Corre a perdifiato lungo i vicoli di Damasco, in un turbinio confuso di
suoni e colori. E' tutto troppo veloce, quasi non riesce a stargli
dietro, eppure è lui che corre, lui che piega le ginocchia
prima di spiccare un balzo e aggrapparsi alla sporgenza più
vicina, procedendo ad arrampicarsi sul tetto, dove continua la fuga.
Sente parecchi passi alle sue spalle e sa che l'hanno seguito, si
guarda attorno: potrebbe continuare a correre, ma non vede nascondigli,
avrebbe solo richiamato altre guardie. Si ferma, inciampa per la
fretta, si rialza di scatto estraendo la spada e voltandosi appena in
tempo per parare il primo assalto dei suoi inseguitori. Li guarda
attraverso il cappuccio, scrutandoli con attenzione, anche se sa che
è inutile. Le guardie nell'Animus sono tutte uguali, tutte
stessa faccia, stessa voce, perfino stesse frasi...d'altronde sarebbe
stato assurdo pensare che Altair potesse ricordare ogni singola guardia
che aveva affrontato.
Oppure, pensò Desmond in un lampo di inquietante
illuminazione, questo era ormai il modo in cui il suo antenato le
vedeva.
L'ultimo nemico cadde a terra con la gola sgozzata, versando ancora
sangue sul terreno ormai zuppo.
" Grazie, grazie infinite!"
Nemmeno ascoltò il solito messaggio preregistrato
dell'abitante che aveva aiutato, impegnato com'era a fissare la
fanghiglia rossa ai suoi piedi. Fissò le guardie, le
contò lentamente. Cinque...otto...quattordici. Un altro
gruppo si era unito alla battaglia, ma uccidere anche loro non aveva
comportato il minimo problema con la sincronizzazione.
Tutto normale, pensò Desmond.
La notte era il momento peggiore. Nell'Animus non aveva molto tempo per
pensare, se cercava un pò di pace arrampicandosi fino ad un
punto di osservazione o anche semplicemente provava a gironzolare
più dello stretto necessario, si ritrovava Vidic con il
fiato sul collo.
" Sta ammirando il panorama, signor Miles?" chiedeva attraverso il
microfono, e Desmond riusciva praticamente a vederlo, lì in
piedi di fianco all'Animus, a bere il suo bravo caffè.
Ma la notte non aveva nulla a tenerlo occupato.
Si rigirò ancora una volta sul duro materasso, sapendo che
non sarebbe riuscito comunque a prendere sonno. Da quando aveva
iniziato le sessioni con l'Animus non riusciva a liberarsi da quelle
immagini, continuavano a tormentarlo, bruciate a fuoco nella sua mente.
Un uomo che portava la mano al petto a stringere il manico della lama
sottile che vi si era conficcata, un altro che cadeva trapassato da
parte a parte da una spada completamente tinta di rosso, due soldati
francesi che aveva ucciso quasi per sbaglio mentre fuggiva a cavallo,
investendoli nella sua frenetica fuga e sentire, tutto d'un
tratto, lo schianto orribile e inquietante degli zoccoli duri
contro le ossa...
Riuscì ad alzarsi e a correre in bagno appena in tempo:
vomitò quel poco che gli avevano dato per cena e rimase
lì fermo, ansante, aspettando che la nausea e il disgusto
passassero, anche se sapeva che non sarebbe accaduto. Non era successo
ieri notte e nemmeno quella prima, non sarebbe accaduto neanche oggi.
Tornò lentamente in camera e si sedette sul letto, il
respiro ancora affannoso, in bocca il sapore disgustoso della bile e
quello metallico del sangue. Deglutì più volte
cercando di liberarsene, senza successo.
" Smettila di comportarti da idiota." si disse, ad alta voce,
fregandosene se quelli dell'Abstergo potevano sentirlo. Che si
divertissero pure con il loro piccolo Grande Fratello.
" Non li hai uccisi tu. Quegli uomini sono morti da quasi mille anni,
cazzo!" aggiunse, a denti stretti, soffocando un pugno rabbioso nel
cuscino. Lo sapeva benissimo, eppure non poteva fare a meno di essere
arrabbiato con sè stesso.
Era fuggito da quella vita più di dieci anni prima, o almeno
ci aveva provato. Non ne aveva voluto sapere di seguire la via che suo
padre aveva tracciato per lui, la via dell'Assassino, ma evidentemente
non c'era modo di liberarsi dai suoi legami con il passato.
Non sapeva se chiamarlo destino o semplicemente sfiga, ma mentre si
rimetteva a letto e chiudeva gli occhi si rassegnò ad un
dato di fatto: avrebbe dovuto uccidere ancora, avrebbe fatto scorrere
fiumi di sangue, che fosse in una simulazione o nella vita reale non
aveva importanza, e non c'era nulla che potesse fare per opporsi.
Quella era la piega che aveva preso la sua vita.
Tanto valeva rassegnarsi. Tanto valeva farci l'abitudine.
Sì, Desmond mi piace davvero parecchio come personaggio, e non ho potuto fare a meno di pensare che le prime esperienze nell'Animus devono essere state piuttosto traumatizzanti. Ha vissuto condensato in poche ore ciò che ad Altair ha impiegato mesi. E' un bel pò di roba da mandar giù, per chi non ci è abituato. Grazie a tutti quelli che hanno deciso di leggere.
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