In
bilico.
Capitolo
1.
Pianti
e strilli: questa è la
mia routine.
Mi
alzo nuovamente dal letto e vado nella camera della mia bambina:
è nella culla
che piange disperata, agitando i suoi piccoli pugnetti rosei
nell’aria.
La
mia piccola Laura Marie.
E’
nata tre mesi fa, ed è la bambina più bella che
abbia mai visto.
Il
viso roseo e tondo è circondato da una massa di capelli
neri, ereditati dalla
famiglia del padre; gli occhi sono uguali ai miei, color del cioccolato
al
latte.
E’
una bambina stupenda, fa innamorare chiunque la veda.
Ha
un solo difetto, se così può essere chiamato: la
notte non dorme, bensì passa
il tempo ad urlare e a piangere.
Ormai
non so più cosa sia una notte lunga di sonno.
“Cosa
c’è, amore della mamma?” le sussurro
prendendola in braccio.
Inizio
a cullarla e vado a sedermi sulla sedia a dondolo.
Le
canto la canzone che mia madre era solita usare con me quando non
dormivo e lei
si calma subito.
Questa
bambina è stata la cosa più bella che potesse
capitarmi.
Mentre
tento di farla riaddormentare mi guardo intorno: la sua cameretta
è tutta rosa,
colma di tutto ciò che possa servire ad un neonato; alle
pareti sono dipinti
dei fiori rosa, e sulla parete più corta ed allo stesso
tempo più in luce vi è
dipinta la sagoma di un lupo che ulula alla luna piena.
Sospiro
stringendo un po’ di più la piccola al mio petto.
Ieri
ho parlato con Alan, dice che è ancora troppo presto per
sapere se Laura Marie
abbia ereditato o meno il gene del lupo.
I
cuor mio spero che ciò non sia avvenuto, non
perché avere certe abilità sia
brutto intendiamoci, solo che non potrebbe mai essere totalmente se
stessa, e
se i cacciatori venissero a saperlo saremmo costretti a scappare, e non
voglio
che anche lei debba vivere un’infanzia come la mia,
perennemente in fuga.
Mi
alzo piano dalla sedia e ripongo con delicatezza la bambina nella
culla,
finalmente si è addormentata.
Rimango
qualche istante ad osservarla dormire tranquilla, ed è
magnifica.
Le
do un bacio leggero sulla fronte e ritorno nel letto.
Mio
marito non si è svegliato, quell’uomo ha il sonno
incredibilmente pesante.
Sorridendo
mi rinfilo al calduccio sotto le coperte, sperando di riprendere sonno.
Mi
sento abbracciare da dietro e mi sistemo meglio tra le braccia
dell’uomo che
amo.
“Si
è addormentata?” mi chiede posandomi un bacio sul
collo.
“Si,
spero che vada avanti almeno fino a quando devo svegliarti.”
Rispondo dandogli
un bacio sulla mano e piano piano scivolo nel mondo dei sogni.
“Tesoro,
sveglia. Devi andare a lavorare.” Sussurro a mio marito
accarezzandogli una
guancia.
La
sveglia come tutte le mattine è suonata troppo presto, ed io
mi sono alzata ed
ho preparato la colazione.
“Cinque
minuti…” risponde lui con voce assonnata
trascinandomi per un braccio sul letto
per poi abbracciarmi.
Ricambio
l’abbraccio e mi sistemo meglio su di lui, godendomi la
sensazione di calore e
protezione che emana.
“Lo
so che è presto, ma devi alzarti.” Gli dico dopo
un paio di minuti, ricevendo
in risposta un grugnito assonnato.
“Tesoro?”
insisto, sapendo che ormai si è svegliato e sta solo facendo
un po’ di scena.
“Ok,
va bene, mi alzo. Hai vinto!” esclama sciogliendo
l’abbraccio e permettendomi
di alzarmi.
Una
volta libera scendo in cucina e gli preparo il caffè, che
poso al tavolo con il
cucchiaino rigorosamente a destra.
Mi
perdo un paio di minuti ad osservare il bosco attraverso la finestra:
gli
alberi immensi circondano la casa, che sorge non lontano da dove un
tempo si
trovava la mia casa d’infanzia e nelle vicinanze del vecchio
rudere di casa
Hale.
Sento
mio marito arrivare alle mie spalle ed abbracciarmi, dandomi poi un
bacio sulla
spalla, coperta dal pigiama invernale.
Ormai
era quasi passato un anno da quando lui, il mio migliore amico, se ne
era
andato, scappato di casa per fuggire chissà dove; un anno da
quando avevano
iniziato le sue ricerche, da quando aveva chiuso con una parte della
sua vita.
Ovviamente
il branco ne aveva risentito, come avrebbe potuto essere lo stesso
senza di
lui?
“Lo
troveranno.” Mi dice mio marito, quasi mi avesse letto nel
pensiero.
Annuisco
e mi volto, sorridendogli.
“Oggi
è una giornata impegnativa in centrale?” chiedo
circondandogli il collo con le
braccia.
Mio
marito lavora come poliziotto alla centrale di Beacon Hills, e spesso
deve
fermarsi oltre il suo turno per sbrigare casi urgenti o cose di questo
tipo.
“Non
particolarmente, spero di tornare per pranzo, così posso
stare con le due
persone più importanti della mia vita!” esclama
sorridendo, per poi stamparmi
un bacio sulle labbra.
“Mi
dispiace che questa notte debba esserti svegliata sempre tu, non
riuscivo a
restare sveglio per più di due minuti. Ma mi farò
perdonare, promesso!” mi dice
stringendomi a sé.
Lo
adoro quando fa così, mi
fa sentire la
persona più speciale dell’intero pianeta e so che
ciò può sembrare una cosa
infantile ma è proprio così che mi sento tutte le
volte che mi abbraccia o mi
bacia o mi dice che mi ama.
“Bevi
il caffè, mister sonno-di-piombo, altrimenti si
raffredda!” gli rispondo mentre
sciolgo l’abbraccio.
“Vuoi
che vada a fare la spesa, prima di tornare a casa oggi?” mi
chiede mentre si
infila il cappotto.
“No,
direi che il frigo e la dispensa sono a posto. Passa una buona giornata
a
lavoro tesoro!” gli rispondo dandogli un bacio.
Lui
per tutta risposta non accenna a volermi lasciar andare e mi cattura in
un
bacio appassionato, di quelli che ti fanno girare la testa ed allo
stesso tempo
salire la glicemia per quanto sono dolci.
Ci
stacchiamo entrambi con il fiatone ma sorridenti e lui sale in
macchina, mentre
io torno in casa.
Metto
un po’ in ordine la cucina e rifaccio il letto, quando la mia
bambina si
sveglia ed inizia, giustamente, a reclamare la mia attenzione con un
pianto
disperato per la fame.
Sorridendo
tra me e me la raggiungo e la allatto, mentre non la smetto di dirle
quanto sia
bella e quanto sia felice di aver avuto un tale dono dalla vita.
Certo
molte persone potrebbero pensare che avere un figlio a solo ventun anni
sia
sbagliato, insomma a quest’età dovresti essere al
college a studiare invece che
a casa ad allattare e cambiare pannolini, ma a me questa vita piace.
Ammetto
che alcune volte mi piacerebbe tornare a studiare, ma mi ripeto che
c’è sempre
tempo per farlo, ed al momento preferisco godermi questi piccoli
momenti con il
mio angelo.
Una
volta che le ho dato da mangiare mi faccio una doccia al volo, tendendo
sempre
un orecchio per sentire eventuali pianti che fortunatamente non
avvengono.
Devo
ammettere che avere l’udito più sviluppato in
questi casi è molto utile.
Torno
dalla mia Laura Marie e la porto al piano inferiore con me e la sistemo
sul
seggiolone, mentre inizio a preparare la pasta per il pranzo: ora che
ho molto
più tempo libero mi piace preparare la pasta fresca, che
è molto più buona e
saporita a mio parere.
Verso
le undici e mezza, mentre giocavo con la bambina, ricevo un messaggio
da mio
marito, con scritto che deve andare con lo sceriffo a fare un
sopralluogo e che
quindi non ci sarebbe stato a pranzo.
Sospiro
e guardando seria la mia bambina le dico:
“Oggi
il Papà non viene per pranzo, siamo solo io e te
tesoro.” Dopodiché la prendo
in braccio e la porto con me in cucina, dove inizio a prepararmi il
pranzo.
“Allora,
abbiamo delle novità?” mi chiede Lydia toccandosi
il pancione.
Il
branco è tutto riunito al tavolo della sala da pranzo di
casa mia.
“Purtroppo
no; io ed Isaac siamo tornati un paio di giorni fa dal Minnesota, ma
non c’è
nessuna traccia di lui lì.” Esclama Scott
appoggiando la testa sulla spalla del
compagno.
Finalmente,
dopo mesi e mesi di indecisione, quei due lupastri si erano dichiarati
e da
quel momento non si erano staccati un momento l’uno
dall’altro.
“Io
ed Erica partiamo per il Kansas la settimana prossima, proviamo a
seguire le
tracce che ha lasciato là.” Esclama Boyd
stiracchiandosi sulla sedia.
“Peter
dov’è?” chiedo io, notando solo in quel
momento l’assenza dell’uomo.
“Non
saprei, doveva essere qui.” Risponde Jackson tenendo la mano
di Lydia.
“Da
Allison nessuna notizia?” chiede la rossa fissandomi.
“L’ho
sentita la settimana scorsa, dice che Yale non è affatto un
brutto posto, è
molto tranquillo ma soprattutto la popolazione di lupi mannari
è pari a zero.” Rispondo
sorridendo un po’.
La
giovane cacciatrice, nonché ex di Scott, ha deciso di
deporre le armi per poter
frequentare il college in santa pace, senza però perdere i
contatti con i
vecchi amici.
“Quindi
ora che si fa, Rachel? Continuiamo a cercarlo?” chiede Isaac
fissandomi.
“Io…non
lo so.” Rispondo prendendomi la testa tra le mani.
Tutta
quella situazione inizia ad essere snervante.
“Isaac
ha ragione Rachel. In assenza dell’Alpha sei tu a doverci
guidare. Sei la ‘mamma’
del branco.” Aggiunge Erica sorridendomi incoraggiante.
“Non
saprei dove altro potremmo cercare.” Ammetto sconfortata
“Se
posso esservi d’aiuto, io avrei una pista.” Esclama
Peter entrando nella
stanza.
“Ho
seguito le sue tracce fin nel New Jersey ed ho scoperto che ha preso un
volo
diretto per Sidney due settimane fa. Se riuscissi ad intercettare la
sua carta
di credito sarebbe più facile, ma mi ci vorrà
ancora un po’ di tempo. Intanto
proporrei di mandare qualcuno laggiù per
cercarlo.” Aggiunge il licantropo,
sedendosi su una poltrona.
“Fino
in Australia?” chiedo scettica.
“Si,
direi di si. A meno che tu non conosca un’altra
città che si chiama Sidney.” Mi
risponde Peter sarcastico.
“Ok,
qualcuno andrà a Sidney, ma mettetevi d’accordo
tra di voi. Io a priori
escluderei Lydia, date le sue condizioni.” Rispondo e mi alzo
per andare a dar
da mangiare alla mia bambina, che ha appena iniziato a piangere.
NdA:
Salve!
Ebbene sì, sono ancora qui a rompervi i maroni! :D
Anyway…. Questa è la seconda parte di
“Ancient Love”, e premetto che è
un’esperimento.
Il
tempo della narrazione varierà tra il presente, scritto in
corsivo, ed il
passato, scritto normale.
Ovviamente
mi piacerebbe se mi lasciaste una recensione, per farmi sapere cosa ne
pensate!
Detto
questo vi lascio andare, e buona serata! :D
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