Al di Là
ATTENZIONE PREGO, SI SEGNALA LA PRESENZA DI
PARECCHI SPOILER DAL SETTIMO LIBRO DI HARRY POTTER.
Lettore avvisato...
Premessina:
Questa per me è una fanfic atipica, per tre motivi principali.
Uno, non posto mai nulla senza averlo riletto trenta volte in trenta
giorni diversi (Non scherzo. Ho una tabella apposta.), e di sicuro mai niente a
"caldo", come invece farò stavolta. Ho finito di leggere il libro stanotte alle
due, mi sono immaginata una parte di questa scena, e oggi l'ho scritta. Mi
auguro che non ci siano inciampi mostruosi. Mi auguro che non ci siano
discrepanze micidiali. Nel caso fatemi un fischio. Io per una volta provo a
postare subito.
Due, in genere non infarcisco quello che scrivo di teorie metafisiche
personali. Tuttavia, questa volta, la descrizione del luogo (che sospetto si
intuisca dal titolo) è puramente personale, puramente "come vorrei che fosse".
Alla fin fine, suppongo sia uno sfogo in gran parte, anche se sotto forma di
fanfic. Se è sdolcinato e implausibile, o suona troppo Happy End, è perché IO
sono così, adesso.
Tre, in genere per principio cerco di non smontare coppie altrui. In
genere in quello che scrivo c'è spazio per tutti, prima poi. Ma stavolta, in
questo contesto, era "o la loro o la mia" (coppia, intendo), e be'... io sono
una Wolfstar, e lo resterò comunque. Non vogliatemene, per favore.
Miki
SEGNALO DI NUOVO LA PRESENZA DI SPOILER DA
HP7. PER STARE TRANQUILLA.
Al di Là
Una mano si posò sul suo braccio, così inaspettatamente da farlo sussultare.
-Sirius?- chiamò piano, istintivamente, con gli occhi ancora chiusi. Non
sapeva bene perché, ma il fatto di sentirsi toccare era strano e gli suonava, in
un certo modo, sbagliato.
Di colpo, immagini di rovina, grida e battaglia gli si formarono nella mente,
agghiaccianti, terribili, ma non ricordava bene... c'era qualcosa di importante,
qualcosa che era successo, ma cosa?
Aprì gli occhi.
Era steso supino su una superficie di legno, e vicino, molto vicino alla sua
destra, c'era una fonte di calore, non intensa come un fuoco, ma rassicurante
come una persona. Si girò da quella parte, istintivamente, e vide Sirius
accovacciato di fianco a lui, che lo guardava sorridente, nitido e concreto come
fosse vero. Alle sue spalle un tavolo scheggiato che conosceva bene, e una porta
penzolante dai cardini, incastonata nel muro della Stamberga Strillante.
E' un sogno, pensò. Sirius non poteva essere così giovane.
-Ciao, Remus.- disse Sirius mentre il suo sorriso si allargava.
Remus si tirò a sedere sul pavimento familiare, guardandosi intorno spaesato.
La testa gli girava e aveva un po' di nausea, e sembrava che l'aria lì fosse più
densa, quasi palpabile, come se opponesse una qualche resistenza ai suoi
movimenti.
-Piano, piano.- sussurrò quello strano giovane Sirius, aiutandolo a mettersi
dritto. -Ci vuole un po' ad abituarsi.-
Remus scosse la testa, mentre decine di mattine simili, dopo la Luna piena,
emergevano dalla sua memoria, vivide come non erano da anni, nel rivedere i
gesti familiari di Sirius.
-Che ci fai tu qui?- chiese ancora confuso a Sirius che, ne era quasi certo,
aveva ottimi motivi per non dover essere lì. E qualcosa di istintivo gli diceva
che non erano qualcosa di banale come una lezione, sebbene Sirius sembrasse
quello della scuola.
-Aspettavo che ti svegliassi.- rispose pazientemente Sirius, -Dovevo
assolutamente dirti una cosa, nel caso che tu avessi deciso di passare Oltre.-
-Non l'ho fatto?- chiese Remus, spaesato. Poi il significato delle parole di
Sirius lo colpì improvvisamente. -Siamo morti?- chiese, incredulo.
-Be', sì.- rispose tranquillissimo Sirius, come se fosse la cosa più naturale
del mondo, -Credevo l'avessi capito subito.-
-Veramente, Remus, pensavamo che fossi tu quello intelligente!- rispose una
voce familiare, dietro di lui.
-Che smacco, ci hai messo più di Sirius a capirlo!- aggiunse un'altra voce,
femminile.
Remus si voltò di scatto. Sull'altra porta della stanza, quella che dava
sulle scale, stavano fermi James e Lily. Vivi, giovani e sorridenti, tanto
diversi dall'ultima volta che Remus li aveva visti, su un tavolo di marmo con
gli occhi spenti ancora aperti. James indossava gli stessi abiti di quando era
morto, ma erano integri, e non lacerati dalle macerie sotto cui l'aveva trovato
Hagrid quella notte. Remus li ricordava chiaramente, perché non c'era stato
nessun altro, la mattina dopo, che potesse andare al ministero a riconoscerli
ufficialmente.
Lily, invece, indossava un vecchio vestito a fiori della madre di James.
Remus sapeva perfettamente che lo aveva preso in prestito quando i suoi soliti
vestiti avevano cominciato ad andarle stretti. Lo aveva la mattina in cui
l'aveva incontrata per caso fuori dal San Mungo, e lei gli aveva gettato le
braccia al collo e gli aveva sussurrato che il bambino che portava in grembo era
un maschio.
Erano belli, mano nella mano, e sembravano, a dispetto di tutto, felici.
-Ehi!- abbaiò Sirius, richiamando l'attenzione di Remus, -Guarda che io sono
qui!-
Lily rise. Così, semplicemente, come se per anni e anni Remus non avesse
fatto altro che dannarsi pensando che lei non avrebbe riso mai più, che James
non gli si sarebbe avvicinato a braccia spalancate per abbracciarlo, come stava
facendo in quel momento, e che non avrebbe mai più sentito la voce di Sirius...
Tutto quel dolore, ed era questo, la morte? Abbracciare di nuovo Lily col suo
profumo di lillà, e James con la sua risata contagiosa? Stare con quelli che
amava, in eterno?
-Sapessi per quanto ti abbiamo aspettato, amico!- gli disse James, sempre
abbracciandolo. -Pensavamo che non arrivassi più! Pensavamo...- iniziò, ma Lily
gli diede una gomitata nelle costole, interrompendolo.
-Noi non pensavamo niente del genere, James Potter. Sapevamo che avrebbe
rispettato la Promessa. Sirius era qui solo per sicurezza, non è vero?-
chiese, e il suo tono di voce chiaramente sfidava gli altri due a contraddirla.
Ai vecchi tempi, nessuno avrebbe osato farlo.
-Veramente, Evans, ero qui perché eravamo d'accordo che gli avrei parlato
prima. Da solo.- sottolineò Sirius.
Lily sembrò fulminarlo con lo sguardo. Tuttavia, quando guardò di nuovo
Remus, annuiva. -Giusto. Ma ci sei mancato tanto... Comunque, abbiamo da fare,
vero James?- disse, rivolta al marito, ed entrambi si alzarono dal pavimento su
cui si erano inginocchiati per abbracciare Remus, salutarono con la mano e
scomparvero oltre la porta.
Remus sentì una fitta lancinante di abbandono. -Torneranno?- chiese a Sirius.
-Sì, certo che sì. Siamo tutti qui, ancora per un po', almeno.-
Remus annuì come se capisse, una vecchia abitudine con Sirius, ma era
confuso. Sirius non si fece ingannare.
-Puoi fare delle domande, se vuoi, sai? In via del tutto eccezionale, non ti
prenderò in giro.- gli disse, sorridendo.
-Dove siamo?- chiese, tra tutte le domande che gli affollavano la mente.
-Ah, una classica prima domanda, suppongo. Non ho molta esperienza, qui sono
l'ultimo arrivato. Comunque è la prima cosa che ho chiesto io, anche se era
comprensibile, voglio dire, quel buffone di Prongs aveva...-
Remus gli chiuse la bocca con una mano. Era troppo confuso per sentire gli
sproloqui di Sirius, che aveva sempre avuto l'abitudine di parlare a vanvera, se
non lo si bloccava adeguatamente. E per adeguatamente, in genere si intendeva
chiudendogli fisicamente la bocca. Con la cravatta era il metodo
preferito di James. Non ci pensava da anni... Perché adesso era così facile
ricordare quelle piccole cose? Perché erano insieme, e non era più così
doloroso?
-Sirius.- disse, in tono severo. Gli occhi di Sirius si allargarono sopra la
mano di Remus che gli copriva mezza faccia. -Poi mi racconterai perché Prongs è
un buffone. Ora ho bisogno di capire. Dove siamo?- chiese ancora; poi, sperando
che fosse per il meglio, spostò la mano dalla bocca di Padfoot. Lui prese un
grosso respiro, e Remus, a metà meravigliandosi che respirasse, si
preparò al peggio.
Ma Sirius, una volta tanto, sembrava tornato serio.
-Non è veramente la Stamberga. Il luogo cambia spesso, qui. Pensavo
dipendesse da quello che desideravo che fosse, all'inizio, ma poi mi sono
accorto che la maggior parte delle volte sembra che legga nella mia mente cosa
deve essere, nel mio inconscio. O nel tuo, in questo caso.-
-Io ho creato la Stamberga?- chiese Remus, incredulo. Di tutti i posti del
mondo, forse quello era l'ultimo in cui avrebbe voluto svegliarsi.
-Non proprio. Hai sofferto, probabilmente. E la tua mente ha collegato il
risveglio dopo la sofferenza ad un posto familiare. Non so se mi sono spiegato
bene. E' un po' complicato.- si scusò, ma Remus aveva capito, più o meno.
-Sirius, che cos'è questo posto? L'Aldilà?-
Sirius scosse la testa. -Una parte dell'Aldilà, probabilmente. Una sorta di
limbo. A volte si sente... come la Vigilia di Natale. Un senso di aspettativa,
come se dovesse capitare qualcosa.-
Fu il turno di Remus di scuotere la testa. Non sentiva nulla di strano,
tranne la vaga resistenza dell'aria, come se fosse un po' più difficile
muoversi, e un impellente bisogno di saperne di più.
-Ci sono altri, qui?- chiese.
Sirius sembrò rabbuiarsi appena.
-In genere, no. Qualcuno, ogni tanto, passa di qui, ma di solito... va Oltre.
Gente che conosciamo. Qualcuno compare, come se si materializzasse, ma non si
riesce a parlare con loro. E' piuttosto raro. Siamo solo noi, adesso, tu, io,
James e Lily. Remus... credo che siamo qui per la Promessa.-
Anche Lily aveva parlato della Promessa. Il suono della parola stessa sembrò
evocare qualcosa di nitido nella mente di Remus.
Loro cinque sui prati di Hogwarts, ragazzi. Era il giorno del Diploma, e
se anche non avesse ricordato così bene il momento, Remus se ne sarebbe accorto
dalle divise da cerimonia, perfettamente a posto, che tutti indossavano. C'erano
volute ore, quella mattina, per sistemare quella di Sirius in maniera dignitosa,
e per convincere James a togliere le scritte luminose dalla cravatta. Ciascuno
di loro stringeva in mano un rotolo di pergamena, e cinque nastri rosso e oro
giacevano sull'erba ai loro piedi, dimenticati. I Malandrini erano seduti,
scomposti, sul prato, e parlavano tra loro. James era mezzo steso, appoggiato
sul gomito, con la testa accostata al braccio di Lily, che era seduta con le
gambe di lato in mezzo a quel piccolo semicerchio. Peter era vicino a James, a
gambe incrociate e coi gomiti posati sulle ginocchia, e rideva. Dall'altra parte
di Lily c'era lui stesso, con le gambe stese sull'erba, appoggiato indietro
sulle braccia, che guardava in alto, e Sirius con la testa sulle sue ginocchia,
che, pensieroso, giocherellava con la sua pergamena.
Sembrava una fotografia, e Remus ricordava chiaramente di come avevano
parlato del loro futuro, entusiasti e inconsapevoli, e poi, più tesi, di tutto
quello di terribile che stava succedendo nel loro mondo, perché non potevano
ignorarlo.
Sirius, che stranamente quel giorno era il più nervoso, era scattato.
-Succederà qualcosa di terribile. A noi.- aveva detto ad un certo punto, con
voce disperata, e tutti si erano zittiti. James aveva fatto una battuta sulle
capacità divinatorie di Sirius, e anche Remus aveva attribuito quello scatto
alla preoccupazione. Lily però era seria, e c'era stata una sorta di
comprensione nello sguardo che lei e Sirius si erano scambiati.
Era stata lei a proporre la Promessa. "Giuriamo di restare sempre uniti,
qualsiasi cosa accada. Per la vita e per la morte." Era suonata una cosa
infantile, ma Sirius aveva ripetuto le parole di Lily, concentrato, e Remus
aveva seguito il suo esempio spinto dall'affetto che provava per tutti loro. Poi
James aveva promesso a sua volta, solennemente. E alla fine si erano tutti
voltati verso Peter, ma lui si era addormentato, e ronfava beato sull'erba
fresca. Avevano riso, e si erano raccomandati l'un l'altro di fargli ripetere la
Promessa quando si fosse svegliato.
-Non posso immaginare una vita senza le chiacchiere di Peter.- aveva detto
James.
Ma poche ore dopo c'erano stati i saluti, e avevano preso il treno per
l'ultima volta per tornare a casa da Scuola, e poi c'era stato il mondo reale e
la guerra. Non si erano ricordati di far ripetere la Promessa a Wormtail.
Nella Stamberga, Remus era incredulo. Era così sicuro che si trattasse di un
vecchio gioco...
-Siamo maghi, Moony.- disse Sirius, come se gli leggesse nel pensiero. -Le
nostre parole hanno potere.-
Per un attimo, Remus si augurò che non fosse così, perchè se Sirius aveva
ragione, avevano escluso Peter per una distrazione, e pagato un prezzo altissimo
per questo. Ma in quel ricordo chiarissimo aveva percepito una corrente di
potere che vibrava nelle loro parole, innegabilmente. Non avendo idea di cosa
stessero facendo, avevano creato un vincolo magico che, tagliando fuori uno di
loro, aveva preso la consistenza di un incantesimo rivolto contro Peter, senza
che nessuno se ne accorgesse. Loro avevano fatto di lui un reietto, e lui li
aveva traditi. Se non fosse successo, quante vite sarebbero state risparmiate, e
quanto dolore?
Sirius interruppe i suoi pensieri.
-Non pensare a Wormtail.- disse. -E' probabile che dovesse comunque andare
così, lo sai anche tu. Se Voldemort cadrà, sarà per tutto quello che è successo,
incluso il tradimento di Peter. Ormai non è tempo per il rancore.-
Remus sapeva che Sirius aveva ragione, ma non era per Peter il suo rancore,
era per se stesso, per non essersi accorto di nulla. Sorprendentemente, Sirius
ancora una volta sembrava seguire il filo dei suoi pensieri. Tese una mano e gli
accarezzò una guancia, affettuosamente, come faceva anni prima. Remus aveva
voglia di piangere.
-Quando è passato di qui, ci siamo parlati. Per pochi istanti, perchè quelli
che vanno Oltre non si fermano a lungo. Adesso è il Peter di una volta, Remus,
quello che ci faceva tanto ridere e che c'era sempre quando avevamo bisogno. Ha
visto lo schema delle cose, come noi. Siamo in pace.-
Ancora una volta, ci volle un attimo perché le parole di Sirius facessero
presa su di lui.
-Peter è stato qui? E' morto?- chiese.
-Non ha ucciso Harry quando ne ha avuto l'occasione, ed è morto. Tutti i
morti nella guerra sono passati di qui.-
Remus non sapeva chi fosse morto durante la battaglia. In realtà, per quanto
limpidi fossero gli altri ricordi, quelli di quella notte gli sfuggivano. E lo
spaventavano anche. C'era qualcosa che in quel momento non voleva ricordare, in
nessun modo. Qualcosa che non aveva a che fare con il trovarsi lì.
-Che cosa c'è, Oltre?-
Sirius scrollò le spalle. -Non lo sappiamo. Suppongo che sia il resto
dell'Aldilà, ma non ne sono certo. Chi va Oltre non torna mai qui.-
Questa volta, dicendo Oltre, Sirius accennò alla porta scardinata alle sue
spalle. A Remus sembrava la normalissima porta che da quella stanza della
catapecchia portava a quella che, avevano dedotto anni prima, doveva essere la
cucina della casa. Però, anche nella luce chiara che illuminava la Stamberga, la
stanza dietro la porta era completamente buia.
-In qualunque luogo scegliamo di trovarci, c'è sempre una porta, un
passaggio, qualcosa. Possiamo scegliere di andare Oltre in qualunque momento. Tu
puoi farlo adesso, se vuoi.-
-Perché dovrei?- chiese Remus, sinceramente stupito. Era nell'unico posto in
cui voleva essere, con quelli che amava. Erano anni che desiderava
riabbracciarli.
-Be', sarebbe carino che tu salutassi Lily e James, prima, ma Promessa o non
Promessa, nessuno ti vincolerà a restare qui.- rispose Sirius, ma sembrava
improvvisamente triste.
Remus era sinceramente perplesso. Perché sembrava che Sirius pensasse che lui
volesse lasciarli, dopo averli finalmente ritrovati? Lasciare James e Lily, gli
amici di tutta la vita? Lasciare...
-Non loro.- sussurrò Sirius, e questa volta Remus fu certo che gli
avesse letto nel pensiero, il che era strano, perché Sirius era sempre stato
negato per la Legimanzia. -Me. E' per questo che volevo parlarti da solo.
Per dirti, be', che anche se sei stato il grande amore della mia vita, e
melensaggini simili, non ti devi sentire in dovere di restare. Se vuoi, vai da
lei.- Sirius era arrossito durante quella specie di dichiarazione, ma
sembrava allo stesso tempo risoluto e spaventato.
E Remus ricordò, improvvisamente, tutto.
Tre anni prima, alla fine del Torneo Tremaghi, Sirius era andato a casa
sua per ordine di Silente, e avevano ricostituito l'Ordine della Fenice.
Inoltre, però, avevano ricostruito il loro rapporto, che tanto tempo prima era
andato perduto nelle settimane che avevano preceduto la morte di Lily e James.
Forse si erano di nuovo innamorati l'uno dell'altro, forse si erano accorti di
essere ancora innamorati dal tempo della scuola. Comunque fosse, era stato un
periodo di gioia e speranza.
Una notte avevano parlato della Promessa. -Lily e James sono in un posto
migliore.- aveva detto Sirius, affermando una di quelle assurde e incrollabili
certezze che solo lui poteva avere. -Mi mancano, ma non sono triste per loro. Ci
stanno aspettando.-
Remus aveva annuito, e quella volta era stato lui quello colpito da una
consapevolezza improvvisa, come il giorno del diploma, sul prato, era successo a
Sirius. -Siamo morti con loro, Sirius. Siamo morti quella notte, e ogni minuto
di più delle nostre vite è un regalo. Possiamo proteggere Harry, volergli bene,
raccontargli quello che sappiamo. Ma siamo noi, in realtà, che stiamo solo
aspettando di raggiungerli.-
Sirius sembrava d'accordo. -Non ho paura, e non sono dispiaciuto, di avere
le ore contate. Mi dispiacerà solo dovermi di nuovo separare da te.- gli aveva
detto, e Remus lo aveva baciato piano.
-Sarebbe troppo sperare di morire romanticamente insieme, vero?- aveva
scherzato, poi.
Sirius aveva riso. -Non succederà. Io sono costretto nelle retrovie, e tu
in prima linea. Non saremo così fortunati.-
Remus aveva guardato il viso di Sirius, segnato dagli anni ad Azkaban, e
aveva saputo cosa dire.
-Se tocca a me, per primo, goditi la vita, Sirius. Prenditi quello che non
hai avuto, fatti una famiglia, una casa, sii felice. Non lo dico per dire. Io ti
aspetterò di là, comunque sia.-
Sirius aveva annuito. -Tu fai la stessa cosa, Remus. Popola il mondo di
piccoli Lupi Mannari, se ci riesci. Te lo meriti.-
In un altro momento, Remus avrebbe detto che odiava anche solo l'idea di
mettere al mondo un altro essere reietto come lui, ma in quel momento era così
sicuro che la sua intuizione di prima significasse che sarebbe toccato a Sirius
sopravvivergli, che la vita gli dovesse qualcosa per quei tredici anni ad
Azkaban...
E invece Sirius era caduto dietro al Velo, e Remus ricordò improvvisamente
il dolore lancinante, e insieme, come si era ancorato a quella Promessa di
rivedersi dopo la morte.
Poi Ninfadora Tonks aveva cominciato ad assillarlo, a tampinarlo, con
intenzioni così palesi da sembrare comiche, e lui, in lutto e col cuore
spezzato, l'aveva respinta. Ricordava, allora, le parole di Sirius, ma gli
sembrava impossibile poter ricominciare. Ed era stato difficile, ma alla fine...
voleva bene a Tonks, e la stava facendo soffrire, e ad un certo punto aveva
realizzato che comunque, guerra o non guerra, non sarebbe vissuto a lungo. Le
trasformazioni lo stavano uccidendo, lentamente, ma era sempre più debole, e
ogni Luna piena il lupo era più forte e crudele con se stesso.
Quando era morto Silente, gli era sembrato questione di giorni. Non si
sarebbe mai aspettato di sopravvivere un anno.
Così aveva sposato Ninfadora, perché tanto, che differenza faceva? Le
voleva bene, sinceramente, e tutto intorno a lui, nella frenesia della guerra,
la gente si sposava per molto meno, e con molti più anni davanti da vivere.
Lei era dolce, e innamorata, e lo accettava molto più di quanto si
accettasse lui stesso. Era stato davvero, sinceramente felice. Si era goduto
ogni momento, e quando avevano scoperto di aspettare un bambino, aveva
cominciato a dimenticare, non James, Lily e Sirius e la Promessa, ma di avere i
giorni contati. Per questo aveva avuto un momento di panico, e c'era voluta
tutta la cattiveria di Harry per farlo tornare in lui. E alla fine dei conti,
aveva avuto un bambino, e delle fotografie da mostrare agli amici, e momenti di
pura gioia indescrivibile, e anche se gli era sembrato di vivere la vita di un
altro, ci si era lasciato andare, ed era stato felice, davvero felice.
Quella notte, quando aveva saputo dell'attacco a Hogwarts, tutto era
tornato al suo posto. Il senso di fine imminente che aveva percepito quella
notte con Sirius si era ripresentato, non spaventoso, solo un po' più difficile
da affrontare, con quello che adesso comportava.
E poi la battaglia, la corsa, le pareti che scoppiavano e i vetri in
frantumi, e le maledizioni scagliate come semplici incantesimi, e il caos,
soprattutto.
Non sapeva che lei fosse al castello, ma mentre duellava con un
Mangiamorte mascherato, l'aveva vista voltare l'angolo, aprire la bocca come per
chiamarlo sopra il rumore assordante nel corridoio, e cadere improvvisamente a
terra, colpita al volto da un raggio verde deviato da un'armatura poco distante.
Si era reso conto che era morta prima ancora che toccasse terra. Ed era
stato terribile. Era andato a Hogwarts così certo, così sicuro che sarebbe
morto, e che lei si sarebbe presa cura del bambino... Era la soluzione perfetta.
Lui morto, in pace, un nome da ricordare, e non un licantropo, non uno che aveva
fatto di suo figlio un reietto con la sua sola esistenza. E lei sarebbe rimasta
con il loro figlio e con i ricordi.
Invece lei era morta, morta al posto suo, ed era tutto così sbagliato che
aveva lasciato perdere il duello e si era avvicinato al suo corpo, l'aveva
scossa, le aveva gridato che era una stupida, che come al solito aveva fatto un
pasticcio enorme e che adesso era tutto finito, e tra le altre cose che le aveva
urlato, furente, che lui sarebbe dovuto morire, che voleva morire, che erano
anni che non aspettava altro. E mentre urlava si era vergognato, nel profondo, e
aveva sperato, davvero, che lei non lo sentisse. Perché era solo perdonabile
rabbia, quasi tutto, ma non l'ultima parte.
Erano anni che aspettava la morte, da quando James e Lily se ne erano
andati, e ancor più dalla morte di Sirius. Ma quando l'aveva sposata, aveva
giurato a se stesso che Tonks non lo avrebbe mai saputo. Aveva voluto che fosse
felice, e l'aveva uccisa.
Si era sentito profondamente egoista.
E poi, ricordava solo di aver chiuso gli occhi. E dolore, ma non importava
più.
Con uno scatto visibile, Remus tornò al presente.
Sirius, davanti a lui, lo guardava negli occhi, come se attraverso le iridi
potesse vedere tutta la storia, la sequenza di ricordi che Remus aveva appena
rivissuto. Adesso, molto più di prima, Sirius gli ricordava quello che era stato
un tempo, il ragazzo che nei giorni della scuola alternava l'arroganza alla
dolcezza, disarmandolo. Solo allora si accorse che Sirius indossava la divisa di
Hogwarts.
-E' andata Oltre.- gli disse, dopo qualche secondo. -Alcuni si fermano a
prendere una decisione, e qualcuno sceglie di restare, anche se poi sparisce, e
noi non possiamo più vederlo. Fred Weasley ha detto che non può proseguire e che
aspetterà George, perché altrimenti non riuscirà ad ingannare il prozio Bilius,
e lui ci resterà molto male. Però lei non si è fermata.-
La digressione su Fred Weasley, e la momentanea fitta di dolore associata il
ricordo di Molly che singhiozzava davanti al suo terribile molliccio,
distrassero un attimo Remus.
-Non si è fermata?- chiese a Sirius. Non capiva cosa significasse.
Sirius sospirò. -Remus... alcuni si fermano e pensano, decidono se aspettare
qualcuno o proseguire verso chi è già Oltre. Alcuni, invece, quando vedono la
porta, o qualunque cosa sia per loro, guardano attraverso, chiamano qualcuno al
di là, e vanno direttamente Oltre. Non ci vedono e non ci sentono. Non so
perché, so solo che è così.-
-Capisco.- annuì Remus. Lui non aveva il minimo desiderio di andare Oltre,
ovunque quell'Oltre fosse. Non voleva lasciare i suoi amici e non voleva
lasciare Sirius. Guardò la porta vecchia e scheggiata, come a cercare una
risposta.
Mai, nella sua vita, gli era capitato che bastasse cercare una
risposta per trovarla. Ma la differenza, probabilmente, è che questo non aveva a
che fare con la vita.
Oltre la porta, in lontananza, come in fondo ad una galleria sul binario per
Hogwarts, Ninfadora Tonks lo salutava con la mano, allontanandosi. Di fianco a
lei, con un braccio sulle sue spalle, Ted Tonks a sua volta agitava un braccio.
Stavano sparendo. Remus seppe, precisamente, che quello era un messaggio chiaro.
Un addio, forse, o un arrivederci.
Sirius aveva notato la direzione del suo sguardo ed era impallidito. Remus si
sentì afferrare la mano, come se lui temesse di vederlo scomparire, e si girò a
guardarlo. Aveva gli occhi sgranati, e il mento gli tramava leggermente, e la
sua espressione era così strana che Remus doveva trattenersi per non scoppiare a
ridere. Ma Sirius era serissimo, e sembrava aver perso la capacità di leggergli
nel pensiero.
-Remus...- cominciò, poi si fermò di colpo come se ci stesse ripensando.
Remus alzò una mano e gli accarezzò piano i capelli, dietro al collo. Era un
gesto che l'aveva sempre tranquillizzato. Infatti, Sirius riprese a parlare.
-So che non dovrei cercare di influenzarti, ma... per favore, non te ne
andare senza dirmelo. Voglio solo...- Sirius si interruppe, e, come se fosse più
forte di lui, lo baciò sulla bocca, forte, abbracciandolo come se temesse una
sua fuga. Remus, stupito, non rispose al bacio nel primo istante. Sirius si
staccò quasi subito, come se si fosse scottato, e quando lo guardò, sembrava
spaventato.
-Ti prego, scusami. Scusa, Remus, è che è passato tanto tempo... So di non
avere diritto di chiederti nulla, e avevo promesso a James di non fare una cosa
così stupida, di lasciarti decidere in pace...- balbettò Sirius, confuso e
imbarazzato.
Remus scosse la testa. Presa la decisione, era più leggero, e si sentiva
sereno, come non era mai stato in vita. Non gli sembrava di avere alcuna
preoccupazione, in nessun senso. Tutto sarebbe andato come doveva andare.
Quindi, visto che Sirius non accennava a stare zitto, e che stava comunque
solo ripetendo delle sciocchezze, lo mise a tacere. Baciandolo. Era sempre stato
necessario zittirlo fisicamente, quando partiva. Chiuse gli occhi e Sirius,
stupito, fece altrettanto dopo un attimo, e mentre si baciavano il legno del
pavimento della Stamberga diventò erba, e l'aria prese a circolare più
liberamente, perse l'odore di chiuso e polvere, e divenne un venticello che
faceva frusciare le foglie degli alberi.
Remus si staccò da Sirius e si accorse che erano nella Foresta Proibita,
nella penombra dei grossi alberi nodosi, in un angolo non lontano dai prati di
Hogwarts. Poco dietro di loro, dove era stata la porta quando erano nella
stamberga, un grosso albero secolare sembrava essere stato diviso in due da un
fulmine, creando una sorta di varco, ma non importava granché.
-Resto qui.- sussurrò sulle labbra di Sirius.
-Davvero?- chiese lui. Tipico, pensò Remus. Sirius pensava sempre prima il
peggio, per precauzione.
Annuì, ridendo, e lo baciò di nuovo.
-Sarà meglio che resti, Remus...- disse una voce minacciosa alle sue spalle.
Sirius si staccò e si sporse di lato, arrabbiato.
-Ohi! Quando mai io vi ho interrotti? Un po' di pace, no?- urlò.
James rise.
-Oh, io non credo, vero Lily?-
-No, James caro. Remus ha molto da spiegarci.-
La voce di Lily, ancora più minacciosa di quella di James, convinse Remus a
districarsi dall'abbraccio di Sirius, e a girarsi verso di loro. Erano entrambi
in piedi, bacchette alla mano, ed entrambi avevano un aria arrabbiata, che
sarebbe stata molto più credibile se James non avesse avuto le mani sulla pancia
dal ridere. Però non c'era da fidarsi. Quei due erano Malandrini (Lily era stata
eletta Malandrina Onoraria poco prima del diploma), e Malandrini bravi.
-Che succede, ragazzi?- chiese incerto.
-Chiede che succede, Lily?- disse James, -Dici che non se ne è accorto?-
-Oh, se ne è accorto eccome. L'ha fatto apposta.-
Remus non capiva di che parlavano, e Sirius sembrava ancora più all'oscuro di
lui.
-Nessuno, -continuò James, -nessuno fa uno scherzo del genere a mio figlio e
la passa liscia.-
-No di certo, James. Non possiamo permetterlo.-
Un'illuminazione colpì Remus sotto forma di un ricordo chiaro.
Nel parco, il giorno della Promessa.
-Noi ci sposiamo.- disse James, serio e composto, ma con gli occhi
luccicanti di gioia, mentre Lily annuiva.
-Congratulazioni!- gridò Sirius, e Peter applaudì, felice.
Remus fece una smorfia sorridente. -Non ditemi che siete di quelli che
hanno già scelto il nome del primo figlio!.- chiese, scherzando.
-Dei primi cinque, veramente...- rispose Lily, e Remus rise.
-Sentiamoli!- squittì Peter.
James e Lily cominciarono a elencare nomi su nomi, discutendo sull'ordine
di importanza, e su quale scegliere prima. Il primogenito era Harry se maschio,
Harriet se femmina, ma sui seguenti quattro c'era discordanza. Dare la
precedenza a Margaret o a Claire? I futuri sposi sembravano in disaccordo ancora
prima di iniziare. Poi, improvvisamente, le orecchie di Remus colsero un nome
orribile nella lista.
-Oh, no, ragazzi, quello no!- esclamò.
-Perché mai?- chiese Lily.
-E' un nome orrendo, non fate una cosa del genere ad un povero bambino...-
Lily aveva occhi pericolosi.
-Oh, lo faremo eccome, Remus John Lupin, era il nome del nonno di James! E
visto che hai da ridire, quando nascerà, sarai tu il padrino di Remulus
Potter!-
Tutti risero alla smorfia inorridita di Remus.
Nella Foresta, nell'Al di là, un lampo passò negli occhi di Lily.
-Vorresti farmi credere che non te lo ricordavi, Moony?- chiese Lily, e Remus
intuì che in quel posto i ricordi erano talmente vividi e intensi da essere
leggibili da tutti.
-Che non l'hai fatto apposta?- continuò James.
-Ecco...- disse Remus, cercando furtivamente una scappatoia, -Forse
inconsciamente...-
-Forse inconsciamente?- sibilò Lily.
Sirius, a quel punto cominciò a sghignazzare. Evidentemente aveva afferrato
la situazione.
-Sirius, una mano?- chiese.
-Non ci contare, amore, hanno ragione loro.-
Remus, sentendosi tradito anche dal suo alleato più naturale, si girò verso
Padfoot, pronto a fargli passare la voglia di dar ragione a Lily con il
solletico, come aveva fatto negli anni spensierati.
Sfortunatamente, in quel modo si perse la Tarantallegra che James gli lanciò,
e la possibilità di dimostrare che faceva ancora un ottimo sortilegio Scudo,
mentre Lily gli urlava contro, ridendo.
-Hai osato chiamare tuo figlio come un peluche! Il figlioccio di mio
figlio!-
Remus, mentre le sue gambe scalciavano impazzite e gli occhi gli si
riempivano di lacrime dal ridere, chiamò ancora Sirius in suo aiuto. Ma quello
si teneva la pancia dalle risate, e rispose tra i singhiozzi.
-Remus, come ti è venuto in mente di chiamare quel povero bambino Teddy
Lupin?-
E come ai vecchi tempi, il momento finì con quattro Malandrini nella Foresta,
a ridere a crepapelle.
Sono felice che sia questo, la morte, pensò Remus tra sé.
Non sono sicura che mi piaccia per nulla da un punto di vista stilistico, né
di quel po' di trama che c'è. Non sono sicura nel senso che lo saprò tra qualche
giorno. Però va bene, esorcizza quello che dovevo esorcizzare, sottolinea che
quello che volevo sottolineare (credo).
Tutto nasce, semplicemente, dal fatto che ad un'ora dalla sua morte, Remus
appare ad Harry tra i Malandrini, e pare piuttosto felice di esserci. E siccome
ho pianto in quella scena (e a rileggerla), e l'ho amata come finale degno dei
Malandrini, davvero... Be', dovevo scrivere questa cosa. Semplicemente. Non ho
mai avuto così bisogno di scrivere qualcosa.
E poi dovevo sfogarmi un po'... Teddy Lupin è un nome terribile...
Baci
Miki
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