Titolo del capitolo: Age
of Gods
Personaggi: Olanda
/ Arthur Kirkland { Inghilterra } / Danimarca
Rating:
Arancione
Note dell'autore:
Storico / One-shot / Introspettivo
Disclaimer:
Personaggi, luoghi e abitudini sono di proprietà del
mangaka; lo scritto e le situazioni sono di mia proprietà.
.Age of Gods.
Una terra scura e ondulata, l'orizzonte vuoto e pieno di sfarfallii
neri, di voli di corvo e respiri di morti, picchiettata da tante,
troppe, tende.
Bianche, sporche di terra, di fango e di cenere, le costruzioni di tela
utili a far dormire i soldati su qualcosa di diverso dai loro stessi
morti sembravano pustole su un corpo ormai in decomposizione; i
vessilli non contavano nulla, nel vento freddo dell'ora che precede
l'alba.
Erano tre, diversi schieramenti votati alla medesima causa, dai colori
che si fondevano nella luce del sole nato già morto; due
croci su campi diversi. Croce rossa in campo bianco e croce bianca in
campo rosso, le ossa e il sangue di Nazioni potenti ed orgogliose,
grandi e troppo folli per poter rendersi conto del declino di tutti, e
un tricolore silenzioso, la bandiera del Principe. Erano i colori di
una casata acerba, così come acerbi erano gli uomini.
Oh, quanti: troppi in verità! Correvano sulla carcassa della
terra di Germania come tanti piccoli insetti, pronti a prendersi la
loro fetta di carcassa per poi tornare nel loro nido, per rosicchiarla.
Uomini inglesi, dagli sgargianti colori e l'odore di mare e di fumo
impressi nei capelli stopposi, nelle giacche, negli stivali di cuoio
rovinato e mangiato dalla salsedine; uomini danesi, alti e fieri,
chiusi nelle loro pellicce e nelle loro armi truculente, dai capelli
chiari e gli occhi color del cielo, capaci di guardare chiunque
dall'alto in basso; uomini olandesi, cannonieri, che spostavano gli
affusti su grandi ruote di legno e di ferro, uomini incapaci di
riconoscere la rassegnazione alla Morte neppure se essa fosse venuta a
bussare loro sulla schiena.
Brulicavano, tutti affaccendati nei loro compiti prefissati e sempre
uguali, attorno a quella che senza dubbio era la tenda più
grande, più ricca, più sporca di tutte le altre
benché fosse costruita sopra una predella di legno
livellato, in modo da evitare che il fango e la morchia, sangue ed
escrementi, arrivassero ad intaccarne anche solo il bordo.
Voci si agitavano nella tenda, colpi sferrati contro qualcosa di duro,
improperi in una lingua secca e tagliente accompagnati dalla
canzonatura di un inglese decisamente stufo della voce altrui.
Erano tre, seduti ognuno su una sedia diversa, una pergamena pesante e
fresca di inchiostro nero che copriva metà del tavolo ligneo
attorno a cui le sedie erano composte: nessuno dava le spalle
all'entrata. Di fronte ad essa, il viso rivolto verso lo spacco che
lasciava passare l'aria, sedeva il pirata, il bucaniere, il mercante
Arthur Kirland. Era vestito di verde smeraldo, perle al collo e anelli
d'oro alle dita; sul tricorno smussato e rovinato dalle intemperie
brillavano penne di uccelli esotici, ori preziosi e odori di terre
lontane. Gli stivali tenevano le gambe larghe su una sedia troppo
scomoda, la mano destra ben piantata sulla cartina che occupava l'altra
metà del tavolo. Una cartina del cuore dell'Europa, con la
Germania nel mezzo o, almeno, quello che ne rimaneva. Non
più molto.
Gli occhi verdi dell'inglese squadrarono gli altri due componenti di
quel concilio assai ristretto. Biondi entrambi, ma di chiare e distinte
vedute; Danimarca cercava di far prevalere la sua volontà di
attaccare immediatamente, con gli occhi azzurri carichi di follia e di
voglia di mettersi alla prova, il petto che si alzava e si abbassava
frenetico sotto un farsetto color del sangue più rosso.
L'altro, Olanda, era semplicemente seduto a gambe accavallate, una
lunga giacca nera da cui pendeva un mantello grigio come la tempesta e
l'espressione più neutra che vi potesse essere al momento.
Da quanto tempo discutevano, chiusi in quella tenda, refrigerati solo
da boccali di vino rosso e inacidito, dal sapore di polvere? E su cosa,
poi? Nessun soldato poteva immaginarlo, pochi di loro sapevano chi
veramente si nascondesse tra quei teli. Non che importasse, molto
più alti erano i loro obbiettivi, una luce diversa brillava
nei loro occhi; un'alleanza distorta, basata sull'economia, sugli
accordi stipulati alle luci delle candele in notti di sangue, dove si
riunivano le maggiori potenze dell'epoca pronte a fare atto di forza
contro tutto il mondo cattolico. Ma erano pronti davvero a compiere il
passo oltre il confine del possibile e del consentito? Domanda infame,
traditrice, terribile!
« Ci daranno addosso. »
Prima di qualsiasi intervento da parte della potenza inglese, furono le
Province Unite a prendere la parola. Le labbra sottili si schiusero
solo per un attimo, la voce che ne fuoriuscì era chiara,
stentorea, profonda per una gola così giovane. Ma aveva
ragione. Nessuno avrebbe atteso che fossero loro a fare la prima mossa,
meno che meno l'Impero. Le trame ordite dall'austriaco non erano ancora
giunte in superficie, perché avrebbero dovuto attendere? Non
faceva veramente parte di quella guerra, lui. Una Nazione troppo
giovane, ancora impelagata in una guerriglia lunga secoli contro una
potenza alleata di colui che andavano combattendo; l'alleanza era stata
stipulata, con l'inchiostro che andava asciugandosi sulla pergamena
pesante, per un futuro di speranza il più prossimo
possibile. Spartirsi il mondo, gettare la mano sull'Oriente al fianco
della maggior potenza navale del mondo, essere protetto, poter crescere
e infine schiacciare quegli alleati di un minuto. E per far
sì che ciò avvenisse, quell'alleanza doveva
funzionare. Lesse la medesima cosa negli occhi verdi dell'inglese,
così radicato nella propria potenza, così fiero,
così forte. Così antico.
Ma i suoi non erano gli unici occhi a bramare ciò che la
sconfitta dell'Impero avrebbe portato, perché due immoti e
lugubri stagni verdi riuscivano a vedere quello che Olanda aveva
già immagazzinato e immaginato, spaziando su vedute che lo
avrebbero portato sulla cima del mondo. Le dita inanellate si uniscono
all'altezza del naso, impegnato a fiutare come un cane tutto
ciò che gli è davanti alla stregua di portate di
un banchetto. Riflette, Inghilterra, alla quantità di sangue
da versare, a cosa ogni morto gli farà guadagnare in una
guerra che pare infinita, eterna. Riderebbe, forse il suono che si ode
nella tenda è proprio la sua risata, nervosa e pacata al
tempo stesso. I tacchi degli alti stivali neri risuonarono contro la
sedia malamente spostata, il vento lasciava mollemente agitare le piume
colorate e le essenze che portava addosso quasi meglio degli abiti con
cui amava coprirsi il corpo. I profumi scivolarono e avvolsero le
membra degli alleati, i cui corpi nordici così massicci e
così simili parevano brillare nella luce cupa di una sera
che andava raggiungendoli, con mani nere e rapaci.
Li voleva, è vero, solo per sfruttarne la potenza che forse
un giorno avrebbe potuto persino rivaleggiare con la propria.
Pericolosi, Olanda e Danimarca, abbastanza da mettere sotto scacco il
re del mare.
« Non lo vedete anche voi? »
E' arrocchita dal fumo la voce dell'inglese, ma suadente come quella di
una giovane vergine. Parla di vittorie in un discorso che il danese
ascolta solo per metà, gli occhi azzurri e ghiacciati
già persi in una visione dell'oltre, in un regno sconfinato,
nella vittoria personale prima e della propria armata poi. Il respiro
del vento tra i capelli, sguardi di invidia e di ammirazione, tutti su
di lui, solo per lui! Al centro della vittoria che, sì,
sarebbe stata da dividere ma la gloria sarebbe appartenuta solo a lui,
come la terra. Finalmente si sarebbe eretto, avrebbe vendicato affronti
lontani, perdite ancora fresche come piaghe suppurate e i corvi
avrebbero banchettato con i resti dell'orgoglio del Leone,
sì!
Quale magnifico, inaspettato regalo; per questo forse si alza in piedi,
svettando su colui che ancora siede, le tempie che bruciano e un
sorriso storto, smarrito. Dovrebbe forse fare paura? I soldati
nell'accampamento sanno che cosa gli aspetta eppure non ne hanno, di
quella emozione strisciante e maligna, puzzolente al pari di una cloaca
aperta. Intrighi politici, potevano divertirsi gli altri. Ne aveva
avuto abbastanza, questo dicevano le sue dita strette nei guanti di
pelle conciata, questo comunicava il suo corpo teso nell'abbandonare la
pergamena che già ha perso importanza ai suoi occhi. Il
drappo bianco sbatte contro le gambe, l'estremità superiore
chiusa nella destra.
Guarda oltre. Oltre la linea dell'orizzonte, oltre le migliaia di
uomini pronti ad insudiciare la terra di morti ancora, e vede. Vede
un'illusione di grandezza così destabilizzante da farlo
ridere, gli stivali ora nella morchia del campo. Non si preoccupa di
sporcarsi, troppo sangue dovrà bere e trapassare la sua
pelle prima che lo sporco attecchisca sulla pelle diafana.
Improbabili alleati, con visioni diverse del mondo e diverse armate
pronte a conquistare questa terra. Navi possenti, galee temibili,
pirati e corsari sanguinari; cannoni come mai la terra ne ha visti,
fanti disciplinati, armi pesanti e guerrieri leggeri come ombre;
cavalleria, picchieri, rosso del sangue e bianco delle ossa.
Tanti, troppi cacciatori per un'aquila a due teste.
Corvi stridevano nel cielo.
« Vedo la morte. » Il più giovane
alzò il mento forte verso il cielo, nuvole stracciate e
stelle flebili come respiri dell'agonia. In cosa stavano andando ad
infilarsi, quale sarebbe stato il loro futuro, ora?
Un rombo di cannone, due, tre, una batteria.
« Arrivano. »
.Fine.
___________________________________________________________________________________________
Questa storia è stato un vero parto.
Note storiche: il periodo è quello della fase danese della
Guerra dei Trent'anni, in cui Province Unite, Inghilterra e Danimarca
si alleano
al fine di distruggere gli Asburgo di Spagna -con cui Paesi Bassi e
Inghilterra sono sempre stati nemici-
e gli Asburgo di Austria - di cui la Danimarca desiderava la Germania-;
vi è stata anche un'alleanza di tipo commerciale e politico
tra i Paesi Bassi e l'Inghilterra, che sfocerà poi nel
dominio congiunto delle rotte commerciali di mezzo globo.
|