Anime avverse

di CinziaPV
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Prologo
 
 
 
 
 
E quando l’odio incontrò l’amore, se ne invaghì.
Egli così spietato e arido non poteva amare.
No, non erano amore quello, solo una blanda parvenza.
Il desiderio di proteggerla, di appartenergli era solo un capriccio. L’ennesimo.
Eppure quando i suoi occhi incontrarono quelli di lei, seppe che avrebbe infranto le regole e la odiò per questo.
 
 
 
Wiltshire, Malfoy Manor
 
Un merlo dal piumaggio nero e brillante s’impennò appena alla vista di un gufo viaggiatore.
Il secondo portava una missiva urgente.
Non era atteso dal destinatario, il quale ribellandosi alle regole del buon senso, beveva del whiskey incendiario alle prime ore del mattino.
Aveva passato una notte insonne, fra pozioni e unguenti dal fetido effluvio e si disponeva per andare a dormire, quando il placido picchiettare a una delle vetrate centrali, lo riscosse dai suoi pensieri.
Con un cenno del capo, invitò l’elfo domestico ad aprire l’infisso.
Zodl, così si chiamava l’essere, gracile e malconcio, si mosse agile nella penombra della camera. Con uno strattone aprì il battente, il quale produsse un cigolio metallico.
A un visitatore esterno, la villa poteva apparire disabitata, tanto era lo stato di degrado nel quale vessava.
Di tanto in tanto qualche bambino si avvicinava curioso, immaginando che degli spettri si aggirassero fra le rovine, rivendicando il diritto di appartenenza su quelle spoglie.
Il sole raramente faceva capolino all’interno del maniero.
Il gufo, il quale in realtà era un grosso barbagianni, era giunto a destinazione diffidando di poter assolvere l’ingrato compito assegnatoli.
Aveva viaggiato per circa una settimana, strattonato a destra e a manca da ogni vociferare errato giungesse alle sue orecchie oblunghe.
Finalmente la finestra si aprì, ma quello che si affrettò a strappargli la lettera dagli artigli, fu niente poco di meno che un elfo domestico dall’aria tracotante e infastidita.
L’elfo tuttavia, sfiorò appena la missiva, che gli fu tolta sgarbatamente dalle mani da un Draco Malfoy notevolmente arrabbiato.
“SignorMalfoy“ recitava la missiva, quasi a prendersene burla.
Nessuno si rivolgeva a lui con epiteti simili, non volutamente almeno. Lo facevano gli elfi domestici perché lo temevano, e gli scagnozzi leccapiedi di suo padre, i quali non avevano ancora compreso che AZkaban era la fissa dimora di colui che l’aveva generato e consorte.
“Signor Malfoy” rilesse. “Con la presente la invitiamo a raggiungerci immediatamente a Hogwarts. ”
Arrotolò la lettera, che senza produrre alcun rumore s’incastrò fra le pieghe di un letto disfatto.
Non erano le donne la causa di tali turbamenti.
Nessuna trovava accoglienza fra le mura di Malfoy Manor. Il proprietario le scacciava malamente ancor prima che sorgesse il giorno.
Il marchio nero bruciava ancora, e nelle notti più scure desiderava strapparselo. Era quello il suo tormento… il segreto più inconfessabile.
Nessuna magia lo avrebbe fatto sparire. Gli avrebbe ricordato per sempre la sua malleabilità.
“A sedici anni puoi anche permetterti di sbagliare.” Le parole di Albus Silente bruciavano anch’esse, e lo facevano contorcere in preda agli più atroci dolori.
Neanche Blaise o Theodore Nott sapevano. I suoi migliori amici conoscevano la sua infamia, ma non ne immaginavano il tormento.
Non sapevano perché era impossibile smaterializzarsi a Malfoy Manor: avevano attribuito la cosa ad un incantesimo di protezione sul maniero.
Condanna.
Il ministro della magia Kingsley, lo aveva invalidato all’uso della magia all’interno della propria residenza, un tempo base di lord Voldemorth per un periodo di quattro anni.
“Draco Malfoy di stirpe purosangue” recitava la sola lettera che gli aveva lasciato suo nonno, fino a qualche anno addietro affissa ad una delle pareti come una laurea ad honorem. Adesso accartocciata insieme con altre cianfrusaglie.
Il sangue alla fine non aveva prevalso, e tutto quello cui aveva creduto era stato spazzato via da una cruenta guerra magica.
Voldemort era stato sconfitto dal trio dei miracoli, e di lui non restava che cenere.
Si distese sul letto, e senza proferire parola attese che il sonno sopraggiungesse.
Il gufo assicuratosi che la lettera fosse arrivata al diretto interessato, riprese il suo viaggio.
 
 
 
 
Lontano dallo Wiltshire, a miglia e miglia di distanza, sotto un’immensa cappa grigia, Londra si stava svegliando.
Charing Cross Road a quell’ora del mattino non era molto frequentata, e a parte il netturbino raramente scorgevi altri viandanti.   Per questo l’uomo issò lo sguardo, non appena qualcun altro s’immise nella sua visuale.
Dall’altra parte della strada Hermione Jane Granger stava rincasando. La conosceva da quando era piccolina, era sempre stata accorta e diligente, ma ultimamente rincasava a orari insoliti e a suo giudizio appariva diversa. Neanche l’uomo poteva spiegarsi in cosa consisteva tale diversità, poiché solo un esame attento e accurato l’avrebbe rivelato.
"Era stata lontano da casa per parecchi anni! Era ovvio che fosse cambiata" pensò scuotendo il capo.
Hermione incurante che l’uomo la stesse guardando, aprì con non poche difficoltà la porta di casa, e finalmente s’immerse nel tepore della sua abitazione.
Sul tavolo, presenziavano ancora i rimasugli di quella che doveva essere stata una scarsa cena, composta da insalata e pane integrale.
Qualche mese addietro a quell’ora, la casa sarebbe stata invasa dall’odore del caffè, mentre tazze e utensili domestici, avrebbero danzato rumorosamente a ricordarle la diversità che la caratterizzava.
Osservò per qualche secondo l’ambiente circostante, prima di dirigersi verso l’appendiabiti.
Una volta liberatasi dal cappotto, si diresse verso il bagno, e iniziò a riempire la vasca.
Aveva bisogno di un bagno, ma soprattutto di dimenticare.
Iniziò a spogliarsi, cercando di coordinare le idee.
Era dimagrita, ma non per questo appariva meno bella. I capelli lunghi e vaporosi, erano tornati ad essere ricci, e gli occhi, un tempo marroni, adesso erano di una gradazione simile al dorato.
Per un breve istante, si permise il lusso di guardarsi allo specchio. Non si riconosceva più.
Sui polsi portava ancora i lividi, di quella che poteva sembrare una violenza, e in diverse parti del suo corpo apparivano ecchimosi non troppo recenti, che comunque i vestiti riuscivano a mascherare. Non avrebbe saputo come spiegarle ai suoi genitori, per come non avrebbe saputo spiegare l’assenza di Ronald Weasley dalla sua vita.
Stava per immettersi nell’acqua, quando un leggero picchiettare a un battente la riscosse.
Come se la stanchezza l’avesse lasciata di colpo, indossò velocemente una vestaglia e si diresse a passo di carica verso la finestra. Sapeva già cosa vi avrebbe trovato, e la cosa non le dispiaceva per nulla.
Quando aprì il battente, l’aria gelida di una Londra ancora dormiente la investì.  Sorrise alla vista del grosso barbagianni, il primo vero sorriso dopo giorni a brancolare nell’apatia. Qualcosa di magico nella sua vita alla fine era rimasto.
 
 
 
Angolo autrice:
Questo è solo il prologo, e spero non sia stato deludente. Per adesso le cose sono confuse, ma presto avranno una logica.
La via in cui abita Hermione esiste per davvero, ed è caratterizzata dalla presenza di molte librerie. Ho pensato fosse molto attinente alla protagonista.
Non ho molto da dire essendo solo all’inizio, ma spero vi farete sentire in tanti, e che mi seguirete.
A presto
Tess
 
 
 
 
 
 




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