-Elena attenta!-
Scendo dalla macchina barcollando, trascinando
giù le mie due ingombranti valigie, dietro di me la mia
amica mi regge per un fianco preoccupata per il mio equilibrio alquanto
precario.
Rido come una matta per assurdità seguita a
ruota da quegli idioti dei miei compagni di college.
"Mi sa che non ho ancora smaltito la sbornia, Care"
Sbiascico una risata poggiando la testa sulla spalla della
mia amica che sbuffa divertita guardando gli altri.
Siamo un pugno di ubriachi fermi davanti
all’aeroporto alle 7:45 del mattino.
"Ma non ci aiutate a portare le valigie dentro?, dobbiamo
fare il check-in ed Elena non si regge in piedi"
Ha ragione, sorrido ancora ad occhi chiusi immaginando
unicorni colorati.
"Dolcezza non ci farebbero neanche entrare. Siamo marci ed
abbiamo un bisogno urgente di dormire e smaltire la sbornia."
"Non fare labbrucce, Caroline. Non cambiamo idea"
Con gli occhi semi chiusi accarezzo i capelli della mia
biondina preferita sperando che si rassegni, vorrei solo entrare e
abbracciare uno dei comodi sedili dell’aeroporto per
schiacciare un sonnellino e fermare la testa che gira.
"Ci rivediamo tra due mesi,
bellezze…Non…"
Aggiungono qualcosa ma il rombo del motore e il mio stato
confusionale non mi pemettono di carpire altro, sento solo la dolce e
stanca voce di Caroline che mi invita a raccogliere le valigie per
entrare in aeroporto.
Tre ore e mezza dopo siamo stremate e spalmate
sui divanetti della lounge a trangugiare caffè e ciambelle.
Il cerchio alla testa è simile ad un dirigibile ed il
dopo-sbornia impossibile da gestire.
"Ho voglia di vomitare"
"Non farlo sulle mie ciambelle. Devo ancora assaggiare
quella con ripieno alla marmellata di pesche"
"Elena ti prego. Non scendere nei dettagli, non tengo
giù neanche il caffè"
So come si sente ma nonostante il leggero senso di nausea
il cibo sembra l’unico palliativo al mal di testa. Caroline
ha un aspetto pessimo e sono certa di non essere da meno.
"Maledizione Elena, tra poco più di due ore
saremmo a casa dopo mesi e i miei stenteranno a riconoscermi. Puzzo di
vodka come uno scaricatore di porto ed ho il colorito di uno zombie!"
La ascolto distrattamente quando la voce metallica che
proviene dall’altoparlante posto a qualche metro da noi
annuncia il nostro volo.
Con una forza che non credevo di possedere balzo in piedi
scrollandomi di dosso lo zucchero in polvere delle ciambelle ed aiuto
Caroline ad alzarsi, entrambe penzoliamo senza spiegazione logica verso
il lato sinistro.
"Ci rifacciamo il trucco in aereo e prendiamo qualche
mentina per l’alito. Dai, si torna a casa"
Il caos di voci e risate che ci investe non appena mettiamo
piede all’aeroporto di Atlanta stride con i nostri umori
neri, siamo belle che truccate e semi pettinate ma non dormiamo da
diciotto ore e qualsiasi rumore di sottofondo è fastidioso.
"Merda!"
"Cosa c’è adesso?"
"Avevo completamente dimenticato di aver prenotato il
noleggio dell’auto. I miei pensano ancora che torni domani,
ricordi? silenzio-macchina-sorpresa.
Non avevo previsto la sbronza però"
"Dai ti accompagnano i miei a casa, non preoccuparti"
La mia amica mi regala un sorriso scemo degno di chi ha
tagliato i fili per i collegamenti col mondo esterno.
"Pronto!? Caroline, il noleggio di quell’auto mi
è costato 180$, la guiderò dovessi perdere un
arto adesso"
"Ma non puoi guidare in questo stato!"
La sua voce è stridula e fastidiosamente
autoritaria.
"Posso. Reggo l’alcool meglio di quanto pensi,
principessa" dico non troppo convinta delle mie parole.
Sta per ribattere ma una voce la chiama per poi
raggiungerci velocemente e non con poca fatica Caroline si
fionda finalmente tra le braccia della sua mamma.
"Caroline, tesoro mio mi sei mancata da morire"
La signora Forbes stringe la figlia storcendo un
po’ il naso, probabilmente i litri di profumo che Caroline ha
addosso non riescono a coprire quell’odore forte e pungente
della vodka mista al martini.
"Sicure di stare bene voi due?"
Dannazione, il suo istinto da sceriffo di piccola cittadina
non sbaglia un colpo, Caroline avvampa ed io abbozzo una scusa idiota.
Classico.
"Tutto apposto sceriffo Forbes. Siamo solo un po’
stanche, una bella dormita ci rimetterà in sesto
completamente, vero Care?"
La mia amica mi asseconda quasi fosse in trance e vorrei
prenderla a sberle per farle spiccicare almeno una parola. E’
la figlia di una poliziotta, dannazione.
Dissumulare dovrebbe essere la sua parola d’ordine.
"Vi porto a casa, su"
Spiego velocemente alla mamma di Caroline la storia del
noleggio e prego che non insista, non avrei la forza di battermi
verbalmente con un mastino come lo sceriffo Forbes, per mia fortuna,
seppur scettica e poco convinta, riesco a sgattaiolare via da lei
promettendo alla biondina di chiamarla non appena arrivata a casa.
Per allora sarà già in fase REM dopo aver
dimenticato gli ultimi due giorni della sua vita ma d’altra
parte anch’io, se riesco ad arrivare sana e salva.
Dopo una lunga fila ai parcheggi ed
un male ai piedi da imprecazioni, guido annoiata sulla statale 25 che
collega Atlanta a Mystic Falls, sono le due del pomeriggio di un caldo
sabato di inizio estate e la strada è deserta.
Canto a squarciagola per tenere la mente occupata
l’ultimo singolo dei Maroon 5 tamburellando le dita sullo
sterzo travolta dalla piacevole sensazione di possedere il mondo, o
almeno parte di esso.
Solo io, la strada e l’orizzonte….
E una ruota a terra.
Lo scoppio che invade le orecchie qualche minuto dopo
essermi autoincoronata padrona dell’emisfero terrestre la
dice lunga sulla mia evanescente stella fortunata.
Accosto imprecando di nuovo e scendo da quel rottame che ho
pagato una fortuna.
Non ho la benchè minima idea di come si cambi
una ruota. Sono sola in mezzo al nulla e il mio cellulare è
morto da ore.
Bene Elena, nella migliore delle ipotesi rimarrai qui a
marcire per giorni in compagnia delle palle di fieno che rotolano
sull’asfalto caldo della Georgia. Sei un’idiota.
Mi perdo tra i mille insulti rivolti a me stessa, poggiata
al cofano anteriore del rottame con la testa tra le mani nel tentativo
di pensare a qualcosa di geniale, ma a distrarmi il rumore distante di
una macchina in marcia che si avvicina a me mi regala quel briciolo di
speranza perduto.
Comincio a saltare agitando le braccia come una naufraga su
un isola deserta, quell’auto è la mia nave
nell’oscurità, cavolo ho solo voglia di tornare a
casa.
"Una fanciulla in difficoltà,eh?"
La macchina si ferma sul ciglio della strada, i finestrini
sono già abbassati ed il tizio al volante ha una voce
profonda e calda come l’aria qui fuori.
Indossa un paio di rayban che alza sulla testa rivelando gli
occhi più blu che abbia visto in vita mia.
E’ l’essere umano di sesso maschile più
bello che abbia visto in vita mia.
Deglutisco in modo meccanico osservando quel viso perfetto illuminato
dai raggi del sole pomeridiano, i giochi di luce riflessi dai suoi
occhi e la mascella contratta che disegna un viso dai tratti delicati e
virili.
Curva le labbra in un sorriso storto squadrandomi da capo a
piedi per poi gettare un’occhiata distratta alla mia auto,
cioè a quel rottame che ho noleggiato.
"Ho bucato. Grazie per esserti fermato, non è che
potresti…"
Indico la ruota posteriore con lo sguardo e quel tizio
dagli occhi profondi ed enigmatici ride di me.
"E’ così divertente?" dico stizzita,
sudaticcia e già stanca di lui.
"Non penserai mica che mi sporchi le mani per una
sconosciuta in mezzo al nulla. Posso darti un passaggio se vuoi ma io
la gomma non la cambio, ragazzina"
Stupido idiota presuntuoso. Ho già voglia di
prenderlo a calci.
"Ok. Ciao imbecille."
Mi volto e lo sento ridere di nuovo. Dio, quella risata mi
da i nervi.
"Stai rifiutando la mia offerta di un passaggio, ragazzina?"
"Per quanto ne so potresti essere un maniaco serial killer
germofobico. Non salgo in macchina con te. Imbecille."
Rimarco l’ultima parola ma si affretta subito a
smorzare il senso di soddisfazione che mi da insultarlo.
"Fa come vuoi, buona fortuna ragazzina."
Mette in moto e sfreccia alla velocità della
luce alzando una nuvola di polvere che mi investe completamente.
Stupido. Imbecille. Bellissimo. Imbecille.
Ok, smettila Elena. Prova a cambiare questa maledetta gomma e a far
ripartire questa dannata auto.
Se solo potessi consultare il dott. Internet dal mio
cellulare, maledizione ho bisogno di una guida.
Ho voglia di urlare e lanciare qualcosa qui in mezzo al
nulla, ho fame, ho sonno e devo fare una doccia.
Ci sono 38° qui fuori.
Mordendomi il labbro dalla disperazione decido di prendere
la ruota di scorta dal bagagliaio ma il rumore di un motore e una
macchina che procede in retro marcia verso di me mi fa strabuzzare gli
occhi.
Quel tizio è di nuovo qui, cavolo. Che sia
davvero un maniaco?
"Te lo chiederò per l’ultima volta
ragazzina, sali in macchina. Ti do un passaggio"
"La smetti di chiamarmi ragazzina, imbecille? Mi chiamo Elena.-
"Ed io mi chiamo Damon.
Imbecille. Sali in macchina."
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