Trenta ragioni

di Nellaria
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“La tua voce, quando canti mentre siamo in macchina.
  I tuoi occhi, nascosti da un sottile strato di vetro.
  Le tue labbra, buone da baciare.
  I tuoi capelli, che non vogliono saperne di abbandonare le mie mani.
  Il tuo profumo, a volte di fragola, a volte di borotalco.”
 
Mary si era fermata  in mezzo alla strada.
Da un po’ camminavano in silenzio, entrambe assorte nei propri pensieri. Una teneva le mani in tasca e giocherellava nervosamente con i fili degli auricolari, che stavano creando nodi sempre più fitti in quell’antro buio; l’altra si guardava le punte dei piedi, mentre la mente creava un disegno tutto suo.
Ad un tratto, però, Daphne aveva deciso di parlare. Ed ora Mary era in bilico sulla striscia bianca che divideva la strada in due.
Non aveva mai sopportato ciò che divideva qualcuno o qualcosa. Dunque allungò una mano verso la ragazza al suo fianco, portandola accanto a sé.
“Cosa stai dicendo? Di cosa stai parlando?”
 
“La tua finta erre moscia, che mi fa sempre sorridere.
  I tuoi occhiali, dimenticati nella mia auto innumerevoli volte.
  La tua chitarra, che ti rende solo più affascinante.
  Il tuo clarinetto, tuo fedele amico.
  La tua febbre, troppo spesso presente.”
 
Mary non aveva ancora chiaro l’intento della ragazza, ma non esitò a intrecciare le sue dita con le proprie.
Due anime che si scrutavano stavano danzando al centro della strada, sfiorandosi appena, trasparenti e vive.
Intorno a loro, il silenzio.
 
“La tua pelle, sempre liscia e morbida.
  Il tuo maglione nero.
  Il tuo giubbotto, troppo leggero per questo freddo tagliente.
  Le tue scarpe, i segni che hanno lasciato nelle mie stanze.
  I tuoi denti, sempre in agguato.
  Il tuo naso, fonte di scherzo e dolcezza.
  Il tuo sorriso, brillante e risanatore.
  La tua schiena, sempre vulnerabile.
  La tua spensieratezza, di cui dovresti farti vanto.
  La tua intelligenza, riguardo cui ho già speso infinite parole.”
 
Una goccia si schiantò al suolo, rompendosi in mille cocci.
Eccone un’altra, e un’altra ancora.
I due corpi si avvicinarono istintivamente, navigando nell’oceano. Le mani afferrarono il volto, le dita si intrecciarono a ciocche lunghe ed ondulate.
 
“La tua sincerità, semplicemente disarmante.
  Le tue paure velate.
  I tuoi sogni da bambina e da donna.
  La tua Australia speranzosa.
  La tua sensibilità, sorella per la vita.
  La tua timidezza, che è poi la tua forza.
  Il tuo amore, ambito premio di cuori inconsapevoli.
  La tua unicità.
  Le tue canzoni, la tua essenza.
  Il tuo cuore.”
 
Gli occhi si unirono in un lungo incontro, fatto di dibattiti, scelte e carezze.
“Ora mi vuoi spiegare il significato di tutto questo?”
Mary conosceva già la risposta, ma moriva dalla voglia di dissetarsi da quella fonte.
“Sono semplicemente trenta ragioni. Trenta ragioni per cui voglio stare con te. Trenta ragioni per cui voglio che continui ancora per molto.”
“Ancora per quanto?”
“Chi può dirlo? Fosse per me, direi per sempre.”




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