin qui e chi vorrà seguirmi nei prossimi capitoli.
I banner sono stati
creati da Luna Ginny Jackson e dalla mia carissima Rossella.
A presto.
Patrizia
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