perfect

di shewolf_
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Salve a tutti, questa è una storia che ho cominciato a scrivere un paio di anni fa e che, per causa scuola, non sono mai riuscita a continuare. Ho gia molti capitoli da parte, una cinquantina circa, tendo a scrivere molto quando mi interesso ad una storia.
Ora che ho un pò di tempo libero mi piacerebbe ritagliarlo e dedicarmi a continuarla; aggiornerò abbastanza spesso quindi.
I personaggi non mi appartengono e tutto quello che ho scritto è pura fantasia.
Mi scuso in anticipo per gli eventuali errori di scrittura, tendo a non rileggere.
Questo è un assaggio, enjoy.

PERFECT. 

-Gwen,Kimberly e Julia,se non la finite,vi sbatto fuori dall'aula!- gridò l'insegnante di economia.
Era una donna non troppo alta,capelli corvini dal taglio a caschetto e occhi molto grandi,sul grigio..o un colore altrettanto neutro,dato che Kimberly non era mai stata molto interessata ad assicurarsene.
Era una donna in gamba e sicuramente molto preparata,minuta ma con una forza e un carisma che poteva ribaltare il mondo in un secondo,se solo avesse voluto.
Sicuramente a conoscerla meglio,era anche simpatica.. ma le sue materie proprio non lo erano.
Di tutta risposta Gwen sbuffò un “mamma mia,questa..” tornando a sfogliare la sua rivista,Julia le sghignazzò in faccia e Kimberly si girò decentemente nel suo banco,in modo da non dare più le spalle all'insegnante e riportando la sua piena attenzione alle doppie punte dei suoi liscissimi capelli.
La professoressa preferì non perdere altro tempo e continuò con la sua lezione,mentre le 3 continuarono a fare i propri comodi,sta volta silenziosamente e ognuna per conto suo.
Non mancava molto alla fine,ma in certi casi anche dieci minuti sembravano durare un'eternità.
Kimberly sospirò e,accavallando le gambe,appoggiò anche una mano sulla guancia.
Esitò un minuto,prima di alzare la mano e chiedere il permesso per uscire,sarebbe uscita comunque tanto.
Non era esattamente una ragazza modello sotto quel punto di vista,non più almeno.
La professoressa le fece segno di andare,senza neanche interrompere la frase che stava recitando o darle la parola,tanto sapeva perfettamente che non le avrebbe posto una domanda inerente.
La ragazza scavallò le gambe e uscì dall'aula,quei stivaletti col tacco in legno attiravano l'attenzione su di lei ovunque andasse,tanto erano rumorosi.
Quindi non c'era da stupirsi se quando si voltò per chiudere la porta,tutti gli occhi della classe erano puntati su di lei.
Andò in bagno senza fretta,ne scelse uno a caso e vi si chiuse dentro.
Si appoggiò alla porta e si lasciò andare al suolo,per poi portarsi la testa tra le mani.
Odiava la sua vita,la odiava con tutta se stessa.
Detestava la persona idiota che era diventata,odiava il tono con cui rispondeva alle persone,e i loro sguardi avviliti quando ricevevano parole crude come uno schiaffo;detestava gli specchi e detestava sentirsi carina e alla moda quando si riconosceva nelle figure riflesse.
Lei non era come Gwen o Julia. Lei era una persona vera.
Non sopportava più quel estenuante routine quotidiana,sempre uguale,sempre monotona,sempre quella.
Ogni tanto desiderava più di qualsiasi altra cosa scomparire,scappare lontano da tutto e datutti.
Ma,quando la situazione si faceva ai limiti della sopportazione,si ritirava tra sé e sé facendosi forza e ripetendosi che la sua felicità era lì vicina,mancava poco e l'avrebbe assaporata.
Non desiderava altro che arrivare al momento in cui si sarebbe potuta guardare indietro con un sorriso e finalmente non pensare più alla sofferenza e a tutte le lacrime perse nel nulla più assoluto.
Lo desiderava con tutta sé stessa.
Nella sua più nera e viva negatività,c'era un barlume di speranza che non faceva che ardere incessantemente,quasi a simboleggiare la sua forza d'animo che non voleva assolutamente sotterrarsi.
Era stata male,sì,forse aveva addirittura sfiorato la depressione,ma non si sarebbe mai e poi mai data per vinta così,per nulla.
Anzi,era stata forte,aveva saputo rialzarsi e imparare a trarre beneficio da ogni sua sensazione,comprese quelle che rientravano nel dolore.
Era riuscita ad andare avanti,o almeno,era ancora in procinto di farlo,dato che pur di dimenticare tutto,stava letteralmente cambiando quello che era.
E si odiava,eccome. Ma non aveva scelta,dal suo punto di vista.
Fece un respiro profondo e uscì dalla cabina per poi andare davanti allo specchio. Solo lì si accorse,quando vide le strisce di trucco colate sulle guance,di aver pianto.

 




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