Autrice:
Soly Dea
Sezione: 8,
un nome per il bebé
Titolo: La
bambina del pesco
Tipologia: one-shot
Rating: verde
Personaggi principali: Naruto
Uzumaki, Sakura Haruno
Pairing: Naruto/Sakura
(Shikamaru/Ino e Sasuke/Hinata solo accennati)
Generi:
sentimentale, fluff, romantico
AU: no
Avvertimenti: nessuno
Introduzione: Sakura
è alla ricerca di un nome per la piccola futura Uzumaki.
Note
dell’autore: le parti in corsivo sono ricordi
di Sakura: quelli dell’infanzia sulla sinistra e quelli
dell’adolescenza sulla destra.
La
bambina del pesco
Sakura poggiò i gomiti sulla superficie liscia e fredda del
primo gradino, distribuendo il peso del corpo lungo il resto delle
scale e giungendo con i piedi sul ciglio della strada. Alzò
lo sguardo verso il cielo costellato da qualche nuvola
e chiuse gli occhi stanchi, in attesa che i raggi solari illuminassero
il suo volto e – perché no –
schiarissero anche le sue idee.
«Kushina è un bel nome».
La kunoichi storse il naso, sospirando.
«Non ti piace», comprese Naruto sollevando le
spalle.
Sakura riaprì gli occhi, fissando accigliata il marito.
«La mia
bambina avrà un nome unico e con un significato
particolare».
«È anche mia, quindi dico che Kushina sarebbe un
nome fantastico».
In tutta risposta, Naruto ricevette un’occhiataccia dalla
moglie che gli ricordò i vecchi tempi –
l’epoca del team 7. Tutto era cambiato: la Quarta Guerra
Ninja era stata vinta, Sasuke era tornato a Konoha per ricostruirsi una
vita, lui e Sakura si erano appena sposati e tra qualche mese sarebbe
arrivata la piccola Uzumaki di cui ancora non si sapeva il nome.
Ciò che era rimasto invariato era solamente il caratteraccio
di Sakura, reso ancora più irascibile e instabile dalla
gravidanza.
«Non ti facevo così tradizionalista»,
sussurrò lei sistemando una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Il biondo ridacchiò divertito.
«Ed io non ti facevo così pignola!
Chissà che razza di nome darai a nostra figl-».
Non fece in tempo a terminare la frase, che il pugno di Sakura
– forte e ben assestato nonostante il pancione limitasse i
suoi movimenti – si infranse contro la mascella di Naruto,
facendolo cadere dalle scale e rotolare in strada.
«Sakura-chaaaaan, mi hai fatto male!»,
urlò lui, alzandosi a fatica e massaggiandosi la guancia
dolorante. Sakura sorrise soddisfatta, mentre lui tornava sui gradini
dell’ingresso e si sedeva nuovamente accanto alla ragazza.
«Credevo che dopo il matrimonio non mi avresti più
picchiato».
«Beh, ti sbagliavi di grosso», affermò
lei incrociando le braccia al petto. «Ti picchierò
per tutta la vita, ogni qualvolta ce ne sarà
bisogno».
Naruto sorrise, per quanto il dolore alla guancia glielo permettesse,
poi passò un braccio intorno alla vita della ragazza e la
avvicinò a sé. «Ti adoro quando fai
così», disse con
tono provocante stampandole un bacio sul collo.
Sakura arrossì lievemente, un po’ per
l’imbarazzo e un po’ per la collera.
«Solo quando mi arrabbio?!», chiese accigliata.
Naruto sorrise. «No, sempre».
Il bacio che ne conseguì mise fine a qualsiasi dubbio.
«Potresti chiamarla Saki», propose Ino muovendo la
lunga chioma dorata.
Sakura inarcò un sopracciglio, scettica.
«La speranza
del fiore», ripetè atona.
«È carino».
La Yamanaka sorrise soddisfatta.
«Saki Uzumaki»,
pronunciò lentamente Sakura. «No, fa rima con il
cognome! Non va bene».
L’espressione trionfante di Ino si trasformò in
una smorfia di delusione.
«E allora come diavolo la vorresti chiamare questa
bambina?!».
Sakura rivolse un’occhiataccia all’amica, poi si
accarezzò il pancione con fare premuroso.
«Sono certa che, entro il giorno della nascita,
troverò un nome che le si addica».
Ino ridacchiò divertita.
«Un nome che
le si addica? Ma non sai com’è
fisicamente, né come sarà la sua
personalità! È impossibile capire quale nome sia
adatto ad una persona che nemmeno conosci».
Sakura scosse la testa, indignata.
«Tranquilla Ino-pig, so quello che faccio».
La bionda sollevò le spalle, in segno di resa. Lei non ne
avrebbe mai avuti di questi problemi: Shikamaru avrebbe certamente
scelto nomi geniali
per i loro futuri figli.
«Che ne dici di Asuka?».
Sakura sbuffò nuovamente, le braccia incrociate al petto e
la bocca contratta in una smorfia.
Nemmeno il nome che le aveva proposto Hinata la soddisfava.
«Il profumo
del domani», constatò Sasuke
inarcando le sopracciglia. «Non è affatto
male».
La Hyuuga accennò un sorriso, ma non arrossì e
nemmeno svenne: da quando aveva iniziato a frequentare Sasuke, la
ragazza era diventata più sicura di se sessa e la timidezza
era quasi del tutto scomparsa. Si ripresentava solo in rare occasioni,
per esempio quando l’Uchiha le rivolgeva un complimento
inaspettato. Anni prima, Sakura si sarebbe arrabbiata a vederli
così affiatati; ora si limitava a fissarli con un sorriso e
a chiedersi cosa stesse facendo Naruto in quel preciso momento.
«A te piace, Sakura?».
La kunoichi arricciò le labbra. «Non
male».
Hinata abbandonò le braccia lungo i fianchi, non sapendo
più cosa inventarsi.
Sakura camminava per le strade di Konoha, sfiorando con le mani il
pancione alla ricerca di qualche indizio. Mancavano solo un paio di
mesi alla nascita della sua bambina, ma lei non aveva ancora trovato il
nome adatto. Le sembravano tutti troppo semplici o troppo difficili,
troppo corti o troppo lunghi, troppo banali o troppo inusuali.
La mia bambina
avrà il nome perfetto, continuava a ripetersi
mentre osservava mamme che coccolavano i loro bimbi o ragazzini che
giocavano spensierati nei pressi del parco.
Si sedette su una panchina, guardandosi intorno con aria curiosa.
«Noooo!».
A quell’urlo, scattò in piedi e si
voltò immediatamente, per vedere da dove arrivasse la voce.
Tre bambini fissavano con aria afflitta un albero di pesco.
Incuriosita, si avvicinò al gruppo e mostrò un
sorriso amichevole.
«Cos’è successo, bambini? Non sapete che
è maleducazione urlare in quel modo?».
Il piccolo dai capelli biondi, impaurito, si nascose dietro
l’albero.
Quello con i capelli neri sbuffò e infilò le mani
nelle tasche, irritato.
Solo la femminuccia ebbe il coraggio di rispondere e a Sakura
sembrò di conoscere già quel gruppetto di
bambini. Erano simili a loro:
il team 7.
«Ci scusi, signora. La nostra palla è andata tra i
rami dell’albero...».
Sakura accarezzò la testa della bambina.
«Ci penso io».
Si allontanò di poco dall’albero, posizionandosi
in direzione del tronco. Se l’avesse vista Naruto in quel
momento, l’avrebbe rimproverata e portata a casa.
Al diavolo! Ce la posso
fare, sono solo incinta..., si disse prendendo un respiro
profondo. Uno, due e...
tre!
Corse verso l’albero e si arrampicò lungo il
tronco, sfruttando solamente il chakra confluito verso i piedi.
Ricordò immediatamente la prima volta in cui aveva svolto
quell’esercizio e un sorriso increspò le sue
labbra, dandole la forza necessaria per risalire tutto il tronco.
Arrivata in cima, si appoggiò ad un ramo per riprendere
fiato e poi trovò la palla, mandandola giù per
terra. «Grazie signora!», le rispose gentilmente la
bimba.
Sakura, dall’alto dell’albero, le fece un cenno con
la testa e poi si apprestò a scendere.
Un rumore inaspettato la fece bloccare. Era il suo stomaco.
Guardò l’orologio sul polso e si accorse che era
quasi ora di pranzo.
Naruto
arriverà a casa tra poco, devo sbrigarmi!,
pensò incespicando tra i rami per trovare il percorso
più semplice da prendere per arrivare ai piedi
dell’albero.
Poggiò, per sbaglio, la mano su una pesca. Il suo stomaco
continuava a brontolare e il frutto era talmente bello e invitante che
sarebbe stato impossibile resistere.
Si guardò intorno con aria furtiva, volendo verificare che
non ci fosse nessuno a spiarla.
Poi estrasse dalla borsa un kunai e staccò la pesca dal
ramo, cominciando a sbucciarla.
Mentre faceva scorrere la lama attraverso la buccia, la sua mente
tornò inevitabilmente all’argomento
“nome unico e speciale per la piccola Uzumaki”.
Forse Ino aveva ragione: era impossibile capire quale fosse il nome
adatto per una persona che non conosceva nemmeno.
Non sapeva se avrebbe avuto gli occhi verdi o azzurri, i capelli biondi
o rosa confetto, un carattere timido o una personalità
forte. E se avesse preso dalla madre di Naruto? In quel caso
l’avrebbero davvero chiamata Kushina?
Persa com’era nei suoi pensieri, non si era accorta di aver
terminato di sbucciare il frutto.
Prese la buccia da un’estremità e la
fissò con fare perplesso.
Era di colore arancione con varie macchie rosa disomogenee.
Arancione come Naruto, rosa come lei. Sorrise a quel pensiero un
po’ infantile e sdolcinato.
«Sakura-chan,
tu mi piaci davvero tanto».
La ragazzina dai capelli
rosa sbuffò con fare irritato.
«Me
l’hai già detto».
«Lo so, ma
volevo solo ricordartelo».
Sakura
sospirò, giocherellando con qualche ciocca di capelli.
«Sono
innamorata di Sasuke-kun».
Naruto aveva fallito
ancora una volta. Abbassò lo sguardo, deluso.
«Ma io non ti
piaccio nemmeno un pochino?».
«Naruto,
smettila! Perché non ti guardi intorno?! Hinata morirebbe
per te!».
Il biondino
corrugò la fronte, scettico.
«Cosa
c’entra Hinata?».
«Sei il solito
idiota».
«Vado a cena con
Hinata».
Sakura
deglutì a vuoto, sforzandosi di indurire lo sguardo.
«Cosa
vuoi che me ne importi?!».
«Era
solo per dire».
Naruto
cercava di sistemarsi il colletto della camicia.
«Baka,
sei un disastro! Lascia fare a me».
Sakura
gli si avvicinò lentamente.
Le
mani sfiorarono incerte il collo di Naruto.
«Sei
sicura di saperlo fare?».
La
kunoichi lo fulminò con lo sguardo.
«Stai
tremando».
«Non
è vero».
Naruto
si scostò, perplesso.
Un’ultima
passata ai capelli e poi uscì di casa.
«Naruto!».
«Mh?».
«Non
ti ho sistemato il colletto».
Questa
volta non furono le mani di Sakura a sfiorare il collo di Naruto.
Furono
le loro labbra a sfiorarsi.
«Non
andare da lei».
«Non
avevo intenzione di andarci, Sakura-chan...».
Un
altro bacio, poi un altro e un altro ancora.
«...ma
fingere è servito a qualcosa».
Sorrise a quei ricordi.
Ce ne aveva messo di tempo per capire chi amasse veramente! Ma, alla
fine, ne era valsa la pena.
Buttò la buccia della pesca giù
dall’albero e addentò l’interno del
frutto, morbido e succoso.
Continuava a pensare a come si fossero evoluti i suoi sentimenti nei
confronti di Naruto, girando e rigirando la pesca tra le mani, quando
notò che il colore della polpa – giallo oro
– le ricordava una certa Yamanaka.
«Da
ora siamo rivali».
Ino
sgranò gli occhi, abbandonando le braccia lungo i fianchi.
«E
sappi che Sasuke-kun sarà mio».
La
bionda sentiva già gli occhi umidi, nonostante fosse una
ragazzina forte.
Avrebbe
voluto urlare, piangere, supplicare Sakura di cambiare idea.
Non le
importava poi tanto di Sasuke-kun, la sua era una semplice cotta.
Ciò
che le stava davvero a cuore era l’amicizia di Sakura.
Ma ormai
lei aveva deciso, ormai non poteva fare più niente.
«No,
sarà mio Sasuke-kun!», urlò cercando di
sembrare il più convincente possibile.
E da
lì ebbe inizio una lunga sfida, fatta di bugie e di scuse.
Ino
contro Sakura e Sakura contro Ino.
Per
Sasuke? Forse. O forse no.
«Sto
con Shikamaru».
Sakura
sorrise appena.
«Lo
immaginavo».
«Ora
hai campo libero con Sasuke-kun».
Una
risata cristallina rimbombò tra le pareti del negozio di
fiori.
«Credi
che io sia ancora innamorata di lui?».
Ino
ridacchiò, accarezzandosi la lunga chioma dorata.
«Non
lo sei mai stata. Non lo siamo mai state, Sakura».
Il suo
tono di voce era basso, la sua espressione seria.
Poi una
folata di vento.
Un
ragazzo tanto pigro quanto geniale sulla soglia della porta.
«È
arrivato! Ci vediamo, fronte-spaziosa!».
Sakura
mosse la mano in segno di saluto.
«Tu
non dovevi andare da Naruto?».
«No».
«E
invece devi andarci, prima che sia troppo tardi».
Sakura
la fissò perplessa, vedendola allontanarsi con Shikamaru.
Forse
Ino era impazzita. O forse no.
Non aveva compreso subito il senso di quelle parole, ma Ino era stata
fondamentale per fare chiarezza tra i suoi sentimenti. Finalmente, dopo
tanto tempo, erano tornate amiche.
Nel rievocare i vecchi ricordi, Sakura aveva terminato di mangiare la
pesca.
Ovviamente non si era saziata, ma ormai era ora di pranzo e lei doveva
tornare a casa.
Scese dall’albero con un po’ di fatica e, quando
toccò con i piedi per terra, si accorse che il parco era
deserto. Il caldo che avvertì non appena uscì
allo scoperto, la costrinse a tornare indietro e godersi ancora un
po’ il fresco all’ombra dell’albero.
Poggiò una mano sul tronco del pesco, respirando a pieni
polmoni.
La ritrasse subito dopo: la corteccia era ruvida e spinosa.
Ruvida e spinosa come... lui.
«S-Sasuke-kun...?».
L’Uchiha non
stette ad ascoltarla, intento a manovrare kunai e shuriken.
«Sasuke-kun...
io mi chiedevo se... se ti andasse di venire con me
all’Ichiraku!».
L’espressione
di Sasuke non fece una piega.
«Non ho
fame».
Sakura non si diede per
vinta, fingendo un sorriso.
«Allora
potremmo fare qualche altra cosa... insieme».
L’Uchiha
scosse la testa.
«Devo
allenarmi».
«E allora
quando possiam-».
«Sakura, sei
noiosa».
La ragazzina
abbassò lo sguardo, delusa.
«Chiedi a
Naruto, lui verrà senz’altro».
«È
noioso».
Sasuke sorrise appena.
«Perfetto per
te».
Le lacrime
scorrevano lungo il viso stanco e ferito di Sakura.
Le gambe
minacciavano di cedere, il cuore di scoppiare.
La
guerra era finita ed ora veniva la parte peggiore.
E se uno
dei due fosse morto?
Corse
con tutta la forza che le rimaneva in corpo.
«Sasuke-kun!»
Era
ferito, ma si reggeva ancora in piedi.
«Vieni,
ti curo io».
Ma
Sasuke si ritrasse.
«Naruto
ha bisogno di te, vai da lui».
Sakura
scosse la testa, piangendo.
«Ma
tu sei ferito gravemente!».
«Naruto
morirà, se non lo raggiungi subito».
Il cuore
della ragazza perse un battito.
«Grazie»,
rispose semplicemente.
Sasuke
accennò un sorriso e le fece segno di andarsene.
Se non ci fosse stato Sasuke a dirle di raggiungere Naruto,
probabilmente lui non ce l’avrebbe fatta.
Invece ora erano sposati e stavano per avere una bambina.
In quel momento, Sakura si rese conto che sua figlia era il frutto di
un intreccio di legami.
Non era solo merito di lei e di Naruto se, di lì a poco
tempo, sarebbe nata una nuova piccola Uzumaki. L’amicizia di
Ino, la cotta passeggera per Sasuke e l’amore per Naruto
avevano contribuito tutti, nello stesso modo, al concepimento di quella
bambina.
E non solo: tutti i suoi amici e i suoi maestri avevano, in qualche
modo, fatto sì che lei maturasse e fosse in grado di
prendersi cura di un’altra vita.
Il volto di Sakura si illuminò: aveva trovato il nome adatto
per sua figlia.
Due mesi dopo...
«Allora, come la chiamiamo questa bella bimba?».
Sakura sorrise, osservando quella tenera creaturina dai capelli biondi
che teneva tra le braccia.
Rivolse un’occhiata a Naruto che la guardava curioso e poi
guardò l’infermiera.
«Momoko».
«Momoko Uzumaki, ‘ttebayo!»,
ripetè Naruto entusiasta.
L’infermiera inarcò le sopracciglia, scettica.
«La bambina
del pesco?».
I genitori della piccola annuirono.
«È una lunga storia», rispose Sakura
accarezzando con delicatezza il frutto
dei suoi legami.
Sei anni dopo...
«Momoko, torna immediatamente qui!».
Una bambina dai lunghi capelli biondi e gli occhi verde smeraldo
correva in mezzo al parco, ignorando le urla della madre e gli sguardi
accigliati degli altri bambini.
«Devo salutare il mio albero!», rispose
innocentemente la piccola Uzumaki giungendo davanti ad un pesco e
arrampicandosi con facilità fino in cima. Sin dal primo
momento in cui l’aveva notato, Momoko aveva capito che
quell’albero le apparteneva.
La buccia delle pesche era arancione come la tuta del suo
papà e rosa come i capelli della sua mamma; la polpa era
color oro, come i capelli della bella signora che aveva il negozio di
fiori in centro e che si fermava spesso a parlare con sua madre; la
corteccia era ruvida e spinosa come il carattere di Sasuke,
l’amico di infanzia dei suoi genitori.
Ogni giorno, la bambina aveva a che fare con loro: i legami che avevano
instaurato i suoi genitori stavano lentamente diventando anche i suoi
legami.
Perché lei era Momoko,
la bambina del pesco.
E prima o poi, anche lei avrebbe trovato dei legami da tramandare alle
persone che amava.
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