Elizabeth aveva drizzato le orecchie quando Grace le aveva
raccontato tutto quello che era successo con Jeremy.
Era tutto così strano, surreale e fuori da ogni concezione logica…
Ma chi diceva che le cose dovevano sempre avere un senso logico o
comprensibile con un ragionamento chiaro e lineare?
Lei stessa faceva sempre credere di usare unicamente il suo
cervello calcolatore per prendere qualsiasi decisione, non lasciando adito a
futilità come i sentimenti.
Ma, ovviamente, queste apparenze erano ben lontane dalla realtà dei
fatti. Voleva dare un’impressione precisa di sé, ma anche lei aveva una parte
emotiva che, spesso e volentieri, affiorava piacevolmente in lei, facendola
sorridere. Le ricordava di essere ancora viva, in qualche modo, poiché le sue
giornate scorrevano frenetiche e monotone, all’insegna dello studio e di nient’altro.
Così, quando Grace aveva nominato Noel e
la sua casa in campagna, Elizabeth si era sentita turbata, rimembrando i
sentimenti che nutriva da tempo nei confronti di quel ragazzo che nemmeno
conosceva. Non lo conosceva ma sapeva quali erano le voci che giravano in paese
sul suo conto e, dopo aver saputo del suo ricatto nei confronti di Grace e di
quello che aveva provato a farle, queste voci avevano trovato una conferma
imprescindibile.
Tuttavia, a lei Noel piaceva.
Non riusciva ad evitare di pensare a quanto desiderava che lui la
notasse, che si accorgesse di ciò che provava per lui.
Avrebbe voluto reprimere quelle emozioni, solo in nome dell’amicizia
che la legava a Grace. Eppure, nel profondo di sé, sapeva di volerle difendere
e custodire con cura, poiché erano le uniche a farle tenere a mente la sua
umanità, che per gran parte del tempo rimaneva sepolta in qualche remoto angolo
della sua personalità.
Jeremy e Grace stavano insieme e si volevano bene, questo era
certo. La ragazza, infatti, aveva rischiato la sua vita e la sua dignità pur di
salvaguardare il rapporto con quel ragazzo e questo la rendeva forte,
coraggiosa e apprezzabile agli occhi della critica Elizabeth dall’aria dolce ed
innocente.
Tutta scena.
Nonostante Noel avesse tentato di
violentare la sua migliore amica, servendosi dell’aiuto di altri due ragazzi,
Elizabeth ne era comunque innamorata e non riusciva a toglierselo dalla testa.
Grace era stata costretta ad accettare, perché Noel l’aveva
ricattata: se voleva che lui tenesse la bocca chiusa su ciò che lei e Jeremy
avevano fatto, lei doveva concedersi a lui.
Maiale.
Sì, lo era, ma Elizabeth non riusciva più a pensarla così, perché,
nonostante tutto, voleva che le cose con lui andassero bene.
Era stanca di condurre quella vita piatta, scandita da esami,
studio e lezioni universitarie; non ne poteva più di essere la santarellina di
turno. Anche Grace aveva compiuto il grande passo, mentre lei ancora non era
mai andata oltre ad un bacio.
Be’, voleva aspettare.
Voleva aspettare che arrivasse la persona giusta.
E quella persona era proprio Noel, se lo
sentiva.
Era altresì consapevole che il suo fosse un amore malato, folle e
incredibilmente impossibile, ma non poteva farci proprio nulla se il cuore le
batteva all’impazzata ogni volta che quel ragazzo bellissimo le passava accanto
e non la degnava di un’occhiata.
Sapeva di star tradendo mentalmente Grace, lo sapeva e era
consapevole di doversene vergognare, pur non riuscendoci affatto.
Vergognarsi di amare qualcuno, accettare incondizionatamente ogni
perversa inclinazione, era qualcosa che non era in grado di fare.
Noel, in ogni caso, non le badava
minimamente e lei era certa di non voler rimanere chiusa in casa a piangersi
addosso o ad ascoltare i piagnistei di Grace, seppur giustificati dalla
difficile situazione che aveva vissuto.
Così, decise di dare una svolta alla monotonia e accettò di uscire
con un ragazzo che conosceva appena, con cui aveva scambiato il numero in
facoltà e che l’aveva corteggiata fin dall’inizio. Lei aveva sempre rifiutato
perché non riusciva ad immaginare di vedersi con qualcuno che non fosse Noel Deaver.
Ma ora voleva scacciare la noia a trascorrere una serata diversa,
giusto per non buttarsi sui libri e lottare contro medicina legale.
Sapeva già cosa sarebbe successo, ma evitò di convincersene in modo
eccessivo, in modo da concedersi il beneficio del dubbio.
Non disse nulla a Grace, non erano cose che amava condividere.
Si preparò con calma, avendo appuntamento con Anthony alle sette di
sera.
Indossò una maglia azzurra abbastanza scollata che metteva in
risalto la carnagione chiara, un paio di jeans stretti e dei sandali con i
tacchi alti. Fondotinta, mascara, ombretto blu, un filo di matita e fu pronta.
Prese la sua amata borsetta di jeans che le dava quel tocco hippie
che amava e uscì di casa, dopo aver salutato i suoi genitori.
Si diresse con passo lento verso la piazza principale dove sapeva
di trovare il ragazzo.
Quando arrivò, Anthony le andò incontro, sorridendo.
“Ciao” lo salutò, regalandogli un sorriso premeditato, dolce ma
freddo allo stesso tempo.
“Ciao, Elizabeth” rispose Anthony, ricambiando quel gesto con
qualcosa di più sincero e spontaneo. “Sono contento che tu abbia deciso di
uscire con me” aggiunse, emozionato.
Elizabeth ebbe l’impulso di sbuffare, ma si trattenne, avvertendo
una fitta d’irritazione pungerle il petto. ‘Quanto sei patetico e sd’lcinato’ pensò, con fare
critico. ‘Forse avrei dovuto rimanermene a casa a guardare foto di cadaveri.’
Anthony prese a camminare e lei lo seguì, non sapendo dove andare.
“Cosa c’è di bello in questo paese?” domandò il ragazzo, per
cercare uno spunto di conversazione.
Elizabeth si fermò, per poi scrutarlo attentamente: non era male,
aveva dei capelli biondi e ricci che teneva lunghi fino alle spalle, due occhi
nocciola e un fisico asciutto ma non muscoloso. Non era tanto alto ed era
vestito casual: una semplice t-shirt bianca, dei bermuda in jeans e scarpe da
ginnastica. Un ragazzo normale, ma niente di che.
Ovviamente non era Noel Deaver.
Elizabeth scrollò le spalle. “Non c’è niente di bello in questo
posto dimenticato dal mondo.”
“Lo immaginavo. Ehm, allora che facciamo?”
“Andiamo a sederci, qua c’è qualche panchina. Non vedi?” fece lei,
sarcastica, senza distogliere lo sguardo.
Anthony distolse il suo e annuì, per poi dirigersi a testa bassa
verso la panchina più vicina a loro. Si sedette e attese che lei facesse lo
stesso.
Elizabeth sentiva che il momento clou della serata stava per
giungere, nonostante il tutto fosse solo all’inizio.
Anthony tornò a guardarla e disse: “Bene. Dimmi, Elizabeth, come va
con lo studio?”
‘Banale’ pensò automaticamente la ragazza. Tuttavia, si lanciò
volentieri in un resoconto dettagliato sul processo dei suoi studi, sapendo di
temporeggiare un po’, giusto per non giungere subito al dunque.
“Capisco. Io invece mi sto dedicando all’esame di letteratura, è
una tortura” commentò Anthony, scuotendo il capo.
“Oh, immagino.”
“Già” concluse lui.
‘Tempo scaduto’ pensò Elizabeth, per poi sbuffare – finalmente.
Anthony le lanciò un’occhiata interrogativa. “Che c’è?” le chiese,
preoccupato.
“Niente, devo andare.”
“Cosa?!” sbottò lui, fissandola a bocca aperta.
“Sì, devo andare.”
“Ma Elizabeth, è passata mezzora!” esclamò, lanciando un’occhiata
all’orologio affisso sul campanile della chiesa.
“Non so cosa dirti. Mi annoio.”
“Cosa dici? Ti sto annoiando?” Il tono di Anthony era colmo di
stupore e delusione.
“No, non sei tu. Sono io.” Detto questo, la ragazza si alzò, per
poi sistemarsi la borsetta sulla spalla. Ciondolò per un attimo sui tacchi,
prendendo in considerazione la possibilità di rimanere ancora un po’, poi
comprese che il tempo era davvero scaduto.
Fece spallucce e si chinò per baciargli la guancia, giusto per non
essere troppo distaccata, per non farlo sentire in colpa per un problema che
era solo suo. “Ci vediamo in facoltà, Anthony” dichiarò, raddrizzandosi.
“Sì… ci vediamo” borbottò lui, per poi
mettersi in piedi e guardarsi intorno, spaesato.
Fissò per un attimo l’irremovibile Elizabeth, poi batté in
ritirata, continuando a borbottare tra sé e sé.
Elizabeth lo osservò allontanarsi e decise che odiava il suo modo
strascicato e per niente sexy di camminare. Fece spallucce e si diresse verso
casa.
Era successo un’altra volta: aveva piantato in asso un’altra delle
sue vittime e quel giorno aveva battuto il record. L’ultima volta era passato
appena un’ora, questa volta solo mezzora.
Sorrise, sentendosi orgogliosa e soddisfatta di aver trovato un
modo alternativo di di trascorrere quella mezzora.
Per ora poteva bastare.
Così com’era arrivata, rientrò.
Mentre si buttava sotto la doccia, pensò a Noel.
Non lo aveva ancora visto e non sapeva cosa pensare. Che i genitori di Grace lo
avessero fatto sbattere dentro? O forse era al parco.
Non ne aveva la minima idea, ma voleva scoprire qualcosa e decise
che avrebbe sondato discretamente il terreno con Grace: lei era l’unica che
poteva aiutarla a tenere sotto controllo la situazione del suo amato Noel.
L’unico.