Dunque, dunque… Prima di tutto salve a tutti! E’ da un po’
che non pubblico qualche storia e insolitamente (soprattutto per chi
bene o male legge le mie fic) torno con una Ron/ Hermione. La mia prima vera e
propria fanfiction Ron/Hermione (non calcolando le drabble). Non so se sia
uscita una cosa che alla fine può risultare “bella”, sicuramente è frutto di un
momento di depressione (uno dei non pochi) e spero non sia così assurda o senza
significato.
Questa flash riprende una breve scena e una altrettanto
breve decisone, consapevolezza… Nulla che ha a che fare con il settimo
libro. Spero che nel suo piccolo possa trasmettere qualcosa e che possa
risultare essere una fanfiction autonoma e capibile. Buona lettura ^^
Non credevo sarebbe stato così difficile, ma neppure così
semplice.
Era impossibile concepire l’idea che non ci fosse più, che
quel corpo stretto sotto il suo stava divenendo freddo, per non scaldarsi
un’altra volta. Che i suoi occhi non si sarebbero più riaperti, che le sue
labbra non le avrebbero più sorriso, o che non l’avrebbero più baciata.
Era lì a piangere , su una strada, tra tanta gente che non poteva
che guardarla e aspettare un inutile soccorso.
Non sarebbe servita l’ambulanza che sentiva arrivare a
sirene spiegate. Nulla avrebbe potuto fare la polizia contro quei “criminali”.
Nessuna di quelle persone che borbottavano di una rapina avrebbe mai saputo
cosa in realtà fosse successo.
Piegata su sé stessa non sentiva neppure il dolore della
caviglia schiacciata dal suo stesso peso. Non sentiva il graffiare dell’asfalto
sulle sue ginocchia, il dolore che la posizione scomoda le procurava alla
schiena, allo stomaco che sobbalzava violentemente a ciascun incontrollabile
singhiozzo. La sua mente era lontana da tutto quello, in una dimensione in cui
ascoltava solo le sue lacrime e il suo dolore. Gli occhi chiusi e una verità da
accettare, impossibile farlo senza sentirsi spezzare, morire… Eppure questo non
accadeva, perché per quanto lo desiderasse il dolore non cessava, la mente non
si spegneva e il respiro non si fermava. Solo si spezzava.
Non capì molto di quello che successe nei dieci minuti a
seguire. Sapeva solo esserci Tonks che, ferma ad ammirare una vetrina non più
lontana di un paio di metri da loro (in quello che doveva essere un pomeriggio
di serenità) aveva assistito alla scena. Poi arrivò Lupin, Moody o forse Arthur
Weasley, fatto sta che qualcuno allontanò la folla, confuse i poliziotti e li
portò via.
L’ultima cosa che avvertì fu la famigliare sensazione di
essere risucchiata. Poi finalmente il buio.
***
Immersa in un sonno senza sogni piano a piano riprendeva
conoscenza. Giungevano alle sue orecchie rumori ovattati, rumori che
propriamente tali non erano, perché erano voci in realtà. Voci basse, tristi,
prive di vita.
“Quattro, erano quattro… Non ho potuto fare nulla, sono
stati troppo veloci… Un secondo dopo si erano già smaterializzati...”
“Non te ne devi fare una colpa Ninphadora, nessuno avrebbe
potuto fare niente.”
“Abbiamo sbagliato Remus, siamo stati incoscienti. Non era
prudente uscire così, senza protezione, era troppo presto… e lo sapevamo, noi
lo sapevamo!”
“Sapevamo anche quanto fosse penoso per loro rimanere chiusi
in una casa per giorni e giorni, settimane… Lo sai che se non avessimo dato loro
il permesso sarebbero andati comunque.”
“Volevano solo fare una passeggiata, a Londra, per negozi
come una normale… coppietta…”
“E i Mangiamorte si son voluti vendicare di chi con Harry
Potter ha ucciso il loro Signore…”
“Poteva rischiare molto anche Hermione… Almeno Harry è
rimasto a casa…”
Le parole di Remus e Tonks sulla porta, i singhiozzi della
signora Weasley che giungevano dal corridoio...
Ancora con gli occhi chiusi immaginò il suo viso, il suo
sorriso pochi attimi prima di andarsene, quando ormai sentiva la vita
scivolargli tra le dita. Il suo ultimo sorriso per dirle tante cose, per
rassicurarla, dirle che le voleva bene, forse che l’amava, che ormai non c’era
più nulla dar fare ma che era felice di vederla un’ultima volta.
Mentre gli occhi gli si inumidivano e una lacrima silenziosa
scendeva sul suo viso, capì che l’aveva perso.
Sono di quelle cose che non si possono spiegare, che non
hanno ragione di accadere in un momento anziché in un altro, che semplicemente
quando arrivano non c’è modo di cancellarle o di contestarle. Non poteva fare
nulla dinnanzi a quella realtà, questa volta quella vera, e non quella che si
raccontava piegata sul suo corpo appena qualche ora fa. Quando si ripeteva che
non era vero, che non era morto.
In quell'istante, appena aperti gli occhi, l’aveva accettato.
Semplicemente. E l’aveva fatto con serenità, per quanto questo potesse sembrare
assurdo. L’aveva fatto, senza se e senza ma.
Ron era morto, e non l’avrebbe più rivisto.
Non se ne sarebbe fatta mai una ragione e in quel momento il
fatto di averlo capito non voleva affatto dire che sarebbe stato facile,
tutt’altro. Era ora che arrivava la parte più difficile. Andare avanti,
continuare a vivere sapendo di lasciarsi alle spalle un pezzo della propria
anima, un pezzo che non sarebbe mai più tornato.
Si sedette sul letto, il viso ancora abbassato. Tonks si
avvicinò e la chiamò timorosa.
“Hermione…?”
Le strinse debolmente la mano e la guardò negli occhi.
“Come ti senti?”
Ci pensò un po’su e poi rispose, forse non alla sua domanda…
e probabilmente non aveva una logica quello che stava dicendo.
“Non credevo sarebbe stato così difficile, ma neppure
così semplice.”