Quanto hai Vissuto?
Procedei
con passo svelto verso la navata della chiesa, solo ogni tanto, come
timidi fiori in un campo d’autunno, vedevo qualche fedele
inginocchiato col capo chino verso la Madonna, e le ginocchia posate su
qui duri inginocchiatoi. Recitavano piano il rosario o ringraziavano
Iddio per qualche grazia ricevuta.
Giunsi davanti alla statua della Madre di Cristo talmente velocemente
che quasi mi spaventai nel vederla dritta e solenne davanti a me. Lei,
così candida, bella e vergine, Lei che mai aveva consumato
l’amore per un uomo e aveva dato alla luce Gesù.
Mi inginocchiai davanti all’altare e sentii gli occhi del
ragazzo in sesta fila osservarmi la nuca coperta dal velo nero. I suoi
occhi che mai si specchieranno coi miei . Dopo aver recitato una
preghiera alla Madonna mi alzai, diretta al confessionale.
Un capogiro mi fece oscillare e appoggiai una mano tremante alla
colonna della chiesa.
“Tutto bene sorella?” sia il parroco dietro la
tenda del confessionale sia il ragazzo della sesta fila si
interessarono a me.
“Tutto bene, grazie” tutto nella mia vita
è andato bene, vero? Destinata a diventare Madre Badessa
ancora prima della nascita… “Si, tutto
bene…” mi inginocchiai sul gradino del
confessionale facendomi il segno della croce.
“Mi perdoni Padre perché ho peccato” il
Parroco mi guardò sorridendo.
“Suvvia Gertrude, cosa avrai mai fatto in ventiquattro ore?
Ti sei confessata ieri alla stessa ora, come fai da nove anni a questa
parte” mi guardò bonario. Era il prete che
risiedeva al convento e che mi aveva vista crescere più di
quanto mi abbia mai vista mio padre in tutta la sua vita mortale.
“Padre, ho peccato perché mai nella mia vita sono
stata sincera” il caro vecchio mi guardò
incredulo, tra lo stupito e lo sbalordito. “Mai sono stata
sincera con voi e con me stessa, mai ho voluto indossare questo
abito”.
“Ma..” lo interruppi chiudendo bene le vie
d’accesso al nostro piccolo rifugio, mi sedetti con
l’inginocchiatoio e una calda lacrima rigò il mio
fresco viso da venticinquenne in fiore.
“Padre, sono infelice…” la piccola perla
salata mi bagno le labbra, mentre, come una collana preziosa,
cominiciai ad assaporare il gusto marino delle mie stesse lacrime.
“Sono una peccatrice perché mai ho saputo dire
grazie a Dio per la vita che mi ha donato, ma mi sono rivolta a Lui
sempre con rammarico e pentimento. Questo abito è la mia
prigione, e non posso evadere da esso. Fui monaca per volere dei miei
parenti, fui monaca per volere del mio avido padre. Mai ho assaporato
la parola ‘Libertà’ che tante volte lei
predica alla santa messa della domenica. Ma questo fu il mio destino,
sempre sola e rifiutata. So cosa voglia dire la parola Amore, ma non so
cosa voglia dire Amare. Padre, mi conforti Lei in questa vita da
infelice. Forse questo era il mio destino, e allora dovrei esserne solo
grata, ma vede Padre, io non ci riesco. Lo sento dentro… io
voglio vivere”.
Sentii Don Guglielmo guardarmi con compassione e provai
un’irrefrenabile vergogna per quello che avevo appena detto.
“Padre…” mi interruppe con un cenno
della mano.
“Quanti anni hai Gertrude?” mi chiese sapendo
benissimo la mia età.
“Venticinque, Signore”
“E quanti anni hai vissuto per ora?” Senza
esitazioni lo guardai negli occhi e mi tolsi il velo, lasciando cadere
una cascata di boccoli corvini.
“Nessuno, Signore.”
Procedei la navata della chiesa nel senso opposto di quando ero
entrata, tutti i fedeli rimasti guardavano i miei capelli con
disprezzo, una donna che aveva infranto una regola. Mi seguirono con lo
sguardo fino alla porta principale, dove di me restò solo
un’ombra, e un semplice ricordo…
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