Eirìk spinge
piano la porta, spuntando soltanto con una parte del viso, un occhio
e la punta del naso. L'occhio cerca qualcuno, nella casa spaziosa e
le labbra nascoste dal legno si imbronciano un poco quando la vede
vuota. Ma c'è fuoco e fuoco significa che qualcuno tornerà
sicuramente.
Si sente solo. Pappa
e pappa sono sul mare, li ha visti partire tanti tanti giorni prima,
più di quanti sappia contare con le due mani -ormai è
grande!- e si sente solo. La casa è vuota e ad occuparsi di
lui è una signora del villaggio che odora di cipolla e non gli
piace.
Ma la signora ha
detto di tornare a casa, perché ci sarebbe stata una sorpresa
ad aspettarlo e invece lui è lì e c'è solo il
fuoco.
Per un momento pensa
che magari pappa e pappa sono tornati da sopra il mare e che vogliano
fargli una sorpresa, ma pappa è sempre tanto rumoroso e
l'altro pappa protesta sempre per questo, quindi resta con la testa
in casa ed il corpo fuori.
Sente freddo ai
piedi e sgambetta fino a vicino il fuoco, cercando di non inciampare
nella veste e rimanendo abbastanza lontano da non farsi male, come
dice sempre pappa Nor. Vorrebbe mettersi sotto le coperte, ma ha un
po' paura di dormire solo.
“Eirìk.”
Si volta verso la porta e si corruccia un pochino nel vedere lo
zio Sve. Non sa mai cosa fare, quando è da solo con lui e un
po' gli dispiace che sia lui la sorpresa. Ma non lo vede da molto più
di dieci dita, anche prima che pappa e pappa andassero via, quindi la
reazione immediata è quella di un qualsiasi bambino lasciato
solo per troppo tempo.
Eirìk scoppia
a piangere, fissando lo svedese ed allungando le braccia verso di
lui, disperato come può essere soltanto un apparente
quattrenne a cui mancano i genitori.
Lo svedese si
corruccia, diventando davvero brutto, ma al piccolo non importa,
perché subito si affretta a prenderlo in braccio e cullarlo,
mentre quello si appallottola come se volesse occupare lo spazio
minimo necessario a respirare.
“Va' tutto
bene...” mormora il vichingo, facendolo dondolare come se fosse
la cosa più preziosa del mondo. Improvvisamente lo zio Sve
sembra bastare, perché il bimbo gli si aggrappa addosso come
se temesse che un troll lo porti via e se lo mangi.
Ma continua a
piangere e tirare su con il naso, in un continuo sgocciolare di
lacrime sulla spalla dell'uomo -che non lo prende spesso in braccio e
parla sempre a bassa voce con pappa e pappa- che un po' sembra averne
paura, perché basta una rapida occhiata per vedere la sua
espressione ancora più scura.
Il bambino tira un
gridolino, ma non tenta di scappare, perché lo zio Sve fa
paura, a volte, ma è caldo ed è casa, anche lui.
Non capisce quando
lo trasporta fino alla porta sul retro e per un po' si agita senza
parole pensando che voglia farlo dormire fuori. Invece si siede con
lui in braccio su una sedia nel piccolo spazio coperto fuori casa,
prende un coltello, un pezzo di legno e comincia a tagliarlo.
Lascia andare la sua
veste, sedendosi sulle sue ginocchia e guardandolo dal basso,
incuriosito, ma lo zio Sve sta guardando il pezzo di legno e anche
Eirìk si interessa, ondeggiando un pochino mentre il coltello
toglie pezzo dopo pezzo il legno e scopre la figura che c'è
sotto.
Un cavallo era
nascosto dentro il legno da bruciare e, mentre lo svedese allontana
il coltello e fa trottare l'animale di legno sulle sue gambette, si
chiede con terrore quanti altri cavalli brucino ogni giorno. Ma forse
quello era legno speciale? Lo zio Sve è un mago?
Ammira l'animale e
poi ci posa la manina sopra. La mano dello svedese è
gigantesca, sotto la propria anche più gigante di quella di
pappa. Gli afferra un dito e fa tanta fatica per voltarla.
“Gnni!”
esclama, come ogni volta che una cosa è tanto pesante. Ma lui
riesce a sollevare anche le cose tanto pesanti, perché è
grande!
Posa di nuovo la
mano su quella dello zio Sve, con un'espressione concentrata, passa
le dita su tutte le linee bianche. Pappa Nor ha detto che quelle sono
le ferite che non vanno via e pappa Den ha detto che sono grandi
guerrieri e quindi hanno tante ferite così.
Sulle mani dello zio
Sve ci sono tante tante linee, pensa per un attimo in cui ha tanta
paura che sia un più grande guerriero di pappa Den, anche se
lui ha detto che non combatte quasi mai.
Quando sarà
grande -più grande di ora, più grande di pappa!- vuole
essere un guerriero come pappa ed avere una spada e tante linee
bianche, tante come un albero vecchio.
Sta per dirlo anche
allo zio Sve, ma lui si alza perché non c'è più
luce e lo porta dentro casa, dove fa caldo e il cavallino trotta fino
al letto.
Fa un grosso
sbadiglio e sente lo svedese ridere. Non è la prima volta, ma
di solito è così serio serio che ogni volta è
tanto strano sentirlo. Lo guarda di nuovo dal basso e lo zio Sve fa
di nuovo una cosa strana, una cosa che solo pappa e pappa fanno: gli
da' un bacio sulla fronte, prima di posarlo sul letto e mettergli il
cavallo accanto.
Lo sente
allontanarlo e si corruccia, allungando le manine.
Eirìk non
parla tanto, non con lo zio Sve, perché le persone grandi gli
fanno venire le guance rosse e i bambini del villaggio lo fanno
cadere. Però pappa e pappa parlano tanto con lui e lui è
contento quando risponde e parlano insieme.
“Va' tutto
bene.” dice e il bambino ci crede. Diventa una pallina tra
paglia e pelli ed aspetta che lo zio Sve torni e si metta accanto a
lui, tenendolo in un abbraccio.
“Vuoi una
storia?” gli chiede, ma è troppo stanco e sta bene,
tanto tanto, ora che ha qualcuno che ricorda pappa e pappa. Sbadiglia
ancora e sente il legno posarsi sulla sua guancia, come se anche il
cavallo volesse dargli un bacino. Si agita un po' ed alza il viso
verso il suo, ricambiando il gesto sulla guancia dello zio Sve.
Poi si nasconde
ancora e si lascia stringere e, per la prima volta da tanti giorni,
Eirìk non si accorge neppure di dormire e fa solo bei sogni.
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