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Un
cupcake è meglio dell'amore
Lidia
aveva due motivi per essere al mondo: l'amore eterno e i dolci.
Il
secondo, fin troppo presente, era il tappo che soffocava le
delusioni, fin troppo ricorrenti, che provocava il primo. Non
poteva fare a meno di accoccolarsi in quel dolce abbraccio, si
sentiva sicura, un cupcake non l'avrebbe mai tradita e l'avrebbe
accettata per quello che era, era obbligato a farlo.
La
conclusione quindi era solo una, i cupcake erano meglio dell'amore,
per essere più precisi, meglio dei ragazzi stronzi.
Se
da quel punto di vista appunto gli si apriva un mondo da quello
sentimentale gli si chiudeva una porta in faccia, una serie
innumerevole di porte in realtà, la cui chiave scompariva
magicamente, non potevano più essere aperte, non da lei almeno.
Tutti
quei fallimenti erano accatastati all'interno di una cartellina
giallastra, senza nome o etichetta destinata a rimanere anonima.
Ormai
una donna non aveva più bisogno di una mano da afferrare nel buio,
perfino le principesse erano diventate capaci di salvarsi da sole. Se
l'uomo c'era bene, altrimenti evadevano dalla torre a modo loro.
Il
suo ultimo ragazzo l'aveva lasciata, come quelli precedenti, una
schiera di ex che avevano raggiunto una cifra fin troppo alta, era
giunto il momento di sciogliere i capelli e andare.
Fissò
la cartellina con sguardo di sfida. << A noi due! >>
Lidia
puntellò le mani sul tavolo, fece leva e si alzò piano con
decisione, come stesse fronteggiando l'antagonista della storia.
Era
la battaglia finale.
Afferrò
il contenitore impotente ignorando le immaginarie implorazioni di
pietà.
<<
È la tua fine! >>
Nessuna
pietà.
I
lamenti inesistenti cessarono, sopraffatti dal tonfo dei fogli sul
fondo del cestino, svuotato per l'occasione.
Era
libera.
Nella
sua mente la manovella della radio ruotò e la canzone dei Queen
cominciò a riempirgli la testa. “We are the champions!”
Chiunque
l'avesse vista dalla finestra avrebbe dubitato della sua sanità
mentale ma libertà aveva un sapore troppo bello a cui non potevano
essere messi limiti.
Il
ritmo nella sua testa la fece ballare per tutta la stanza, per la
prima volta piccola misurata dalle sue falcate da gamba corta.
Quasi
inciampò ma non interruppe la sua corsa lanciandosi verso il divano.
Afferrò un mal capitato cuscino, lo sorte non era con lui quel
giorno ma mister piume d'oca fu solo la prima vittima.
Saltò
sul divano, sul piedistallo della vittoria.
Ma
dopo l'apice vi è sempre un rovinoso declino.
Così
cadde, inesorabilmente, scivolando sul bordo traditore e si ritrovò
supina sul tappeto che odorava di gocce di caffè fuggite dalla
tazzina.
Il
cuscino assunse una piega particolare, simile un sorriso di
derisione, i suoi occhietti rappresentati dai vuoti dell'imbottitura
gli ricordarono che non si deve mai abbassare la guardia.
<<
Va bene! Ho capito, non potevi lasciarmi sognare? >> Rimproverò
risentita l'oggetto e lo posò calma sul divano, vuota di euforia
distruttiva.
Superato
il mobile però la musica torna a rimbombarle nella testa, si volta
complice verso il cuscino lontano e riprende la sua corsa per poi
inciampare nel nulla, rotolare nel corridoi e sfondare lo specchio.
Mm,
la gloria faceva male.
Se
ne stava seduto dietro la scrivania con una portamento da padre
eterno e osservava la sua ospite, le mani incrociate sulla
superficie.
Una
ventina di minuti erano trascorsi in quel modo.
Lidia
stava sprecando tempo, preziosi momenti della sua nuova vita, che
probabilmente avrebbe impiegato a dormire, ma ciò era irrilevante.
<<
La mia presenza qui non ha senso! >>
Lei
doveva essere fuori da lì. A vivere! Ad andare al cinema, diventare
scienziata, astronauta...
La
statua finalmente si mosse. << Molti sono nelle sue condizioni.
La depressione è qualcosa di difficile da superare da soli, certe
volte scava così a fondo da togliere qualsiasi ancora di salvezza,
se non una. La morte. >>
Per
tutto il tempo Lidia era rimasta a bocca aperta, a tenere il fiato
prima del grande salto.
<<
Ma io non ho tentato il suicidio! >>
<<
È comprensibile che lei tenti di
negare... >>
<<
Mi creda, se avessi voluto suicidarmi avrei trovato un altro modo! Di
certo non avrei sfondato uno specchio! >>
<<
Certamente... >>
<<
Non mi tratti come una pazza! È
così! Ammetto che tutti i miei ragazzi mi lasciano, uno dopo
l'altro, nessuno riesce ad amarmi e così affondo i miei dispiaceri
nel cibo e stupidi film. Ho visto persino Via col vento! Dico Via col
vento! Quante ore sono? Quattro e mezzo? La mia vita è un
disastro... >>
L'altro
si limitava a guardarla con un sopracciglio alzato, lo sguardo di
chi ha a che fare con una scena penosa che affronta senza la minima
compassione.
Intanto
la ragazza aveva sbattuto la testa sulla scrivania chiudendo il
discorso e continuando un monologo con se stessa.
<<
Sta bene? >> Non che gli interessasse granché ma doveva almeno
assicurarsi della sua permanenza mentale secondo la convenzione,
quanto odiava il galateo.
La
ragazza fece scivolare la fronte poggiando così il mento.
<<
Shh! Stia zitto! Sto cercando di trovare il lato positivo di tutta la
faccenda... >>
<<
Signorina, ha già le visite pagate. Ne approfitti se non per il
suicidio per i suoi indubbi problemi emotivi. >>
Quella
donna non aveva idea di come si fosse sforzato per fare uscire quello
che aveva detto nella sua prosa originale.
Le
ciglia femminili sbatterono veloci,gli occhi dolci ben aperti. <<
Lei assomiglia al mio primo ragazzo, sa? Era davvero uno stronzo...Mi
lasciò per mettersi con la ragazza che aveva reso la vita un
inferno, quanto mi odiava e la cosa era reciproca. Fu la prima volta
che associai un trincia pollo a un omicidio. >>
<<
Idea originale. >> L'uomo alzò appena le spalle, tanto per
dimostrare di non essere un miraggio.
<<
Vero? L'inventiva dei sedici anni. >>
<<
Rimpiange quell'età? >>
<<
No, io volevo crescere. A me piaceva stare sola, non aveva il bisogno
perenne di qualcuno...quando sono diventata così? >>
Lidia
aveva abbandonato la scrivania ed era tornata a sedere dritta.
<<
Avere bisogno di qualcuno non è un male, basta farlo nei limiti
consentiti. Le do il benvenuto nella vera età del dubbio. >>
Allora
lei allungò placidamente la mano.
<<
Che fa? >> Ora un pochino lo psicologo era perplesso.
<<
Aspetto che mi dia la tessera di membro onorario... >>
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