Finzione?

di Black_White
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30 agosto, giovedì. ore 2, 15

 
Sono in una camera d'albergo. Davanti a me c'è uno specchio, quella sono io. 
Non mi riconosco, ma quell'immagine non può rappresentare altri che io. Indosso un vestito nero, molto corto che lascia ben poco all'immaginazione. Mi volto, sul comodino c'è un mazzo di fiori -rose- e una scatola di cioccolatini mangiucchiati. 
Riporto l'attenzione su me stessa, nello specchio. Ho il rossetto sbavato e il mascara è colato; sembro uno di quei clown nei film dell'orrore. 
Non ho idea di cosa sia successo. 
Perchè sono in un'albergo quando dovrei essere a casa con mio marito?
Perchè sul comodino ci sono dei fiori e dei cioccolatini?
Perchè sono vestita in questo modo?
Cosa è successo al mio trucco? 
La testa mi gira. Perdo per un attimo l'equilibrio e sento il bisogno di attaccarmi a qualcosa. Arranco con la mano e afferro lo spigolo del tavolo. 
Ho riacquistato per un momento la mia stabilità, ma poi sento diventare ancora tutto ovattato. Nero. Sto cadendo. Tutto è a rallentatore. Quanto dura questa caduta?
Perchè non ho sentito l'impatto con in suolo? Perchè non sento dolore?
 
Mi risveglio di colpo, trascinata via da un caldo tempore. Qui fa più freddo rispetto a dove mi trovavo prima. Non riesco a vedere niente. Ho freddo, sto tremando. 
Muovo le braccia, le sento leggere, non come dovrebbero essere. Muoio di freddo. Lentamente e inconsapevolmente sto riacquistando la vista. Sono in acqua, in qualcosa come una vasca e mi sembra di avere sotto di me del ghiaccio. Sento solo una fitta di calore pulsare intorno alla mia gola, dove si trova la mia carotide. Piccole fiotte di sangue escono regolarmente dal mio corpo riscaldando impercettibilmente l'acqua e tingendola di rosso. Non so come, riesco a sollevarmi di alcuni centimetri e riesco a scorgere un taglio, quasi irrilevante sul mio collo. 
Ci risiamo. Sto per sprofondare, di nuovo
 
Questa volta ripresi conoscenza di colpo, ma non aprii subito gli occhi. Sentivo di trovarmi in una minuscola vasca, riempita di acqua. La mia bocca era piena di quell'acqua che aveva un sapore metallico così familiare. Sangue, il mio. Sentivo male. Qualcosa mi faceva male. Decisi di aprire gli occhi, al tre.
Uno, male. Due, lo stesso male moltiplicato per quattro. Tre, aprì gli occhi e la prima cosa che notai furono due braccia, mi spingevano a fondo. No, non era possibile. Stavano facendo qualcos'altro. I miei occhi cominciarono a mettere a fuoco. 
Mani, intorno alla mia gola. Avevo bisogno d'aria. Mi stavano soffocando. 




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