11
settembre 1982
«Papà,
papà! Dove stiamo andando?»
«A
trovare una persona.»
«Chi
è?»
«Non
l'avete mai conosciuto. Basta domande.»
«Ma
mamma... se non l'abbiamo mai conosciuto perché lo andiamo a
trovare?»
«...»
30
agosto 1988
«Mamma,
cos'è quella faccia preoccupata?» chiesi entrando
in camera di mia
madre insieme a mia sorella.
«Piccole, abbiamo un problema.» iniziò al quanto preoccupata. «Vedete, per motivi di lavoro domani dovrò partire.» concluse lasciando cadere sul suo letto un foglio di carta stampato.
«Cosa?»
chiese mia sorella incredula.
«E
dove vai?»
«Devo
andare nella sede aziendale di Cupertino. Non vi preoccupate, non
uscirò nemmeno dalla California. È solo che rischio il trasferimento e per almeno un mese dovrò vedermela lì. Se non lo facessi potrei anche essere licenziata.»
«E
allora perché questa preoccupazione? Dopotutto è un posto abbastanza vicino...» mi rassicurai.
«Beh,
ecco... sembra che debba stare via da casa per molto tempo.»
«Molto...
quanto?»
Un attimo di silenzio.
«Un
mese.» disse infine.
«Un
mese?!» io e mia sorella ci guardammo perplesse.
«Un mese... perché
tanto?» chiesi.
Nostra
madre sospirò.
«Perché se non lo faccio rischio di essere licenziata, ma al contrario, se eseguo tutti gli ordini del direttore Jobs allora potrò addirittura essere promossa.» sorrise lei soddisfatta.
«È
così importante? Intendo dire... hai già una
buona posizione
nell'azienda, guadagni molto. C'è davvero bisogno di
andartene così
a lungo? Potresti anche stare via solo un paio di giorni e rinunciare alla promozione...» mormorò mia sorella.
«Lo
so che avete paura a rimanere da sole, ma sono sicura che ve la
caverete. Vi ho anche comprato dei cellulari in modo che potremo
telefonarci sempre.» disse rassicurante nostra madre
porgendoci due
scatole.
«Devono
essere costati moltissimo...»
«Sì,
ma ce lo possiamo permettere piccole. Forza! Ce la faremo!»
sorrise
raggiante la mamma.
Quella
sera stessa aveva già tutte le valigie pronte. Sembrava
così strano
pensare che la mattina dopo io e mia sorella Evelyn saremmo state
sole in casa...
Nostro
padre era morto cinque anni prima, quindi eravamo abituate a vivere
in questa “comunità femminile” dove
nostra madre faceva sempre
di tutto per passare molto tempo con noi.
Pensavo
che non avrebbe mai accettato di andare a lavorare fuori, ma se aveva
deciso di farlo voleva dire che era davvero un'opportunità
grossa.
Evelyn
sembrava terrorizzata alla prospettiva di rimanere da sola con me.
«Ehi,
Evelyn! Cos'è quella faccia?»
«La
stessa tua.»
«Non
in quel senso. Intendo dire, perché sei triste? La mamma
potrebbe
avere una grande opportunità, noi invece potremo passare un
sacco di
tempo insieme!»
«Passiamo
già un sacco di tempo insieme!» rise lei.
«Beh,
potremo passarne insieme ancora di più. E potremo divertirci
un po'.
Per esempio potremmo guardare la TV fino a molto tardi, no? E fare
rumore senza preoccuparci.»
Evelyn
rise di nuovo.
«Hai
una strana idea del rimanere da sole. Secondo me non
cambierà
proprio niente. Faremo sempre le stesse cose.»
«A
maggior ragione non c'è motivo di avere paura,
no?» risi
abbracciandola.
Evelyn
era la cosa più preziosa che avessi.
Era
la mia sorella maggiore.
Anzi,
la mia sorella gemella maggiore.
Amavo
il nostro rapporto: al contrario di molti fratelli che sembra non si
sopportino, io e Evelyn ci amavamo alla follia. Lei mi dava un senso
di protezione che con altri non provavo, mi faceva sentire al sicuro.
Eravamo
fatte per completarci, dopotutto era così che eravamo nate.
All'inizio
eravamo una cosa sola, ma poi ci separammo, chissà
perché.
E
così siamo nate in due da una sola cellula.
«Ah,
comunque non è che potremo fare molto tardi,
Alice.» mi disse
improvvisamente.
«Perché?»
«Tra
due giorni inizia la scuola.»
31
agosto 1988
«Mi
mancherete. Fate attenzione e non fate stupidaggini.»
raccomandò
nostra madre. «E guardatevi a vicenda. È per
questo che siete in
due, no?» sorrise.
«Andrà
tutto bene, mamma. Non faremo niente di stupido.» la
rassicurò
Evelyn.
E
dopo pochi minuti mamma uscì ed eravamo sole in casa.
Non
so perché ma un senso di solitudine mi invase quasi all'istante al suono della chiusura della porta.
Forse perché nostra madre era sempre
stata la nostra guida. Anche senza papà era sempre stata
grandiosa per non farci mancare nulla.
«Già
ti manca?» chiese Evelyn.
«Un
po'.»
«Dai,
allora vai a prepararti che usciamo a fare la spesa. A meno che tu
non voglia morire di fame.»
«Eh
già, tocca a noi farla. Almeno possiamo scegliere cosa
mangiare.»
sorrisi un po' malinconica.
Il
supermercato era uno dei posti più belli ad agosto.
C'era
una frescura che mi faceva sentire come se mi fossi appena svegliata
dopo un lungo sogno confusionario.
Evelyn
prese una foglietto e lo strappò a metà, poi me
lo passò.
Era
una lista della spesa.
«Ci
dividiamo, così faremo prima, ok?»
Annuii.
Così
presi un carrello e mi diressi verso una qualsiasi delle file di
scaffali.
Dopo
poco avevo già preso metà delle cose della lista,
quando
improvvisamente avvertii una vibrazione proveniente dalla mia borsa.
La
aprii e scoprii che era il telefono che mi aveva dato mia madre il
giorno prima. Il numero che lampeggiava sul display non lo conoscevo
e la cosa mi mise a disagio.
Solo
mamma poteva conoscere il mio numero e quello di Evelyn, quindi
doveva essere lei che magari stava usando un telefono diverso dal
suo, no?
Lo
avvicinai all'orecchio.
«Pronto?»
«...»
Non
rispondeva nessuno, sentivo solo suoni di sottofondo. Stavo per
chiudere quando sentii una voce.
«...
Alice...»
Non
era la mamma. Era una voce maschile.
«C-chi
è?» chiesi spaventata.
Qualcuno aveva rubato l'agenda di mamma?
«Sono
tuo cugino.» la voce era affannata. Sembrava che avesse
appena
smesso di correre.
«Come? Come hai avuto il mio numero?»
Lui sbuffò innervosito.
«Ho un amico che lavora dove fanno 'sta roba, dove fanno i numeri, ma non è importante. Ho visto tua madre lì e ho chiesto a lui tutto, ok? Senti,
ho bisogno che tu venga al 7-11.» spiegò frettolosamente.
«Cos'è
il 7-11?»
«Come
cos'è? È un capannone che si trova vicino al
centro commerciale
7-11, vicino al parcheggio.» disse come se stesse spiegando
la cosa
più ovvia del mondo.
«E
come ci arrivo?»
«Chiedi
informazioni. Io ti posso aspettare fino alle 3:00 e non oltre. Ah, e
vieni da sola.» disse chiudendo senza aspettare risposta quella strana telefonata.
Ma
chi diamine era? Non mi aveva neanche detto il suo nome.
Mi
guardai intorno spaesata e poi corsi immediatamente a cercare Evelyn
spingendo il grande carrello.
«Evelyn!»
gridai appena la vidi.
«Alice!
Perché corri così?»
«Ti
devo parlare...»
«Ha
detto proprio... “tuo cugino”?»
Annuii.
«E
tu cosa avresti intenzione di fare?»
«Non
saprei... da un lato questa cosa mi spaventa, però se
è davvero
nostro cugino...» iniziai senza sapere neanche io dove volevo arrivare.
«Se
è davvero nostro cugino è meglio evitare. Non so
se ti ricordi cosa
ci disse la mamma il giorno del funerale di papà.» mi interruppe freddamente lei.
Subito
dopo il funerale di nostro padre, nostra madre era entrata in camera
mia e di Evelyn. Io e mia sorella eravamo sconvolte e piangevamo
tutte le nostre lacrime mentre ci sembrava di sprofondare nel nero
più totale.
«Vi
ricordate quei ragazzi che c'erano con noi?» chiese lei.
«I
nostri cugini?» chiese Evelyn di rimando.
«Esatto.
Dovete evitarli. Quella è una famiglia disastrata, non
dovrete più
avere nulla a che fare con nessuno di loro.» ordinò categoricamente.
Non
mi era chiaro il perché di quell'ammonimento, ma al momento
ero
troppo sconvolta per poter avere la forza di chiedere spiegazioni e
sicuramente anche Evelyn si sentiva così.
Il
giorno dopo già me ne ero dimenticata.
«Si
tratterebbe solo di andare a vedere però. Intendo dire,
è un nostro
parente e dalla voce sembrava in difficoltà. Se fosse in
pericolo...»
«Sempre
se è davvero quello che dice di essere.
Non ha detto neanche
il suo nome.»
«Allora
vieni con me, Evelyn! Insomma, non ci può fare niente se
siamo in
due.» esclamai all'improvviso facendola sobbalzare.
«Non
ti aveva chiesto di andare da sola?»
«Non
importa... è la minima precauzione che devo
prendere.»
Evelyn
sospirò.
«Non
posso lasciarti andare via così. Ovvio che ti
accompagno.» mi prese
per mano mia sorella.
Era
da circa mezz'ora che fissavo il numero di chi mi aveva chiamato sul
display luminoso del cellulare.
Era
un telefono fisso sicuramente e dalle prime cifre si capiva che forse si
trattava di qualcuno del quartiere di Rodeo.
«Alice,
se dobbiamo essere lì massimo alle 3:00 ci conviene
andare...» mi
esortò Evelyn.
«Arrivo.»
dissi alzandomi dal divano di casa e raggiungendola.
«Dov'era
l'appuntamento?» chiese mia sorella.
«Al
7-11.» risposi senza esserne troppo sicura.
«E
che cosa sarebbe?»
«Mi
ha parlato di un capannone vicino al parcheggio di un centro
commerciale... non saprei.»
I
nostri passi mostravano timore sempre maggiore.
Passo
dopo passo, ritmicamente, la sicurezza vacillava rischiando di
svanire definitivamente.
Ci
stavamo dirigendo verso il quartiere di Rodeo con la massima cautela.
Rodeo era famoso per essere un covo di gente pericolosa e la sola
idea era terrificante.
Anche
se era pieno pomeriggio.
«Credo
ci convenga chiedere informazioni.» dissi, anche se non si
vedeva un
essere umano per metri.
«Ma
non c'è nessuno a quest'ora! A chi vuoi chiedere?»
«Beh,
posso sempre...» iniziai quando inciampai e istintivamente mi
afferrai a qualcosa che dopo pochi secondi capii essere la giacca di
un tipo spuntato da chissà dove. «Ah... mi
scusi...» dissi
imbarazzatissima.
«Scusi,
lei sa dov'è il 7-11?» accorse mia sorella
prontissima.
Mi
aveva salvata.
«Il
7-11? Certo. Sto andando in quella direzione, se volete vi
accompagno.» sorrise confidenziale il tipo.
«Grazie
mille.» dicemmo io e mia sorella in coro.
Il
ragazzo si incamminò.
«Siete
gemelle?» chiese.
«Sì.»
rispose Evelyn.
«Siete
proprio due gocce d'acqua. Dev'essere divertente avere una persona
identica a te, puoi sostituirti e farti sostituire in
continuazione.»
continuò a parlare socievolmente.
Non sembrava pericoloso per fortuna, forse era solo un po'... logorroico.
Dopo
pochi minuti arrivammo al centro commerciale.
Lui
aveva continuato a cercare di chiacchierare, ma io e mia sorella
rispondevamo a monosillabi. Eravamo troppo tese per poterci
preoccupare di fare amicizia.
Ma
avevamo mai fatto amicizia con qualcuno?
Il
pensiero mi fulminò all'improvviso.
No.
Non c'era nessuno che potessimo definire davvero amico, al massimo
conoscente.
«Eccoci
qui.» sorrise davanti al centro commerciale.
«Grazie
mille.» ringraziai salutandolo.
Ci
avviammo al parcheggio del centro commerciale e dopo poco vedemmo un
capannone abbandonato poco distante.
Su
una delle pareti c'era un graffito con la scritta “Il centro
della
Terra” e sotto uno più piccolo “Casa è dov'è il tuo cuore”.
«Sei
pronta?» chiesi ad Evelyn.
«Sì.
Nel caso sia un malintenzionato dobbiamo essere preparate a
correre.»
mormorò spingendo la porta. Aveva paura.
Il
capannone era buio e soprattutto... vuoto.
Lasciai
la porta aperta per far trapelare un po' di luce solare.
Non
c'era nessuno all'interno.
«...
Nessuno? Ci hanno fatto uno scherzo?» chiese Evelyn.
«...
Sembrerebbe...» dissi muovendo qualche passo in avanti. «Ma avrebbe fatto tutta quella fatica per trovare il mio numero solo per uno scherzo?» pensai a bassa voce.
Improvvisamente
si sentì molto chiaramente un tonfo secco.
«Alice
io ho paura!» disse Evelyn muovendo qualche passo incerto.
«Non
ti avevo chiesto di venire da sola?» sbucò dal
nulla un ragazzino.
Mi
trattenni a stento dall'urlare per la sorpresa.
«Quindi
saresti tu?» chiese mia sorella.
«Certo
che sono io. Chi altro doveva essere? Ve lo avevo detto che sono
vostro cugino.» continuò senza dire il suo nome.
Io
non riuscivo a riconoscerlo né a ricordare il suo volto.
Aveva
capelli neri e occhi di un verde smeraldo. Era una di quelle persone
che quando si incontrano anche se per poco si ricordano. Mi sembrava
troppo assurdo.
«Ehm...
e perché mi hai chiesto di venire in questo
posto?» chiesi incerta.
Lui
si fermò e pensò bene alle parole da dire.
«Beh...
mettiamola così.» sorrise allargando le braccia
come per circondare tutto quel posto. «Vi chiedo asilo politico.»
__________________________________________Authoress'
words
Ehm... Ciao!
So che come primo capitolo non è il
massimo, che uno quando legge un primo capitolo dovrebbe dire: "Wow!
Che figa 'sta storia!" e soprattutto che sembra una storia uguale a
tutte quelle lì con le ragazze superfighe che si fidanzano
con uno dei Green Day... ma non lo è!
Ok, vi dico le cose come stanno. Questa
è in assoluto la prima volta che tento di scrivere una
storia romantica e ho deciso di pubblicarla perché se non so
almeno il parere di qualcuno non capirò mai cosa
c'è di buono e cosa c'è di male in quello che ho
scritto.
Comunque parlando d'altro senza che mi venga
l'ansia... l'hai notato? L'azienda di Cupertino di cui parla la madre
all'inizio del capitolo altro non è che la Apple che ha sede
a Cupertino in California nella Silicon Valley. ;)
Ultima cosa. Alice si pronuncia "Elis" mentre
Evelyn si pronuncia esattamente così come si scrive. :)
Scusatemi, devo riversare qui tutta la mia ansia
repressa. xD
Bye!
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