Vita e Pioggia

di Sindel
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VITA E PIOGGIA


È quando ti senti così che speri che le cose cambieranno. Non vuota, non stanca o trascinata.
Semplicemente piena di speranze, o di voglia di esprimerti.
Di urlare al mondo che ci sei semplicemente facendo un profondo respiro, per sentire l’odore della notte fresca d’estate che ti passa per le narici, che con la sua brezza,sfiorandoti i capelli, sembra fatta apposta per dire “ehi, tutto passa, tutto cambia, e tu ci sei”.

Sperava sempre che le cose cambiassero.
 Non perché la sua vita le sembrasse sfortunata, ma semplicemente per quel desiderio di libertà che non sentiva mai suo, che la spaventava e la trasportava lontano con i sogni.
Ci pensava soprattutto la notte, sul suo piccolo balcone dove si aggrappava alla poca frescura che si palesava appunto solo molto dopo il tramonto.
Sentiva una strana musica invaderle l’anima, e allora chiudeva gli occhi e si cullava con una strana nota malinconica che le saliva al cuore, e a cui non sapeva dare una spiegazione. Aveva tanto da dire, e così poche parole per dirlo. Per questo si sentiva chiusa, in gabbia. Non poteva realmente spiegare la sua tristezza, la sua voglia, i suoi occhi lontani. Nessuno poteva sapere quindi chi lei realmente fosse. Cosa davvero cercasse o cosa desiderasse. Spesso non lo sapeva neanche lei. E si sentiva lontana dalla vita dei suoi amici, così caotica e piena di problemi che, se guardati per quello che erano, sarebbero diventati  ricordi su cui ridere arrivati ai trent’anni, che non erano poi così distanti come si potesse pensare. La verità è che sentiva il tempo scorrerle addosso come un rivolo d’acqua fredda, inspiegabilmente veloce, ma così lento ad andarsene. Viveva e non viveva nel medesimo istante. Era adolescente, ma già adulta. Depressa e felicemente protesa al futuro, che sembrava non arrivare mai, o piombare addosso all’improvviso. Si sentiva maledetta dalle sue contraddizioni.

Ad un certo punto, quella notte, desiderò che piovesse.
Che il cielo fosse squassato dai lampi e l’aria dai tuoni. Che il vento ululasse e la distraesse da sé stessa. Quella sé stessa che tanto faticava a capire. Volse lo sguardo alla luna. Era piena, bianca e luminosa in tutta la sua fulgida bellezza. Chiuse gli occhi. E la sua anima nuovamente cominciò a cantare, e le lacrime a scorrere sul viso.

Quando mai si sarebbe sentita libera? Quando mai avrebbe trovato davvero la forza di cercare dentro sé stessa la ragione del suo cuore greve e pesante, così gonfio di un sentimento indefinito?

Questi erano solo pensieri. Continuava a ripeterselo. Eppure si sentiva come se tutto dipendesse da lei, nonostante non ci fosse realmente qualcosa da fare. Nessuno poteva soccorrerla dal pozzo nero dei suoi occhi, che, pur essendo così chiari all’apparenza altrui, a lei parevano infinitamente oscuri.

D’istinto si era diretta per la prima volta al balcone. Nessuno l’aveva mandata, niente l’aveva spinta là. Forse la sua maledizione se l’era cercata. E allora  sarebbe stata quella l’ultima volta che avrebbe sofferto. Non sarebbe mai andata nuovamente su quel balcone. Prese la sua decisione. Guardò ancora gli occhi della notte, poi si lasciò andare. Nessun pensiero ora, nessun rimorso, nessuna contraddizione. Sapeva che quella non era la libertà. Ma la pace così forse l’avrebbe raggiunta. Un piccolo sorriso le increspò le labbra bagnate dalle lacrime. Perché prima di finire il suo volo, una goccia le cadde sulla fronte.
Ora pioveva.

    





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