l
«
Non trovate che sia uno spettacolo incantevole, Principessa?
» La
domanda era meramente retorica perché la risposta si
manifestava
smagliante intorno a loro in tutto lo splendore mattutino del manto
innevato che aveva coperto l'intero panorama del regno.
Peach
aveva guardato a lungo i fiocchi grandi come fiori di ciliegio cadere
fuori dalla sua finestra prima di coricarsi sperando con la stessa
intensità di quando era ancora una bambina che la mattina
seguente,
appena si fosse di nuovo precipitata al vetro increspato dai
cristalli di gelo, avrebbe avuto davanti esattamente quella scena.
Amava la neve. Ne amava il suono quando vi affondava le galosce. Ne
amava l'ingannevole consistenza stringendola tra le dita. Ne amava
l'effetto che dava sopra anche gli alberi più scevri e le
statue più
rovinate.
E
anche quando il tempo di restare ad abbellire il mondo per essa
scadeva, fin da piccola Peach covava un fascino segreto per tutte le
pozzanghere che si formavano tra il selciato ed il prato attorno al
castello, di indossare qualcosa di più comodo dei soliti
abiti
lunghi e scarpette solo graziose da vedere, di poter sganciarsi di
dosso quell'imbracatura di contegno e posture, di godersi ogni tanto
un meritato momento di libertà e saltare come un grillo da
una pozza
all'altra sollevando in alto spruzzi ed infischiandosene se le
andavano sui vestiti e se tutti i maestri del protocollo reale andati
si stessero rivoltando nella tomba come trottole. Quel pensiero la
faceva sempre sorridere.
«
Sì » Peach rispose comunque, raccogliendo una
manciata di quel
bianco puro tra le muffole rosa e gettandola in aria in
trasformandola in una pioggia di granelli.
«
Non sarebbe altrettanto affascinante ammirarlo da dentro? »
Una
nuvola di vapore tradì il sospiro che la Principessa aveva
smorzato
schiudendo le labbra. Il vecchio toad non vi fece caso fortunatamente
dal momento che la fanciulla gli dava le spalle, china sulla neve a
disegnare spirali ed arabeschi che si diramavano intorno a lei. Gli
innominabili rischi che stava correndo ogni secondo titanicamente
passato a duellare in tutta la furia di quella piatta mattinata senza
un alito di vento, perfettamente bardata contro il freddo e
all'interno dei confini della reggia reale gravavano
sull'iperprotettivo consigliere come un macigno: raffreddore, mal di
gola, tosse, febbre, geloni, polmonite, assideramento... Un solo
passo falso e la salute della sua preziosissima Principessa sarebbe
stata compromessa. E lui non poteva permetterlo, però gli
aveva
insistito così tanto per uscire che non aveva saputo dirle
di no.
Infatti già se ne stava rapidamente pentendo.
«
Non ancora. » Peach era ben lungi dal rientrare nel castello,
tutta
presa dall'idea del pupazzo di neve che voleva assemblare.
«
Permettetemi allora di farvi portare un'altra sciarpa per lo meno.
»
Mastro Toad si volse e comunicò ad una guardia vicina
l'urgente
necessità.
Quando
la recluta partì spedita come un cane da riporto, il
consigliere si
voltò di nuovo eseguendo così un giro completo
con un rinnovato
senso di liberazione, sollevato di buona parte della mole dei
pericoli che adesso si potevano considerare scampati grazie a
quell'ulteriore dovuta cautela. Quasi si ribaltò constatando
che di
Peach erano rimasti solo i disegni e le impronte, interrotte
esattamente dove lei era stata lì di fronte fino a qualche
secondo
prima ed alcuni granelli di neve sollevati per caso stavano ancora
volteggiando leggeri nel vuoto. Di tutte le minacce che l'ansioso
toad aveva considerato nella sua lista in ordine di gravità,
solo
una era rimasta malaccortamente ignorata. Cogliendo un'ombra
sfrecciare sulla neve nella traiettoria opposta l'anziano toad
alzò
il mento e vide la Clown Car di un certo subdolo koopa puntare
allegramente a tutta dritta in direzione del Regno Oscuro.
Bowser
sogghignava compiaciuto e gli insulti di moderata volgarità
che gli
arrivavano dietro passavano tranquillamente inosservati mentre
l'allarme si diffondeva per il castello.
«
Una Principessa fresca di stagione da portar via, prego. Ma non
incartatemela » gongolò stringendo tra le braccia
possenti la sua
preda.
«
Che umorista » commentò imbronciata Peach con le
nuvolette del suo
respiro che salivano da sotto il grande muso del drago.
«
Ha nevicato parecchio qui da voi » buttò
lì il Re tanto per fare
conversazione durante il viaggio, distogliendo un momento
l'attenzione dai comandi per adocchiare con discrezione il viso di
Peach seminascosto dal grande cappuccio in pendant coi guanti e
l'elegante mantellina.
«
Già... »
«
Stavi facendo un pupazzo di neve? »
«
Era un tentativo. »
«
Possiamo farne un altro più grande appena arriviamo
» propose
Bowser saggiando la piacevole morbidezza della lunga veste invernale
contro le squame ramate.
«
A te non piace la neve ». La fanciulla lo sapeva e le cose di
fatto
stavano proprio così. Bowser era un drago amante degli
habitat
vulcanici, insofferente per natura alle basse temperature e non
vedeva altre attrattive nella stagione fredda col gelo, le bufere,
gli starnuti e tutto ciò che ne seguiva eccetto le
festività e la
possibilità di stare insieme ai suoi figli che ogni anno
tornavano
per trascorrere le vacanze a casa. Rimase perplessa di fronte a
quell'offerta perché era sicura dal primo secondo in cui il
koopa
l'aveva imprigionata nel suo abbraccio e staccata da terra che
l'avrebbe tenuta chiusa nel castello come faceva sempre,
indifferentemente se quella fosse stata “solo” la
prima giornata
di neve dell'anno e di quanto fosse speciale per lei.
«
No, nemmeno un po' » ammise infatti con serenità.
« Ma ai miei
sudditi piace e ai miei ragazzi pure, così ho permesso che
ogni
inverno nevicasse pure da noi. Non è stato affatto semplice
e i miei
magikoopa ci si sono scervellati per settimane, ma alla fine siamo
riusciti a concludere qualcosa e mi serve ancora un parere
professionale sul risultato ». Le fece l'occhiolino.
«
Mi hai rapita per questo? » Peach si sistemò la
sua sciarpina
intorno al collo sentendo il naso intorpidirsi per il freddo mentre
passavano sopra il lago completamente ghiacciato e le colline tinte
di bianco.
«
Questo più tutti i motivi di sempre » fu la
seconda ammissione.
Bowser
accomodò la Principessa sul braccio destro così
da poter impugnare
meglio il volante rifiutandosi categoricamente di metterla
giù e
poggiando la grande mandibola sopra il cappuccio soffice, incapace di
trattenere un morbido rombo gutturale al tepore piacevole che si
espandeva pian piano sul suo torace non solo grazie al calore
trasmesso a stretto contatto con Peach. Come lei anche il Re si era
ben premunito contro il gelo ma non essendoci abituato nemmeno la
lunga sciarpa, i guanti ed il guscio foderato all'interno erano
riusciti a preservarlo del tutto da un attacco di brividi ogni tanto
e Peach, avvolta da strati su strati di vesti confortevoli e tanto
gradevole da avere vicino, costituiva praticamente una calamita a cui
era impossibile resistere.
Ciononostante
sarebbe bastato un gesto od una parola di lei per restituirle
più
spazio, ma finché non una singola lamentela volava il koopa
era
assolutamente deciso a tenerla nella sua presa quasi protettiva
mentre la sua fortezza si poteva finalmente scorgere all'orizzonte.
Doveva essere faticoso per la fanciulla trascinarsi addosso tutta
quella roba così pesante che senza alcun dubbio le impediva
di fare
una sola corsetta rischiando d'incespicare o restarvi poi col
fiatone. Chi si era accanito così tanto nel conciliare la
ricercatezza a parer suo eccessiva dell'abito, con troppi fiocchi e
fronzoli cuciti sopra come se fosse stato concepito per un grande
evento, e l'importanza che il calore corporeo fosse avidamente
conservato aveva tralasciato però il fattore inalienabile
della
comodità. Un encomiabile esempio della logica dei toad. Be',
per
quello che gli riguardava sarebbe stato ben felice di trasportarla in
braccio anche tutto il giorno.
«
È strano vedere il tuo castello così... bianco.
» Il mento di
Peach fece capolino da dietro la sciarpa ed il bavero della
sopraveste mentre la Principessa allungava il collo curiosa.
Dei
fiumi di magma erano rimaste solo gli impressionanti solchi scavati
nella roccia, stalattiti di ghiaccio lunghe come spade pendevano
dalle bocche dei cannoni sulle torri e giurava di vedere tanta neve
quanta ne era caduta nel Regno dei Funghi: era un panorama a dir poco
incredibile.
«
Strano bello o strano brutto? » chiese incerto.
«
No, non fraintendermi! È davvero bellissimo » si
affrettò a
precisare la Principessa un po' a disagio che Bowser cercasse
veramente la sua approvazione.
Sentì
il petto del koopa gonfiarsi d'orgoglio e forse si pentì di
aver
esordito con un giudizio tanto alto, ma non poteva negare che fosse
autentico.
Il
drago dal canto suo era il ritratto della soddisfazione ed
inconsciamente strinse di più la morbida figura bianca e
rosa contro
il torace ora caldo come una fornace. « Se anche tu lo pensi
sul
serio, allora i miei ragazzi ne saranno assolutamente entusiasti di
ritorno per le vacanze.» Avrebbe regalato loro il primo
Natale
innevato e se perfino lei vi fosse stata presente sarebbe stato
indubitabilmente il più bello di tutti, ma sarebbe stato
folle
chiedere tanto. E lui un po' folle sapeva esserlo senza impegnarcisi.
«
Bowser, mi stai bloccando la circolazione » gli fece
garbatamente
notare la Principessa riportandolo alla soffocante realtà.
Il koopa
allentò il suo abbraccio ma non lo sciolse del tutto,
accingendosi a
far atterrare il velivolo mentre le guardie aeree della divisione
lakitu si facevano da parte agitando in sincronia delle luci
segnaletiche per annunciare il vittorioso ritorno del loro sovrano.
Invece di parcheggiare al suo solito posto sulla torre ovest, Bowser
lasciò la Clown Car ai piedi della dimora meno lugubre del
solito e
saltò fuori affondando le zampe nella neve con Peach in
collo che
mandò un'esclamazione di sorpresa.
«
Huurrrrrr...freddo. » Un brivido scosse i muscoli del drago
al quale
occorsero un paio di secondi per riprendersi, stringendo morbosamente
la delicata fonte di calore nelle sue braccia e soffocando l'istinto
di rintanarsi nel guscio, dissimulando poi il disagio come se nulla
fosse stato sotto una maschera di stoica dignità.
« Abbiamo un
pupazzo di neve da fare e come vedi qui la materia prima abbonda.
»
Drizzò le spalle compiaciuto dirigendosi verso un punto
vicino del
cortile dove più fiocchi di gelo vi si erano accumulati
formando
delle piccole dune.
«
Scusa, sto disimparando a camminare » lanciò una
frecciatina Peach
sentendosi trattata come se avesse avuto due anni.
«
Pazienza, ne puoi anche fare a meno per oggi » la
parò con totale
disinvoltura il koopa sorridendo sornione.
Peach
lo squadrò imbronciata ed iniziò a fare
resistenza e poi,
realizzando che l'altro non aveva nessuna voglia di mollare,
stirò
un braccio per prendere una manciata di neve dal fogliame dei
cespugli mezzi coperti dietro di lei e gliela infilò a
tradimento
sotto la sciarpa. Al drago si drizzarono i capelli e la
lasciò
andare con un urlo di agonia, portando entrambe le mani al collo per
scrollarsi i granelli di ghiaccio che gli si stavano sciogliendo
addosso. Peach atterrò in punta di piedi proprio su un
cumuletto
candido che la inghiottì fino alle ginocchia ed un po' si
infiltrò
anche nelle galosce facendola rabbrividire con uno squittio: uno
spiacevole contraccolpo non previsto.
Una
volta calmatosi Bowser la guardò più basito che
contrariato. «
Questo è sleale. »
«
Mi batti in altezza, peso e forza bruta. Cosa mi resta? » La
Principessa avanzò con malcelata difficoltà ma
sempre a testa alta
e certo quei vestiti non le facilitavano l'impresa. Sentì i
passi
rumorosi del koopa alle sue spalle.
«
Un tiro mancino da parte dell'incorruttibile Principessa Peach? Sono
sconvolto » recitò divertito già
progettando la sua vendetta.
Osservò la fanciulla dare il via alla sua creazione,
accucciandosi e
cominciando a compattare la neve che aveva davanti per fare la base
del suo pupazzo. « Vuoi una mano? »
«
Non mi serve, grazie » gli rispose raccogliendone altra con
entrambe
le braccia e plasmandola con calma e meticolosità nella
tipica forma
sferica.
«
Credevo che... »
«
Potresti farne anche tu uno tutto tuo. »
Non
erano questi i suoi progetti ma Bowser accolse il suggerimento con
una certa delusione senza obbiettare. Avrebbe architettato presto il
modo di riavvicinarsi ma per il momento le lasciò lo spazio
che
desiderava: appena rapita la sua Principessa era sempre molto
suscettibile. Si allontanò di qualche passo,
reclamò un grosso
cumulo di neve che il vento di quella notte aveva affastellato contro
la parete del castello e si mise all'opera senza scambiare ulteriori
commenti.
Costruire
quell'omino di neve non equivaleva ad un capriccio per Peach, ma era
un rito personale che lei rievocava ogni anno per festeggiare a modo
suo l'arrivo della stagione fredda. Nella prima mattina innevata
dell'anno la Principessa usciva in giardino e costruiva il suo
pupazzo di neve esattamente come lo ricordava la prima volta che era
stata abbastanza grande per farlo, come il ritorno di un vecchio
amico che sarebbe stato lì in piedi a vegliare tra i roseti
congelati finché la magia dell'inverno non avesse lasciato
il posto
alla rinascita primaverile e che sarebbe stato anche l'ultimo piccolo
segno del bianco onnipresente a svanire tra i germogli e le
pozzanghere. Ma ora la catena era stata spezzata e quella prima
mattina di neve si sarebbe consumata alla fortezza della Terra Oscura
con un drago affetto da megalomania incurabile ed insofferente alle
basse temperature. Anche se lo avesse costruito il giorno dopo quando
Mario l'avesse riportata a casa non sarebbe stato lo stesso... Tanto
ora di tempo da perdere ne aveva a volontà e, come aveva
detto
giusto il suo sequestratore di fiducia, la materia prima abbondava.
Peach
aveva terminato di modellare l'ultima sfera che sarebbe funta da
testa per il suo pupazzo, la sollevò e la pose al suo posto
alla
stessa altezza della propria. Quando era ancora una bambina le erano
necessari l'aiuto dei toad ed uno sgabello per riuscire a fare un
buon lavoro. Ora però non le restava nulla per poterlo
decorare: la
vecchia tuba con l'orlo strappato e la sciarpa smessa erano rimasti
chissà dove al suo castello ed era inutile sperare se nelle
cucine
di Bowser girasse per sbaglio anche solo una carota visto il rapporto
seriamente conflittuale dell'orgoglioso carnivoro con le verdure. Si
arrangiò con quello che le capitò a tiro: dei
sassolini per gli
occhi ed il sorriso, un ghiacciolo per il naso e l'elmetto smarrito
su cui era inciampata, senz'altro di un martelkoopa sbadato che lo
aveva dimenticato fuori nelle gelide grinfie della bufera. Guardando
bene il risultato, invece che un omino di neve sembrava un giocatore
di football con un'espressione da ebete: decisamente poco natalizio
ed alquanto ridicolo, ma sempre meglio di niente.
«
Quello è il tuo grande capolavoro? » le chiese
Bowser suonando il
più scettico possibile.
Peach
si girò e constatò in cosa si era cimentato il
koopa mentre lei era
impegnata: la riproduzione fedele ed alta quanto lui del suo stesso
castello con tanto di cannoni e fiumi di lava intorno.
«
Gli hai dato ben poco da ridere secondo me. Guarda qui invece. Non
male come primo tentativo, eh? » La domanda era retorica.
Bowser
aveva recepito quel passatempo come una competizione ed al suo solito
aveva voluto fare le cose in grande. Come in qualsiasi altra
attività, dalle macchinazioni di conquista al gioco, il
drago vi si
lanciava a testa bassa con l'idea costante di primeggiare ben
piantata nel cervello.
Peach
notò una figurina sospetta vicino all'entrata della copia in
scala.
« Cos'è? » La indicò col
guantino.
«
Mario mentre viene divorato da una pianta piranha » fu
l'allegra
risposta. «
Visto la
cura nei dettagli? Notare il terrore nel suo sguardo, prego.
» La
credibilità di tutta l'angoscia raffigurata sul viso di
Mario che
avrebbe ipoteticamente patito in tali circostanze, con metà
del
corpo sparita nelle fauci dentate, rivelava sia l'impegno di Bowser
che la goduria provata ogni secondo mentre ne aveva tracciato i
lineamenti con la punta degli artigli.
La
Principessa si alterò per una cosa tanto meschina.
« Presto verrà
a prendermi, allora sarà lui a dare a
te ben poco da ridere. » E con questa il koopa
aveva saputo
dimostrarle che anche fare un pupazzo di neve non potesse
più essere
divertente.
Ora
toccò al Re risentirsene: « Vedo che basta solo
uno scherzo per
farti scendere in pista a difendere a spada tratta quella
nullità ».
Più che uno scherzo si trattava di un progetto da realizzare
su
scala reale, ma non serviva ammetterlo dato che ormai la situazione
minacciava di andare per il peggio ad ogni singola parola.
«
Esatto, lo difendo perché a differenza tua è
generoso, altruista e
corretto. »
«
Non è solo per questo, dico bene? »
ringhiò il koopa abbassando il
capo cosicché i suoi occhi fossero alla medesima altezza di
quelli
di Peach.
«
Cosa ne puoi sapere » rispose fredda lei sostenendo lo
sguardo. I
loro respiri si confondevano nelle stesse nuvolette condensate.
«
Più di quanto tu non cerchi di nascondere »
mormorò Bowser livido
di collera e qualcos'altro, molto più profondo, molto
più doloroso.
«
Bene, magari ti aiuterà a riflettere su te stesso.
»
La
gola del koopa vibrò minacciosamente mentre un velo di fumo
sfuggiva
tra i denti affilati. Non rispose subito, lasciando che la sottile
verità dietro quelle parole facesse il suo effetto
corrosivo. «
Forse non sono io quello che ha bisogno di riflettere. »
Anche
quando non era presente, Mario costituiva un'inesauribile fonte di
problemi. « Credi di essere la sua unica damigella in
pericolo? Sei
convinta che si fermerà per te? Magari lo pensava anche la
prima,
chissà. »
«
Stai esagerando adesso » lo ammonì Peach cercando
di non mostrarsi
vulnerabile alla controffensiva del koopa.
«
No, sto cercando di farti ragionare una buona volta, piccolina. Le
principesse stanno dove regnano, gli eroi stanno dove servono. Non ci
arrivi? Se non fosse per me, il tuo Mario se ne sarebbe già
andato a
fare il buon samaritano da un'altra parte proprio come ha fatto prima
di arrivare qui. Ci sono molti altri posti al mondo in cui un
idraulico tracagnotto che si improvvisa paladino potrebbe far comodo,
lo sai. Se io un giorno smettessi sul serio di farmi vivo dalle tue
parti ad urtare la sensibilità dei tuoi toad, secondo te
quanto
tempo passerà prima che Mario si vada a cercare altri
bisognosi da
aiutare, altri regni da difendere, un'altra damigella da salvare?
»
Con un senso di amara soddisfazione Bowser scorse un tremolio negli
occhi di Peach tradire la tristezza di fronte a quelle prospettive,
la paura di essere dimenticata, il dubbio che potessero davvero
concretizzarsi. « Un mese? Magari due? » la
incalzò deciso più
che mai a non essere l'unico a restare ferito in quello scontro.
« O
pensi veramente che si lascerà tutto alle spalle per te?
Siamo un
po' egoisti. »
«
Non fare insinuazioni se non può essere qui a risponderti.
È da
codardi, anche per te. »
«
Io almeno sono stato sincero dall'inizio. »
«
Tu sai essere ben altre cose e sincero neanche da lontano.
Perché
prima di elargire giudizi altrui non ti fai un esame di coscienza?
»
La voce della Principessa ebbe un fremito.
«
Non rigirare la frittata, Peach. Paura di accettare la
verità,
forse? Non ti facevo tanto sprovveduta. »
«
Va bene, non vuoi farlo? Risolvo io! Sarai fortunato se riuscirai mai
ad essere almeno la metà della persona che è
Mario. Sei un
grandissimo egoista, dispotico, sconsiderato e arrogante. Distruggi
tutto quello che ti pare semplicemente perché non hai un
minimo di
criterio e sei capace solo di far star male chiunque entri in
contatto con te. Nient'altro! Ecco quello che sei! » L'ira di
Peach
esplose davanti al muso del drago ed osservando il viso arrossato
della fanciulla si intuiva che un ulteriore attacco avrebbe mandato
in frantumi quella fragile sicurezza che nascondeva con imbarazzo le
lacrime.
«
Hai ragione »
rispose
Bowser glaciale. «
Non
sarò mai la metà della persona che è
Mario perché valgo almeno
dieci volte di più di quel sempliciotto e di qualunque altro
“uomo”
sulla faccia di questo mondo. Distruggo perché a differenza
sua io
ho progetti, so cos'è il desiderio di cambiare le cose, di
ricostruire il presente ed ho il potere di farlo. Cosa sa fare Mario?
Sarebbe all'altezza di gestire i doveri a cui noi dobbiamo rispondere
da quando siamo nati? Credi davvero
che continueranno più a prenderti sul serio quando avrai
regalato il
trono ad un idraulico? Sono deluso da
te,
principessina. Ma stai tranquilla, presto ti sarà finalmente
chiaro
come gira il mondo. Appena gli avrò messo le mani addosso ed
avrò
fatto all'universo il favore di cancellare la sua presenza. »
La
Principessa era tremante di rabbia e non ribatté,
perché se avesse
aperto bocca non avrebbe resistito oltre ed insieme alle lacrime
altre parole velenose sarebbero volate a peggiorare quel terribile
momento che probabilmente più in basso non avrebbe potuto
precipitare.
Ancora
una volta Bowser perse un'occasione per fermarsi a riflettere prima
di aprire bocca e continuò implacabile, reso ancora
più aggressivo
dalla collera mentre Peach invece si chiudeva in se stessa.
«
Non devo rendere conto a nessuno dei miei metodi, che siano giusti
oppure no a tuo parere non ha importanza. Io so come cambiare il
mondo, so governare un regno potente e prospero come il mio e so che
nessun re sarà mai tanto capace quanto me. Mario nemmeno
nelle sue
fantasie più deliranti potrà immaginarsi un
compito di tale portata
e mai ne comprenderà il peso e le possibilità. Io
sarò ricordato
nella storia come il Re più inflessibile e feroce, ma anche
come il
più capace. Il mio regno è potuto crescere e
rafforzarsi solo
grazie a me dopo anni interi di duro lavoro e col pugno di ferro.
Adesso nessun altro monarca al mondo oserebbe mai sfidarmi. Mi
basterebbe schioccar le dita per spedire i miei fedeli soldati a
radere al suolo qualsiasi ostacolo sulla mia strada, compreso il tuo
sputo di terra... »
E
lì il koopa non proseguì col suo monologo,
improvvisamente
interrotto dalla sberla sul muso che Peach non era riuscita a
trattenere.
Tuttavia
fu lei tra i due a risentirne fisicamente, mentre il drago
assorbì
l'impatto a livello emotivo. Quel colpo fu sufficiente a scuoterlo e
fargli prendere atto dello stato della Principessa che lo fissava
sgomenta e, come era sicuro di non aver visto da lungo tempo,
spaventata. Peach si afferrò la mano dolorante portandosela
al petto
e fece un passo indietro tenendo gli occhi sui suoi. Bowser si rese
finalmente conto di essere andato troppo oltre e che in quel momento
tutti gli sforzi, tutto il tempo, tutti i tentativi impiegati per
conquistare la fiducia della fanciulla sembravano essere diventati
cenere al vento.
La
mortificazione montò assieme ai rimorsi e
desiderò porvi
immediatamente rimedio, ma prima che potesse iniziare a spiegarsi il
naso gli prudette da impazzire a causa del ceffone appena sentito e
girò la testa di scatto emettendo un possente starnuto. Per
il
nervoso accumulato gli partì inavvertitamente una vampa
infernale
che finì dritta sul suo castello di neve riducendolo
all'istante
come un gelato sotto un lanciafiamme, un grottesco ammasso informe e
fumante che continuava a sciogliersi velocemente riversandosi ai loro
piedi. Il colmo fu che proprio la figura agonizzante di Mario si
rivelò l'unica superstite di quell'apocalisse di fuoco,
ancora
riconoscibile tra i poveri resti dell'opera in decomposizione.
Lo
strambo pupazzo di neve di Peach si ergeva fiero e sorridente di
fronte a quello sfacelo, la sola statua restante e vittoriosa per
drastica riduzione della concorrenza. Bowser guardò mesto
tutto il
lavoro irreversibilmente distrutto con le sue stesse mani e, temendo
che le cose si ripetessero anche con la Principessa, si volse verso
di lei e fece in tempo a vederla crollare sulle ginocchia mentre le
prime lacrime cadevano nella neve.
Quello
di Peach era un pianto nel silenzio rotto solo da flebili singhiozzi
che la facevano sussultare mozzandole ogni volta il respiro, mentre
le gocce che non sparivano nel bianco dell'inverno tracciavano due
linee sottili lungo le guance bollenti fino agli angoli delle labbra,
per poi riprendere la loro discesa e svanire nella stoffa della
sciarpa. Col freddo che faceva, lacrimare era fastidioso
perché
l'acqua intorno agli occhi e sul mento si gelava e Peach si
vergognava immensamente di esibirsi in uno sfogo tanto infantile
quanto spontaneo che non riusciva ad arrestare. Voleva rialzarsi e
rispondergli a tono, mostrarsi forte come avrebbe dovuto essere e
restare immobile anche di fronte a quelle minacce agghiaccianti
perché con un fondo di verità in esse: la
fanciulla era pienamente
consapevole delle potenzialità belliche di cui Bowser era al
comando
e sguinzagliandole tutte insieme, se lo avesse voluto sul serio,
sarebbe stato davvero capace di mantenere le sue promesse di
distruzione.
Eppure
troppe emozioni l'avevano aggredita contemporaneamente con la stessa
intensità appena le aveva pronunciate, altre ovvie ed altre
inaspettate: incredulità, orrore, paura, rabbia,
apprensione, ma
anche un opprimente senso di tradimento e, ciò che davvero
faticava
a spiegarsi, abbandono. Si sentiva tradita perché aveva
riposto quel
misero briciolo di fiducia stentatamente acconsentito nell'individuo
che si era poi dimostrato il più inaffidabile ed indegno.
Quella
sconcertante sensazione di abbandono era invece scaturita non solo
dalle vane speranze per il benessere del suo regno in tal caso
condannato e che nessuno avrebbe potuto proteggere, ma anche
dall'idea che il Bowser che aveva creduto di conoscere per tutto quel
tempo e che si era conquistato coi suoi modi giocosi, avventati,
premurosi e a volte goffi un pezzetto nascosto nei suoi affetti era
una maschera che cadendo aveva immediatamente lasciato un vuoto al
proprio posto e lei lo aveva avvertito. Lo detestò per
averle fatto
anche quest'ultima beffa oltre al danno e detestò se stessa
per
essersi lasciata ingannare come una stupida.
Il
koopa tentò di scusarsi ma era un'impresa ardua per una
testa dura
della sua portata, non sapeva trovare le parole giuste e Peach nello
stato in cui versava non sembrava intenzionata ad ascoltarlo con lo
sguardo assolutamente perso nella neve e nel suo sconforto,
così la
raccolse tra le braccia e subito si scatenò una sequela di
proteste
singhiozzate e iraconde mentre dei piccoli pugni foderati da muffole
rosa lo colpivano sulle braccia e sulle spalle. Entro breve la
Principessa esausta cessò la sua resistenza e, con le mani
doloranti
ed le pulsazioni di un colibrì, scrutò il Re con
un cipiglio
accusatore attendendo con cupa rassegnazione la prossima mossa.
«
Non intendevo sul serio, radere al suolo il tuo regno, ecco. Dicevo
per dire »
fu
l'impacciato tentativo di riparare.
«
Belle cose da dire così, tanto per dire »
lo rimbeccò Peach tirando su col naso e cercando inutilmente
di
ricomporsi.
«
Non lo farei mai. »
«
Vista la tua superficialità nell'affermare certi discorsi
dovrei
anche ricominciare a crederti? E lasciami! »
Scalciò rischiando di graffiarsi con uno dei
bracciali
borchiati.
Bowser
aumentò la sua stretta il giusto per tenerla buona contro le
squame
tiepide. «
Che tu mi
creda o no, le cose stanno così. Non pensi che se avessi
voluto
invadere il tuo regno, lo avrei già fatto da un pezzo ormai?
»
le disse dolcemente, quasi con la tenerezza che si usava coi bambini
lenti a capire.
Peach
non replicò ed altre lacrime continuarono a scendere nella
speranza
che il cappuccio le nascondesse insieme alla vergogna. In quel
momento avrebbe desiderato essere altrove invece che lì, tra
le
braccia di un drago infido ed innamorato a cui lei aveva stoltamente
concesso il potere di ferirla ben al di là della sfera
diplomatica
che invece non avrebbe mai dovuto permettergli di oltrepassare.
Dietro
quell'ultima domanda stava bene in vista anche la sua risposta:
l'unica ragione che spingeva il koopa a preservare
l'incolumità del
Regno dei Funghi era lei. Se avesse usato il benessere dei toad come
arma di ricatto per raggiungere i suoi scopi, avrebbe sì
avuto la
Principessa al suo fianco come aveva agognato da anni, ma allo stesso
modo l'avrebbe persa per sempre perché la vera Peach si
sarebbe così
annullata pezzo per pezzo sotto il peso di ciò che per lei
sarebbe
stato solo un'imposizione, una prigione di umiliazione ed
infelicità
dove lui l'avrebbe vista spegnersi nel silenzio di uno scricciolo con
le ali tarpate pur di tutelare il suo popolo.
Bowser
aveva già tentato in passato ricorrendo a questi sporchi
mezzi* ed
era addirittura corso vicino al risultato previsto ma era talmente
accecato dal desiderio di realizzare il suo sogno che solo dopo,
quando Mario ancora una volta si era intromesso guastandogli i piani
e sottraendogli la sua Principessa, si era veramente reso conto
dell'avversione, la distanza ed il timore negli occhi azzurri i quali
invece aveva sempre sperato che un giorno riflettessero una
verità
completamente opposta. Lei in quei momenti lo stava odiando con tutta
l'anima, ma per i doveri a cui era tenuta a rispondere avrebbe
sopportato ogni cosa senza lamentarsi, anche la punizione della sua
vicinanza. Alla fine Bowser aveva accettato che se voleva stare con
Peach, avrebbe dovuto cambiare radicalmente modo di agire nei suoi
confronti e dimostrarle che lui aveva molto di più da
offrirle che
un legame politico ed economico.
«
Per favore, mettimi giù »
lo pregò la fanciulla col naso arrossato e gli occhi lucidi.
Bowser
indugiò a lungo, lasciarla andare adesso era l'ultima cosa
che si
sentiva di fare. Si congratulò con se stesso per come fosse
riuscito
a rovinare il progetto di un'intera giornata dopo nemmeno la prima
ora insieme. L'umore giusto per restare a giocare fuori era sotto
terra ed il suo castello di neve era ridotto in poltiglia mentre il
pupazzo col casco e quel sorriso da grullo gli dava la sensazione che
lo stesse prendendo in giro. Non aveva più senso rimanere
lì
impalati al freddo e magari Peach si sarebbe calmata davanti al
camino con qualcosa per riscaldarsi.
Fece
dietrofront verso l'ingresso imponente della fortezza, ricordandosi
di schiacciare con un piede la statuina sopravvissuta di Mario e
beccandosi così una gomitata.
«
T'ho visto »
lo
rimproverò la Principessa asciugandosi una guancia col dorso
della
mano.
«
È capitato »
si
giustificò suonando poco convincente.
«
Sì, come no. E fammi scendere. »
«
Ti va una cioccolata calda? »
«
Non cambiare discorso. »
«
Sicura? Il mio chef sa preparare la cioccolata migliore del regno.
Provare per credere. »
«
Mi si è chiuso lo stomaco. »
«
Solo il profumo ti farà cambiare idea. »
Peach
si barricò dietro un muro di silenzio: proprio quello che
Bowser
temeva che sarebbe accaduto, ma una sola occhiata sul viso della
fanciulla gli fece capire che non avrebbe ottenuto altre risposte
nemmeno provandoci. Appena entrati Kamek gli scoccò
un'occhiata
interrogativa prendendo nota delle condizioni di Peach ma non
commentò, neanche ne avesse avuto il tempo dal momento che
gli fu
impartito bruscamente l'ordine di rimediare una cioccolata calda con
doppia panna e marshmallows, delle calzature comode per sostituire le
galosce bagnate della Principessa, troppo pesanti per starci al
chiuso, e di disporre degli indumenti contro il freddo dove non
impicciassero. Il tutto seduta stante e senza fiatare, altrimenti
fuori c'era un pupazzo di neve a cui fare compagnia.
In
tre minuti cronometrati Peach sedeva in ciabatte sul divano davanti
al grande camino del salone negli alloggi reali con una tazza di
cioccolata bollente tra le mani ed un cuscino dietro la schiena,
stupita che fosse arrivata fin lì senza nemmeno sfiorare il
pavimento.
Bowser
l'aveva accompagnata rivolgendosi solo alla servitù per
assicurarsi
che avrebbero provveduto subito a qualsiasi richiesta che la
Principessa avesse espresso, poi era uscito lasciandola sui cuscini a
guardarlo andar via, era tornato con la cioccolata calda, era rimasto
piantato là in piedi ad aspettare come se stesse riflettendo
su
qualcosa da dirle e infine, dopo un lungo silenzio precipitato
nell'imbarazzo, era uscito di nuovo congedandosi con palese disagio e
raccomandandosi di chiedere liberamente per qualunque cosa avesse
bisogno.
Peach
sospirò di sollievo appena la porta si richiuse, felice di
poter
finalmente stare nella solitudine che solo Bowser sapeva rendere
così
piacevole. Ne aveva avuto più che abbastanza del koopa ed
era
condannata a restare nel suo castello fino alla mattina seguente per
lo meno, finché Mario non avesse superato tutte le trappole
architettate sul suo percorso per rallentarlo quanto potevano, per
cui avrebbe dovuto rassegnarsi all'idea che presto o tardi Bowser le
avrebbe proposto ancora la propria rumorosa ed indiscreta presenza.
A
pochi metri dalla porta il drago stava con la fronte sul muro a
fantasticare su un congegno che controllasse il tempo, così
avrebbe
potuto mandare indietro la sua vita di mezz'ora per evitare quel
passo falso che gli era costato la poca buona considerazione della
Principessa che si era conquistato con tanto sudore e speranze.
Maledisse la sua boccaccia e già che c'era maledisse anche
Mario,
responsabile di quel devastante battibecco. Che mille Banzai
Bill
lo spedissero in un buco nero dentro un altro buco nero nell'angolo
più putrido del cosmo. Bowser non riusciva a
levarsi dalla testa
il modo in cui Peach lo aveva guardato quando era tornato a portarle
la cioccolata e trovare il modo di riparare al suo errore. Sotto i
segni del pianto di cui lui era stato la causa non c'era più
un
minimo di fiducia a corrisponderlo.
Udendo
la minaccia contro il suo popolo, Peach aveva rivisto il mostro che
credeva di aver dimenticato da anni, colui che si era presentato ai
cancelli del Regno dei Funghi reclamandone con la diplomazia dei suoi
cannoni il predominio e la mano dell'incantevole regnante la cui
bellezza era tanto elogiata fino ai confini del continente.
E
lui non aveva idea di come raccapezzarsi per recuperare. Aveva atteso
tanto per organizzare ogni dettaglio all'impeccabilità e
rendere
quella giornata perfetta: aveva imparato ogni gioco sulla neve che
avrebbe potuto suggerire nonostante l'inverno non gli piacesse; aveva
congegnato e fatto istallare tante di quelle insidie per mantenere
l'idraulico lontano più tempo possibile; aveva aspettato al
freddo
dalle prime luci dell'alba che Peach uscisse a godersi la neve
perché
sapeva quanto lei l'adorasse ed era rimasto a lungo a contemplarla in
mezzo al manto bianco prima di poter finalmente stringerla a
sé.
Adesso lei si trovava dove lui aveva voluto, nel suo castello,
dall'altro lato della parete e non era stato capace nemmeno di
mettere insieme due parole quando si era ritrovato sulle spalle tutto
il peso del suo sguardo. Per ora l'unica cosa che poteva fare era
concederle del tempo da sola e cercare di resistere all'impulso di
tornare là dentro, magari restando di nuovo a fissarla con
tutta la
sua eloquenza bloccata in gola. Eppure, il pensiero dell'attesa era
più insopportabile di quel rischio.
Bowser
non aveva esagerato: la cioccolata era buona sul serio. Nemmeno a
casa sua ne aveva mai assaggiata una altrettanto squisita. Il sapore
dolce l'aveva in qualche modo aiutata a riprendere il controllo di se
stessa e le tracce del pianto erano sparite. Peach appoggiò
la tazza
vuota sul tavolino di marmo amaranto vicino al bracciolo e si
alzò
in piedi camminando un po' davanti al focolare. Conosceva l'ambiente
perché ci era già stata qualche volta essendo
forse la stanza più
comoda ed accogliente del castello, eccetto la sua camera ovviamente,
ma era anche spaziosa a sufficienza per ospitare un divano su cui
perfino uno della stazza del koopa poteva sdraiarcisi comodamente e
dormirci, un ampio tavolo coperto da una lunga tovaglia di damasco in
tono coi sontuosi tendaggi e i tappeti ed infine un pianoforte
verticale nero lucido, il primo suonato da Ludwig e poi sostituito
con uno a gran coda di miglior qualità per il suo
tredicesimo
compleanno.
Durante
una delle saltuarie conversazioni col Re, le era sfuggito per caso di
aver preso lezioni di piano fin da quando era piccola e, al rapimento
seguente, l'elegante figura dello strumento si era magicamente
aggiunta ad arricchire l'arredamento della sala. Bowser non aveva
smesso di insistere finché lei non aveva acconsentito ad
eseguire
almeno un componimento. Richiamando quei momenti alla mente, era
quasi impossibile pensare che il tiranno che non si faceva problemi a
spazzare via le montagne se gli facevano troppa ombra e lo spettatore
giulivo che la invitava a suonare un'altra canzone con l'entusiasmo
di un bambino fossero entrambi lo stesso individuo. Se questo
atteggiamento fosse stato una finzione allora Bowser era un attore
nato.
Lanciò
uno sguardo verso la fila di foto incorniciate e disposte sulla
mensola del camino, assolutamente diverse dai soliti ritratti pomposi
della casata reale sparsi per il castello: piccoli frammenti di
realtà familiare protetti da una sottile patina di vetro.
Erano
bellissime nella loro spontaneità e Bowser non mancava in
nessuna
assieme a uno o tutti i suoi figli.
Quella
all'estrema sinistra era la più tenera secondo Peach,
mostrando
Wendy ancora in fasce assopita tra gli artigli del padre, anch'egli
nel medesimo stato, con la testa abbandonata sullo schienale della
sua poltrona e la bocca aperta. Un'altra che le piaceva guardare e
che le procurava sempre un sorriso a fior di labbra aveva quasi
l'intera famiglia, scattata infatti quando Bowser Jr. non doveva
essere ancora nato, impegnata in una zuffa amichevole col temibile
genitore ribaltato sul guscio e praticamente sommerso dalla sua
stessa prole: Iggy aveva ancora il suo vecchio taglio di capelli e
Ludwig era l'unico a non condividere l'esuberanza generale, bloccato
tra il braccio ed il costato del padre e quindi incapace di fuggire.
Nella cornice accanto Bowser ed il suo ultimogenito stavano fianco a
fianco scimmiottando una posa di vittoria evidenziando la loro
sorprendente somiglianza. Solo di un componente che avrebbe dovuto
essere fondamentale nel nucleo familiare non vi era ricordo alcuno.
Dal
primo momento in cui la Principessa aveva appreso dell'esistenza dei
bowserotti si era chiesta chi effettivamente fosse la loro madre, e
soprattutto dove fosse. Erano domande che aveva già espresso
al
diretto interessato e le risposte erano state sempre evasive: “È
una storia
complicata”; “Preferisco non parlarne
ora”; “Te lo spiegherò
un'altra volta”; “Ti va una tazza di tè?”.
Perché
Bowser non volesse ancora raccontarle la verità era un
mistero ed il
fatto che fosse irremovibilmente deciso ad accogliere lei a riempire
quel vuoto le creava un ulteriore enorme disagio. Non sapeva se i
bowserotti stessi ignorassero l'identità della loro madre
biologica
o se quello del cucciolo più giovane fosse un caso isolato,
o per lo
meno così era stato quando si erano conosciuti all'Isola
Delfina.
Perché Bowser avrebbe fatto una cosa così
abominevole come negare
ad un figlio il diritto di sapere almeno chi fosse la propria mamma?
Quell'ultimo dubbio la mandò in bestia. Nessuno, nemmeno un
re
poteva azzardarsi a scommettere sulla fragilità di un
bambino, non
importava di quale specie: era un'azione ignominiosa ed
ingiustificabile. Peach si sistemò il vestito e riassunse
tutto il
suo contegno regale, irrigidendo decisa le spalle e trascurando il
fatto che stesse ancora portando le sue ciabattine. Era giunto il
momento di chiarire alcune cose col Re Koopa in persona, sia per il
bene dei rispettivi regni che delle famiglie in gioco.
Nota
d'autrice:
Questa
storia era nata originariamente come idea per una drabble della mia
raccolta, ma quando si è rivelata troppo estesa ho deciso di
convertirla in una 1-shot a parte e poi procedendo con la stesura mi
sono resa conto che forse sarebbe stato molto pesante condensarla in
un singolo, lunghissimo capitolo così ho preferito tagliarla
per
distribuire meglio la mole del racconto in due o più parti.
So
che Miyamoto ha disconosciuto la consanguineità tra il Re
dei Koopa
ed i bowserotti, ma tenendo ben presente che è stato dalla
prima
apparizione di quest'ultimi nel '88 che tutti hanno iniziato a dare
per scontata in qualsiasi gioco, fumetto e serie animata la loro
ipotetica parentela mi viene da chiedere: «
Dovevi aspettare fino al 2012 per avvertire?! »
>8|
Io continuo comunque spedita per la mia strada e non
abbandono l'idea di otto cucciolotti in totale per Bowsy e non uno
solo. Tiè!
*Ne
“Super Mario Adventures” e “Super Mario
Bros Super Show”,
rispettivamente il fumetto ufficiale e la serie animata tradotta
anche in italiano, Bowser costringe Peach a convolare a nozze con la
minaccia di tramutare tutti i toad in rocce.
Grazie
di aver letto la prima parte della storia. :]
Koopafreak
|