I
don’t care
Capitolo 1
Le lacrime scendevano ormai rade
dagli occhi vitrei di
Ninphadora. Tutto era più languido e sfumato, visto
attraverso le ciglia
bagnate. Non era più in grado di stare con la gente, ogni
singolo movimento,
ogni singolo sguardo le portavano alla mente Sirius. Il suo ego non fu
del
tutto conscio di ciò che aveva perduto sino a quando Moody non venne da lei, quel
maledetto giorno. La
voce dell’Auror era piatta e forte, il dolore non si sentiva
attraverso le sue
parole ma soltanto dal suo occhio buono, che trasmetteva
infelicità e
compassione nel proferire quell’unica parola, che avrebbe
accompagnato, come un
incubo, la vita della donna:”morto”.
Non fu giusto e “non lo
è nemmeno ora” si disse fra sé
asciugandosi gli occhi con la manica. In quel ultimo periodo Ninphadora
si
lasciò andare, trascurandosi persino nel vestire. Il colore
dei suoi capelli
rimase in tinta con gli abiti che indossava giorno dopo giorno, di un
grigiore
intenso, simile al cielo che inondava Grimmault Place.
Decise finalmente di alzarsi dalle
scale logore del
pianerottolo, scendendo in modo pacato e lento senza nessuna voglia di
vivere.
Dovevano lasciare quel luogo il prima possibile, dopo
l’attacco al Ministero,
il Quartier Generale si era fatto meta di frequenti pellegrinaggi, da
parte dei
Mangiamorte, sempre più vicini alla casa dei Black. Silente
gli aveva informati
il giorno prima, con un triste sorriso stampato in volto.
“ Sono rammaricato di
riferirvi che in Quartier Generale
dell’Ordine della Fenice, dovrà essere trasferito
in un luogo più sicuro, al
fine di proteggere la vostra vita.Con questo vorrei
….”
“ Palle”
pensò Ninphadora “ Lui ha voluto che
ciò accadesse,
ha lasciato che Harry venisse soggiogato da Voldemort e-e”
per l’ennesima volta
le lacrime sgorgarono indifferenti. Silente si interruppe e
osservò la donna,
accompagnato, dopo qualche istante, dagli altri membri
dell’ordine.
“ Non guardatemi in quel
modo!” urlò con voce rauca,
voltandosi per poi
uscire dalla porta
con foga.
Da allora nessuno le rivolse
più la parola in modo diretto,
qualche “ciao” faceva capolino tra le strade scure
di Hogsmeade, quando i
conoscenti la incrociavano, ma niente più. Tutti i membri
dell’ordine poco alla
volta lasciarono la casa dei Black, lentamente come una processione,
consci del
fantasma di Toncks che vagava depresso in quelle stanze.
La sera si avvicinava repentina, ma
la voglia di uscire da
quelle mura si faceva sempre più fine nella ragazza.
Lasciare quel luogo voleva
dire, per lei, abbandonare Sirius, anche se per lui quella casa non
valeva
nulla. Scendendo le scale le venne in mente la stanza con
l’arazzo dei Black.
Così, colta da una irrefrenabile curiosità
ripercorse i propri passi e si
avvicinò alla sala circolare. Era buia e spoglia come il
resto della casa,
colma di ragnatele e topi. Voltandosi Ninphadora si accorse
dell’arazzo appeso
sul muro. Gli si avvicinò lentamente, come in quei film di
terza visione dove i
personaggi camminano a rallenty accompagnati da una melodia triste e
malinconica.
“Toncks”
interruppe una voce.
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