Era tarda sera, e le luci ronzanti dei lampioni di Sicomor Grove erano
l'unico rumore che si udiva nel silenzio perfetto dell'appartamento
deserto.
Acquattati contro la
parete dello stretto corridoio della casa dei Fairbanks, nascosti alla
vista dall'ombra della luce spenta e dalla tenda tirata, Teresa e
Patrick aspettavano immobili da quasi un'ora.
- Giuro che se non
succede niente... - Iniziò Teresa in un sibilo.
- Sì? -
- Non vuoi davvero
sapere cosa ti farò, Jane. -
- Mi interessa,
invece. -
Teresa si
limitò a fulminare con gli occhi lui e quel suo sorrisetto
strafottente.
L'aveva chiamata
appena prima di cena, dicendole di raggiungerlo il prima possibile al
condominio ma raccomandandole di non lasciare la macchina parcheggiata
in vista. Così, invece di cenare, aveva dovuto litigare con
Dorothy per lasciarla al CBI, discutere con Rigsby che non aveva voglia
di badare a una bambina irrequieta, convincere Cho ad accompagnarla e a
rimanere a due isolati dal condominio in attesa della sua chiamata..
Tutto questo, senza la
minima spiegazione da parte di quel testardo arrogante del suo
consulente, il quale continuava ad essere sibillino dopo essere
scomparso per tutto il pomeriggio.
- Mi vuoi spiegare
cosa... -
- Shh. - La mano di
Patrick le afferrò il braccio e Teresa si azzittì
bruscamente, voltando lo sguardo verso lo spicchio di salotto che la
tenda socchiusa lasciava intravedere. I toni freddi e cangianti della
televisione muta spezzavano il buio e la loro luce azzurra illuminava
la figura di un ombra che si aggirava per la stanza senza fare rumore.
Teresa posò
la mano sulla pistola, attese ancora un istante e poi tirò
bruscamente la tenda, puntando la pistola verso l'ombra grigia e
azzurra al centro della sala.
- CBI, metta le mani
in alto! - Gridò.
Confuso, il robusto
uomo apparso magicamente nell'appartamento si guardò
intorno, fece cadere il coltello che stringeva in mano e si mise le
mani sulla nuca, mentre i suoi occhi fiammeggiavano nel buio della
stanza. Solo quando lo sconosciuto fu ammanettato, Patrick comparve
nella sala accendendo la luce.
- Alla fine abbiamo il
piacere di conoscerla. - Disse con un sorriso.
Teresa
guardò prima Patrick e poi il robusto uomo ammanettato senza
capire.
- Lisbon, ti presento
Frank McDale. - Disse Patrick raggiante.
Quando Wayne vide il
suo capo tornare, tirò un malcelato sospiro di sollievo.
Dorothy
saltò giù dalla sedia girevole di Grace, da cui
aveva bombardato Wayne di domande, e corse incontro alla donna con un
luminoso sorriso.
- Sei tornata! -
Esclamò allegramente. - Wayne diceva che... -
Le parole le morirono
in gola quando vide l'uomo ammanettato tra Teresa e Kimball. Si
fermò, con le labbra ancora socchiuse e gli occhi pieni di
quello che sembrava sgomento, terrore e stupore. Raggelata, rimase
immobile, in silenzio, a subire lo sguardo inespressivo dell'uomo di
fronte a lei. Fu Kimball a rompere il silenzio che regnava nell'ufficio.
- Andiamo. - Disse
all'improvviso, strattonandolo verso la sala interrogatori.
Dorothy tremava,
immobile, e Teresa rimase ferma a guardarla per un momento, combattuta
tra il desiderio di andarle a chiedere come stava e il senso del dovere
che le diceva che doveva andare a seguire l'interrogatorio.
- Tutto bene, Dorothy?
- Disse Patrick, anticipandola e raggiungendo la bambina,
accovacciandosi per parlarle con gli occhi allo stesso livello.
Dorothy
annuì, con gli occhi pieni di paura, e quando
parlò la sua voce era poco più che un sussurro.
- Non mi farete andare
con lui, vero? -
- Certo che no,
tesoro. - Intervenne Patrick. - No, certo che no. Vieni, andiamo di
là. Sono sicura che nell'ufficio di Teresa ci sono ancora le
tue matite colorate. -
Teresa
guardò Patrick prendere per mano Dorothy e portarla nel suo
ufficio e si avviò verso la sala degli interrogatori
sentendosi decisamente sollevata.
Aprì la
porta della sala degli interrogatori e guardò l'uomo seduto
dall'altra parte del tavolo. Alto e slanciato, sulla quarantina, con
folti capelli bruni e un accenno di barba non rasata. I suoi occhi neri
erano intensi e penetranti e la fissavano colmi di rabbia.
Senza scomporsi
minimamente - non era certamente il primo reo incavolato che le
compariva davanti, per quanto avesse un'aria decisamente elegante -
Teresa si sedette al posto vuoto accanto a quello di Kimball.
- Che cosa ci faceva
al 152 di Sicomor Grove? - Domandò Kimball.
- Ero andato a trovare
mia madre. - Rispose l'uomo a denti stretti.
- Sua madre? -
- Abita all'interno
14. -
- Abbiamo
già avuto il dispiacere di conoscere Karl Reed. - Intervenne
Teresa - E credo proprio che non sia lei. Vogliamo farla breve, signor
McDale? Perchè è andato a cercare Shayla e Rick? -
Infastidito, l'uomo
sbattè i pugni ammanettati sul tavolo, biascicando una
imprecazione.
Fulminò con
lo sguardo prima Teresa e poi Kimball, sbattendo di nuovo i pugni sul
tavolo con un tale vigore da far sobbalzare entrambi gli agenti.
- Avete preso la
persona sbagliata! - Gridò. - Voi piedipiatti non siete
capaci di fare niente! Arrestate la gente per bene e lasciate per
strada rapitori drogati! -
- Non la seguo. -
Disse Kimball senza scomporsi minimamente.
- Non mi segue? Non mi
segue? Oltre che incapaci siete anche degli idioti, allora. - Disse
l'uomo. Si avvicinò ai due agenti e sotto la luce al neon il
suo labbro superiore imperlato di sudore luccicava con la stessa
veemenza dei suoi occhi neri.
- Glielo spiego con
parole semplici, così potrà capire. Quei due
bastardi si sono presi mia figlia. -
- Sua figlia? -
- La bambina che quei
due fenomeni da baraccone si sono trascinati dietro in quella lurida
topaia è mia figlia Katherine. Mia figlia. Mia. -
Ripetè, indicandosi con fare teatrale - Io spendo migliaia
di dollari per ritrovarla e mi ritrovo in manette, mentre a quei due
drogati non è mai stato torto un capello! -
- Se i Fairbanks hanno
rapito sua figlia perchè non ha sporto denuncia? Abbiamo
fatto dei controlli, non ci sono segnalazioni di bambine scomparse o
rapite che concidano con la sua descrizione. - Domandò
Teresa.
- Come ho
già detto, gli sbirri non sanno muovere i loro culoni ben
pagati dalle costose sedie di pelle dei loro uffici. Non si sarebbero
mai mossi per cercare una mocciosa. -
Prima che Kimball o
Teresa potessero rispondere a quella frecciatina, la porta si
aprì bruscamente e Patrick entrò, avvicinandosi
all'uomo.
- Una sola domanda,
Frank: dove hanno rapito la sua bambina? -
- Cosa... che diavolo
vi importa? Quello che conta è che quei due stronzi hanno
rapito mia figlia e voi perdere tempo a interrogarmi come se fossi io
il colpevole! -
- Risponda alla mia
domanda. - Disse Patrick con calma. - Non è difficile. Dove
è stata rapita? -
Frank McDale
sbattè le ciglia un paio di volte, rimanendo in silenzio.
- Ai giardini
pubblici? -
- Sì,
sì, ai giardini. - Sbottò l'uomo. - Resta il
fatto che non è importante! -
- È
importante, invece. È importante perchè sta
mentendo. - Ripose Patrick. - Sta mentendo perchè sua figlia
non è stata rapita. Lei l'ha venduta a Rick e Shayla. -
- Ven... venduta? Come
le viene in mente? -
- Avete notato? -
domandò a Teresa e Kimball, alle sue spalle, senza togliere
gli occhi dal volto pallido e sudato dell'uomo davanti a lui, i cui
lineamenti erano tesi in un maschera di spavento - la paura si
è dipinta sul suo volto nel momento in cui ha capito che
avevo capito. Quando ho nominato la parola "venduta" non ha avuto
nessuna reazione, perchè è stato quello che ha
fatto. Ha avuto il coraggio di vendere una bambina. Perchè
l'ha data via, Frank? Non era sua figlia davvero e se ne voleva
liberare? Cercava di nuovo la pace della vita coniugale con sua moglie?
Lo ammetta, si sentirà meglio. -
Frank reagì
con tanta violenza che Teresa dovette strattonare Patrick indietro
prima di vedergli il naso spaccato. L'uomo ammanettato si
alzò in piedi gettando indietro la sedia e fissandoli con
occhi fiammeggianti d'ira.
- No! È mia
figlia, non l'avrei mai venduta! - Gridò. - È
stata Tina! -
Le ultime parole
dell'uomo echeggiavano ancora nella sala interrogatori. Teresa
stringeva ancora la manica della giacca di Patrick, il quale fissava
Frank ancora un po' stupito da quella brusca reazione dell'uomo.
Con la feroce
consapevolezza di essersi tradito, Frank si voltò e
sbattè i pugni contro il muro.
Kimball si
alzò e lo ricondusse al tavolo, obbligandolo a sedersi con
un'occhiata che non ammetteva repliche e rimanendo fermo vicino a lui,
con le braccia incrociate sul petto el'aria di chi non aveva intenzione
di vedersi ripetere una scena del genere.
Teresa, ripresasi
dallo stupore, lasciò il braccio di Patrick, e il consulente
si sedette nel posto lasciato vuoto da Kimball.
- Ci vuole dire la
verità, adesso, o ha intenzione di fare un'altra
sceneggiata? - Domandò Teresa con calma.
Frank la
fulminò, poi fulminò Patrick e poi
sbattè con violenza i pugni sul tavolo, in preda alla
frustrazione.
- Ci facevamo, va
bene? Troppo per le nostre sostanze. - Iniziò, guardandosi i
pugni e parlando come se ogni parola gli costasse una fatica tremenda.
- All'apparenza eravamo borghesi, avevamo una bella casa, una bella
macchina, bei vestiti e frequentavamo i locali più in. Io
ero capo del personale dell'azienda più importante di
Manteca, ma i soldi che prendevo non bastavano per la roba. Ci
servivamo da quei pazzi drogati dei Fairbanks, che ci avevano illuso di
volerci venire incontro, ci facevano sconti, ci davano proroghe,
"mettevano in conto"... Ma all'improvviso ci hanno detto che dovevamo
saldare i debiti. Subito. Volevano uscire dal giro, cambiare vita,
cambiare città.. e ci hanno minacciato. Quel pazzo
delinquente pieno di tatuaggi si è presentato a casa mia con
una pistola, ha detto che ci avrebbe ammazzati tutti se non avessimo
pagato subito. Tina gli ha detto che non avevamo soldi o gioielli di
valore. L'auto non era di nostra proprietà. Quel bastardo
gridava, agitava la pistola, diceva che non aveva più tempo
da perdere con noi e che se non avessimo pagato ci avrebbe fatto la
pelle. In quel momento Katherine si è svegliata ed
è comparsa nella stanza. Lui si è fermato
all'improvviso, guardandola con occhi strani e Tina gli ha detto che,
se voleva, poteva prendersi la bambina. -
Davanti allo sguardo
di riprovazione di Teresa, Frank non riuscì a nascondere un
moto di rabbia.
- Ci disprezza, vero?
Certo, lei disprezza noi, non quel figlio di buona donna che ha preso
in braccio mia figlia, ha ignorato le sue grida e le sue lacrime ed
è sparito intimandoci di non cercarlo mai più.
Nella vostra mente deformata sono io il bastardo, qui. - Disse con
ferocia.
- Vada avanti. -
Intervenne Kimball, gelido.
- Qualche giorno
più tardi mi sono reso conto che non avevo intenzione di
darla vinta a un bastardo di quel genere. E che i poliziotti non mi
avrebbero mai aiutato. E a giudicare da questa situazione, facevo bene.
- Disse con sarcasmo.
- E così
avete deciso di fare da soli. - Intervenne Patrick. - Avrete chiesto
agli spacciatori, vero? Ma nessuno sapeva niente di loro. I Fairbanks
si erano volatilizzati. -
- Aiutati da qualche
piedipiatti corrotto a fuggire, senza dubbio. - Replicò
Frank. - Tina ha deciso di inscenare la morte di Katherine per levarci
dagli impicci tutti quelli che ci chiedevano come mai la bambina non si
vedesse più in giro. Abbiamo fatto un gran funerale che ci
ha dato modo di avere un po' di pace dagli scocciatori. -
Teresa si
passò le mani sul viso, cercando di non far all'uomo quanto
trovasse rivoltante quella messinscena. Patrick, invece, sembrava
completamente padrone della situazione.
- Ma qualcuno non ci
è cascato. - Intervenne. - Qualcuno che conosceva sua figlia
e che l'aveva vista da un'altra parte dopo il funerale. -
Frank lo
fulminò, riversando il suo odio sull'innegabile acume del
consulente, mentre Teresa iniziava a capire qualcosa di quella
situazione.
- Karl mi ha
avvicinato un giorno al lavoro. Quel bastardo mi ha detto che sapeva.
Conosceva il mio segreto, mi ha detto con un sorriso da stronzo. E che
mi avrebbe aiutato, se volevo... e se facevo quello che voleva lui. -
- Che cosa le ha
offerto, signor McDale? -
- Voleva il mio posto.
- Rispose l'uomo, a denti stretti. - L'ho riempito di raccomandazioni,
di favori e l'ho messo in buona luce con tutti. Sei mesi fa mi ha dato
l'indirizzo di Sicomor Grove e diecimila dollari, poi mi ha detto di
sparire e non farmi mai più vedere nè sentire. -
Frank McDale si
fermò, si asciugò il viso sudato e poi
picchiò con violenza i pugni sul tavolo.
- Ha seguito Shayla e
Rick negli ultimi mesi, non è vero? - Intervenne Patrick -
Li seguiva quando andavano al parco e fissava la sua bambina, cercando
di attirarla a sè. Ma Dorothy non aveva intenzione di venire
con lei. -
- Come... come lo sa?
- Mormorò Frank, talmente stupito da dimenticarsi della sua
rabbia.
- L'abbiamo visto.
Eravamo al parco con sua figlia e un uomo con la sua struttura fisica
si è avvicinato. Dorothy si è precipitata verso
di noi, nell'unico posto che le sembrava sicuro. -
Teresa
realizzò solo in quel momento il senso di quello strano
incontro al parco, dell'uomo robusto vestito elegantemente e del
terrore di Dorothy quando l'aveva visto. Scoccò uno sguardo
a Patrick, rendendosi conto per l'ennesima volta di quanto il suo
collega fosse sveglio.
- E quindi ha pensato
di uccidere Shayla e Rick e rapire sua figlia, visto che sapeva che non
sarebbe mai venuta con lei di sua spontanea volontà. -
Intervenne Teresa.
- Non sono un
assassino! - Gridò Frank, con gli occhi di nuovo luccicanti
di rabbia. - Quel bastardo mi ha fatto perdere le staffe! Mi diceva che
non sono mai stato un bravo padre, che non avevo mai amato Katherine
quanto lui amava Dorothy. Dorothy, vogliamo parlarne? Un nome
così idiota non si era mai sentito! Sembra uscito da uno
stupido libro di favole! - La risata nervosa che gli sfuggì
dalle labbra sembrò spaventarlo ancora di più
della sua stessa confessione e Frank Donovan si asciugò di
nuovo la fronte imperlata di sudore col dorso di una mano. -
È vero, sono andato a casa loro. Gli ho offerto tutto quello
che avevo per riavere la bambina, ma loro mi hanno scacciato, ridendo
di me. Ridevano di me! Quel bastardo drogato e quella sgualdrina di sua
moglie ridevano di me! -
- E lei ha perso la
testa. È un uomo sanguigno, lei, uno che non riesce a
mantenere la calma. - Disse Patrick.
- Non lo volevo
uccidere! Gli ho dato uno spintone, ha sbattuto contro lo stipite e si
è afflosciato. Quell'idiota di una bionda ha iniziato a
urlare e io avevo il terrore che svegliasse Katherine, così
le ho detto di stare zitta.. ma lei continuava, io ho perso la testa e
ho fatto in modo che potesse stare buona definitivamente. -
- E in quel momento ha
sentito le nostre voci, vero, signor McDale? - Intervenne Teresa, che
finalmente riusciva a mettere i pezzi della storia tutti al loro posto.
Frank si
guardò intorno, confuso, e sbattè di nuovo i
polsi sul tavolo, frustrato.
Fu Patrick a
completare il quadro:
- Si è reso
conto che non poteva scappare portando via sua figlia,
perchè saltare dalla finestra con una bambina irrequieta
è impossibile, noi avremmo sentito le sue urla e saremmo
intervenuti. Così ha deciso di lasciar perdere e di fuggire.
Ha provato a chiamare Karl Reed per avere spiegazioni, ma non ne ha
ottenute... fino a oggi pomeriggio, vero? -
Teresa
guardò Patrick sbattendo le ciglia, senza capire cosa stesse
dicendo il suo consulente, ma Frank annuì stancamente.
- Mi ha lasciato un
messaggio in segreteria. Ha detto che avrei trovato Katherine
nell'appartamento con un assistente sociale e che era la mia ultima
occasione. Ma che rivoleva i diecimila dollari. - Frank
picchiò i pugni sul tavolo, lanciando uno sguardo feroce
agli agenti nella sala. - Mi sono fatto fregare come un'idiota! -
- Non è
colpa sua. È stata la signora Reed a credermi, quando sono
andato a raccontarle che avremmo riportato Dorothy a casa per un'ultima
volta. Lei ha solo visto ciò che voleva vedere: un'occasione
per riavere sua figlia. - disse Patrick.
"Ecco dov'è
stato tutto il pomeriggio." Pensò Teresa, senza riuscire
alla vaga ammirazione per l'acume del suo ribelle consulente. La faceva
impazzire, ma senza di lui non sarebbero riusciti a chiudere i casi con
la stessa rapidità.
Frank non rispose,
limitandosi a fissare l'angolo del tavolo con occhi freddi e pieni di
rabbia.
- Portalo via, Cho. -
Disse Teresa, sospirando amaramente.
Kimball
afferrò l'uomo per un braccio e lo obbligò ad
alzarsi, ma prima di uscire, Frank si voltò verso Patrick.
- Come lo ha capito? -
- Che Karl Reed era
coinvolto? La mattina che Karl è arrivato portando qui la
bambina, ha detto che "volevamo coinvolgere sua madre in questo caso",
ma non c'era nessun caso: ufficialmente la bambina era un'orfana che
aveva bisogno di un posto dove stare. Ma lui sapeva che c'era di
più, sotto, e aveva paura di essere scoperto. Si vedeva dal
terrore dipinto nei suoi occhi. La sua promozione ha fatto il resto. -
Spiegò Patrick con calma.
Frank si
voltò per uscire, ma questa volta fu Patrick a fermarlo.
- Un'ultima cosa.
Quando ho visto la sua foto sul sito della polizia di Stockton, ho
visto che era assieme a una donna dai capelli rossi. È sua
moglie, per caso? -
- S-sì,
Tina ha i capelli rossi. - Disse. - Perchè? -
- Solo per sapere. -
disse Patrick, stringendosi nelle spalle.
Ooook,
ora tutti i pezzi dell'indagine dovrebbero essere andati al loro posto.
Che
ne dite? La soluzione fila? Ci eravate arrivati?
Avete capito come mai Dorothy aveva così paura di andare al
parco
e perchè non sopportava Grace? Ormai dovrebbe essere tutto
chiaro....
Spero
di aver fatto un buon lavoro, non avevo mai scritto un giallo prima
e
questo mi si è ingarbugliato sotto le dita a mia insaputa!
Nel
prossimo - e ultimo - capitolo resta solo da scoprire il destino della
nostra adorabile bambina.
Grazie
per aver letto e grazie a Mici e Flox che commentano sempre.
Spero
che questo capitolo abbia compensato la brevità del
precedente! (:
Bacibaci
a tutti!
Flora
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