Il Testamento
Attingi dalle rive del male
la tua misericordia.
Sei sempre in attesa
e -invano!- aspetti
che niente arrivi.
Come un condannato
conti il tempo con un gesso sporco,
e le mura della tua prigione si ricoprono
di incomprensibili malinconie.
Passeggi svogliatamente
nel vuoto della tua anima.
Sospiri;
e intanto la tua vita si consuma.
-Il tempo non esiste!-
decretavi,
e lo credevi!
Ma il tempo -quello vero-
ti portò via.
Nell'attesa buttasti via
ciò che rimaneva
Attingevi la tua forza
dalla speranza -quel dio inesistente-;
alimentavi la tua rabbia
ma la lasciavi crepitare.
Poi finì.
Sembravi felice, con quel sorriso
a metà fra un addio
e un'illusione.
Ma l'abisso dell'oblio
ti prese con sè,
e volteggiavi indifferente
nei meandri della solitudine.
Lì lanciavi i tuoi quattro sassi
giù dalla finestra,
vedevi le pozze sporche
tremare sotto la luna.
Avevi perso tutto,
ma ancora non lo sapevi.
E troppo tardi esplose il tuo dolore:
tentasti di artigliare
le ultime fuggitive luci.
Niente rimase.
L'attesa era finita;
passasti come un fantasma
in quel mondo diffidente.
Ora te ne vai, ti dò ragione:
il passato non c'è,
il presente ti spaventa,
il futuro lascia tutto ciò che trova.
Dove sono i sogni?
E quel tempo che non c'era?
Dov'è ciò in cui credevi?
A queste domande mi rispondesti
dicendo così:
"E' la mia ora,
ma tu mi condanni;
ma cosa c'è di più bello e dolce
di questo profondo oblio?
Troppo male facesti
a credere nella gente;
ti abbandona al tuo dolore
e perdona le tue stesse colpe altrui.
Sai che c'è? Ero stanco.
Ma ti dico che ora devo andare"
E andò per sempre.
Fummo messi in questa terra ad aspettare,
e io attesi invano il suo ritorno.
Un terribile incubo è la mia anima,
e questo è il mio testamento.
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