Don’t look at the world- You may cry now
3.Broken
Halleluja
I've seen
this room and I’ve walked this floor
I used to live alone before I knew you
I've seen your flag on the marble arch
but love is not a victory march
it's a cold and it's a broken hallelujah
(Halleluja,
Jeff Buckley)
-
Ha camminato percorrendo
uno spazio che gli è parso largo miglia e miglia, scattando
al piano di sopra a
gettare scompostamente i suoi vestiti nella valigia aperta; poi si
è fermato, seduto
sul letto e ha sospirato.
C’è qualcosa di consumante nelle sue tonsille,
qualcosa che trema nelle sue
spalle e schiena robusta, ma la ragione in lui seda ogni rivolta;
congiunge le
mani, posandovi il viso stanco ed aspramente contratto.
Si alza e lo specchio riflette la sua immagine, le sue spalle basse e
la
camicia sbottonata, il viso rosso e scivoloso, le sopracciglia fissate
alle
palpebre, le labbra aride.
Lo specchio è rotto ed è perfetto
così. Non vuole vedere altro.
E non ci sarebbe futuro lo stesso. Io non
l’avrò, un futuro. Sono sciocco.
Sciocco ed egoista.
Trema un poco e si accorge di stare seriamente pensando
troppo; verranno
giorni migliori per pensare a questo.
Ora ci vuole solo una dissestata, tremula, sconvolta, ardua decisione,
nulla di
più, nulla di meno.
Ed il corpo è certo e disinvolto, nel richiudere di scatto
la valigia, ma
qualcosa si contrae nel suo stomaco al pensiero di una ragazza ossuta
rannicchiata in un angolo, polvere ad intaccare, in patina densa e
sconvolgente, la serenità di uno sguardo diritto e coinciso.
Confusa.
E’ piegata e
morirà sola.
Ed è davvero questo,quello che voglio? O voglio
restare qui per fuggire dai
sensi di colpa?
O per qualche altra stupida ragione?
Nemmeno il corpo è più un valido
sostegno, e la mano che tende alla porta
ricade in breve al suo fianco, senza volontà di fare altro.
Questo è perché la amo.
Chiude gli occhi, inspira profondamente e nulla è
cambiato.
Sarà un ragazzino senza spina dorsale mai pronto a slacciare
quella sorta di
cordone ombelicale che lo ha reso –lo rende–
succube di quella tela molle e
densa di aria viziata. Su di essa, lei tratteggia e scandisce i minuti
della
sua vita con maestria ed un vincolo impenetrabile al Cielo.
Anche lei è
lì, perché
vivere lì è vivere con lui, no? Meglio di
quest’imitazione. Meglio delle nostre
bugie.
Questo è quanto li
separi,
in pochi passi e tanti mesi. In una vita dall’irrisoria
durata, in un regno
senza né un re né una regina, ma stanchi sudditi
che alla rinfusa si accalcano
per esistere senza una guida o un pensiero logico.
E’ fermo e la sua rabbia è quanto di
più sincero abbia serbato in seno per anni
e anni: va al di là delle pulsioni fisiche quando
l’acqua della doccia
scrosciando la bagnava e lui era fuori dal bagno per coprirla
all’uscita,
quando i suoi occhi non lo vedevano e le serviva una guida, alla morte
di Ed –e
lei non piangeva ma nemmeno viveva–, sinuosa al tastarla
sopra all’accappatoio,
soffice e miracolosamente viva; al di là delle parole povere
di passione che
aveva dovuto pronunciare, senza espressioni ma ansia al funerale
fraterno–vita
precocemente strappata, fratello adorato, marito amorevole e scusatela,
non
ce la fa a parlare o non potrebbe più mantenere la calma e
lo abbiamo amato–;
al di là dell’ho seguito te e
seguirò ora
lei per sempre e grazie per avermela affidata.
La sua rabbia non è calcolata ma è spontanea,
sincera, sciolta da ogni vincolo
morale e immorale che la leghi a lui–e non conosce alcuna
morale, dopotutto–,
ed è stato buono ed una persona nuova e perfetta e piena di
pregi ed insopportabile.
E l’unica cosa che
avrebbe
potuto ottenere, sarebbe stato di allontanarla prima e mettersi al
riparo da
tutta quella pressione.
Mai deluderla, mai parlarle, mai evitare lo sguardo avido e
setacciatore di segni
di riconoscimento sul corpo meno esile e minuto –ma scavando
sino all’osso,
almeno il sangue sarebbe stato lo stesso.
[E dunque avresti potuto
amarmi, almeno per questo. Ma non sono nemmeno una buona imitazione.]
E allora non farti più vedere,smettila di gettare
all’aria ogni cosa che
costruisco. Lasciami una vita.
[Ma
nemmeno la cerco, una vita differente. Non c’è
futuro e lo so, io lo so
benissimo.]
Futuro erano bambini che non avrebbero mai visto la luce, bambini che
non
avrebbero mai giocato alla luce, bambini sperduti e bambini che
semplicemente
non vogliono tornare a casa, anche se la strada la conoscono benissimo.
Bambini come lei, come loro due. Come quelli che lui non avrebbe mai
potuto avere.
Non ha voglia di pensarci
nuovi istanti rispetto a quanti ne abbia sprecati a ripetersi che era
giusto
così e che era Ed l’unico uomo per lei e che le
sue gentilezze erano cortesie e
non significavano niente. Così come nullo è il
pensiero di soffrire come uomo
manchevole solo perché non avrebbe mai potuto avere figli
dalla donna che
amava, la donna che non avrebbe mai potuto essere sua come non si era
mai
nemmeno vagamente arrischiato a fantasticare.
Era soprattutto perché il problema ce l’avevano
lui e il suo corpo.
Forse a pensare a lei tanto
ed in
questo modo, finirò per avere davvero un problema col mio
corpo. Meglio
riabbottonare questa camicia e i pantaloni –nemmeno
lo avevo notato, che
la lampo era rimasta tirata giù da quando sono stato in
bagno. Dio, questo è
equivoco.
La risata genuina che genera a sfregio tale e tormentoso pensiero
è breve e
soffusa e non manca di spegnersi quando si appresta a rimetter mano
alla
valigia, indugiando; e non ci sono nuove ragioni di alzare la testa,
mentre
incomincia a gocciolare sulle finestre e pensa che forse lei
verrà a chiedergli
riparo e conforto dai tuoni e lui potrà chiederle scusa,
abbassando la testa e
tutto resterà uguale.
E’ sempre strato uno stramaledetto, dannoso –per
sé stesso, per tutti–, ottimista.
-
E lei, assurdo ma vero,
alla fine è arrivata sul serio.
E' arrivata con passo lento
e quasi atto a scavar fosse anziché impronte, stringendo
timorosa la maniglia
della porta e senza osare guardarlo in viso o semplicemente respirare
forte.
"Ti prego."
Ed il suo esordio è stato quello che lui si aspettava,
dopotutto. Anche se non
piangerà per i tuoni come una certa bambina soleva fare
quando lui e il
fratello restavano a dormire da lei e fuori l’acqua
scrosciava violenta.
Suonano come spari, aveva usato dire loro; nessuno
dei due fratelli
aveva avuto cuore di rifiutarle un riparo da qualcosa di
così terribile nelle
sue orecchie, durante i temporali.
Ed e Al si adeguavano sul divano, in caso la zietta non avesse tempo di
preparar loro un letto, come spesso capitava in quei giorni, in cui
c'era da
rimetter subito dentro il bucato e far entrare il cane in casa e cose
del
genere.
Così le facevano spazio tra di loro, e Ed le tastava la
testolina chiara in
cerca della parte più sensibile da confortare e scoprendo
che avrebbe fatto
prima a stringerla tutta, per farla smettere di tremare; e le ripeteva
che non
doveva essere stupida e temere qualcosa che non poteva ferirla, mentre
Al, con
un sorrisetto breve e morbido, capiva, prima di lui e del suo orgoglio,
che in
effetti era calore quello che le serviva. Così le
abbracciava teneramente le
spalle, incurante dello sbuffare geloso del fratello, che finiva per
dare loro
la schiena e, nel farlo, adagiarla a quella di lei. Senza cedere al
sentimentalismo venale, la scaldava comunque e lei lo aveva sempre
trovato più
che abbastanza.
E più significativo delle celeri ed affannose intuizioni di
Al.
"Ti prego."
Perché mi supplichi? Ho valore, ora? No, ora no.
Soprattutto non ora. Non
sono stato giusto con te e non lo merito.
"No." la fredda seccamente, scattando in piedi con
disinvoltura a
chiudere al valigia su cui ha indugiato così a lungo.
Ed è una tortura, averla lì davanti, con quelle
dita intrecciate e scorticate
dalle unghie incontrollate, averla lì con quegli occhi
sgranati e fissi su di
lui, percettibili con la chiarezza di un tocco anche senza guardarli.
Lo scrutano, cingono e soffocano.
E vorrebbe dimenticare tutto. Perdonarsi qualcosa e perdonare anche lei.
E' stanco di starsene chiuso lì con lei come suo unico
universo ed aria. Specie
considerando quanto problematica ed angosciosa sia questa convivenza.
Specie
considerando che lei è problematica.
Specie considerando che se quando alza gli occhi la vede
così leggera e serena,
deve ammetterlo, si fa spazio in lui un sublime desiderio di toccarla
che è
tanto tangibile nelle sue membra quanto disgustoso nella sua testa.
Perché sarebbe farle violenza.
"Non andare via."
Perché non avrebbe
significato.
"Non andrai via,
vero?"
Perché lui la ama, ma
lei non
ama e basta.
E quando lei gli si
scaraventa addosso umida di tante cose –pianto sanguigno
sulle labbra bagnate,
per lo più–, gli si preme contro stringendoglisi
ai gomiti e volgendo la nuca
al suo viso, tutta un tremolio, lui lo capisce, lo capisce benissimo
che sono
anni che sbaglia tutto e che, giunti a questo punto, riportarla
completamente
in sé sarà più arduo che mai.
"Winry, non…" balbetta, chinando lo sguardo al suo, incerto,
ed è una
visione terribile: una maschera di carne e dolore senza
dignità.
"…fare così, non toccarmi così,
lascia…"
"Sarò perfetta, te lo prometto. Non desidererai
più nulla perché da me
avrai ogni cosa."
Non ce l’ha sul serio, la forza di scansarla di peso: non
nella sua testa.
Prova puro fracasso tra le spalle che si irrigidiscono, mentre lei,
serrandosi
più forte alle sue braccia, si alza sulle punte dei piedi ed
ingoia le lacrime
che le si frenano tra i denti, mischiandole a sudore e saliva,
riversando tutto
il sudiciume che ha in sé tra quelle di lui e che lui
accetterà senza sgarbo né
odio, disperata, violenta e totalmente succube di sentimenti senza vita.
I suoi occhi logori sono ciechi quando rivolti a lui, come se la retina
si
fosse consumata in una vecchiaia che, di fatto, le è
totalmente estranea.
Ma il corpo non da altri segni di rigetto, limitandosi a seguire quella
sua
perseveranza malata nello stringerlo lì, anche a costo di
trattenerlo per i
piedi, di farsi calpestare, fracassare la testa.
Intreccia le dita alle sue e lo spinge, senza incontrare salde
opposizioni, sul
ciglio del letto vicino a loro, ove lui ne allontana con forza il viso
per
mordersi liberamente le labbra, frustrato e senza un minimo residuo di
quella
dannata potenza e meccanicità di mosse e corpo che sono
state sue da armatura.
Lei lo spinge ancora e gli si inarca addosso, sospirando forte ed
altrettanto
forte facendo scattare il petto ampio; pare indietreggiare con una
scossa del
fianco, socchiudendo gli occhi, ma si limita a prendere tra i denti
l'orlo
vicino al pube della sua camicia per tirarla su e muovere la lingua sul
suo
ventre.
Tiene il capo lì per un poco –e strangola i
sospiri, il giovane Al, tutto rosso
e scivoloso e turbato-, poi si costringe a guardarlo con un breve
sorriso a
decorarle il visino scolorito.
Non accetterà un ‘no’, Winry. Non
accetterà di essere di nuovo sola.
Perché le attese sono logoranti. La solitudine annienta.
La morte spezza la quotidianità, ma, facendo parte del corso
della vita, i
tralci strappati si riavvolgono pian piano tutti all'originale
sanità mentale
dell'individuo e tutto torna come prima, anche senza desiderarlo.
Succede e
basta, perché la morte è un dato di fatto.
La vita no. Quello che gli occhi non vedono, che non possono vedere
solo perché
troppo distante, no.
Ci si uccide da soli.
Ed è una prospettiva che fa terribilmente paura.
"Oh, Ed. Ed, Ed,
caro, adorabilissimo nii-san…" borbotta Al alzando gli occhi
al soffitto
senza minimamente tentare di dissimulare il malcontento delle iridi
feline; lei
lo osserva curiosa, seguendo goffamente il corso dei suoi occhi "Forse
avrei dovuto tentare di trasmutarti, di riportarti in vita. Forse non
avrei
fallito. Forse mi sarei almeno privato di questo strazio di vita con
questa tua
donna disperata. Niente più desideri o dannazioni." lui dice
brevemente;
la sua voce trema mentre, respirando in maniera accanita, le strappa
con
disinvoltura la presa sulla sua camicia.
Lei stringe forte le labbra. Morde le labbra. Le sfrega l’una
con l’altra,
impaziente.
"…mi odi?"
"Non lo so nemmeno io. Forse…forse sì.
Sì, potrebbe essere. Ne avrei il
diritto, no? Sei egoista."
"…sì. Ma non importa."
"…sai, forse avrei
dovuto tentare di riportarlo in vita sul serio. Per te. Per questo
finale degno
di un sadico e totalmente penoso cui siamo arrivati. Ma io l'avevo
accettato,
dopo tutte queste cose, di essere inutile in questo senso. Anche se
forse
saresti stata più felice senza nemmeno un
Ed con te. E stai facendo
questo per toglierti un peso dalla coscienza, Win. Vuoi continuare ad
essere
egoista?"
"Va bene così."
"Degenererà ogni cosa. Tutto quello che abbiamo costruito in
questi
anni."
"Sono molte le cose che non abbiamo più. Non essere
paranoico. Lui è
morto. Ma ci sei tu. E' l'importante." mormora lei socchiudendo gli
occhi
mentre allunga una mano ad accarezzargli il viso.
"Bella scoperta."
Convincine te stessa prima di cercare di convincere me.
"…ti amo da tanti anni, lo sai. Ti ho aspettato tanto.
Quindi, resta con
me."
Per non restare sola,
Win. Perché la solitudine sa di nuovo abbandono. E perdere
me è perdere Ed due
volte. Tre volte contando il bambino.
E non le sai mantenere, le promesse. Non se io e Ed rientriamo nella
stessa
frase.
[Ma
non rientrate nella stessa frase, no? Lei non sta facendo nomi.]
Sa benissimo che cose non
devono, non possono assolutamente andare così, e questo gli
è chiarissimo,
perché è tutto stupido e senza ragione.
Ed è solo un istinto animale e deve ricordarselo bene,
nonostante una forte
urgenza inizi a pulsare dentro di lui, che chiude gli occhi e si frena
desolato
per allontanarla con una rinnovata forza in corpo: si sente scoppiare.
Perché lui vuole esserci sempre, vuole lei, ma vuole sul
serio una sua identità
come Alphonse Elric, non come Edward Elric.
La vuole.
E’ vero che è quello, ciò che
vuole, ma non lo ha mai preteso. Né mai lo
pretenderà.
Abbassa il capo in avanti, chiudendo gli occhi e respirando a fondo, in
un
sospiro che però trova quiete tra i suoi seni che non vuole
vedere ma che il
suo viso tasta con un battito degli occhi.
Ed è una morbidezza inquietante ed un conforto durevole, un
respiro che entra
direttamente nel cuore di lei.
Si sforza di allontanare il capo, riprendendo fiato, l'un tempo fiero e
saldissimo auto-controllo vacillante.
E' così stanco, così
stanco...
"Win…Win, tu non mi ami. Ripetilo con me,
perché è così. Non-mi-ami."
Guardami, Win. Ehi, guardami, per una volta!
Inutile. Ancora quegli occhi che gli fanno un po' paura,
sopra quel
decorativo sorrisino spento ma incrollabile.
"Che cosa stupida, certo che ti amo."
Non mi ascolti, eh? Ma io sto parlando con te.
"Cosa?" mormora lui atono, scuotendo piano la testa per quanto
distante possa tenerla da lei "Il fatto che vuoi svendermi il tuo corpo
per legarmi a te e a questo posto? Trattenermi qua a morsi? Tu non mi
ami.
Nemmeno mi guarderesti -non lo stai facendo, Cristo-, se potessi, e se
lo fai
non vedi me. Ed è terribilmente crudele, da parte tua, Win.
Vattene, ora."
Allontanati, dài. Non è un tentativo
così scarso. Mi stai ascoltando, vero?
Perché non dai segno di starmi ascoltando? Perché
non mi parli, non pronunci
frasi lunghe ed articolate?
Sto parlando con te, Win. Parlami.
Rispondi!
Winry abbassa la testa su
di lui, serenamente ignorandolo, raggiungendo le sue labbra una nuova
volta.
Lui allunga le braccia tremanti ad allontanarla, stringendo forte gli
occhi, e
digrigna i denti.
"…Win, smettila! Se lo fai ancora giuro che ti
faccio male e non
voglio, ma mi stai facendo a pezzi, non hai un minimo di…"
Lei alza la testa e sbatte le palpebre con lentezza inquisitrice,
trapassandolo
con gli occhi chiari.
"Cioè, non intendevo…Win, è che
io…"
"Guarda che tu vuoi questo, io lo so. Quanto sei
stupido. E'
un'altra di quelle cose che dovresti dirmi a parole più che
farmela capire, ma
non importa. Sei sempre lo stesso." sorride ancora di più,
Winry,
pizzicandogli una guancia.
Ed alla fine lui lo realizza pacatamente, il punto della questione.
"Io…"
Lei non sta parlando con lui.
Non fa il suo nome.
Pian piano inizia a parlargli come parlerebbe ad Ed.
A comportarsi come si comporterebbe con Ed.
E' pronta ad amarlo per un
po', come avrebbe amato Ed per una vita.
"Winry, tu...mi stai ascoltando?"
"Certamente, Ed. Certamente."
Alphonse sospira piano e chiude gli occhi.
Sì, lo sta ascoltando. Sul serio.
O quantomeno lui il suo buon tentativo l'ha fatto. E non è
più forte di così.
Ma quel nome…
"…‘Ed’?"
"Sì, Ed. Con chi
dovrei stare parlando, in questa casa, se Al è morto, amore
mio?"
Alphonse trema. Si piega.
E poi si spezza, nel giro di qualche secondo. Però
è già pronto a rialzare la
testa, con uno scricchiolio doloroso ma necessario.
Ma non cambia, il volto di Al. Questa non è che l'ultima
stilettata a straziare
quella poltiglia informe da rimuovere che è il suo cuore.
O forse il suo cervello, non sa dirlo con certezza.
Non cambia più niente. E' come una frustata d'acqua:
dapprima ti sorprende, poi
ti scivola addosso e basta.
La assorbi, anche se sei più freddo di prima.
E meno pronto al
compromesso.
E' ora di porre fine a tale strazio, e sa bene come farlo, dopotutto.
Al
diavolo la morale e il cervello!
Al diavolo la bontà, perché tutte queste lacrime
indecenti e senza senso che
cercano di scivolargli giù dagli occhi acuiranno soltanto la
sua inadeguatezza
e la sua frustrazione.
Non voglio più essere una brava persona, dopo tutte
queste prese in giro.
Voglio essere felice.
[O che almeno il mio corpo lo sia.]
E mi stai ascoltando,
vero, Win? Mi ascolti quando dico queste cose? Perché io
queste cose le ho dette,
sai. A te.
"…va bene. Se seguirai la mia condizione, ti prometto che
resterò."
E mentre il respiro di entrambi si fa più affannoso, lui
realizza infine che ai
suoi occhi e a quel qualcosa cui non vuole dare un nome che ha
cominciato ad
agitarsi dentro di lui, non potrà davvero più
opporsi.
Forse…forse ho sempre desiderato di portargliela
via, dentro di me. Di
essere migliore di lui in qualcosa.
E’ l’ultima possibilità di tirarsi
indietro, non importa a chi tocchi.
Volevo avere qualcosa anch’io…volevo
sentire qualcuno pronunciare il mio
nome prima del suo.
E Winry inclina la testa di lato, serenissima nell'annuire.
Lui scuote la testa, avvicinandosi una mano di lei, rigida ed inquieta,
per
accarezzargliela con un breve sorriso amaro.
Volevo essere importante.
"Ti chiedo di chiamare il mio nome molte volte, se ci riesci, nel fare questo.
Chiamami e pensa a me come Alphonse Elric. Renderà le cose
molto più semplici.
Chiamami per nome. Chiamami Al. Perché io non sono Ed, cerca
di capirlo."
Lo sforzo è sommo ma lei non vi si può sottrarre,
dopo tutto questo.
Dopotutto sussultavo, se li scorgevo avvinti o con le labbra
congiunte.
Sussulterò anche oggi.
"…che gioco sciocco, Ed. Non so cosa tu possa trovarci di
piacevole. Hai
un complesso d'inferiorità nei suoi confronti? Guarda che
quello che amo sei
tu. Il migliore sei tu. Il sopravvissuto –Alphonse sospira,
dandole ragione- sei
tu.
Ma se ti fa piacere, giocheremo lo stesso, per oggi."
Al non può
più spezzarsi,
per quanto faccia male. Lui le sue buone parole le ha dette.
La sua, di coscienza, può essere a posto. Forse.
E se avesse bevuto? Se
avesse preso qualche strana medicina? E' strana, accidenti. E' strana.
E non
voglio questo. Voglio lei, non questa imitazione.
Voglio lei. Lei.
Vacilla
ma è domato in breve. Il suo
corpo freme, e lui ha titubato anche troppo.
Winry lascia che lui le
accompagni le dita alla cintura dei suoi pantaloni per slacciarli;
esegue
dunque l’operazione con la mitezza rassegnata di chi ha a che
fare con un
bambino piccolo.
"So già come muovermi,
scemo. Non è mica la nostra prima volta."
Si muoverà in lui per tanto, tanto tempo, una volta gettata
via la camicia da
notte. Bianca.
Alphonse si morde, nonostante tutto, un dito; quella camicia è
suo
nipote. E’ la perdita di Ed.
Ma è lui ad essere morto. E' lui e vorrebbe tanto,
tanto urlarlo, ma non ci
capisce più niente. Più niente.
E chi lo ha detto, che non
può illudersi ancora un po'? Nessuno. Assolutamente nessuna
legge scritta
glielo vieta.
Forse una qualche legge morale, ma anche lei vuole essere sua, per
questa
volta.
O di Ed. Ma lei lo ha proposto e lei gli è praticamente
saltata addosso
-pensando che fosse lui, Ed stesso, a
suggerirglielo con lo sguardo.
Non può esserci nulla di male, nell’amore
consapevole.
O nel sesso consenziente, a seconda dei punti di vista.
"Al."
Alphonse ansima piano e poi
tace. Winry l’ha gettata via, quella camicia da notte.
Vi ha rinunciato.
Ama crederlo, nonostante tutto.
"Al."
Guardami, nii-san.
Volevo davvero che ti dimenticasse, ma ora non sono felice.
Guardami e non perdonarmi mai.
E Winry bacia il suo petto più roseo di quello di Ed,
più ampio di quello di
Ed, più piatto di quello poderoso di Ed.
Percorre con le labbra il suo braccio destro, alla ricerca di una
cicatrice ed
un arto di metallo che Al non possiede.
Apre la bocca e trema. Gli lacrima scompostamente sul collo, crollando
indietro
–sulle ginocchia di lui- e gemendo forte.
E la giovane donna muta da carnefice a vittima senza ricordi. Non ha
più colpe,
è libera da esse e piena d’un odio che reprime
più e più volte.
"Alphonse."
Lo chiama con la morte nel cuore e masticando quel nome tra i denti
come per
ridurlo in pezzi da far scomparire in fretta.
"Tu non sei Ed. Mi hai
ingannata. Mi hai ingannata! Lo hai ucciso!"
Lui annuisce, senza particolari reazioni.
"Ridammelo, allora!
Ridammi indietro Ed! L'uomo che amo, mio marito..."
Ma Alphonse non si
allontana da lei. Le sfiora i capelli e le asciuga le guance arrossate,
sorridendo mesto.
"Domani, Win. Se puoi,
sopporta ancora un po'. Domani sarai di nuovo sua. Ma per oggi, mi hai
fatto
una promessa."
Lei piange ancora, confusa,
senza realizzare bene di chi sia la colpa per tutto questo.
Quando si riscuote, è vibrante di rabbia in una maniera
affatto calcolata.
I suoi occhi sono offuscati, e non vede che capelli d'oro sul cuscino,
due
liquide pozze dello stesso colore dove dovrebbe esserci il viso di Al.
E percepisce con chiarezza una smorfia desolata e contrita a salirle
sulle
labbra.
"Oh, bene. Benissimo.
E' questo quello che vuoi, allora...è perché ti
ho fatto sopportare tanto,
eh?"
Le lacrime le velano gli
occhi. Le lacrime le nascondono quello che solo le sue mani che non
hanno
percepito arti metallici nel suo corpo possono confermarle.
Lacrime crudeli, di un salato che fa male ad entrambi.
Lui scuote le spalle e sospira forte, senza risponderle.
"E' perché è
colpa
mia, vero, Al?"
E forse, come le suggerisce
una vocina seccante nella sua testa, in fondo, un briciolo di colpa
potrebbe
avercelo davvero.
Non ci è arrivata per magia, nuda, sopra di Al.
"Tu ti sei
approfittato della mia debolezza...ma è colpa mia, vero, Al?
Vero? Rispondi.
RISPONDIMI!"
"Sei libera di credere
quello che preferisci, se ti fa sentire meglio. Quindi se ci tieni
vatt..."
"Oh, NO. Non è una risposta negativa, sai. Io sono qui,
ormai. E ti devo
qualcosa, giusto?"
Lui ricambia con uno
sguardo piatto e senza risposte ed il labbro inferiore di Winry inizia
a
tremare scompostamente, nel portarsi una ciocca di capelli dietro al
viso con
uno scatto furente "Uno scambio equivalente, certo. La tua
libertà di
avere da me quello di cui ti ho prosciugato in questi anni. Bene,
benissimo. E
poi potrai ritenerti soddisfatto, VERO, AL?"
"Io non ti sto
chiedendo niente che tu non voglia darmi. Non ti sto imponendo nulla,
hai fatto
tutto da sola."
Cristo, è così stanco, così
dannatamente stanco...
Si asciuga una tempia calando piano le palpebre e si prepara ad
allontanarla
con uno scatto secco.
E' quanto la parte più
ragionevole del suo corpo gli proponga di fare, a discapito del resto.
Non lo sa nemmeno, come possa sopportarlo o farlo.
Semplicemente, può
esserne
in grado.
Sarà la stanchezza, a guidarlo. Sarà che si sente
ancora, ancora più vecchio ma
affatto saggio...
"Sai una cosa,
Al?" gli domanda lei retorica, con una strana luce negli occhi,
luminosa
"Lo farò. Ti renderò tutto, fino all'ultima
goccia di sudore delle
giornate estive spese chiuso in casa con me. Tutto. Tutto."
E tacciono entrambi. Al non sa bene cosa pensarne, perché lo
turba, più che il
viso distrutto di lei, con la mascella serrata e gli occhi feroci, il
fatto che
abbia ragione.
Il fatto che non gli stia mentendo né stia parlando con
altri che lui.
Inoltre, ha davvero poco
senso farsi ulteriori scrupoli.
Se ne è fatti in maniera vomitevole nell'arco di poco tempo,
ma non ha avuto un
atteggiamento vergognoso, fino ad ora.
Perché non agisce, Al, così come quando era
bambino.
Non si espone in prima linea, lui. E' un vecchio che è
tornato bambino, dimenticando
ogni antica lezione appresa.
E' un complice, una silente presenza che annuisce anche se senza
ascoltare.
Al suo primo tentativo rischioso, seguire la scelta di un altro lo ha
letteralmente portato all'inferno.
Ora che all'inferno c'è
il
colpevole di questo, suo fratello, si chiede solo cos'altro possa
esserci da
perdere.
Né la sua vita -lei non lo ucciderebbe mai, nel corpo-
né lei -lei non andrebbe
mai via, non dopo tutto questo.
Quindi va bene. Va bene anche se sarà la sua
dignità ad andare a suicidarsi, il
suo orgoglio (Quelli erano di Ed, Al. Non hai né
l'uno né l'altro. Solo
l'ombra di essi.) o la sua felicità (Quale
felicità? Cristo, QUALE?).
Dal canto suo, lei non
ragiona più in maniera lucida.
E' istintiva come non lo è mai stata prima, e non sopisce
più la rabbia.
Perché la condanna
peggiore, per Al, non sarà un suo rifiuto, ma la sua
presenza senza il diritto
di amarla.
Si tormenterà da solo,
l'indomani: Winry, per qualche strana ragione, questo lo sa con
chiarezza.
Non è più il
momento delle
favole buone, della bambina gentile che aspetta senza parlare, che non
importa
quante volte tu possa colpirla al cuore, non si spezzerà mai.
Non è mai stata tutto questo. Non è mai stata
incrollabile. Non è mai stata una
santa.
Loro, dopotutto, non hanno che continuato a sostenere un'inutile e ben
poco
durevole pagliacciata, in cui la loro spettrale cordialità
era divina.
"Spero che questo ti
renderà felice, Al." sussurra lei, tagliente.
Uno sguardo vacuo in risposta è la più grande
conferma che no, non lo renderà
felice, ma lui potrà cercare di illudersi comunque.
Una volta di più, una in meno. Basta non guardare.
Né pensare.
Ora non c’è soluzione che sia poco degradante ed
avvilente, soprattutto per
lei, che vorrebbe urlare ma si contiene.
La scelta più saggia
sarà
riconoscerlo pienamente come Al, digrignare i denti ed odiarlo.
Perché non può perdonarsi, ma nemmeno desidera
biasimarsi: odiare lui è il
migliore dei compromessi.
Sobbalza con forza ricrollandogli pesantemente addosso, tentando di
rendergli
almeno un poco meno gradevole il tempo.
Un'ora di gelido sesso
liberatorio senza un piacere pienamente condiviso è quanto
sfregerà in eterno
il loro futuro, ora suggellato da gemiti ed una voce sottile e astiosa.
Ore dopo, la vita riprende comunque, più grama,
più incerta, più rapida, ma
meramente soddisfatta e mai solinga.
Vi sono segni di morsi sul collo di lui, sfoghi frustrati, strazi che
sono
punizioni per avere, infine, sul serio tradito la vita e Winry con
essa. Il
ricordo.
Morsi che recano il nome gonfio di lacrime che appartiene ad Alphonse
Elric.
Perché Edward Elric è semplicemente morto da
più tempo di quanto si potesse
credere, mai rinato, solo seviziato come nome ed immagine.
Non rivivrà più a lungo che in qualche logora
foto nemmeno in questa casa
infestata dagli spiriti.
Fine
[Prossimamente,
l'epilogo]
-
Note
finali:
E'.Finita.
*Sbatte la testa sulla tastiera, sospirone*.
Sì, non credo
che una scena del genere la si
possa tirare realmente così tanto per le lunghe, ma i
protagonisti sono ragazzi
complessati, eh.
E sono esigenze di copione, non prendetevela con me, non avrebbe reso
altrettanto condensata in otto righe.
E tutto questo, solo per la cronaca, accade in non tantissimo tempo,
credo, considerando
solo i dialoghi. I moti mentali possono durare anche solo pochi
secondi, in
realtà.
Questo capitolo è stato
quel che si suol definire un parto. Un cesareo operato del mio nii-san
betatore
Onda (sì, lei è un nii-san al maschile
è_é), a dirla tutta.
Dopo lunghe sofferenze nel
scrivere qualcosa che trovavo totalmente arduo, anche perché
ero in dubbio su
alcune cose e per motivi un po’ scemi tra me e la mia beta si
era arrivati al
punto del “Ah, vuoi che abbia la sorpresina nel leggerla
direttamente online?
Allora anche se me lo chiederai non te la beterò.”
“Ma scherzavo…” “No, ormai
l’hai detto *risatina malefica e un po’
astiosa*.” “Sigh.”
Un punto increscioso, sì, ma mi sono ridotta allo stato di
Ed e le ho detto
quel che voleva sentirsi dire ma che ritenevo semplicemente sottinteso.
Benedetta donna *sospirone*. Oh, beh, almeno lei non ha chiavi inglesi
con cui
pestarmi, è confortante.
Così, alla fine ha accettato di betarla. E sono andata un
po’ in crisi perché,
nella prima versione del capitolo, Winry agiva come agisce anche qui,
ma in
maniera più scostante, tra la razionalità e la
follia.
Quando me l’ha fatto notare anche lei, mi sono messa a
struggermi perché non
sapevo come riparare. Almeno quanto mi sono tormentata per Halo, ma
credo di
più.
Temevo anche di dover sacrificare qualcosa come otto pagine tra
capitolo ed
epilogo, e miliardi di frasi che mi soddisfavano.
Ma mi ha dato un buon consiglio, ovvero "Se è al punto di
non ritorno,
portala lì e lasciacela", ovvero, "falla interamente a
pezzi, così
sarà chiarissimo che agisce così per lo status
mentale e non perché è diventata
scema o cosa".
Quindi, ne è venuta fuori una cosa più sensata.
Grazie, Sìl, senza di te non
avrei partorito questo bel (no, spassionatamente, lo dico solo per non
traumatizzarlo,
è orribile) bambino di un capitoletto assurdo.
Grazie per le tue pronte virgole e forbicine mentali tagliuzza-periodi.
E per
l'inflessibilità e l'oculatezza.
E per le tremila revisioni che mi hanno fatta impazzire. E per le
trovate e le
soluzioni.
Tutta quell'accidenti di una parte in cui Win decide di proseguire
comunque, è
un suo amorevole suggerimento.
Così come altre parti che mi ha suggerito di approfondire.
E non le ho potuto far betare l'ultima versione, ma se non funziona
nemmeno ora o riscrivo ancora qualche pezzo o
ci rinuncio, e d'ora in poi solo rating verdi pieni di fiorellini e
coniglietti
con tanto fluff *borbotta
imprecazioni
contro i fiorellini troppo colorati*.
Quindi, posso solo sperare
che quello che fanno i protagonisti non suoni tutto campato per aria,
ma
motivato ed umano.
Ce l'ho messa tutta, considerando il poco tempo e
l'angosciosità del riscrivere
determinati pezzi mille e mille modi per farli plausibili e diversi da
un OOC
immotivato, sotto la già nominata saggia guida di Onda.
E sono riuscita anche a salvare il più dell'epilogo, quindi
è tutto okay.
Il 17 parto per lidi sconosciuti (aka due settimane da Onda),
posterò l'epilogo
quanto prima (per lo scioglimento finale, un ulteriore sviluppo e
qualche
risposta ad alcuni dettagli è_é).
Con tante scuse per il
ritardo di questo UU;.
Ed ora, le risposte ai vostri adorabili commenti, dei quali amo anche
la
lunghezza, perché indica che questa fic vi sta lasciando
qualcosa,
un'impressione, un pensiero, beh, 'qualcosa'. Il che mi rende molto,
molto
felice.
The_Dark_Side: Guarda, personalmente io mi limito a
sfidare voi cari
lettori a stabilire chi sia il più sfigato dei sue
protagonisti. Scelta ardua,
uh? Lieta che la fic ti piaccia, comunque ^^.
Siyah: Apprezzo molto quella tua recensione,
infatti. So bene che, per
diverse ragioni, Rewrite è una fic difficile da,
uhm…accettare.
Ed i lavori per Erase procedono abbastanza, ma non so se
potrò darle la
precedenza, per ora, visto che a settimane parto e mi
mancherà il tempo (E
quella fic non è il mio genere, sento di starci combinando
un disastro, sì).
Ma se sei interessata e mi contatti via e-mail posso passarti molto
volentieri
alcuni pezzi, adorerei sentire un parere. E’ decisamente
diversa dal mio solito
ideale di fic, quindi ^^;…ma ovviamente solo se sei tanto
incuriosita. E se
riesci a farmi sapere prima che parta, se no andrà bene al
mio ritorno, a metà
agosto.
Altrimenti basta aspettare, devo ben decidere quanto sarà
lunga la fic, ma ora
come ora sono sulle 11 pagine nel mio solito stile e font, quindi non
so ^^;.
E grazie per essere interessata ad Erase, comunque. Almeno una lettrice
l’avrò
XD.
Kaho_chan: Ora devo chiederlo. Ti ha sorpreso Al,
alla fin fine? Povero,
povero ragazzo, lo amo tanto quanto l’ho torturato,
dopotutto. Il che è tutto
un dire XD;.
E non so che dirti, tecnicamente non sarà un finale
tristissimo –puoi vedere
fin da qui i presupposti-, ma felice no di certo.
Grazie, grazie mille per i complimenti.
ValHerm: Ah, ma quanti grazie
avrò da dire oggi? Grazie anche
a te per i complimenti e per lasciarti coinvolgere dalla fic. E per
avermi
messa tra gli autori preferiti; non c’è modo
migliore di lusingare un autore,
sul serio.
Non mancherò di leggere e commentare la tua nuova fic,
quando l’avrai postata
^^.
Wildheart: Oh, un’altra new
entry! Che cosa gioiosa XD. Quanto amo
sentire analizzato quel che scrivo, sul serio, mi diverte. E non
c’è nulla di
errato in quel che dici, quindi meglio ancora.
Lieta di averti coinvolta per bene e, uhm, manca ancora
l’epilogo, ma le cose
miglioreranno solo limitatamente per Al, rispetto a come è
messo da ora.
Mi fa piacere che questa visione di Al sia condivisa anche da te,
personalmente
trovo abbastanza angoscioso il fatto che abbia dovuto sopportare questo
in
silenzio.
E non è mica l’unica cosa, a farci
un’analisi completa, vien fuori che un Al
troppo buono è surreale.
Prima o poi esplodere è normale.
Solo che in questo capitolo *e qui ci metto un blush perché
scriverlo mi ha
anche turbata*, dopo tanti scrupoli non so più bene se chi
ha sbagliato di più
è lui o lei.
E lietissima che la mia recensione sia stata d’aiuto ^^,
volevo dirtelo lì ma
mi sembrava fuori luogo, ma se ti serve rispondere a qualche recensione
eventualmente puoi anche inserirle a fine fic, pur senza aggiornarla,
non
saresti la prima a farlo.
E grazie a te per la bella recensione :)
Onda: La conclusione di quel commento è
acida ;_;. Volevo dirtelo, anche
se alla fine hai betato tutto comunque XD.
Setsuka: Oh, no che non mi piace il pairing, sono un
tipo di larghe
vedute, avendo presente Rewrite e, prossimamente, Erase.
Solo che questa storia non è nata per essere felice. Anche
tante delle mie
EdWin sono angst, sì.
Se devo rammentare che la mia prima EdWin, Spegnersi, si concludeva con
un
nulla di fatto in cui Winry continuava comunque ad aspettare, che nella
mia
Halo (anche se a conti fatti non è davvero
un’EdWin) bene o male Ed ci lascia
le penne, forse devo anche pensare di essere stata anche troppo buona,
qui XD.
Ti ho comunque commentato anche la fic che mi hai suggerito, ma credo
tu
l’abbia già notato ^^.
Se mi capita di avere in mente una, non so, Royai o AlxWinry, visto che
non
sono tra le coppie escluse, partecipo volentieri, tutto sta
nell’esserci
ispirata.
Oddio, ho un’acerrima rivale RoyEd, quindi mi commenti questa
fic per il detto
“Conosci il tuo nemico”, sì? XD
L’epilogo di Rewrite
è
seppellito da altri progetti, devo dire che è in una fase di
“più poi che
prima”, visto che ho deciso di cambiarlo un po’,
quindi non è pronto, e di
farlo quando ho tempo, ed il 17 parto, quindi non so bene.
Bada bene poi, che per
“censurare” io intendo solo alleggerire qualche
scena di cui non mi piace
l’espressività.
Poi c’è anche il fatto che sono pudica e che
perché mi sembri di star scrivendo
una frase un po’ volgare od osé ci vuole
pochissimo, vero.
Io sono un tipo pudico e scrivo in modo pudico, semplicemente
perché sono
impacciata nel trattare certi argomenti.
E più che trattare certi argomenti senza cognizione di causa
o piazzare
descrizioni sciocche, preferisco essere un po’ velata.
Farebbe un po’ ridere qualcosa di spinto scritto da me,
perché mi basta
scrivere “seno” che mi sconvolgo da sola, ma almeno
quello non lo ometto.
Poi può darsi che prima o poi avrò fiducia di
scrivere qualcosa di veramente
arancione, ma non so dirlo da ora.
Già Erase mi sta obbligando a trattare temi del genere, e
questo mi lascia un
po’ perplessa, difatti mi ci prenderò un
po’ una pausa per riguardarla in
maniera oggettiva poi.
Ma non credo leggeresti Erase, quindi è un esempio stupido
XD;.
Comunque, spero di non aver deluso totalmente queste tue aspettative.
Anche perché questa sorta di atto erotico tra i due
è arrivato, ma fatto più di
dettagli velati e qualche affermazione che di altro.
Non pretendo da me stessa più di quanto la mia
sensibilità mi concederebbe di
leggere a mia volta, quindi mi va bene così, almeno per ora.
Grazie comunque per
l'incoraggiamento, lo apprezzo molto ^^.
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