N//A: Scritta
per la Staffetta
in Piscina della community Piscina di
Prompt.
Okay, avevo detto che non avrei mai e poi mai scritto sul Freffy - o su
Effy in generale -, per paura di commettere qualche eresia, ma ho visto
il prompt e non ho potuto fare a meno di scriverci sopra. ;)
Forse,
l'aveva già intuito una sera, fuori da casa di Panda, dal
modo in cui lei lo ha guardato nel chiedergli scusa: gli occhi lucidi
di lacrime a stento trattenute. O forse è stato molto dopo
– Freddie non saprebbe dirlo con esattezza.
In
ogni caso, in lui era ormai da tempo cresciuta la consapevolezza che,
prima o poi, tutto quello che per anni aveva logorato Effy
dall'interno, nascosto dietro una patina di silenziosa indifferenza e
imperturbabilità, sarebbe sfociato nella conseguenza
più terribile – e la parola depressione gli era
venuta alla mente con tanta spontaneità da spaventarlo.
Non
è nemmeno tanto sicuro di come l'abbia
capito. Devono essere stati i suoi occhi a suggerirglielo.
Perché
Effy parla poco: non ne sente il bisogno.
(Le volte in cui lo fa è sempre per dire qualcosa di
importante o che folgora e lascia a bocca aperta - perché
nessuno si aspetterebbe da una come lei frasi tanto taglienti e
penetranti.)
Ma chiunque
non si sia fermato alla superficie, chiunque abbia scavato un po'
più a fondo sa che basta guardarla negli occhi - ma
guardarla davvero - per capire.
Solo in pochi, però, si sforzano di farlo.
Perché, dopotutto, è più facile
giustificare i suoi silenzi sostenendo che Effy sia semplicemente una
ragazza taciturna - o solo maleducata, chissà. (E poi,
non si può pretendere troppo da lei, perché i
suoi genitori si sono separati da poco, e ora è costretta a
vivere con quella stramba di sua madre, che sembra sempre persa tra le
nuvole e ha lo sguardo assente, quasi non si accorgesse davvero della
presenza di altre persone intorno a lei.)
Nonostante la consapevolezza che sarebbe successo, Freddie non
è pronto ad affrontare tutto da capo.
Ha
paura di non riuscire ad aiutarla, di non essere un motivo sufficiente
per spingerla a rialzarsi.
D'altro
canto, però, la paura di perderla è ancora
più grande. Troppo, perché lui possa tirarsi
indietro.
Freddie
non vuole vivere il resto della sua vita con il rimpianto di non aver
fatto abbastanza – non vuole finire come suo padre.
Passa
la spugna sulla sua pelle umida, strofinando con delicatezza.
“Vado
a cercare degli asciugamani”, annuncia.
La
mano di Effy scatta in avanti ad afferrargli il polso. Lo fissa dritto
negli occhi. “Non lasciarmi da sola con loro”,
mormora con voce spezzata.
Freddie
vacilla. Le sfiora una guancia con la punta delle dita.
“Torno subito. Te lo prometto”.
Quando
ritorna la trova intenta a scrutare una bolla di sapone posata sul suo
palmo. “Freddie?”
“Mmh?”,
infila una mano nella tasca dei pantaloni e ne tira fuori un accendino
e un pacchetto di sigarette sgualcito.
“Non
mi sono mai piaciute le bolle di sapone. Sono tristi", confessa quasi
con noncuranza, gli occhi fissi sulla bolla.
Freddie
aggrotta le sopracciglia. “Tristi?”, chiede,
aspirando una boccata di fumo.
“I
bambini amano rincorrerle nel tentativo di afferrarne una,
perché sono luminose e bellissime. E qualche volta sembrano
riuscirci, ma non è mai per davvero: basta una leggera
pressione o un soffio di vento un po' più forte
perché scoppino. Sai perché scoppiano, Freddie?
Perché non sopportano di essere strette troppo o troppo a
lungo”.
Effy
avvicina le labbra alla superficie iridescente della bolla., soffia e puf!
Freddie
spegne la sigaretta e si avvicina al bordo della vasca. Immerge le dita
nell'acqua insaponata e ne trae una bolla.
La
sorregge delicatamente, attento a non fare movimenti bruschi.
“Io non lascerò che scoppi”, dice.
Effy
solleva un braccio e gli scosta la frangia dalla fronte. Gli occhi di
Effy esprimono fragilità e paura, ma in fondo - proprio in
fondo - Freddie scorge qualcos'altro.
“Ti
amo, Freds”.
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