Cold
December Night
"Alfred,
per l'amor del cielo."
"Qual'è
il problema?"
Qual'è
il problema,
chiedeva lui. A volte l'inglese si domandava veramente se l'altro
fosse davvero così stupido o facesse solo finta.
Il problema era
quel posto. Il problema era quella grande distesa di ghiaccio
scintillante su cui si trovavano. Il problema erano quei dannati
arnesi che era stato costretto a infilarsi ai piedi. Il problema, per
farla breve, era che lui si era sorbito un viaggio in aereo di otto
ore tra bambini urlanti e famigliole chiassose solo per andare a
trovare quello stupido americano durante le feste natalizie e lui
l'aveva portato a pattinare. A
pattinare.
Non
a cena in un ristorante d'alta classe. Non in una suit di lusso. No,
il suo adorabile fidanzato aveva pensato fosse più romantico
trascinarlo a Rockefeller Center.
"Alfred,
sai che io non so pattinare?"
L'americano
sorrise, uno di quei sorrisi che illuminavano la stanza, uno di quei
sorrisi a cui Arthur non sapeva resistere, per poi rispondere con una
scrollata di spalle: "Te lo insegno io!"
Oh
giusto. L'inglese si era quasi dimenticato di avere a che fare con
Mister Soluzione Facile.
Doveva essere estremamente rilassante
essere lui, sparare sentenze ovvie senza riflettere, senza
considerare le circostanze e soprattutto i sentimenti altrui.
Arthur
sbuffò: "Credo che tu non abbia capito. Io non
pattinerò."
Il
sorriso dell'altro cadde improvvisamente. "P-perchè no?!"
"La
vera domanda è perchè, non 'perchè
no'! Si può sapere cosa ti
passa per la testa? Per quale assurdo motivo siamo qui?"
Alfred
abbassò il capo, guardando l'altro di sottecchi con
un'espressione
compassionevole: "Perchè è un posto romantico,
Artie..."
Il
suo concetto di 'romantico' era da sempre un mistero per l'inglese.
Cosa c'era di tanto romantico in quella pista affollata, dove si
poteva solamente girare e rigirare in tondo per ore, ammesso e non
concesso che si fosse in grado di farlo?
Arthur era estremamente
in dubbio, non sapendo se fosse il caso di fare un commento
sarcastico oppure no. Dopo varie liti aveva imparato a tenersi a
bada, perchè a volte una frecciatina acida di troppo faceva
crollare
definitivamente i nervi del fidanzato.
Ma quella volta non riuscì
a trattenersi: "Come il fast food in cui mi hai portato per San
Valentino?", chiese incrociando le braccia al petto e inarcando
un sopracciglio.
Alfred
alzò gli occhi al cielo: "Oh, avanti! Ancora quella storia?"
"Mi
hai portato in un dannatissimo fast food, Alfred. Per San Valentino."
"Facevano
un'offerta speciale alle coppiette, Arthur. Metà prezzo."
L'inglese
colse perfettamente il tono altrettanto canzonatorio dell'altro, e la
cosa non gli fece piacere: se c'era uno stronzetto sarcastico, quello
era lui. E solo lui.
"Non
ti azzardare a farmi il verso!"
"E
tu smettila di lamentarti!"
"Lo
vedi? Stiamo litigando per colpa tua."
"Prendimi
per mano."
"Cosa?!"
"Prendimi
per mano, dannazione!"
Alfred
lo stava guardando serio, mentre gli porgeva le mani con i palmi
rivolti verso di lui.
Se non lo avesse conosciuto bene, Arthur
avrebbe pensato che stesse cercando di ignorarlo e si sarebbe
arrabbiato ancora di più. Ma la verità era
chiara: non voleva
litigare. Voleva davvero che quella stupida serata fosse speciale per
entrambi.
Con un sospiro, l'inglese alzò gli occhi al cielo per
poi afferrare le mani dell'altro.
"Se
mi fai cadere davanti a tutte queste persone, giuro che scavo un buco
nel ghiaccio a mani nude e ti ci butto dentro."
"Non
succederà, perchè io sono un fantastico eroe. E
gli eroi non
permettono che le loro damigelle si facciano male al fondoschiena."
"Io
e il mio fondoschiena avremmo qualcosa da ridire in merito."
"Sta
zitto e seguimi."
Alfred
iniziò a muovere i pattini con un movimento lento ma deciso,
trascinando con sè Arthur. Questi, di riflesso, strinse
più forte
le mani dell'americano e cercò di mantenere l'equilibrio.
L'inglese,
che aveva gli occhi fissi al suolo in preda al terrore di cadere,
alzò lo sguardo quando si rese conto che l'altro stava
ridendo di
gusto.
"Che
diavolo hai da sghignazzare tanto?!", chiese stizzito mentre un
lieve rossore gli imporporava le guance. Dio, che situazione
imbarazzante.
"Che
grazia, Mister Kirkland!", esclamò l'altro ridendo di gusto.
Arthur
ringhiò: "Se non la pianta le tiro un sinistro su quel suo
brutto muso da yankee, Mister Jones."
L'americano
soppresse le risate in qualche modo, e guardando l'altro disse: "Devi
muovere i piedi verso l'esterno. Come un pinguino."
L'inglese,
preso dal panico, ripetè pedissequamente il consiglio del
fidanzato
"Come un pinguino...Aspetta, mi prendi in giro?"
Ennesima
risatina. "No, dico sul serio. E' così che si mantiene
l'equilibrio."
Dopo
qualche minuto, Arthur riuscì incredibilmente a muoversi nel
modo
corretto.
"Proprio
così, dolcezza."
"N-Non
chiamarmi dolcezza!"
"Credevo
ti piacesse..."
"Non
quando siamo in pubblico!"
Era
incredibile. Come poteva Alfred essere tanto stupido, imbarazzante e
adorabile allo stesso tempo? La cosa era frustrante.
"Movimentiamo
un po' la situazione, ti va?"
Senza
che l'altro avesse il tempo di rispondere, l'americano
accellerò il
ritmo.
Arthur non sapeva bene come, ma i suoi piedi avevano
iniziato a muoversi senza aspettare un comando da parte del cervello,
scattando in avanti. E findendo inesorabilmente per inciampare.
Ci
vollero pochi istanti, in cui Arthur si vedeva già disteso
per
terra, spalmato sul ghiaccio mentre l'americano rideva della sua
figuraccia.
E invece non accadde.
Al posto della superficie
ghiacciata, un corpo morbido e caldo avvolto intorno al suo.
Al
posto delle risate sguaiate, un sussurro soffiato contro il suo
orecchio: "Ehi, tutto a posto?"
L'inglese
ci mise un po' a realizzare quello che effettivamente era successo, o
semplicemente non aveva fretta di realizzarlo. Gli bastava intuirlo,
gli bastava rimanersene lì con gli occhi ancora serrati per
lo
spavento e il viso affondato contro quel bomber di pelle che
conosceva tanto bene.
Perchè se avesse aperto gli occhi, se fose
tornato alla realtà, l'imbarazzo per quella situazione
avrebbe
prevalso, e il suo orgoglio lo avrebbe fatto allontanare
repentinamente dal suo Alfred. E dopo tutto quel tempo passato
lontano da lui, non aveva fretta di lasciarlo.
Un
altro sussurro: "Artie...?"
"Stai
zitto."
"Stai
bene?"
"Stavo
meglio prima che tu aprissi quella tua stupida bocca."
A
quel punto Arthur aprì gli occhi, e alzò lo
sguardo, per incontrare
quei due meravigliosi frammenti di cielo che tanto amava, che aveva
amato sempre. Notò che il viso dell'americano era arrossato,
forse
per il freddo pungente; poi, la sua attenzione si concentrò
sulle
sue labbra, trovandole leggermente screpolate ma non per questo meno
belle.
Sentì un forte calore salirgli alle guance, ma non si
scostò, combattendo quella vocina nella sua testa che in
quel
momento gli stava dando dell'idiota.
"Hai
visto? Ti ho afferrato al volo prima che cadessi.", mormorò
Alfred facendogli l'occhiolino.
Arthur
lo guardò in tralice: "Non avresti avuto questo problema se
fossimo andati in un ristorante."
L'altro
rise, per poi avvicinarsi di nuovo al suo orecchio per bisbigliare:
"Ma in un ristorante non avrei certo potuto abbracciarti
così."
A
quelle parole, l'inglese non potè evitare di sorridere. Era
in
momenti come quello che capiva quanto quel ragazzo non fosse affatto
stupido, anzi. Era furbo, era dannatamente furbo.
"Oh,
quindi era tutto finalizzato a palpeggiarmi?", chiese Arthur
inarcando un sopracciglio.
"Non
dirlo in quel modo, perde tutto il suo lato romantico!", si
lamentò Alfred, imbronciandosi.
Arthur
stava per rispondere, per ribadire che no, dannazione, per quanto si
sforzasse non riusciva a trovarci nulla di romantico in quel
posto.
Ma poi qualcosa di piccolo e gelido gli poggiò sul naso,
facendolo rabbrividire. E poi un altro, sulla guancia sinistra, e un
altro ancora sulla fronte.
"Guarda!
Sta nevicando!", esclamò l'americano alzando gli occhi al
cielo.
Dal
cielo nero infatti cominciavano a scendere, lenti e silenziosi,
migliaia di piccoli fiocchi bianchi che andavano a posarsi su di loro
con piccole carezze ghiacciate.
Arthur li fissò a lungo, mentre
si posavano sulle sue ciglia. Poi abbassò lo sguardo sul
ragazzo che
lo stava ancora stringendo a sè. E stranamente non gli
importò più
di nulla. Nè della pista di pattinaggio, nè dei
pattini che aveva
indosso, nè della gente che gli sfrecciava accanto. C'erano
solo
loro, lui e il suo stupido americano, che ora se ne stava con la
bocca spalancata per afferrare i fiocchi di neve con la lingua.
"Sai,
forse non avevi tutti i torti.", mormorò.
Alfred
abbassò lo sguardo su di lui, sorridendo: "Che intendi dire?"
L'inglese
esitò un istante, per poi proseguire:
"Bè...questo è
abbastanza romantico, credo."
L'espressione
dell'altro si illuminò: "Certo che lo è.
C'è la mia
bellissima faccia alla voce 'romanticismo' sul vocabolario, controlla
pure!"
Arthur
scoppiò a ridere. Rideva, rideva davvero di gusto senza
capire
perchè, in fondo quella battuta faceva davvero tristezza.
"Buon
Natale, idiota.", fece poi, tra una risata e l'altra.
Alfred
rise a sua volta, e si sporse in avanti per schioccargli un casto e
rapido bacio sulle labbra che comunque ebbe l'effetto di una scarica
elettrica sul corpo dell'altro.
"Buon
Natale, Artie."
"So
please just fall in love with me, this Christmas
There's nothing
else that I will need, this Christmas
Won't be wrapped under a
tree, I want something that lasts forever, so kiss me on this
Cold
December night"
Angolino
dell'Autrice:
Salve
a tutti!
Alla fine mi sono arresa allo spirito natalizio e,
nonostante mi fossi ripromessa di non farlo mai, ho pubblicato
qualcosa ispirato al Natale. Come sono mainstream :')
Ovviamente
la citazione è presa dalla canzone "Cold December Night"
di Michael Bublè, che personalmente io adoro.
Comunque sia, spero
che la shot vi sia piaciuta! Un commentino o una critica costruttiva
sono sempre bene accetti uwu
See ya soon, people!
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